Parte geografica Siria

 

1. La Siria tra '800 e '900: l'influenza francese e il mandato internazionale (1920-1946)
 

Nei tempi antichi si chiamava Siria la regione compresa tra la penisola anatolica, la Turchia e il Sinai. L'egemonia su questo territorio fu un obiettivo costante di antiche civiltà sviluppatesi nelle vicinanze, come egizi e persiani, mentre fu una delle terre più importanti della cultura greca che nel Mediterraneo si pose all'origine di ciò che è oggi noto come "civiltà occidentale"."L'arabizzazione" avvenuta tra il VII e VIII secolo pone le basi etniche e culturali della regione da noi conosciuta come Siria: passata sotto dominio ottomano nel XVI secolo, con la maggioranza musulmana portò con in eredità la presenza di comunità cristiane, specialmente quelle maronite che dal XVII secolo sarebbero state motivo di ingerenza europea nella regione. Così nel 1831, all'imposizione di pesanti obblighi fiscali e militari (servizio di leva obbligatoria) da parte del nuovo padrone di Siria Mehemet Ali, Kedivé d'Egitto, si scatenò un'insurrezione popolare di cristiani e musulmani. Le potenze europee intervennero contro le misure di repressione contro i cristiani e delegarono i francesi alla protezione dei cristiani di Siria: nel 1840 ci fu il totale ritiro delle forze egiziane e la restaurazione del dominio ottomano, che autorizzava gli europei a sovvenzionare missioni e collegi cristiani in quella regione. Le comunità cristiane maronite, diffuse maggiormente nella regione montuosa compresa tra Damasco e Gerusalemme, appoggiarono nel 1858 una ribellione contro il sistema feudale, ma si scontrarono con la decisa repressione da parte dei musulmani (in particolare drusi). Le gravi carneficine anti-cristiani spinsero la Francia ad inviare le proprie truppe per la difesa dei cristiani e a pretendere dal governo turco la creazione di una provincia speciale (denominata "Piccolo Libano") in cui, sotto il governo di un cristiano nominato dal sultano e che si attuasse l'abolizione dei privilegi feudali. E' in questo periodo che i cristiani di questa provincia si ritagliarono un ruolo di predominio rispetto alla popolazione musulmana locale. La rivolta araba durante la prima guerra mondiale scosse tutto il Medio Oriente e, nonostante l'accordo Sykes-Picot assegnasse ai francesi la Siria (comprensiva dell'attuale Libano) ed ai britannici la Palestina  e l'Iraq, l'emiro Faisal fu proclamato re della Siria indipendente. La reazione di Parigi non si fece attendere e nel 1920 le truppe francesi occuparono militarmente il paese, costringendo Faisal a ritirarsi. Due mesi più tardi la Siria fu suddivisa in cinque province e nel luglio del '22 la Società delle Nazioni approvò il testo del mandato francese per Siria e Libano. Politicamente la "Siria" è da questo periodo in poi che ha preso un significato ristretto rispetto alla Siria "geografica" in senso lato. Il mandato internazionale diede alla Francia la responsabilità per la creazione di un'amministrazione delle risorse del paese in vista dell'autogoverno. Il numero dei governi locali aumentava: uno per i Jabal Ansariyah, dove la maggioranza apparteneva alla setta Alawita, uno per gli Jabal ad-Duruz, dove gli abitanti erano Drusi, ed uno per il resto della regione con la capitale Damasco. L'amministrazione mandataria tentò di incentivare la politica edilizia per la costruzione di infrastrutture e di strade ma anche la politica agricola (in particolare nella fertile al-Jazirah), quindi attuò dei provvedimenti di "riforma agraria" in alcuni distretti. Gli anni