PREMESSA

Nasce il movimento nazionalista in Cina:


Il risveglio delle nazionalità nel continente asiatico ebbe inizio nell'Estremo Oriente. La rivolta nazionalista e xenofoba dei Boxers (1900), anziché allontanare gli europei dalla Cina ve li insediò ancora più stabilmente attraverso l'imposizione del "protocollo del 1901", che segnò la fine dell'indipendenza economica e politica del paese.
Non meno pericoloso per la Cina fu l'espansionismo del Giappone, il quale nel 1894 mosse guerra alla Cina strappandole l'isola di Taiwan e la piazzaforte di Port Arthur, e imponendo sulla Corea la propria influenza. Soggetta a questa duplice pressione (da oriente e da occidente),la Cina fu costretta nel 1902 a cedere alle potenze europee lembi del proprio territorio, attraverso i quali procedette e si ingigantì la penetrazione commerciale straniera. Concessioni in tal senso furono fatte all'Inghilterra, alla Germania, alla Francia, all'Italia, mentre la Russia occupò vasti territori asiatici a nord dell'Amur e ad est dell'Ussuri.

Il risveglio venne ad opera del partito del Kuomintang, espressione della borghesia nazionale antimperialista.


Sun Yat-sen, 1912

Anima della riscossa e fondatore del Kuomintang fu un intellettuale formatosi alla scuola delle democrazie occidentali, Sun Yat-sen, che per primo vide la necessità di abbattere le tradizionali strutture dell'Impero confuciano e burocratico e di far compiere alla Cina un'esperienza analoga a quella fatta dalla Francia con la rivoluzione dell'89.
Né mancavano i presupposti per una rivoluzione. Era in atto nel paese fino dagli inizi del secolo una trasformazione economica e sociale destinata a provocare profonde tensioni. Nelle zone soggette al controllo delle potenze occidentali (Shangai, Canton, Whuman, Hunan) era sorta un'industria dominata dal capitale straniero (inglese, francese, giapponese, statunitense), che aveva provocato la formazione di un proletariato indigeno (circa 2 milioni di persone). Le campagne erano agitate da fermenti rivoluzionari che si valevano di milizie per tenere a freno i contadini ribelli.
Sun indicò due mete essenziali: cacciare i dominatori stranieri e porre fine al potere dei proprietari terrieri nelle campagne: un programma antimperialistico e antifeudale ad un tempo, vagamente democratico e socialisteggiante. L'azione del Kuomintang e la rivoluzione detta dei giovani cinesi portò nel 1911 all'abdicazione dell'ultimo imperatore della dinastia Manciù e alla proclamazione della repubblica (12 febbraio 1912). Sun Yat-sen ne divenne presidente provvisorio, ma osteggiato dai grandi proprietari terrieri, dai satrapi militari e dalla stessa borghesia urbana legata per ragioni d'interesse alle potenze imperialiste, dove dimettersi e lasciare la presidenza al reazionario Yuan Shih-k'ai. Sun si ritirò a Canton ove costituì nel 1917 un governo democratico e nazionalista, espressione del Kuomintang in antagonismo con quello di Pechino. Il paese restò così diviso e lacerato tra il governo del Nord e quello del Sud. Tuttavia il governo di Canton, forte degli aiuti russi e dell'alleanza stretta coi Comunisti cinesi costituitisi in partito nel 1921 continuò anche dopo la morte di Sun (1925) a guadagnare terreno sotto la guida militare e politica di Chiang Kai-shek che divenne il leader del Koumintang e riuscì a battere i generali del Nord e a liberare Pechino.
Nella primavera del 1927 Chiang, sostenuto dai proprietari delle campagne timorosi di un sovvertimento agrario e dalla borghesia urbana, spaventata dalle rivendicazioni degli operai, prese l'iniziativa della rottura coi Comunisti scatenando una violenta repressione contro i sindacati e le milizie operaie. Il Kuomintang venne così trasformandosi da progressista, qual era in origine, in partito sempre più dichiaratamente conservatore e reazionario. La reazione aprì vuoti spaventosi nelle file del partito comunista. Quanti riuscirono a scampare alle stragi organizzarono la resistenza armata nelle "regioni rosse" chiamando i contadini alla lotta e procedendo all'assegnazione delle terre strappate ai proprietari mediante consigli di villaggio (soviet).
Alla testa dei ribelli si pose Mao Zedong che doveva diventare il prestigioso capo della rivoluzione comunista, il "Lenin dell'Asia" come si disse. In contrasto con la precedente politica del partito comunista, che aveva fatto leva sui nuclei operai Mao individuò nelle campagne il centro dell'azione rivoluzionaria. Solo mobilitando i contadini si poteva condurre un'azione rivoluzionaria di massa. Le campagne dovevano divenire la grande riserva strategica della rivoluzione. In piena guerra civile si gettarono le basi per la creazione di una repubblica sovietica cinese degli operai e dei contadini che fu proclamata nel Kiangsi, il 7 novembre 1931. Nasceva così una Cina, in alternativa a quella di Pechino controllata dalle forze padronali e dal grande capitale straniero ad esse alleate: una nuova Cina rossa, esposta peraltro alla campagna di annientamento scatenata dalle truppe nazionaliste di Chiang Kai-shek, che ebbero dagli Stati Uniti e dai vari paesi europei aiuti finanziari e rifornimenti di armi e di munizioni.


