Le regioni settentrionali e meridionali della Nigeria sono sostanzialmente due paesi diversi e la loro storia riflette questa differenza. Il primo impero che fiori in questa parte dell’Africa occidentale di cui sia rimasta evidenza storica fu quello di Kanem-Borno, nella zona settentrionale del paese. Nella regione sud-occidentale tra il XIV e il XV secolo nacquero molti regni yoruba intorno alle città di Ife, Oyo e Benin City, che divennero importanti centri commerciali. Il più famoso era il regno del Benin, in cui venivano realizzati alcuni dei prodotti artigianali in bronzo più belli di tutta l’Africa. I sistemi politici di questi stati si basavano in gran parte su una monarchia sacra con una forte burocrazia di corte; ogni stato manteneva la sua religione tradizionale. In questa zona l’Islam conobbe una diffusione minima fino alla fine del XVIII secolo. Gli obas (re) di questi stati tradizionali mantengono ancora oggi una notevole influenza. Nella zona sud-orientale, gli Igbo e altre popolazioni non diedero mai vita a un impero centralizzato ma formarono invece libere confederazioni. La gente di questa regione viveva di agricoltura e non era necessaria la presenza di un esercito particolarmente agguerrito.

 

Il primo contatto tra gli imperi yoruba e gli europei fu stabilito nel XV secolo, quando i portoghesi iniziarono il commercio del pepe, sostituito poi da quello più redditizio degli schiavi. Gli stati islamici del nord, invece, continuarono i loro commerci principalmente attraverso il Sahara e non subirono alcuna influenza europea fino a Ottocento inoltrato.

Nel corso del XVI e del XVII secolo i portoghesi furono gradualmente rimpiazzati dalle nazioni marinare dell’Europa settentrionale. In questo periodo il traffico degli schiavi aumentò in maniera drammatica.

Verso la fine dell’epoca del commercio degli schiavi, vale a dire alla fine del XIX secolo, nel nord del paese si verificarono importanti cambiamenti. Nei regni hausa i fanatici religiosi fulani (che erano stati in precedenza soggiogati dagli Hausa) si ribellarono e sostituirono i re hausa con governanti fulani. Venne così creato un califfato con sede a Sokoto e venne dato nuovo impulso ai valori musulmani.

Durante la cosiddetta ‘Corsa all’Africa’ alla fine del XIX secolo la Gran Bretagna inviò in Nigeria il proprio esercito, che nel 1902 prese d’assalto Kano. Una volta completata la conquista militare, gli inglesi governarono indirettamente attraverso i re e i capi locali, garantendo così una situazione stabile da cui potevano esportare l’utile economico senza provocare disgregazione sociale. Questa politica funzionò bene nel nord, ma fu molto meno efficace a sud-ovest, dove nessuno dei governanti yoruba osservanti delle tradizioni aveva mai imposto tasse. Ancora meno successo ebbe nel sud-est, dove non c’era mai stata un’autorità centralizzata. Nel corso dei decenni successivi, gli inglesi consolidarono il loro dominio su quella che essi chiamavano la Colonia e il Protettorato (rispettivamente il sud e il nord), governando in maniera indiretta attraverso i capi locali.

 

Dopo la seconda guerra mondiale, man niano che le rivendicazioni di indipendenza si facevano più insistenti, gli inglesi tentarono di creare una costituzione che prendesse in considerazione gli interessi delle tre principali aree della colonia: il nord dominato dagli Ilausa, il sud-est dominato dagli Igbo e il sud-ovest dominato dagli Yoruba. Questo compito però si dimostrò molto arduo. Le popolazioni del nord temevano che quelle del sud fossero avvantaggiate dal loro maggiore livello di istruzione e potessero quindi dominare la politica e i commerci. C’era inoltre una notevole diffidenza tra le stesse popolazioni del sud, che era il risultato di una feroce competizione per ottenere posti di lavoro nella pubblica amministrazione e i contratti d’affari più vantaggiosi. La soluzione britannica fu quella di dividere il paese in tre regioni secondo le etnie. Ogni regione ebbe la sua amministrazione pubblica e i propri organismi di controllo giudiziari e commerciali (i maggiori beneficiari degli scambi con l’estero).

Tuttavia la tensione su chi dovesse prevalere nel parlamento federale di Lagos crebbe a dismisura. Nelle elezioni che si tennero nel 1959, dopo una campagna molto dura, il partito del Northern People Congress (Congresso dei Popoli del Nord) risultò in testa ma non riuscì a conquistare la maggioranza. Gli inglesi chiesero così al suo leader, Sir Abubakar Tafawa Balewa, un settentrionale moderato, di formare il governo.