di "preparazione" della Siria per l'autogoverno soffrirono comunque per le differenze tra la concezione francese e quella siriana, stante il fatto che la maggior parte degli ufficiali e degli statisti francesi la pensavano in termini di un lungo periodo di controllo. Inoltre rimaneva da parte di Parigi una forte resistenza a cedere il potere alla maggioranza musulmana in tempi e modi che potessero convincere i loro "protetti" cristiani alla rinuncia alla tradizionale politica di protezione dei cristiani d'Oriente. Fu così che in Siria tanti membri delle minoranze erano persuasi della necessità dell'aiuto francese nella costruzione di una società e di un governo moderni; ad ogni modo la gran parte della popolazione urbana (e soprattutto l'élite istruita), voleva uno Stato siriano indipendente che includesse i distretti Drusi e Alawiti e, ove possibile, il Libano, la Palestina (ad ovest del Giordano) e la Transgiordania (ad est del fiume omonimo). E' pur vero che da parte francese non ci fu una vera politica della conciliazione ed i momenti di crisi non tardarono ad arrivare. La prima crisi nelle relazioni franco-siriane avvenne nel '25 quando la rivolta in Jabal ad-Duruz, esplosa per motivi locali, sfociò in un'alleanza tra i ribelli Drusi e i nazionalisti di Damasco, organizzati nel "Partito del Popolo". Le bande dei ribelli (che controllavano in quel momento la gran parte delle campagne) si spinsero fin dentro la stessa città di Damasco (ottobre 1925) provocando il bombardamento francese per 2 giorni; la rivolta, poi, si protrasse fino al '27. Nel 1928 si tennero le elezioni per l'Assemblea costituente: i nazionalisti vinsero le elezioni e presero posto nel nuovo governo. La proposta di Costituzione che l'assemblea presentò, però, fu considerata assolutamente inaccettabile dall'Alto Commissario (massima autorità francese nella regione) in quanto parlava di "unità geografica della Siria" e non salvaguardava esplicitamente la funzione di controllo francese. Nel maggio del 1930 con la fine dei lavori dell'assemblea l'Alto Commissario promulgò con alcuni sostanziali cambiamenti la Costituzione elaborata dall'assemblea stessa. Tuttavia, il rifiuto francese per un'ampia autonomia interna e il fallimento dei negoziati per il trattato franco-siriano che avrebbe dovuto definire l'indipendenza della Siria e regolare i rapporti fra i due Stati al termine del mandato, provocò vari scontri tra nazionalisti e francesi fino al 1936, quando il nuovo governo del Fronte Popolare in Francia aprì nuove possibilità di dialogo e s'inaugurò un tavolo di negoziati con i nazionalisti organizzati nel "Blocco Nazionale". Il riconoscimento della legittimità di alcune fondamentali richieste siriane permise la firma del trattato (settembre 1936): con questo accordo si sancì l'indipendenza della Siria, si costituì un canale di consultazioni franco-siriane per la politica estera, si mantenne la priorità francese nell'assistenza alla Siria e la concessione alla Francia di due basi militari sul territorio. I distretti drusi e alawiti furono incorporati nella Siria (e non nel Libano, con il quale la Francia firmò un analogo trattato nel novembre dello stesso anno). Fu eletto il Parlamento: il leader del Blocco Hashim al-Atasi fu eletto Presidente delle repubblica e fu costituito un governo nazionalista. Il governo siriano ratificò il trattato prima della fine del 1936, ma le gravi difficoltà in cui si dibatteva il governo di Parigi non permisero la ratifica da parte francese. Quando la Turchia avanzò pretese per Alessandretta e