Gli ultimi giorni del Kuomingtang, Shangai, 1949

Si combatté una impietosa guerra civile (1930-34), durante la quale i comunisti operarono una profonda ritirata,destinata a diventare epopea, passata alla storia come "lunga marcia". Per sfuggire all'accerchiamento e alla distruzione da parte delle soverchianti forze del Kuomintang, che ormai controllavano tutte le regioni meridionali del paese, Mao intraprese questa lunga e durissima marcia per oltre diecimila chilometri attraverso impervie catene e paludi, fino a raggiungere nell'estremo Nord del paese, nella provincia dello Shensi, altre "regioni rosse". A questo punto anziché la campagna contro i comunisti si ebbe un precario accordo tra le parti, imposta dalla necessità di far fronte alla grande invasione nipponica del 1937.

L'esercito rosso si assunse il compito di fronteggiare gli invasori nelle province settentrionali, mentre, alle nazionalistiche del Kuomintang fu riservata la difesa di quelle meridionali. Si trattò di un accordo precario, non di una pacificazione duratura. Di fatto dopo il crollo dei giapponesi, che pose termine alla seconda guerra mondiale (1945), la guerra civile in Cina tornò a divampare, e si concluse con il definitivo trionfo dei comunisti, che, conquistata Pechino il 1 ottobre 1949 proclamarono la repubblica popolare cinese, presieduta da Mao Zedong. Chiang Kai-shek, sconfitto, riparò, sotto la protezione della flotta americana, coi resti del Kuomintang, nell'isola di Formosa, ove il suo regime si mantiene ancora oggi in virtù dell'appoggio statunitense.


 

 

 

LA VIA CINESE DEL 1948 AL 1979


Prima dell'arrivo al potere del partito comunista, l'economia cinese aveva conosciuto solo una modernizzazione sporadica, all'ombra della presenza straniera. L'Unione Sovietica fornisce al nuovo regime sia un modello di sviluppo che un sostegno economico ragguardevole. Ma già a partire dalla fine degli anni cinquanta vengono a maturazione da parte cinese dubbi sulla pertinenza del modello e, da entrambi i lati attriti politici e ideologici che conducono alla rottura consumata nel 1960. A partire da quel momento, prima attraverso "il grande balzo in avanti" poi con la "rivoluzione culturale", le ambizioni di trasformazione della società prendono il sopravvento imperativi economici. Ciononostante, le innovazioni maoiste non intaccano i lineamenti di una strategia economica che continua a prendere a prestito le proprie priorità e la propria ispirazione dal modello di industrializzazione staliniano.



