LIBERTA' DI ESPRESSIONE, CENSURA E
MEDIA
-Libertà di informazione e censura
Nonostante un riconoscimento
formale del diritto alla libertà di informazione, nessun stato dell' Asia
meridionale possiede attualmente una legislazione che ne garantisca la messa in
pratica. Il ruolo dei media come controllori del governo e promotori di un
flusso di libera informazione verso il pubblico è fortemente limitato non solo
da una cultura di segretezza e di arroganza nel settore pubblico, ma anche da
leggi che limitano la libertà di espressione. La legislazione varia di paese in
paese, ma abbondano gli esempi di leggi e pratiche repressive: la stampa
necessita di licenze, si utilizzano leggi contro il crimine per zittire le voci
dissenzienti e sono in vigore regimi di censura preventiva. Il controllo dei
governi sui media pubblici impedisce un' effettiva indipendenza e le fazioni
contrapposte si contendono la proprietà dei mezzi di informazione è spesso non
oggettiva, polarizzata su linee politiche, etniche e religiose. La censura si
applica a libri, cinema, internet e altri mezzi di comunicazione e si attua con
motivazioni religiose, morali e politiche.
-La repressione in nome dell'
antiterrorismo
L' uso diffuso di leggi sulla sicurezza nazionale a scopo repressivo era una
caratteristica dei pesi della regione già prima dell' attentato di New York
dell' 11 settembre 2001, ma a partire da quel evento è divenuto più evidente;
ciò è dovuto a una tradizione generale di governi dotati di un forte potere
esecutivo (spesso fortemente influenzato dall' esercito) e da una scarsa
indipendenza del potere giudiziario, che molto spesso è connivente con
l'applicazione selettiva della legge per colpire esponenti dell' opposizione. La
guerra al terrore scatenata dagli Stati Uniti ha incoraggiato molti governi a
rafforzarsi e a intraprendere azioni per sradicare il cosiddetto "terrorismo
nazionale e globale". In Pakistan, come in molti altri paesi musulmani
dell' Asia,c'è stato un tentativo da parte del governo di presentarsi come
baluardo contro il fondamentalismo islamico per a vere l' appoggio degli Stati
Uniti. Lo stesso è avvenuto in Bangladesh, dove, tuttavia, i legami fra la
coalizione al governo e le stesse organizzazioni fondamentaliste sono sotto gli
occhi di tutti. In nome della lotta al terrorismo internazionale la libertà di
comunicazione e di espressione è stata limitata non solo per quanto riguarda i
media, ma anche rispetto all' attività delle organizzazioni non governative del
potere giudiziario, dell' ambito universitario, dell' arte, eccetera.
DIFFUSIONE DEI MASS MEDIA NELL'ASIA
MERIDIONALE, 1997 |
|
Numero di apparecchi radio ogni mille abitanti
|
Lettori di stampa quotidiana ogni mille abitanti |
Numeri di televisori ogni mille abitanti |
Afghanistan |
114 |
5 (1996) |
14 |
Bangladesh |
41 |
53 (1998) |
7 |
Bhutan |
50 |
- |
20 |
India |
121 |
48 (1997) |
78 |
-AFGHANISTAN- I taliban presero potere nel 1996 con
un' interpretazione estremista dell' islam che portò alla chiusura degli
istituti di istruzione superiore e alla proibizione della frequenza scolastica
per donne e bambine. Nei decenni di guerra e guerriglia la vita della
popolazione afghana ha subito forti limitazioni della libertà; per fare solo un
esempio della limitazione della libertà di espressione nel paese si può guardare
alla storia della musica afghana, controllata già dal 1978 e poi bandita
completamente. Ciò è particolarmente grave se si pensa che Radio Afganistan
aveva contribuito a creare una cultura condivisa, capace di unificare almeno i
due principali gruppi etnici, pashtun e tajiki. La censura musicale non solo ha
messo in dubbio la sopravvivenza di un' antica tradizione dove la musica è parte
integrante della vita quotidiana e rituale, ma ha costretto all' esilio la
maggior parte dei musicisti professionisti, rimasti privi di mezzi di
sussistenza. Nell' Afghanistan "liberato", la musica sembra aver ritrovato
quella possibilità di circolare che continua a essere negata ai mezzi d'
informazione, in nome della sicurezza nazionale. Oggi taliban, signori della
guerra e gruppi criminali uniti nell' obbiettivo comune di indebolire il governo
centrale, in un vortice di violenza che perpetua il circolo vizioso. A metà del
2006 gli attacchi a insegnanti, studenti e scuole registrati nel paese erano il
doppio di quelli denunciati nell' anno precedente: un' altra generazione è
privata della possibilità di istruzione.