Antiochia, dove i turchi erano il maggiore elemento nella popolazione mista, la Francia considerò opportuno (in base a ragioni strategiche) aderire alle sue pretese: così alla zona nel 1937 venne garantito lo status autonomo mentre due anni più tardi fu incorporata nel territorio turco col nome di distretto di Hatay. Sfumate ormai le speranze di una ratifica francese (seppur tardiva) del trattato, il clima di agitazione del paese culminò con le dimissioni del presidente e del governo siriani e con la sospensione da parte francese della costituzione in vigore dal 1930 in Libano e Siria. Nel 1940, dopo l'armistizio franco-tedesco, i francesi dislocati in Siria annunciarono che era loro intenzione cessare le ostilità contro la Germania e l'Italia e riconoscere il governo di Vichy; in un clima di grave incertezza politica (aggravato dalla crescente scarsità di beni e dall'aumento dei prezzi) si verificò una crescente tensione interna (diretta dal più importante leader nazionalista siriano Chikri al-Quwatli). Nel maggio del '41 il governo di Vichy permise agli aerei tedeschi di atterrare e di rifornirsi di carburante sulla rotta per l'Iraq: il territorio siriano si confermava come un vero e proprio ponte strategico dell'Asse e per questo motivo in giugno forze britanniche e del Commonwealth, insieme a quelle della Francia Libera, invasero Siria e Libano. Al momento dell'invasione la Francia Libera del Generale De Gaulle proclamò l'indipendenza siriana e libanese con la sottoscrizione del governo britannico (che riconosceva così il predominio francese nella regione purché la Francia avesse mantenuto il suo impegno a concedere l'indipendenza). Le truppe di Vichy resistettero per un mese, ma già il 21 giugno Damasco fu occupata e nella notte tra l'11 e il 12 luglio vi fu la cessazione delle ostilità; da questo momento fino al 1946, la Siria fu occupata congiuntamente da forze britanniche e francesi. Le elezioni svoltesi nel 1943 segnarono la vittoria del nazionalista Chikri al-Quwatli, che diventò così Presidente della repubblica. Seguirono due anni di tensioni sui modi del trasferimento dei poteri dall'amministrazione francese al governo locale. La crisi si acuì nel 1945, quando i francesi rifiutarono di trasferire alle autorità siriane il controllo delle forze armate locali e si scatenarono i disordini che culminarono nel bombardamento francese di Damasco e nell'intervento britannico. Dopo lunghi negoziati e discussioni all'interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel marzo 1946 fu raggiunto l'accordo sul simultaneo ritiro inglese e francese da Siria e Libano. La Siria era uno Stato indipendente (dichiarazione d'indipendenza del 17 aprile 1946) e sovrano, membro fondatore delle Nazioni Unite e della Lega Araba.

 

2 - La Siria indipendente: il regime dei colonnelli (1949), l'unione con l'Egitto (1958-61) e il regime secessionista
 

L'umiliante fallimento dell'intervento arabo in Palestina contro il nuovo stato d'Israele nel maggio 1948 portò discredito ai governi dei paesi arabi, ma in nessun altro posto più che in Siria. I problemi della nuova ed emergente repubblica erano legati fondamentalmente all'eterogeneità etnica, religiosa e sociale. Il nuovo stato unì i territori alawiti e drusi (che avevano in passato uno status separato) con le predominanti regioni sunnite di Damasco, Hims, Hamah e Aleppo: così Alawiti e Drusi formarono delle comunità compatte nelle rispettive regioni mentre all'interno del paese (e particolarmente nelle città) si manteneva la presenza di cospicue comunità cristiane.