LA NASCITA DELL'ECONOMIA PIANIFICATA(1953-1957)

Nel 1949 le infrastrutture e la capacità produttiva del paese sono parzialmente distrutte e l'inflazione imperversa; il partito comunista, che può contare sull'unità politica del paese, si mette al lavoro per riavviare l'economia. Una delle prime misure economiche è la promulgazione della riforma agraria: la legge del 28 giugno 1950 ridistribuisce la terra fra i contadini, in modo da assicurare un minimo di un sesto di ettaro ad adulto. Negli altri campi il programma economico di prova, in un primo tempo, di flessione e liberalismo nel trattare con la borghesia urbana chiamata a gestire la ricostruzione dell'apparato industriale e commerciale. Nel 1952 la maggior parte dei principali settori industriali ha una produzione superiore a quella dei migliori anni del periodo prebellico, e ciò nonostante l'intervento militare in Corea, a partire dall'ottobre 1950. La guerra distrae una parte delle risorse del paese e certamente frena il ristabilimento dell'economia cinese, tanto più se si considera che i paesi occidentali per ritorsione decidono l'embargo su tutto il commercio con la Cina. Una volta riavviata l'economia, le scelte della dirigenza cinese fanno progressivamente imboccare al paese la via già tracciata dall'influente pensiero economico sovietico, che fornisce allo stesso tempo riferimenti ideologici e teorici, nonché principi organizzativi.
La collettivizzazione dell'agricoltura all'inizio procede lentamente; ma nel luglio 1955 Mao Zedong interviene a favore della formazione delle cooperative e, alla fine del 1956, tutta la classe contadina è in qualche modo entrata a farne parte. Nell'industria lo Stato estende rapidamente la propria influenza e nel 1956 controlla direttamente o indirettamente la totalità della produzione. Sussistono solo due grandi categorie di impresa: le imprese pubbliche, che avranno per lungo tempo una posizione dominante e le imprese collettive, i cui metodi di gestione non sono affatto differenti, ma che non gravano sul bilancio dello Stato, hanno un giro di affari modesto e sono poste sotto la tutela della autorità locali.
Parallelamente a partire dal 1952 vengono creati la Commissione statale della pianificazione, l'Ufficio di Stato delle statistiche, che elabora un sistema di contabilità nazionale direttamente mutuato da quello dell'URSS. Ma al contrario dell'URSS la pianificazione rimane rudimentale, riflettendo un'economia dalla produzione non sufficientemente differenziata, in cui l'articolazione dei settori industriali è ancora allo stato embrionale. Il primo piano quinquennale è quello nel quale l'organizzazione dell'economia cinese si avvicina di più al suo modello di riferimento.

IL PRIMO PIANO QUINQUENNALE


Questo piano copre gli anni 1953-1957 e corrisponde ad un periodo di crescita molto rapida in cui si dispiegano le ambizioni e le energie caratteristiche dell'industrializzazione staliniana. Lo sviluppo prioritario dell'industria pesante, ispirato alla volontà di stabilire una potenza economia completa ed autonoma, richiede un considerevole impegno di investimento finanziato da prelievi diretti e indiretti sui prodotti agricoli, i cui prezzi sono mantenuti molto bassi. Nell’arco del primo piano quinquennale, più di metà degli investimenti è destinata all’industria. In cinque anni la Cina getta le basi del proprio apparato industriale. Gli aiuti economici e tecnici provenienti dall'URSS e dagli altri paesi dell'Est europeo svolgono un ruolo centrale nella realizzazione del primo piano quinquennale cinese. Ogni progetto d'industrializzazione è necessariamente basato su acquisti all'estero di materiali e tecnologie. A partire dal 1949 la Cina riorienta rapidamente il proprio commercio verso i paesi comunisti, tanto che nel 1957 essa effettua con loro più di due terzi dei propri scambi con l'estero. L'Unione sovietica partecipa ai grandi progetti previsti dal piano quinquennale e le sue consegne di materiale rappresentano circa la metà delle spese per equipaggiamenti o effettuate nel quinquennio. Tra il 1950 e il 1954 essa concede crediti equivalenti a 400-500 milioni di dollari, che coprono circa un quinto delle sue vendite totali alla Cina, fornendo in oltre un'imponente assistenza tecnica.

