immagine che raffigura la petroliera Amoco Milford Haven mentre affonda. |
Per disastri petroliferi si intendono disastri ambientali causati dal petrolio.
In particolare la fuoriuscita del petrolio dalle petroliere compromette gravemente l'ambiente marino. Infatti il petrolio ha un peso specifico minore dell'acqua, per cui inizialmente forma una pellicola impermeabile all'ossigeno sopra il pelo libero dell'acqua, causando oltre agli evidenti danni per fenomeni fisici e tossici diretti alla macrofauna, un'anaerobiosi che uccide il plancton. La successiva precipitazione sul fondale replica l'effetto sugli organismi bentonici. La bonifica dell'ambiente danneggiato richiede mesi o anni. Il rilascio del petrolio è in genere causato dall'attività umana, tuttavia può in certi casi essere causato da eventi naturali, quali ad esempio fratture del fondo marino.
MESSINA, 1985
LIVORNO, 1991
LA NEBBIA, che quella sera gravava sulla zona; molti si sono espressi in favore del cosiddetto fenomeno della nebbia da avvezione (formazione di un banco molto fitto causato dalla discesa di aria calda e umida sulla superficie fredda del mare.). Probabilmente questo impedì questo impedì al Moby Prince di individuare la petroliera Agip Abruzzo.
ATTENTATO, un ordigno collocato all'interno del traghetto, che avrebbe mandato fuori rotta il traghetto al momento dell'esplosione. Quest' ipotesi è stata poi scartata durante lo svolgimento del processo, grazie a perizie e testimonianze, in particolare quella dell'unico superstite, che ribadì che a bordo non vi fu alcuna esplosione.
IL TRAFFICO, erano forse presenti al momento dello scontro alcune bettoline, ma quest'ipotesi non fu mai confermata.
LA POSIZIONE DELL'AGIP ABRUZZO. Il comandante della nave confermò di essere orientato con la prua a Sud ma successivamente ha più volte ritrattato questa affermazione. Non è mai stato chiarito se fu il traghetto a sbagliare rotta oppure se la petroliera si trovasse all'interno del cono nel quale era proibito il passaggio di altre imbarcazioni, eccetto il traghetto.
ERRORE UMANO. Forse un'altra possibile causa fu il mancato utilizzo del radar o la poca attenzione verso le procedure di uscita dal porto o la velocità troppo elevata. Probabilmente la disattenzione era dovuta alla semifinale di Coppa delle Coppe tra Juventus e Barcellona.
VOLTRI, 1991
VILLASANTA, 2010
Alle 3.30 di mercoledì 24 febbraio, probabilmente qualcuno si è
intrufolato nella ex raffineria Lombarda Petroli, (provincia di Monza) mettendo fuori
uso le telecamere di sorveglianza ed evitando ogni tipo di controllo, sabotando
le 7 cisterne ancora in funzione ma l'unica ipotesi non è quella di sabotaggio,
infatti si pensa anche a una possibile speculazione edilizia. I carabinieri si
sono recati alla lombarda subito dopo l'allarme, ma al loro arrivo i dipendenti
fanno resistenza dicendo che vogliono gestire da soli l'emergenza, ma riescono a
chiudere i rubinetti solo alle 8.00.
Alle prime luci del mattino (circa alle 4.00) il liquido uscito dalle cisterne ha percorso 6 km
attraverso le falde acquifere di Monza, fino al depuratore delle acque; in pochi
minuti la macchina del filtraggio è andata in tilt ed è traboccato riversando la
marea nera nel fiume. Nel Lambro sono finiti 10 milioni di litri di petrolio più
altri gas e liquidi altamente inquinanti come combustibili e sostanze
cancerogene, originando una macchia oleosa spessa 50 cm! Intorno alle 10.00 di
martedì mattina la macchia è arrivata a Milano, dove sono morte moltissime
anatre, l'aria è diventata irrespirabile e gli argini sono stati imbrattati dal
gasolio, proseguendo poi per San Maurizio, Cologno Monzese, Bolgiano (h. 11.00),
dove il gasolio è esondato riempiendo i cortili riempiendo cortili e campi
coltivati, e dove, per fortuna, viene serrata la chiusa (h. 14.00) che ritarda
maggiormente l'arrivo del petrolio al Po, dove le possibilità di fermarlo sono
pochissime a causa della corrente e della larghezza del fiume. Arriva poi a
Vidardo, in provincia di Lodi, a soli 25 km dal Po.
Alla fine di martedì, nonostante il duo lavoro di sommozztori, elicotteri,
Protezione Civile, vigili del fuoco, prefettura, Provincia, Regione, e
l'utilizzo di boe che avrebbero dovuto fermare, almeno in parte, il petrolio, ma
rivelatesi inutili, non sono stati portati al centro di bonifica nemmeno due
litri d'olio; nonostante tutto questo, l'allarme di "disastro ambientale" non
viene lanciato fino alle 20.00, quando il petrolio ormai è arrivato a Lodi.