In aggiunta all'eterogeneità religiosa, c'era una parimenti importante eterogeneità sociale; la popolazione siriana era composta da cittadini, contadini e nomadi: tre gruppi che avevano ben poco in comune. In seguito le differenze economiche aggiunsero ulteriori complessità e nelle città l'ostentazione della ricchezza dei notabili contrastava nettamente con la povertà delle masse; inoltre quegli stessi notabili erano anche i padroni delle grandi proprietà agricole (in cui i contadini vivevano in condizioni di sostanziale servitù) e gli organizzatori della resistenza ai francesi. Quando la Siria ottenne l'indipendenza, essi presero il potere e impegnarono tutte le loro forze nella creazione di uno stato unitario: non furono all'altezza, però, del compito. Dal 1949 la classe media (piccola ma in crescita, veicolo di nuove idee sociali che si stavano sviluppando) e le minoranze (che risentivano della crescente minaccia al loro particolarismo) erano sempre più in opposizione al governo e chiedevano riforme. I governanti, che assaporavano il potere dopo una così lunga lotta per l'indipendenza, rifiutarono le concessioni che avrebbero potuto salvarli. Inoltre, più che a risolvere i problemi interni al paese, sembravano puntare molto più al compimento del traguardo panarabo (finalità politica che negli anni successivi alla seconda Guerra Mondiale, vide i tentativi concorrenti per la leadership panaraba tra Egitto e Arabia Saudita). La dirigenza del Blocco Nazionale si divise presto in due nuovi partiti: il "Partito Nazionale" capeggiato da Chikri al-Quwatli (che rappresentava gli interessi dei notabili di Damasco e appoggiava la posizione panaraba dell'Arabia Saudita) e il rinato "Partito del Popolo" (che difendeva gli interessi dei notabili di Aleppo e manteneva una linea filo-irachena). C'era inoltre il "Partito Baath", socialista e laico, che reclutava i propri seguaci tra gli studenti e gli ufficiali dell'esercito, guadagnandone l'appoggio particolarmente tramite gli Alawiti e le altre minoranze fortemente rappresentate tra i giovani ufficiali dell'esercito. Nel marzo 1949 avvenne il rovesciamento dell'effimero governo civile in Siria con il primo di una serie di "golpe" militari che scandirono la vita politica siriana nella seconda metà del '900: il Colonnello Husni az-Zaim abbatté il governo Quwatli con un colpo di mano (senza spargimento di sangue); Zaim stesso, però, fu presto abbattuto dal Col. Sami al-Hinnawi; un terzo colpo di mano, messo in atto dal Col. Adib ash-Shishakli, seguì nel dicembre successivo. Nel novembre 1951 Shishakli stesso rimosse i suoi sodali con il quarto colpo di stato. Queste dittature militari erano dirette in Siria da ufficiali e alti gradi militari senza particolari riferimenti ideologici e per molti studiosi i loro regimi potrebbero essere definiti più che altro come "conservatori". Nel complesso, tanti ufficiali dell'esercito in questi anni manifestavano un'inclinazione politica verso i socialisti pan-arabi del Partito Baath; in opposizione agli ufficiali Baath nell'esercito si ponevano quelli di tendenza politica radicalmente differente del "Partito Social-Nazionalista Siriano" (P.S.S.N.), un partito autoritario votato all'instaurazione di uno stato nazionale pan-siriano.
Il Col. Shishakli nel febbraio '54 fu a sua volta rovesciato dal colpo di stato militare guidato dal Col. Faisal al-Atasi e il parlamento fu ristabilito. Il PSSN perse la sua influenza nella politica siriana e negli ambienti militari, mentre da questo momento in poi gli ufficiali del partito Baath non ebbero più notevoli rivali nell'esercito. Gli anni '50 sono gli anni in cui avvennero cambiamenti in settori importanti dell'economia del paese e in agricoltura, con benefici effetti per la vita di gran parte della popolazione (come la rapida crescita della produzione di cotone dovuta alle nuove piantagioni del nordest del paese). In politica estera gli anni che seguirono il rovesciamento di Shishakli videro l'ascesa del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser