Le prime tracce di insediamenti umani in Nicaragua sono le orme di Acahualinca, impronte di esseri umani e animali diretti verso il Lago de Managua conservate per 10 mila anni sotto strati di ceneri vulcaniche. Intorno al X secolo d.C. le popolazioni indigene del Messico migrarono nelle pianure nicaraguensi del Pacifico e quando, nel XV secolo, gli Aztechi si spostarono a sud per fondare una colonia commerciale, la cultura azteca fu adottata da molti indiani del luogo.
Il primo contatto con gli europei ebbe luogo nel 1502, quando Colombo costeggiò la costa caraibica. Nel 1522 una missione di esploratori spagnoli raggiunse le sponde meridionali del Lago de Nicaragua e alcuni anni dopo gli spagnoli colonizzarono la regione fondandovi le città di Granada e León e sottomettendo le tribù locali. Successivamente Granada divenne una città coloniale relativamente ricca e León un focolaio di liberalismo. Gli abitanti della zona circostante Managua, densamente popolata, opposero una fiera resistenza agli invasori spagnoli, che rasero al suolo l'intera città. Nei tre secoli che seguirono di Managua restò solo un piccolo villaggio.

Il Nicaragua ottenne l'indipendenza dalla Spagna nel 1821 insieme con gli altri paesi dell'America Centrale. Per un breve periodo fece parte del Messico e quindi fu annesso alla Federazione Centroamericana, per conseguire la piena indipendenza nel 1838. Poco dopo, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti rivolsero un acceso interesse verso il paese e Río San Juan, importante passaggio navigabile che conducendo dal Lago de Nicaragua al Mar dei Caraibi rappresentava una zona di notevole valore strategico. Nel 1848 gli inglesi conquistarono il porto situato sulla costa caraibica alla foce del Río San Juan e lo ribattezzarono Greytown. La città diventò un importante punto di transito per orde di speranzosi in cerca della strada più rapida per le miniere d'oro californiane.

Nel 1855 i liberali di León chiesero aiuto a William Walker, un sedicente filibustiere deciso a conquistare il territorio latino-americano, per conseguire il potere e rovesciare i conservatori di Granada. Walker e il suo gruppo di mercenari non ebbero difficoltà a conquistare Granada e il filibustiere si autoproclamò presidente del paese. Ma fu ben presto scacciato dal Nicaragua (una delle sue prime mosse era stata l'istituzionalizzazione della schiavitù), nonostante mostrasse un'assurda tenacia nei ripetuti tentativi di riconquistare il paese; i suoi sforzi avrebbero costituito un precedente per la continua intrusione degli Stati Uniti negli affari interni del Nicaragua.

Nel 1934 il generale Somoza, capo della Guardia nazionale (un corpo addestrato negli Stati Uniti), ordì l'assassinio del ribelle liberale Augusto C. Sandino e nel 1937 divenne presidente del Nicaragua tramite elezioni fraudolente. Nei venti anni che seguirono Somoza governò il Nicaragua in veste di dittatore, accumulando immense ricchezze personali e impossessandosi di proprietà terriere per una superficie corrispondente a quella del Salvador. Sebbene il generale Somoza fosse stato ucciso nel 1956, i suoi figli mantennero il dominio del paese fino al 1979. Per quanto l'opposizione al regime fosse da tempo notevolmente diffusa, fu il devastante terremoto del 1972, e più specificamente il modo in cui gli aiuti internazionali si riversarono nelle tasche della dinastia dei Somoza lasciando migliaia di persone a soffrire e a morire, che fece affermare l'opposizione al regime in tutte le classi nicaraguensi. L'opposizione si suddivise in due gruppi: il FSLN (Frente Sandinista de Liberación Nacional, noto anche come Fronte Sandinista) e l'UDEL, guidato da Pedro Joaquín Chamorro, direttore di La Prensa, il quotidiano critico nei confronti della dittatura.

Quando, nel 1978, Chamorro venne assassinato, la popolazione si sollevò violentemente dichiarando uno sciopero generale. La rivolta si diffuse e i gruppi moderati si unirono al FSLN per rovesciare il regime di Somoza. I sandinisti entrarono vittoriosamente a Managua il 19 luglio 1979. Ereditarono un paese devastato dalla povertà con innumerevoli senzatetto e analfabeti e un'insufficiente assistenza sanitaria. Il nuovo governo nazionalizzò le terre dei Somoza e vi costituì cooperative agricole. I sandinisti inaugurarono inoltre una massiccia campagna di istruzione che ridusse l'analfabetismo dal 50% al 13% e attuarono un programma di vaccinazione che debellò la poliomielite e ridusse di un terzo il tasso di mortalità infantile precedente la rivoluzione.

