La verità sulle evoluzioni demografiche dei Paesi del mondo è ormai incontestabile. È sempre più evidente e riconosciuto che nel mondo si sta vivendo una considerevole decelerazione demografica, che ha avuto inizio verso il 1968.
Il problema:
In 51
Paesi del mondo, la fecondità è ormai inferiore alla "soglia di sostituzione"
delle generazioni. Una quindicina di questi Paesi registra addirittura ogni
anno più decessi che nascite. È urgente mettere tutti a conoscenza di questa
verità.
- L'invecchiamento della popolazione rappresenta una delle principali sfide che
l'Unione europea dovrà affrontare nel corso dei prossimi anni.
- Il numero medio di figli per donna (tasso di fecondità congiunturale) è poco
elevato.
Il declino della fecondità che ha caratterizzato gli ultimi decenni è seguito al
baby-boom del dopoguerra, causa dell’attuale aumento della popolazione di età
compresa fra i 45 e i 65 anni. Il passaggio progressivo dei baby-boomer all'età
della pensione provocherà un notevole aumento delle persone anziane che dovranno
essere mantenute finanziariamente da una popolazione in età lavorativa di numero
ridotto; la speranza di vita alla nascita potrebbe continuare ad aumentare di
altri 5 anni o più entro il 2050.
Secondo uno scenario prudente, le proiezioni di Eurostat indicano che circa 40
milioni di persone emigreranno verso l'Unione europea entro il 2050. Poiché
molti di loro si trovano in età lavorativa, i migranti tendono a ringiovanire la
popolazione.
Tuttavia, nonostante il livello dei flussi attuali, l'immigrazione può
compensare solo in parte gli effetti della scarsa fecondità e dell'allungamento
della speranza di vita sulla suddivisione per età della popolazione europea.
La popolazione in età lavorativa inizierà a diminuire, quando numerosi
baby-boomer cominceranno ad andare in pensione.
Grazie al sostegno di adeguate
politiche d'occupazione, questo fenomeno potrà tuttavia essere provvisoriamente
compensato nel corso del prossimo decennio da tassi d'occupazione in rialzo.
Tale aumento deriverà, per oltre due terzi, da tassi d'occupazione femminili più
elevati, poiché le donne di maggiore età saranno gradualmente sostituite da
giovani donne con un livello più elevato di istruzione che parteciperanno
maggiormente alla vita attiva.
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Da troppo
tempo quasi tutti i discorsi sulla popolazione propugnano un'idea globale ed
erronea secondo la quale il mondo sarebbe prigioniero di una crescita
demografica «esponenziale», ossia consistente, che condurrebbe a una
«esplosione demografica».
Diverse
agenzie dell'ONU hanno investito, e continuano a investire, mezzi finanziari
considerevoli al fine di costringere un gran numero di Paesi a mettere in atto
politiche malthusiane. È appurato che questi programmi, sempre monitorati
dall'estero, comportano generalmente misure coercitive di controllo della
natalità. Allo stesso modo, l'aiuto allo sviluppo è regolarmente condizionato
all'attuazione di programmi di controllo della popolazione che includono
sterilizzazioni forzate o compiute all'insaputa delle vittime.
Queste
politiche disastrose sono in totale contraddizione con le reali evoluzioni
demografiche, così come appaiono nelle statistiche e così come risultano
dall'analisi dei dati. Da trent'anni il tasso di crescita della popolazione
mondiale non cessa di diminuire a un ritmo regolare e significativo. Dopo
aver registrato un calo impressionante di fecondità, 51 Paesi del mondo (su
185)
non riescono più a garantire il ricambio generazionale.
In altre
parole, l'indice sintetico di fecondità di questi Paesi, ossia il numero
di figli per donna, è inferiore a 2,1, ovvero il livello minimo indispensabile
che assicurerebbe il rinnovamento generazionale nei Paesi che beneficiano
delle migliori condizioni sanitarie
Questa
situazione si riscontra in quasi tutti i continenti che hanno una
fecondità inferiore alla «soglia di sostituzione», ovvero
in America, e più specificatamente negli
Stati Uniti, in Canada, a Cuba e nella maggior parte delle isole dei Caraibi; in
Asia, in Georgia, in Thailandia, in Cina, in Giappone, e nella Corea del Sud; in
Oceania, in Australia; e, ovviamente, in quasi tutti i quaranta Paesi dell'Europa.
In questo ultimo continente, l'aggravarsi degli effetti dell'invecchiamento sta
ormai portando allo spopolamento, con un numero di decessi superiore a
quello delle nascite. Questo saldo negativo è già un dato di fatto in tredici
Paesi, fra i quali l'Estonia, la Lettonia, la Germania, la Bielorussia, la
Bulgaria, l'Ungheria, la Russia, la Spagna e l'Italia.