-BANGLADESH- L'alleanza conservatrice al governo dal 2001
rifiuta di riconoscere le violazioni dei diritti umani e della libertà di stampa
presenti nel paese, in nome di un presunta sicurezza. Il governo mantiene un
atteggiamento di aperta ostilità nei confronti della stampa. Il Bangladesh è
considerato da alcuni anni il luogo più pericoloso al mondo per i giornalisti,
con una media di assalto fisico o di una minaccia di morte al giorno per gli
esponenti della stampa; e l' ingresso di giornalisti stranieri nel paese è molto
limitato. Anche gli intellettuali sono vittime di attacchi alla libertà di
opinione e il clima di intimidazione si estende a tutti coloro che si
contrappongono al governo.
-BUTAN- Solo nel 1999 il re cancellò il bando alla
televisione e a internet, ponendo fine a una politica di isolamento volta a
proteggere la monarchia assoluta e la cultura nazionale. Non esistono canali
privati e i media sono controllati completamente dal governo. La radio era stata
introdotta nel 1973.
-INDIA- Negli anni Ottanta si verificò una rivoluzione dei
media, specialmente per quanto riguarda la stampa nelle lingue indiane
cosiddette regionali, che per la prima volta si diffuse capillarmente. Nel
decennio successivo avvenne anche una rivoluzione degli audiovisivi, grazie alla
diffusione del satellite e della televisione via cavo. Ma, contemporaneamente,
vi fu anche una contrazione dello spazio per l' informazione libera e
indipendente: la diffusione dei mezzi di informazione regionale, anzichè
produrre un' ideale sfera pubblica, è diventata strumento di sovversione dei
valori del pluralismo e di aumento delle tensioni comunitariste e castali. Negli
ultimi anni internet si è diffusa rapidamente e si stanno sviluppando regole e
norme che da un lato facilitano l' accesso alla rete in tutto il paese, ma che
dall' altro permettono un stretta sorveglianza su tale attività, specialmente
dopo l' 11 settembre 2001 al parlamento indiano. Tutto ciò che è ritenuto
offensivo, si tratti di sesso, nudità o violenza, oppure argomenti considerati
politicamente sovversivi, è sottoposta e censura. Nonostante si sia iniziata una
politica di minore impunità nei confronti degli estremisti hindu, la libertà di
stampa rimane limitata e continuano a verificarsi brutali attacchi contro i
giornalisti, per ordine di associazioni criminali, militanti politici e alcune
autorità locali. L' idea di subordinare l' informazione e la stampa all' unità e
all' integrità nazionale era già stata affermata da due commissioni parlamentari
(1952 e 1982). Questo riconoscimento ha permesso l' approvazione di una serie
complessa di leggi speciali, fino al "Prevention of Terrorism Act" (POTA), che
definisce terrorista chiunque sia intenzionato a "minacciare l' integrità dell'
India o a disseminare terrore in qualsiasi parte della popolazione", e che le
autorità spesso hanno applicato in modo strumentale, specialmente nel caso d
comunità minoritarie.
-NEPAL- Negli anni Novanta il settore dei media registrò
una massiccia crescita, ma con lo scoppio della guerra civile, nel 1996, lo
sviluppo della libertà d' espressione subì un brusco arresto. Nel 2001 i gruppi
maioisti furono dichiarati terroristi e, in nome della sicurezza del paese,
furono emanate normative che proibivano la pubblicazione di qualunque materiale
connesso alla lotta maioista. Il governo monarchico mantiene uno strettissimo
controllo sulla diffusione delle notizie e non è inusuale che i giornalisti
considerati troppo favorevoli nei confronti dei ribelli maioisti siano
minacciati, arrestati o perfino uccisi.
-MALDIVE- I governi delle Maldive hanno quasi sempre
violato il diritto alla libera espressione, che pure la costituzione garantisce.
Nonostante negli ultimi anni ci sia stato un allenamento del controllo, il
governo rimane molto attento e interviene regolarmente a bloccare i suoi
oppositori, in nome di presunti contenuti contrari alla legge od offensivi verso
l' Islam.