alla leadership del movimento per l'unità pan-araba. Il regime di coalizione siriano si rivolse non poche volte all'Egitto per ricevere aiuti e stabilire i primi contatti di amicizia con i paesi del blocco socialista. Inoltre nell'ottobre del 1956 avvenne la guerra di Suez, scoppiata per l'affermata sovranità egiziana sul canale omonimo: anche se vide l'Egitto militarmente sconfitto dall'iniziativa militare anglo-franco-israeliana, tuttavia il prestigio del presidente Nasser uscì notevolmente accresciuto presso tutto il mondo arabo, mentre volgeva a deciso declino la politica di influenza anglo francese nella regione. Con l'Egitto finalmente libero da influenze straniere, Nasser divenne il simbolo per tutto il Medio Oriente delle rivendicazioni arabe, soprattutto nei confronti di Israele. La Siria, sotto l'egida del partito Baath, decise di cedere la propria sovranità e il 1° febbraio si unì con l'Egitto per divenire nei successivi tre anni e mezzo la "Provincia Settentrionale" della Repubblica Araba Unita (R.A.U.) sotto la presidenza di Nasser. Sempre nello stesso anno l'Egitto con la Siria e lo Yemen, promuovevano la Confederazione degli Stati Arabi Uniti. La creazione della R.A.U. provocò forti timori da parte delle diplomazie occidentali e di quella israeliana, ma anche grandi entusiasmi e grandi speranze nelle opinioni pubbliche e nelle masse arabe per il ruolo internazionale che sembrava assumere il nuovo Stato nato sulla spinta ideale dell'unità panaraba. Tuttavia la gestione di questo stato si rivelò un'amara delusione per gli egiziani, che tendevano a ricoprire un ruolo guida rispetto ai siriani; in seguito le tensioni tra le due nazioni si acuirono quando i problemi idrici dovuti alla pesante siccità danneggiarono fortemente l'agricoltura e l'economia siriana. Il 28 settembre 1961 un colpo di stato militare ristabilì la Repubblica Araba di Siria che tornò ad essere uno stato indipendente (mentre l'Egitto manteneva il nome di Repubblica Araba Unita per un decennio ancora). Si spianò così la strada per un ritorno al potere della vecchia classe di notabili: e il regime secessionista, anche se con personalità civili di facciata, era sotto il controllo dei militari tra i quali la fazione Baath rimaneva molto potente. Tuttavia questo regime fece rare concessioni al socialismo del Baath e del pan-arabismo nasseriano e s'impegnò piuttosto nel disfacimento delle misure socialiste introdotte durante l'unione con l'Egitto (come le riforme fondiarie e la nazionalizzazione delle grandi imprese). All'inizio del 1963 a Baghdad il Partito Baath iracheno prendeva il potere, anticipando solo di un mese il partito fratello siriano, che nel marzo '63 prese il controllo dello Stato attraverso il "Comando Rivoluzionario del Consiglio Nazionale", composto da ufficiali dell'esercito e funzionari civili che assunsero il potere esecutivo e legislativo. Il colpo di stato era stato organizzato dai membri di quel Partito Baath (più precisamente "Partito per la Rinascita Araba Socialista", attivo in vari paesi arabi fin dalla fine degli anni '40 e fondato nel 1947 da un nazionalista di origini cristiane, Michel Aflaq) che da allora ha dominato la vita politica della Siria.

 

3 - Il regime del partito Baath dal 1963 e le guerre arabo-israeliane
 

Sotto l'egida dello stesso partito si prospettò una nuova unificazione tra Stati analoga a quella realizzata precedentemente con l'Egitto ma allargata all'Iraq. I capi del Partito Baath di Baghdad e di Damasco volarono al Cairo per colloqui col presidente Nasser: gli accordi del Cairo dell'aprile '63 prevedevano per l'autunno l'organizzazione di un referendum sull'unità, ma i contrasti emersi con Nasser fecero presto fallire l'iniziativa unitaria. Siria ed Iraq provarono a portare avanti il progetto di unificazione "a due", ma la caduta del regime in Iraq (nel novembre dello stesso anno) fece svanire anche questa possibilità. Gli esponenti Baath siriani dovettero presto far fronte a seri problemi. Nel maggio del 1964 il presidente Amin Hafiz