Le cause:
Alcune di
queste cause sono facilmente individuabili.
- La nuzialità, in
un ambiente che non le è per nulla favorevole, è diminuita considerevolmente;
ciò significa che le persone che si sposano sono meno che nel passato.
- L'età
media della maternità è nettamente aumentata e continua a crescere.
- Le
regole del lavoro non rispondono al desiderio delle donne di conciliare in
modo armonico la vita familiare e l'attività professionale.
- L'assenza di una
vera politica famigliare, nei Paesi maggiormente colpiti dal calo
demografico, fa sì che le famiglie non possano avere in pratica il numero di
figli che desidererebbero avere (si stima dello 0.6 figli per donna la
differenza fra il numero di bambini che le donne europee desiderano avere e
quelli che effettivamente hanno).
Accanto a queste cause legate alle
condizioni di vita, e ad alcuni riassetti socio-culturali nei Paesi
industrializzati, altri fattori vincolano direttamente il calo demografico alla
volontà degli uomini e dunque alla loro responsabilità. Ci si riferisce a
- La diffusione di metodi di contraccezione e
la legalizzazione dell'aborto sono stati decisi nel momento in cui,
contemporaneamente, si indebolivano le politiche favorevoli all'accoglienza
della vita.
Le problematiche:
L'età media della maternità
Nessuno può dire quale sia in assoluto l’età migliore per avere un figlio. L'età
media per il primo figlio, in Italia, ha ormai superato i 30 anni ed è in
crescita costante. Fra le cause, l'aumento del tasso di istruzione, ma anche del
lavoro sempre più precario e l'acquisizione, sempre più tardi, dell'autonomia
finanziaria. Ma c'è anche chi preferisce non aggrapparsi al miraggio di una
sistemazione lavorativa definitiva e sceglie di fare un figlio a ventiquattro,
venticinque anni, quando spensieratezza e consapevolezza vanno di pari passo. Le
venticinquenni hanno un approccio molto naturale verso il parto: appaiono più in armonia con il proprio corpo, anche
aiutate dal loro stesso fisico, che generalmente regala loro un travaglio più
breve o un minore ricorso al cesareo.
A trenta o trentacinque anni, la donna arriva al parto più “preparata”: ha al
suo attivo diagnosi prenatali, corsi pre parto, ma anche un grosso carico di
ansia, dovuta anche all'eterno conflitto, più che mai acceso in questa fase
della vita, fra status professionale e status di mamma. Sono consapevoli
della responsabilità che devono assumersi fino alla piena indipendenza del
figlio, ma al tempo stesso desiderano tornare a vivere la loro vita.
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E poi ci sono le donne
che partoriscono alla soglia dei quaranta, quelle che nonostante le oggettive
difficoltà del concepimento e del portare a termine una gravidanza in età
avanzata, arrivano al traguardo del parto e ci arrivano dopo nove mesi di
numerosissimi controlli. Sempre più spesso per queste gestanti si opta per il
cesareo, con la convinzione, probabilmente errata, che sia un modo più
“garantito” di partorire. Sicuramente le mamme over 40 hanno una piena maturità affettiva e la
disponibilità a dedicarsi totalmente a un bambino arrivato quando forse ormai
non ci si sperava più, un bambino che molto probabilmente rimarrà figlio unico e
pertanto vissuto come ancora più “prezioso”.
Schema a colonne del numero dei nati nell' anno 2006 |
I mezzi di limitazione delle nascite:
A causa dell'assenza di una vera politica famigliare per alcune donne si rende necessaria la dolorosa decisione di interrompere la gravidanza.
Pillola RU-486 |
Al momento sono possibili due tipi di interventi: l'aborto chirurgico e quello
farmacologico.
Il primo si esegue mediante l'aspirazione del feto entro i primi 90 giorni dal
concepimento e in Italia non ha riscontri economici (secondo i commi 4 e 8 della
legge 194/78) in quanto viene praticato in ospedale dal medico di fiducia della
donna a meno che egli non sia obiettore, ovvero rifiuti di assolvere un obbligo
di legge poiché ritiene che ciò possa ledere alle sue convinzioni ideologiche,
morali o religiose. Il secondo, invece, è conseguente all'assunzione della
RU-486, comunemente chiamata "pillola abortiva", che in Italia, contrariamente
agli altri paesi raggiunge il costo record di €800,
può essere prescritta solo da medici non obiettori nei consultori dopo visita
medica.
Specialmente tra i giovani negli ultimi decenni si è diffuso l'utilizzo di
metodi contraccettivi tra cui la cosiddetta "pillola del giorno
dopo".
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