-PAKISTAN- In Pakistan la guerra al terrorismo
internazionale combattuta a fianco degli Stati Uniti ha fornito alle autorità il
pretesto per annullare l' indipendenza dei mezzi di comunicazione, poichè deve
essere una guerra senza testimoni: i giornalisti, soprattutto se indipendenti,
che esprimono posizioni critiche nei confronti della politica ufficiale, o che
collaborano con la stampa straniera, sono bersaglio dei servizi di sicurezza. Il
Pakistan Internet Exchange è lo strumento di controllo di tutto il traffico
internet in entrata e in uscita del paese, che permette al governo di censurare
i siti "anti-islamici" e "blasfemi", concetti indefiniti grazie ai quali si sono
chiusi anche alcuni siti baluci e hindu. Il governo militare, proclamando di
agire in difesa dei diritti umani, ha mano libera per colpire tutti gli
oppositori delle autorità. In base all' Anti Terrorism Act del 2001, le
operazioni al confine con l' Afghanistan sono sottoposte a un completo black
out: nelle cosiddette Frontier Crimes Regulation del 1901, una serie
di ordinanze del tutto incompatibili con le norme della società civile, poichè
prevedono punizioni collettive. Le operazioni militari nel Waziristan
meridionale, volte alla cattura di taliban, dimostrano che si sono
effettuati rastrellamenti di civili innocenti, tra cui anche le donne e i
bambini, colpevoli solo di appartenere alle famiglie o alle tribù dei ricercati.
Per scoraggiare le voci dissistenti il governo usa volentieri il ricatto
economico, per esempio ritirando la pubblicità governativa dagli organi di
stampa ritenuti antinazionali, oppure moltiplicando gli ostacoli amministrativi
e trattando le problematiche politiche come fossero problemi di ordine pubblico.
A ciò si aggiunge la violenza nei confronti dei giornalisti da parte dei gruppi
islamici che godono di un' impunità de facto.
-SRI LANKA-
In Sri Lanka la guerra civile ha una grossa ricaduta
sulla libertà di espressione: la violenza dei gruppi
tamil minaccia i giornalisti e la libertà di
stampa. Il paese ha avuto governi d' emergenza per un periodo totale di oltre
vent' anni e il governo ha il controllo dei mezzi di comunicazione e utilizza le
normative di emergenza per limitare la libertà di espressione e di stampa.
UP
LA LIBERTA' RELIGIOSA
-AFGHANISTAN- Nel 2004 fu adottata
la nuova costituzione, che garantisce la libertà religiosa, sebbene dichiari l'
islam religione di stato che tutti, anche i non musulmani, devono
obbligatoriamente studiare. In mancanza di dati sulla demografia religiosa (per
decenni non vi sono stati censimenti nel paese), si stima che l' 84% della
popolazione sia musulmana sunnita; circa l' 15% è sciita, perlopiù appartenente
al gruppo etnico hazara, storicamente segregato dal resto della società per un
insieme di motivazioni politiche, etniche e religiose. Le relazioni fra le due
comunità sono sempre state difficili e durante il regime talebano vi fu una
continua persecuzione degli sciiti, compresi gli ismaliti. La discriminazione
sociale caratterizza le relazioni con le minoranze non musulmane, che
rappresenterebbero meno dell' 1% della popolazione.
-BANGLADESH- La popolazione del Bangladesh è
costituita per l' 88% da musulmani sunniti. Circa il 10% della popolazione è
hindu e il resto è perlopiù cristiano e buddista. Nel paese sono presenti anche
piccoli gruppi di sciiti, sikh, baha'i, animisti e ahmadi. Secondo la
costituzione l' islam è la religione di stato, ma tutti hanno il diritto di
praticare la propria religione.
La violazione dei diritti umani contro la minoranza hindu in atto da oltre
trent' anni rimane per lo più ignorata; è ancora in vigore l' ordinanza del 1965
che dichiara gli hindu nemici della patria e che fu usata per confiscare le loro
terre. Ciò ha favorito un' emigrazione di massa, con stime di 5,3 milioni di
hindu emigrati fra il 1964 e il 1991. A cusa della crescente intolleranza
religiosa anche i buddisti e i cristiani hanno lasciato il paese.
-BHUTAN- Il buddismo mahayana è la religione di
stato, sebbene circa un quarto della popolazione, di etnia nepalese, pratichi l'
induismo. La legge garantisce la libertà di religione, ma in pratica il governo
limita questo diritto e mantiene una politica intimidatoria nei confronti di
tutte le persone che hanno un aspetto etnicamente diverso dall' etnia
maggioritaria buddhista ngalong.
