E' un segno di progresso partorire una bambina alla veneranda età di 67 anni? E'
successo in Romania e se ne parla in tutto il mondo.
Ha destato molto scalpore la notizia di una donna romena di 67 anni, di nome Adriana
Iliescu, la quale dopo 9 anni di cure ormonali e una inseminazione artificiale
ha dato alla luce due gemelle, di cui solo una è poi sopravvissuta.
Adriana Iliescu e il suo bimbo |
Il fatto, visto con entusiasmo dai sostenitori come un progresso scientifico nelle tecniche di fecondazione assistita, è stato largamente criticato da medici, autorità civili e religiose.
Per analizzare le implicazioni scientifiche, etiche e sociali di tale evento,si
è presa in considerazione l'intervista fatta alla dottoressa Claudia Navarini
- Cosa pensa del parto della donna romena, sessantasettenne?
Navarini: È un esempio delle aberrazioni cui può condurre lo smarrimento del
senso e della dignità sulla procreazione umana; è una dimostrazione di come nel
mondo dell'artificio contino di più le spinte egoistiche di soddisfazione dei
propri desideri che il bene del bambino desiderato; è uno strumento di pressione
culturale volta a sgretolare la percezione dell'ordine naturale, e dunque della
costitutiva dimensione etica, nella questione della generazione.
- Quali tecniche sono state utilizzate?
Navarini: I dati forniti sul caso sono vaghi e frammentari. Per quanto riguarda
la tecnica utilizzata, la fonte ANSA parla di "inseminazione artificiale" e di
"inseminazione in vitro". Si tratta in realtà di fecondazione extracorporea, in
vitro, con trasferimento embrionale.
Il riferimento alla semplice "inseminazione", però, riduce la sensazione di
paradosso e di forzatura che spontaneamente coglie chiunque provi, per un solo
istante, ad immaginare le implicazioni di una gravidanza e di una nuova
maternità a sessantasette anni.
La donna, sempre secondo le notizie diffuse dalla stampa, si era sottoposta per
nove anni a "cure ormonali". Nove anni di tentativi di fecondazione artificiale
andati a vuoto, su una donna che, alla "partenza", era già sulla soglia dei
sessanta: ci vuole una notevole dose di "accanimento", anche da parte dei medici
che l'hanno seguita.
Di ciò che ha fatto prima, in età fertile, non sappiamo: se e quando abbia avuto
una diagnosi di sterilità, se avesse compiuto tentativi precedenti di
concepimento, naturale o artificiale, se abbia mai pensato alla nobile via
dell'adozione.
- Chi è il padre?
Navarini: La figura del padre è completamente assente dai mezzi d'informazione.
Nei servizi che ho letto si mette a confronto il caso record di Adriana Iliescu
con quello dell'indiana Satyabhama Mahapatra, divenuta mamma a 64 anni,
osservando che le donne sono "entrambe sposate da lunghissimo tempo".
Dobbiamo inferire da ciò che esiste anche un papà-nonno, dietro le quinte. Il
quale però non sembra significativamente coinvolto nel "successo"
dell'operazione. Sembra che importi più che altro il "primato", e non le
condizioni familiari che avrà questa bimba già segnata da disagi, visto che è
nata prematura di otto mesi - a soli un chilo e 400 grammi - poco dopo avere
perso la gemella di 700 grammi e un altro embrione gemello in precedenza, a nove
settimane di gestazione.
È poi scontato che molti altri suoi fratelli e sorelle siano caduti, vittime
della provetta, e che dunque la piccola figlia-nipote sia una triste
sopravvissuta di un processo davvero costoso in termini di vite umana.
- Quali potranno essere in futuro i problemi per la bimba nata?
Navarini: In effetti viene da chiedersi quale sia il privilegio di questa
drammatica selezione, oltre al privilegio della sopravvivenza. Nascere da
genitori che non sarebbero giovani neppure come nonni comporta per il futuro
rischi seri: un senso di isolamento ben maggiore di quello del "normale" figlio
unico, la verosimile possibilità che questi genitori non abbiano le forze
fisiche e psichiche necessarie a seguire la figlia in tutte le fasi cruciali
della crescita.
Inoltre, questa bambina soffrirà inevitabilmente di uno scarto generazionale
eccessivo e innaturale, e potrà di conseguenza avere maggiori difficoltà di
comunicazione all'interno della famiglia, o stentare nel processo di
identificazione con la madre (e di emulazione) che secondo gli psicologi è
fondamentale per l'acquisizione dell'identità propria e per una crescita
interiore equilibrata.
I mass media hanno presentato l'evento come la realizzazione di un sogno, che in
Italia non si potrà avere perché la legge 40/2004 lo impedisce.
- Qual è il suo
parere in proposito?
Navarini: In Italia il sogno è avvenuto, nel 1994, quando una donna di 63 anni
ha partorito grazie alla fecondazione artificiale. E tutti, anche gli attuali
promotori del referendum, si sono indignati, ritenendo la gravidanza in
menopausa aberrante, rischiosa per la donna e dannosa per il bambino.
In effetti, pur invocando il desiderio del figlio come persona su cui riversare
un amore rimasto inespresso, questi genitori anomali (in particolare queste
mamme) smentiscono nei fatti l'amore che dichiarano. Perché dono e pretesa sono
inconciliabili, e un figlio voluto a tutti i costi è in fondo preteso, prodotto,
fabbricato.
La maternità in menopausa non fa che svelare una volta di più la radicale
distanza della fecondazione artificiale dall'amore per la vita. Se desidero il
bene di un bambino non lo metto premeditatamente in condizioni di maggiore
debolezza. Anche la legislazione sull'adozione, infatti, vieta un eccessivo
scarto di età fra genitori e figli, prudenzialmente anche maggiore di quello che
può verificarsi in natura.