promulgò una costituzione provvisoria che istituiva un Consiglio Nazionale della Rivoluzione, un'Assemblea Legislativa composta dai rappresentanti del popolo (quali lavoratori, contadini, unioni delle professioni), un Consiglio di Presidenza (investito del potere esecutivo) e un Gabinetto di ministri. Sebbene il partito in Siria fosse diretto da siriani, promuovendo l'ideale pan-arabo attraverso ramificazioni partitiche in Iraq, Libano e Giordania, i Baath di Damasco si trovarono in una condizione di subordinazione al Comitato Centrale pan-arabo, il quale si era ritagliato non piccoli spazi negli affari interni del paese. Di fronte a questo disagio il Partito Baath siriano si costituì un "proprio" comitato centrale pan-arabo ma questo pose le condizioni per una rivalità mortale con il Partito Baath iracheno, rivendicando ognuno la leadership per la causa nazionalista pan-araba. Nel febbraio del 1966 un gruppo di ufficiali dell'esercito attuarono una "rettifica" della linea di governo: con un colpo di mano interno al partito imprigionarono il presidente Hafiz, sciolsero il Gabinetto e il Consiglio della Rivoluzione, sospesero la costituzione provvisoria costituendo un governo Baath composto da civili. Mantenendo il controllo degli ufficiali alawiti, il partito Baath siriano schiacciava l'opposizione interna con l'instaurazione di uno stato di polizia appellandosi ai ceti medi e medio-bassi residenti nelle piccole città e nei villaggi che per lungo tempo hanno risentito del potere dei possidenti terrieri di Damasco e di Aleppo. Nel 1967 si ebbero momenti di massima crisi in tutto il Medio Oriente. Dall'inizio dell'anno la tensione era fortemente aumentata e l'artiglieria siriana aveva intensificato il lancio di ordigni esplosivi sui villaggi israeliani dalle postazioni collocate sulle alture della frontiera israelo-siriana. Poi la chiusura egiziana del Golfo di Aqaba alle navi israeliane (insieme alla richiesta egiziana per il ritiro ONU dal Sinai) provocò l'attacco militare israeliano a Egitto, Giordania e Siria. L'Egitto si vide occupata la penisola del Sinai e Gaza (fino a quel momento sotto controllo egiziano), la Giordania perse la Cisgiordania e Gerusalemme Est, mentre la Siria perse il controllo delle Alture del Golan (considerate vitali per la propria posizione di controllo sui territori circostanti). L'approvazione della Risoluzione delle Nazioni Unite che chiedeva il ritiro israeliano dai territori occupati rimase senza esito. La questione arabo-israeliana andava a mutilare il territorio siriano (indebolendo così il regime estremista dell'ala civile Baath al potere) mentre il prestigio di Nasser come leader arabo perdeva posizione. La morte nel 1970 del presidente egiziano Nasser lasciava in eredità al suo successore Anwar al-Sadat ed agli altri leader arabi il compito di vendicare la sconfitta araba contro Israele. Inoltre in questo stesso anno si acuiva in Siria lo scontro tra l'ala militare (moderata) e quella civile non-militare (radicale) all'interno del Partito Baath, e ciò provocava il ritiro dei soldati siriani inviati in appoggio alle milizie dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (impegnate negli scontri con le truppe del re Hussein di Giordania dal settembre 1969, detto "settembre nero").
Ad ogni modo, alla disputa tra le due fazioni del partito venne posto termine con l'incruento "golpe" militare del Ministro della Difesa Generale Hafez al-Assad, che cacciò la leadership civile, assunse i poteri esecutivi e provvide presto a far eleggere i suoi seguaci nel Consiglio del Popolo e negli organi regionali per consolidare la propria posizione di potere. Nel 1971 la sua elezione alla presidenza con mandato settennale confermava la stabilità della sua leadership: l'anno successivo la costituzione di un "Fronte Progressista Nazionale" (un'alleanza di partiti a guida Baath) doveva servire ad allargare la sua base di consenso, mentre indiceva le elezioni per i consigli locali di ognuno dei 14 governatorati. Quindi nel 1973, oltre allo svolgimento delle