-INDIA- L' India, a predominanza hindu, è la
democrazia più grande del mondo e nei primi cinquant' anni della sua
indipendenza, si è guadagnata la fama di un paese con una tradizione di
tolleranza nei confronti delle minoranze religiose. Negli ultimi decenni,
tuttavia, si è registrata un' inversione di tendenza, legata soprattutto all'
insorgere del movimento nazionalista hindu detto Sangh Parivar ("la famiglia
delle organizzazioni"). A partire dagli anni Ottanta si è affermata l' ideologia
dello hindutva, che sostiene l' imposizione politicizzata di norme culturali e
religiose hindu al di sopra di tutte le altre dottrine religiose e che è
propugnata dal Bharatya Janata Party (BJP), il partito che ha tenuto il potere
dal 1998 al 2004.
Esistono due enti nazionali per la protezione delle minoranze e dei diritti
umani: la National Commission for Minoritie (NCM) e la National Human Rights
Commission (NHRC). Ma le indagini e la punizione dei responsabili di attacchi a
minoranze religiose rimangono spesso inefficaci e ciò ha creato in alcuni gruppi
estremisti la convinzione che tali violenze possano essere commesse impunemente.
I militanti hindu utilizzano come pretesto per le proprie attività gli attacchi
dei gruppi estremisti militanti stanziati in Pakistan e attivi in Jammu e
Kashmir, come anche gli attacchi terroristici che si verificano in tutta l'
India. Il terrorismo islamista è un problema reale, ma demonizzare un' intera
comunità anzichè ricercare i singoli colpevoli è una pratica che promuove l'
estremismo e crea una spirale violenza.
L' animosità fra le diverse comunità religiose ha radici molto antiche e queste
tensioni, esacerbate da povertà, differenze di classe e di etnia, di tanto in
tanto danno luogo a violenze. Sebbene le tensioni siano di solito spiegate in
termini religiosi, gli scontri sono spesso dovuti più a questioni economiche che
a motivazioni religiose vere e proprie.
-MALDIVE- La costituzione del 1997 dichiara l' islam religione ufficiale. La
religione è fortemente limitata tanto che gli stranieri non musulmani presenti
nel paese possono praticare la propria religione solo in privato; gli unici
edifici di culto consentiti sono le moschee.
-NEPAL- Il 17 maggio 2006 il parlamento del Nepal ha trasformato l' unico paese
del mondo in un stato laico, dopo che la Costituzione del 1990 aveva definito il
paese come "regno hindu", svantaggiando tutte le etnie che non seguivano quella
religione poichè, di fatto , negava loro l' accesso al potere e all'
amministrazione centrale.
I seguaci delle religioni di minoranza, specialmente i buddisti tibetani, sono
talora vittime di molestie da parte della polizia. Nelle zone controllate delle
guerriglia maioista la libertà religiosa è stata pesantemente limitata: nelle
scuole si impone un "calendario del popolo" che non permette le festività
religiose e spesso luoghi di culto sono requisiti per utilizzarli come campi di
rieducazione.
-PAKISTAN- Il Pakistan è una repubblica islamica e la costituzione prevede che
tutte le leggi siano coerenti con l' islam. Secondo le ordinanze hudud, la legge
coranica è imposta anche ai non musulmani. L' abuso di queste ordinanze, come
anche dalla legge sulla blasfemia, fa sì che esse spesso siano state usate per
regolare conti personali. Tuttavia il governo proclama di difendere la
tolleranza religiosa e condanna a parole le attività delle organizzazioni
fondamentaliste e il terrorismo.
le relazioni fra le diverse comunità religiose sono molto tese: esiste una forte
discriminazione sociale nei confronti delle minoranze e anche gli scontri fra
sunniti e sciiti sono spesso molto violenti La maggioranza dei musulamani sono
sunniti il 10% sciiti)
-SRI LANKA- Sebbene il buddismo theravada non sia riconosciuto come religione di
stato esso è seguito dalla comunità maggioritaria singalese. In teoria i seguaci
di altre confessioni hanno il diritto di praticare liberamente la propria
religione, ma in pratica il governo non rispetta tale diritto.