Durante tutto mercoledì continuano i tentativi di bonifica senza grande
successo: all'inizio della giornata il petrolio giunge alla confluenza del
Lambro con il Po che percorre durante il corso della giornata fino alla diga
dell'Enel di isola Serafini, l'ultimo ostacolo prima del Mar Adriatico, che
ha bloccato l'80 % del petrolio. Il primo marzo però dopo aver superato. Ma le
associazione avvertono che non basta fermare il petrolio per poter dichiare
terminata l'emergenza, poichè è il passaggio del petrolio ha danneggiato anche
la fauna e la flora del luogo. Continua intanto il processo di bonifica: L'ARPA
( Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale), in collaborazione con le
province di Milano e Monza - Brianza coordinerà un intervento innovativo per
neutralizzare gli idrocarburi, riducendoli in materiale biodegradabile con
speciali enzimi; questo esperimento avverrà nel depuratore e esteso su tutto il
percorso del fiume se produttivo. Il 27 febbraio una squadra composta da
Legambiente, WWF, Italia Nostra Milano, Slow Food e altri
enti nazionali, dopo aver ripulito le rive del Lambro nel parco, si è spostata a
San Donato e a San Giuliano Milanese. Da giorni i tecnici dell'ARPA e del Parco
della valle del Lambro stanno prelevando e analizzando la fauna ittica e
portando in laboratorio campioni del fondo fangoso del fiume o prelevati dalle
pozze morte del fiume dove questo rallenta o si ferma. Il progetto del comune
per la trasformazione del parco in polmone verde per l'estate è stato sospeso;
innanzitutto i tecnici dell'ARPA devono assicurarsi che il parco sia un luogo
sicuro per la salute. Domenica 28 aprile nuove sostanze inquinanti sono
state versate nel fiume. Nel tardo pomeriggio, infatti, è avvistata nel Lambro
una macchia scura di schiuma bluastra che punta al depuratore di San Rocco. Un
team di tecnici si mette subito al lavoro per individuarne la provenienza,
l'hovercraft della protezione civile risale la corrente e si alza anche un
elicottero. Il sospetto, per i tecnici dell'ARPA è che si tratti di
materiale di scarico da tintoria versato nelle acque da un'azienda tessile della
zona. Le prime analisi confermano le ipotesi; ciò significa, con molta
probabilità, che qualcuno ha approfittato del disastro sul Lambro per
sbarazzarsi di rifiuti pericolosi, evitando così il pagamento di poche migliaia
di euro. Le tonnellate di gasolio fuori uscito dalla raffineria, trasformata in
un centro di stoccaggio, ammontano a 3000; dipendenti ed ex dipendenti sono
stati interrogati nella procura di Monza.
Gli esperti dicono che la situazione idrologica attuale del Po può favorire
l'attenuazione del fenomeno acuto di inquinamento, ma non necessariamente
attenua il problema dell'impatto a lungo termine sull'ecosistema: l'accumulo di
idrocarburi nei sedimenti potrà rappresentare una sorgente di esposizione a
sostanze tossiche per un periodo molto lungo. In sostanza, anche se le stime
della Protezione Civile fossero esatte, e cioè che oltre 300 tonnellate di
materiale oleoso sono state intercettate, parecchia schifezza ha inquinato il Po
e arriverà fino al Delta e al mare.
Secondo le autorità l'ipotesi più attendibile è quella di
sabotaggio; infatti l'apertura dei rubinetti è un lavoro molto delicato e
complesso, ed è quasi impossibile che essi si siano aperti per puro caso;
inoltre bisogna tener conto del fatto che le sette cisterne svuotate erano le
uniche che contenevano ancora petrolio. L'ex raffineria, ormai soltanto
deposito, non avrebbe dovuto contenere tutti quei litri di petrolio per una
normativa della Regione che gli imponeva la fine dei lavori di raffinazione,e
quindi un minor "possedimento" di greggio nelle cisterne; inoltre si è scoperto
che la Lombarda Petroli è fuori legge da sette anni: il certificato prevenzione
incendi, infatti, scaduto nel 2003, non è più stato rinnovato; per ottenere
questo certificato bisogna che tutto (dispositivi, sistemi e impianti
antincendio) sia a norma; la Lombarda Petroli quindi, non poteva operare.
Inoltre nel 2009 l'ex raffineria, è uscita dalla direttiva di Seveso che
regolamenta l'attività delle ditte a rischio; uscendone, una ditta evita
adempimenti burocratici e finanziari, misure di sicurezza e controlli
obbligatori; per poter uscire l'azienda avrebbe dovuto avere nelle cisterne meno
di 2500 metri cubi di materiale, invece ne aveva di più, ancora non totalmente
quantificati; per poter svincolarsi dalla direttiva basta anche un'
autocertificazione, cui devono seguire controlli a campione nel corso degli
anni; ma allora chi ha vigilato come ha potuto non accorgersi che mancava il
certificato prevenzione incendi o che il petrolio contenuto nelle cisterne era
di gran lunga maggiore a quello consentito? Secondo la magistratura, non
risulterebbero controlli in questo ultimo anno.