elezioni parlamentari, entrava in vigore una nuova Costituzione: tra le maggiori novità c'erano il conferimento al Partito Baath delle funzioni di istituzione guida nello Stato e nella società, l'attribuzione al presidente della repubblica di ampi poteri e delle cariche di Segretario generale del Baath e di capo del Fronte Progressista Nazionale. Le scaramucce seguite alla Guerra dei Sei Giorni non modificavano lo stallo militare creatosi tra fronte arabo e Israele: fu così che Siria ed Egitto pianificarono per il 6 ottobre 1973 (Yom Kippur, giorno della festa ebraica del Kippur) la controffensiva contro Israele. Le truppe siriane attaccarono il fronte delle alture del Golan e quelle egiziane superavano il Canale di Suez. All'iniziale successo arabo seguì però il contrattacco israeliano e in seguito all'approvazione della Risoluzione ONU si pose fine alle ostilità: e Israele manteneva il controllo dei territori arabi già precedentemente occupati (anche se nella primavera dell'anno seguente gli accordi sul cessate-il-fuoco permettevano la restituzione di una striscia del Golan, compresa la città di Quneitra). La politica militare siriana si concentrava allora sulla questione libanese. Nel 1975 il Libano, infatti, dopo aver permesso l'ingresso dei palestinesi cacciati dalla Giordania nelle province del sud del paese, aveva provocato la crescente opposizione armata dei cristiani: era l'inizio della guerra civile. Nella lotta tra fazioni libanesi, l'appoggio della Siria alle milizie cristiane libanesi si era concretizzato con l'invio di circa 20 mila soldati siriani nell'estate del 1976. La linea verde di cessate-il-fuoco ha diviso il paese e la sua capitale Beirut in due zone: una settentrionale sotto il governo cristiano (controllato dai siriani), l'altra meridionale sotto controllo palestinese. Ma l'intervento israeliano scatenato nella primavera del '78 contro le postazioni palestinesi del Libano del Sud suscitò l'intervento O.N.U. e lo schieramento di forze di interposizione. La tensione si mantenne tra alti e bassi fino all'operazione "Pace per la Galilea" con cui Israele invase di nuovo il Libano. La Siria si trovò ad indietreggiare e a dare accoglienza ai palestinesi cacciati dal Libano meridionale ormai sotto il controllo delle milizie cristiane filo-israeliane. All'interno, l'ordine autoritario Baath godette di una certa popolarità in quanto mise in atto politiche che favorirono lo sviluppo economico, la riforma della terra, la promozione dell'educazione, il potenziamento militare e la violenta opposizione ad Israele. Gli effetti di queste politiche guadagnarono alla causa del regime di Assad nazionalisti, contadini e lavoratori. Gli oppositori del regime alawita militare del Baath si trovarono in particolar modo nella maggioranza sunnita della popolazione, nelle città fuori la zona di Damasco e all'interno dei gruppi impegnati nel commercio. Le truppe del regime nel 1982 schiacciarono una ribellione dell'organizzazione sunnita fuorilegge Fratellanza Musulmana, esplosa nella città di Hamah: lo scontro lasciò distrutto il centro della città e rimasero sul terreno migliaia di morti (le stime sulle perdite civili oscillano tra i 5 mila e i 10 mila). Per quanto riguarda la questione libanese, con gli accordi del 1983 Israele cominciava il ritiro delle truppe dal Libano, ma manteneva (con l'appoggio dei cristiani dell'Esercito del Libano del Sud) il controllo di una striscia di sicurezza all'interno del territorio libanese. La riaffermazione dell'egemonia militare siriana sul Libano provocava una guerra anti-siriana da parte del generale libanese Aoun (1989), ma era costretto presto ad un cessate-il-fuoco: gli accordi di Taef (località dell'Arabia Saudita) confermavano il "protettorato" della Siria sul Libano. L'anno successivo l'invasione del Kuwait permetteva alla Siria la partecipazione alla coalizione anti-irachena al fianco degli occidentali nella "Guerra del Golfo", e quindi la liquidazione dei leader anti-siriani in Libano (come Aoun, che è riparato in Francia).