Non passò molto tempo prima che il paese dovesse confrontarsi con i gravi problemi derivanti dal suo 'buon vicinato con il Nord. Il governo statunitense, che aveva appoggiato la dinastia dei Somoza fino alla fine, temeva che i Nicaraguensi dessero un pericoloso esempio agli altri paesi della regione: il successo di una rivoluzione popolare non corrispondeva esattamente agli auspici del governo statunitense. Tre mesi dopo l'insediamento di Ronald Reagan alla Casa Bianca, nel 1981, gli Stati Uniti annunciarono la sospensione degli aiuti al Nicaragua e lo stanziamento di 10 milioni di dollari per le organizzazioni controrivoluzionarie note come Contras. I sandinisti risposero impiegando gran parte delle risorse nazionali per difendersi dalla ribellione finanziata dagli Stati Uniti.

Nel 1984 in Nicaragua si tennero delle elezioni in cui Daniel Ortega, il leader dei sandinisti, ottenne il 67% dei voti, ma gli Stati Uniti continuarono ad attaccare il paese: nel 1985 decretarono un embargo commerciale che durò cinque anni e strangolò l'economia nicaraguense. Già allora era diffusamente noto che gli Stati Uniti finanziavano i Contras, spesso attraverso manovre segrete della CIA, e il Congresso statunitense aveva approvato tutta una serie di decreti in cui si richiedeva l'arresto dei finanziamenti. L'appoggio statunitense ai Contras proseguì segretamente finché lo scandalo noto come Irangate non rivelò che la CIA aveva venduto illegalmente armi all'Iran a prezzi gonfiati, impiegando i profitti che ne derivavano per sostenere i Contras.

Nel 1990 i Nicaraguensi sono stati chiamati alle urne e hanno eletto Violeta Chamorro, leader dell'UNO, il partito di opposizione, e vedova di Pedro Chamorro, il direttore di La Prensa che si era sacrificato per il suo paese. Sebbene l'insuccesso della Chamorro nella rivitalizzazione dell'economia nazionale e la sua crescente dipendenza dall'appoggio dei sandinisti abbiano indotto gli Stati Uniti a minacciare di ritirare gli aiuti concessi, l'importante era che la guerra civile fosse ormai terminata. Nel 1996 Daniel Ortega si è candidato alla presidenza del Nicaragua facendo ammenda degli 'eccessi' dei sandinisti e dichiarandosi centrista; ciononostante, egli è stato sconfitto dall'ex sindaco di Managua Arnoldo Alemán, candidatosi per l'Alleanza Liberale anticomunista e nominato presidente il 10 gennaio 1997.

Nel novembre del 1998 l'uragano Mitch si è abbattuto sulla costa atlantica dell'America Centrale lasciandosi dietro una situazione catastrofica. L'uragano, che nel momento di maggior violenza ha raggiunto la classe 5, ha attraversato la Costa Rica, il Guatemala, El Salvador, l'Honduras, la Giamaica, il Messico, il Nicaragua e Panama causando valanghe di fango e inondazioni, trascinando con sé intere strade e distruggendo ponti in tutta la regione. In Nicaragua le intense piogge che hanno fatto seguito all'uragano hanno scatenato una valanga di fango che ha seppellito diversi villaggi sulle pendici del Volcán Casita. L'uragano, uno dei più violenti e devastanti del secolo, ha mietuto oltre 10 mila vittime. La tragedia ha spinto diverse nazioni a cancellare il debito del Nicaragua alla fine del 1999, e ora il paese sta lentamente cercando di risollevarsi.

Le elezioni dei sindaci del 2000 hanno visto i sandinisti acquisire il controllo di 11 delle 17 capitali dipartimentali, e il membro dell'FSLN, Herty Lewites, ha vinto facilmente a Managua.

L'attuale presidente Enrique Bolaños Geyer, insediatosi il 10 gennaio 2002, ha presentato il suo programma di governo: lotta alla povertà e alla disoccupazione, miglioramento della sanità e dell'istruzione, incentivi per gli investimenti esteri nel paese. Ortega, il rivale sconfitto, è stato comunque riconfermato leader del partito sandinista.

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