LA CONDIZIONE DELLA DONNA IN
ASIA MERIDIONALE
Donne indiane in un campo di chili |
Il discorso sui diritti delle
donne in Asia meridionale è critico sotto molti punti di vista. La cultura è
molto sessista e maschilista, al punto cha alcuni paesi e stati nazionali si
identificano per i crimini contro le donne: dire India significa pensare a
omicidi per dote, il nome Pakistan fa venire in mente omicidi d' onore, il
Bangladesh è sinonimi di sfregi con acido. In tutta l'area la condizione
generale delle donne è caratterizzata dalla loro subordinazione economica,
sociale, culturale e politica. Sin dalla nascita ricevono meno cibo, cure
mediche e istruzione rispetto i loro coetanei maschi. Nel mondo del lavoro
ricevono salari più bassi, hanno meno possibilità di partecipare alla società
civile e hanno una speranza di vita inferiore rispetto alle loro controparti
maschili.
negli ultimi decenni sono proliferati in Asia meridionale gruppi per la difesa
dei diritti delle donne, ma l' oppressione legale, sociale, economica e politica
rimane diffusa. La pratica dei matrimoni infantili e dei matrimoni forzati è
ancora un fatto comune in Nepal, Bangladesh, India, Pakistan e Afganistan.
Donne indiane sedute su un cumulo di lampadine rotte |
Le poche che si ribellano a
queste norme sono spesso vittime di attacchi che servono da avvertimento per le
altre: la pratica di sfigurarle con l' acido, o di ucciderle per motivi d'
onore, è molto comune in Pakistan e Bangladesh. E' particolarmente grave il
commercio delle donne bangladeshi: si stima cha da un paio di decenni da 100 a
150 donne e ragazze del Bangladesh siano portate ogni mese in Pakistan, dove
vengono vendute come spose, domestiche oppure sono avviate alla prostituzione.
In Asia Meridionale sono presenti forme di discriminazione sessuale che portano
all' infanticidio femminile o all' aborto selettivo in base al sesso del
nascituro.
Dal momento che le donne hanno scarso accesso alla sicurezza economica, il
matrimonio rimane l' unica strategia di sopravvivenza, e poichè la verginità è
un requisito importante, l' età delle spose tende a diminuire per garantirla.
Una volta sposata una donna deve produrre figli, in particolar modo maschi. La
preferenza di figli maschi è tanto forte che ha influenzato la percentuale in
base al sesso della popolazione indiana: secondo un rapporto delle
Nazioni Unite
del 1995 mancano 50 milioni di femmine nella popolazione indiana. Secondo il
censimento del 2001 ogni 1000 maschi ci sono 927 femmine, con una diminuzione
rispetto al decennio precedente, dove la proprorzione era di 945 su 1000.
Cosa vuol dire essere donna in India |
AGOPUNTURA
PROFONDA
L'agopuntura, una
delle più antiche forme di medicina, fu
inventata in
Cina circa 5.000 anni fa.
Ancora in voga ai giorni nostri, la pratica
di farsi sforacchiare con piccoli aghi a
fini terapeutici divide da sempre l'opinione
dei medici, talvolta profondamente scettici
sui reali benefici di questa antica
medicina.
Luo Cuifen, una donna cinese di 31 anni, ha
sperimentato sulla propria pelle una forma
un po' più sadica di agopuntura, attuata dai
suoi parenti per scopi tutt'altro che
terapeutici.
Preoccupata da alcune tracce di sangue nelle
urine, Luo Cuifen ha deciso di recarsi in
ospedale per compiere degli accertamenti
medici. Dopo alcuni esami poco risolutivi,
il medico di pronto soccorso ha deciso di
sottoporre la sua paziente ad alcuni
accertamenti radiologici di routine.
Osservando le lastre di Luo, il radiologo è
trasalito. I raggi X hanno infatti
evidenziato la presenza di 26 aghi da cucito
nel ventre della donna, conficcati in
diversi organi vitali e in parte del tubo
digerente.
Secondo la
ricostruzione dei medici, i 26 aghi
furono introdotti nel corpo di Luo quando
aveva ancora pochi giorni di vita dai suoi
nonni, terrorizzati all'idea di dover
crescere un'altra femmina al posto del tanto
agognato maschio.
Luo avrebbe quindi convissuto per più di 31
anni con 26 aghi nel corpo in grado di
ucciderla in qualsiasi momento. Nonostante
ciò, a parte il sangue nelle urine, la
giovane donna non aveva mai registrato alcun
disturbo fisico.
Un'equipe di 23 medici sta ora studiando il
modo migliore per rimuovere gli aghi dal
corpo di Luo. L'impresa si prospetta molto
difficile e rischiosa. Ulteriori
accertamenti hanno infatti dimostrato la
presenza di frammenti metallici conficcati
in un'area molto delicata del cervello.
Nonostante la difficoltà dell'operazione cui
dovrà sottoporsi, Luo ha buone probabilità
di avere salva la vita. Una domanda pesante
e inquietante però rimane: con che coraggio
si possono far ingoiare 26 aghi a un
neonato?