 

4 - La Siria di Assad dal 1991 alla sua morte (2000)

La Siria ha condannato l'invasione e l'annessione del Kuwait da parte dell'Iraq: più di 20 mila soldati siriani, quindi, si sono congiunti in Arabia Saudita con le forze della coalizione anti-irachena sotto l'egida delle Nazioni Unite ed hanno contribuito alla liberazione del Kuwait durante la breve guerra nel 1991. L'apertura filo-occidentale nella Guerra del Golfo è valsa agli Stati Uniti anche la partecipazione della Siria ai colloqui di pace arabo-israeliani dell'ottobre 1991, ma la situazione con Israele non ha avuto sbocchi sostanziali. Sul fronte libanese, però, il 22 maggio 1991 la Siria e il Libano hanno firmato un accordo di collaborazione con il quale la Siria riconosceva il Libano in quanto Stato indipendente e prevedeva una serie di accordi economici e militari che sancivano il mantenimento di una sorta di "protettorato" siriano sul paese dei cedri. Nel dicembre dello stesso anno Assad è stato rieletto presidente per la quarta volta con il 99,98% dei voti, in concomitanza con l'annuncio del suo governo della concessione della grazia a quasi 3 mila prigionieri politici appartenenti al movimento dei Fratelli Musulmani. Con la firma dei trattati di pace tra l'OLP e Israele, siglati nel settembre 1993, la Siria ha riconfermato il suo atteggiamento favorevole a una trattativa globale per la pace in Medio Oriente mantenendo però la condizione del ritiro israeliano da tutti i territori occupati; il processo di pace in Medio Oriente è proseguito con la firma degli accordi tra Israele e Giordania nel luglio del 1994.                                                                      La morte di Basel el-Assad, figlio primogenito del presidente siriano e suo probabile successore alla guida del paese, ha aumentato l'incertezza sul futuro politico della Siria. In agosto, il Fronte Nazionale Progressista al governo ha vinto le elezioni generali, con una partecipazione dell'elettorato pari solo al 49%. Nel giugno del 1995 i negoziati ufficiali con Israele non hanno consentito di raggiungere un accordo sulla restituzione dell'altopiano del Golan alla Siria, per la pretesa israeliana di mantenere a tempo indeterminato una limitata presenza militare nella regione. In ottobre, poi, un'imboscata tesa dagli Hezbollah alle truppe israeliane nel sud del Libano ha alzato nuovamente la tensione nella regione. La nuova politica di apertura internazionale ha portato nel 1996 alla partecipazione di Assad ad una conferenza al vertice dei paesi arabi per coordinare una strategia comune nei negoziati con Israele; in ambito economico gli orientamenti sono tesi ad incentivare il settore privato, ed hanno permesso l'apertura al capitale privato di settori chiave dell'economia statale quali l'energia elettrica, la produzione di cemento e di medicinali. Dall'anno successivo Damasco ha intensificato i rapporti anche con Baghdad per contrastare l'alleanza turco-israeliana in rapido consolidamento; questa minaccia ha spinto l'Iran ad inserirsi, nell'aprile del 1998, (nell'immagine potete osservare Basel el-Assad)  nei negoziati tra Siria e Iraq sulle questioni della sicurezza. In questo stesso periodo Assad ha cominciato ad affrontare il problema della successione alla guida della Siria. La scelta si è orientata sul secondogenito Bashar, 35 anni, che ha studiato oftalmologia e si è specializzato in diverse università tedesche, ma che dopo la morte del fratello Basil (in un incidente nel '94 e celebrato in Siria come un eroe nazionale) ha dovuto sostituirlo nelle sue funzioni. Nella prima metà del 2000 Assad ha incontrato di nuovo, dopo sei anni, il presidente americano Clinton per confermare l'impegno della Siria nel processo di pace con Israele. Le prospettive di distensione si sono concretizzate velocemente, sotto gli attacchi delle milizie sciite di Hezbollah, in un ritiro unilaterale di Israele dalla fascia di sicurezza nel Libano meridionale, nel maggio 2000. Dopo 2 settimane, il 10 giugno, il presidente siriano Assad è morto lasciando il paese nelle mani del successore designato: il figlio Bashar. A soli cinque giorni dalla morte di suo padre Hafez il nuovo leader Bashar el-Assad, con una dichiarazione del ministro dell'Informazione Adnan Omran ("Cercheremo di correggere gli aspetti negativi del precedente governo"), ha voluto mandare un segnale importante di apertura: che il suo paese sta realmente cambiando.

 

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