LA ROTTURA CON L'URSS

Dopo il ventesimo congresso del partito comunista sovietico, nel febbraio del 1956, il dissenso fra l'URSS e la Cina si approfondisce. Quest'ultima non ha mai aderito alla condanna dello stalinismo, né ammesso la possibilità i una coesistenza pacifica con le potenze imperialiste. Il riavvicinamento sovietico-americano, coronato dai viaggi di Nixon a Mosca di Chruscev negli Stati Uniti nel corso del 1959, mina il sostegno militare e diplomatico che la Cina può attendersi dal proprio alleato; agli occhi dei dirigenti sovietici Pechino conduce una politica avventurista. Nel 1960 le tensioni vengono alla luce e l'Unione Sovietica richiama i tecnici che partecipano ai progetti economici di cooperazione in Cina; nel 1961 gli scambi economici e commerciali crollano e la Cina rimborsa in anticipo i prestiti sovietici. Per l'economia cinese lo choc è durissimo, anche perchè viene a sommarsi alla grave crisi conseguente al fallimento del grande balzo in avanti.
 

 


L'INSTABILITA' DELLA POLITICA ECONOMICA A PARTIRE DAL 1958
La fine del primo piano quinquennale inaugura un lungo periodo d'instabilità per l'economia cinese. Su impulso di Mao Zedong, le preoccupazioni ideologiche irrompono nel dibattito economico. A partire dal 1958 si assiste ad un'alternanza di fasi: periodi in cui le ambizioni rivoluzionarie del potere tentano di intaccare le zavorre economiche e sociali del paese; periodi in cui queste ultime prendono il sopravvento sugli slanci utopistici.

IL GRANDE BALZO IN AVANTI E GLI ANNI BUI (1958-1961)
Il primo piano quinquennale aveva raggiunto un punto morto: le condizioni dell'agricoltura vincolavano la crescita industriale, che a sua volta era in grado di assorbire solo una minima parte della manodopera agricola che progressivamente si rendeva disponibile. La costruzione di grandi complessi industriali consentita dagli aiuti sovietici evidenzia in modo inequivocabile l'inadeguatezza delle infrastrutture e dei mezzi di comunicazione del paese; la priorità data allo sviluppo dell'industria pesante trascura i vincoli posti dalla penuria di capitale e dalla sovrabbondanza di manodopera, Nel 1958, il grande balzo in avanti e la creazione delle comuni popolari riflettono la volontà di superare i vincoli sociali, tecnici, economici e finanziari.
Il lancio del grande balzo in avanti prende forma all'inizio del 1958, con l'apparizione dei grandi temi ideologici: liberare l'energia delle masse, emancipare gli spiriti, spezzare la burocrazia, rifiutare i modelli esterni. L'ottavo congresso del partito (nel maggio 1958) ufficializza le ambizioni del grande balzo ("colmare il divario con l'Inghilterra in quindici anni"). Nell'agosto 1958 Mao lancia il movimento di costituzione delle comuni popolari, che raggruppano le cooperative agricole di recente creazione e diventano l'unità di base dell'amministrazione rurale, con il compito di organizzare la vita nelle campagne. Nel corso del 1958 l'esplosione volontarista prende il posto della politica economica. Una febbre dell'acciaio si impadronisce del paese, e a fine anno venti milioni di contadini lavorano nelle piccole acciaierie rurali; nell'industria urbana i ritmi sfrenati sono un dovere e la pianificazione, intesa come sforzo di rendere coerenti a livello nazionali risorse e obbiettivi, finisce per diventare irrilevante. Ma l'anarchia e la frenesia che caratterizzano tutta l'attività economica fanno rapidamente sentire i propri effetti: il raccolto di cereali diminuisce del 30% tra il 1958 e il 1960, la carestia e la malnutrizione imperversano, secondo le autorità cinesi tra il 1959 e il 1962 le vittime della carestia sono tra i dieci e i quindici milioni. I demografi americani stimano in circa il doppio la perdita di vite umane legate al disastro economico. Anche la produzione industriale crolla nel 1961, dal momento che l'agricoltura non le fornisce più né materie prime né sbocchi.
Una nuova politica economica, prudente e moderata emerge dal disastro degli "anni bui" (1959-1961). La priorità che si impone è la riattivazione del sistema agricolo, in modo da poter soddisfare i bisogni base della popolazione. Le autorità riportano al centro della scena gli incentivi materiali, l'educazione scientifica e tecnica, i criteri quantitativi nella valutazione della produzione, cercano di ristabilire il sistema della pianificazione e si preoccupano di tenere sotto controllo la crescita demografica. Nel 1965 la produzione agricola raggiunge il livello del 1960; nel 1966 ha interamente rimborsato il suo debito con l'unione sovietica.