Insistono gli ambientalisti e gli inquirenti: il disastro si sarebbe potuto
evitare se la Lombarda Petroli avesse contattato le aziende di spurgo per il
pronto intervento o comunque circoscrivere; la prima ondata di gasolio è
arrivata al depuratore di San Rocco intorno alle 4.00 del mattino di mercoledì
24 febbraio, e la sua presenza è stato subito notata, ma in un primo
momento, secondo l'ipotesi dei magistrati, non si sarebbero prese contromisure
adeguate. In passato gli addetti all'impianto di depurazione hanno dovuto più
volte fronteggiare emergenze simili, e in quelle occasioni, non una goccia di
petrolio ha oltrepassato la barriera rappresentata dalle vasche. Giovedì 4 marzo
sono stati sentiti dai magistrati i dipendenti e gli amministratori di Brianzacque; sono stati poi sentiti gli autisti delle aziende che stoccavano gli
idrocarburi nelle cisterne di via Caravaggio.
Di fianco all' azienda doveva sorgere un'area ecologica, la "Ecocity
Villasanta Monza" e si pensa che chi abbia agito lo abbia fatto con lo scopo di
sabotare il recupero dell'area, sicuramente interessata a possibili speculazioni
immobiliari. E' un iniziativa che riguarda un terreno di 309mila metri quadrati
di terreno, prevista proprio sui territori della Lombarda Petroli. Su
quell'impianto e sui terreni che la circondano dovrebbero sorgere appartamenti,
capannoni industriali, negozi e un grande centro direzionale. I primi 80mila
metri quadri dedicati all'industri sono stati realizzati, e a breve aprirsi il
cantiere per la costruzione della zona residenziale, altri 36mila metri quadri.
Entro due anni dovrebbe essere aperto il cantiere che porterà alla costruzione
dell'ultima parte, quella direzionale. Il sospetto che dietro al sabotaggio ci
sia un qualche interesse legato al futuro di quest’area è la principale pista
seguita dalle forze dell'ordine; la magistrature punta quindi il dito contro i
direttori del progetto di risanamento ‘Ecocity’, i fratelli Adamiano.
A due mesi dall'incidente non c'è traccia nè dei finanziamenti promessi da
Formigoni per la bonifica delle acque del Lambro, nè della mano che la
notte tra il 23 e il 24 febbraio ha manomesso le cisterne della raffineria.
DANNI ALLA FLORA E ALLA FAUNA
I delta dei fiumi sono dei veri concentrati di natura e biodiversità; non per nulla, in tutta Europa, i delta del Danubio, del Guadalquivir, dell'Ebro , del Volga e del Reno sono protetti con importanti parchi nazionali e riserve naturali. Per quanto riguarda il nostro paese, il Parco del delta del Po e quello dell'Emilia-Romagna tutelano il complesso deltizio più importante d'Italia. Pensate dunque a quello che potrà succedere ora che l'onda nera penetrerà, silenziosa e maleodorante, in quest'intrico di canali e rami, si espanderà nelle valli da pesca. Sulle barene e sugli arginelli coperti di salicornia, gabbiani rosei e avocette, cavalieri d'Italia e sterne giunti in migrazione dall'Africa, si imbatteranno tra breve per la conquista del luogo di nidificazione. Numerose sono le vittime anche tra le beccacce di mare, i corrieri, i fratini, i fraticelli e, soprattutto, le anatre selvatiche, i germani reali, le alzavole, i mestoloni e le marzaiole, ceh sono adesso in arrivo dal Sud, a rischiare di restare impegolati nell'orrida macchia nera. Non saranno, però, solo gli uccelli a soffrire : rane e rospi, testuggini acquatiche e pesci (spigole dorate, anguille e cefali) subiranno gravi danni, mentre sul fondo la coltre nera colpirà vongole e molluschi di varia specie. I primi a risentire del disastro ambientale che ha colpito il Lambro sono i cormorani, centinaia (ormai quasi tutti), le cui ali, ora nerissime e appesantite dal gasolio, sono un ostacolo anziché un peso; il becco già intriso di veleni, che sono poi avanzati fino al fegato, facendolo esplodere. Una morte in fuga dai vigili del fuoco e dai volontari che li inseguivano per salvarli, fuori e dentro l'acqua. La possibilità di sopravvivenza per gli ultimi uccelli, anch'essi sfuggiti alla mano salvatrice dei vigili del fuoco, è appesa ad un filo.