LA RIVOLUZIONE CULTURALE (1966-1970)

La rivoluzione culturale inizia a partire dalla fine 1965 e fa piombare il paese nel caos durante il 1967. Nel maggio 1966, gli elementi della sinistra radicale al vertice del partito lanciano un appello all'epurazione di tutti gli elementi più borghesi del partito stesso; essi chiamano alla trasformazione radicale della società per mezzo del fervore e degli ideali rivoluzionari presenti nel pensiero di Mao Zedong.


Mao Zedong


Gli appelli alla critica e alla rivolta, la resistenza dei comitati di partito e i susseguenti scontri violenti con le guardie rosse conducono ad una situazione di anarchia. Alcuni focolai di guerra civile si accendono nel 1967 a Canton e nel centro industriale di Wuhan. Ben presto di fronte alla minaccia di disintegrazione del paese, le autorità supreme incaricano l'esercito di ristabilire l'ordine e di prendere sotto tutela l'insieme delle amministrazioni pubbliche. Progressivamente i disordini si placano; dal 1969 inizia la laboriosa opera di ricostruzione dell'apparato del partito, ridotto a brandelli.
La rivoluzione culturale non provoca una crisi economica comparabile a quella che aveva seguito il fallimento del grande balzo in avanti; tuttavia, essa frena lo slancio che l'economia cinese ha vissuto verso la metà degli anni sessanta.
L'impatto immediato di questa turbolenza sull'economia è attutito dal fatto che l'agricoltura era rimasta sostanzialmente ai margini. Più in profondità tuttavia, la rivoluzione da un'ulteriore colpo alla stabilizzazione del sistema che si era appena ripreso dal grande balzo: l'amministrazione economica centrale viene destrutturata e messa fuori gioco.
Le ripercussioni più durature derivano senza ombra di dubbio dallo spreco di capitale umano. Quasi un'intera generazione si ritrova priva dell'insegnamento superiore le università chiuse nel 1966 riprendono progressivamente a funzionare solo a partire dal 1970 per di più su un programma limitato, nel quale la politica ha il sopravvento.

IL RITORNO ALLA CALMA (1970-1978)
In questo periodo le convulsioni politiche diventano progressivamente meno violente, ma, prima e dopo l'apertura della successione di Mao, si generano ondate d'instabilità.
Fino al 1977 coesistono tendenze favorevoli ad una politica economica pragmatica e tendenze che invece la denunciano. Nel 1975 Deng Xiaoping, allora uno dei vicepresidenti del Comitato centrale del partito, presenta un rapporto in venti punti sullo sviluppo industriale teso ad incoraggiare una gestione rigorosa delle imprese e il ricorso sistematico alle tecniche importate, con l'obbiettivo sottostante di un miglioramento del livello di vita.
Nel 1978 il nuovo primo ministro Hua Guofeng annuncia una nuova era per l'economia. Il piano 1978-1985 prevede un vigoroso sviluppo dell'industria, imperniato su di un vero balzo in avanti dell'acciaio e su un enorme impegno di investimento, da ottenere in gran parte attraverso l'importazione di macchinari occidentali.
Ma questo nuovo programma ha vita breve. Nel dicembre 1978 il plenum del Comitato centrale lo sostituisce con una politica di "riaggiustamento" dagli obbiettivi più modesti e con un primo abbozzo di riforma economica.

 
 

DIFFERENZE FRA ECONOMIA CAPITALISTA ED ECONOMIA COMUNISTA

 

LA CINA AMMINISTRATIVA
 

 

 

 

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