Il governo di coalizione della Prima Repubblica fu un disastro. La politica nazionale degenerò in un perverso gioco di potere, la corruzione dilagò e una ristretta oligarchia accumulò ricchezze in ogni modo possibile. Le elezioni del 1965 furono truccate in maniera talmente sfacciata che i gruppi di protesta si scatenarono.

Nei primi mesi del 1966 un gruppo di giovani ufficiali dell’esercito, appartenenti per la maggior parte all’ etnia igbo, attuò un colpo di stato. Il primo ministro Abubakar Tafawa Balewa, i premier del nord e dell’ovest e gran parte degli ufficiali più anziani dell’esercito furono assassinati e

capo dell’esercito, il generale Ironsi, di etnia igbo, divenne in questo modo capo dello stato.

L’ascesa al potere di Ironsi fu accolta con favore da molti settori dell’opinione pubblica nigeriana, ma non durò a lungo. Pochi mesi dopo Ironsi fu assassinato durante un colpo di stato organizzato da un gruppo di ufficiali dell’esercito provenienti dal nord a seguito dei tumulti contro gli Igbo scoppiati nelle regioni settentrionali. Fu quindi instaurato un nuovo regime sotto la leadership del tenente colonnello Yakabu Gowon, un cristiano proveniente da un gruppo di minoranza del nord del paese.

La regione orientale guardò con orrore al nuovo colpo di stato e il comandante militare di quella zona, il tenente colonnello Ojukwu, rifiutò di riconoscere Gowon come nuovo capo di stato. La sua ostilità per il nuovo regime fu definitiva dopo i nuovi massacri di Igbo che si verificarono su larga scala nel nord del paese, provocando il ritorno a est di migliaia di Igbo da tutto il paese. Nel maggio del 1967 Ojukwu annunciò la secessione dell’est e la creazione dello stato indipendente del Biafra. Ebbe così inizio una sanguinosa guerra civile.

La Francia e altri paesi, scorgendo la possibilità di assicurarsi i diritti di trivellazione nel Biafra ricco di petrolio, diedero il loro appoggio alla repubblica. Washington appoggiò il governo federale, ma la stampa internazionale si schierò con il Biafra e mostrò le immagini della popolazione che moriva di fame. Il Biafra fu però riconosciuto solo da pochi paesi africani. La guerra civile si trascinò per tre anni durante i quali l’esercito igbo combatté con le unghie e con i denti per ogni centimetro di terra riconquistata poi dall’esercito federale. All’inizio del 1970 l’embargo imposto dal governo federale provocò una grave carestia in Biafra e il suo esercito fu costretto ad arrendersi. Un numero imprecisato di civili biafrani, tra 500.000 e due milioni, era morto nel corso dei tre anni di guerra civile, soprattutto di fame.

 

 

La riconciliazione fu veloce e pacifica, e gli orrori della guerra furono in parte eclissati dal boom petrolifero. Tra il 1965 e il 1973 la produzione di petrolio aumentò di sette volte e i prezzi mondiali salirono alle stelle. Nel 1975 la Nigeria si ritrovò con un utile netto di 5 miliardi di dollari statunitensi. Il governo militare di Gowon cominciò a sperperare e gli imprenditori stranieri corsero a Lagos. Dilagavano corruzione e criminalità, il caos era intollerabile. Nel luglio del 1975 il governo di Gowon fu rovesciato da un colpo di stato incruento guidato dal generale Murtala Mohammed.

Il nuovo governo lanciò una campagna di moralizzazione della pubblica amministrazione, del sistema giudiziario e delle università. Nonostante la sua diffusa popolarità, Mohammed fu assassinato in un tentativo di colpo di stato agli inizi del 1976, tuttavia altri membri del suo regime sopravvissero e continuarono a portare avanti la sua politica. Nel 1979 i leader militari dichiararono che avrebbero adottato una costituzione simile a quella degli Stati Uniti e restituirono il potere a un governo civile a seguito delle elezioni che ebbero luogo quello stesso anno. Un settentrionale, Shehu Sbagari, fu così nominato presidente.

Quattro anni dopo, la Seconda Repubblica era già finita. Mentre la Nigeria era al culmine della sua predominanza politica, Shagari sperperò le ricchezze del paese in progetti grandiosi ma sconsideratì fino a quando la crisi incombente non si manifestò in pieno nei primi anni Ottanta con il crollo del prezzo del petrolio e l’esaurimento dei facili guadagni del paese.

Gli investitori stranieri, che non venivano pagati, fecero i bagagli e lasciarono il paese. Nel tentativo di puntellare l’edificio che stava crollando, Sbagari si mise a barattare petrolio con beni primari come generi alimentari e trasporti. Poi rivolse la sua attenzione ai milioni di immigrati provenienti dai paesi dell’Africa occidentale in cerca di lavoro che avevano invaso la Nigeria durante il boom petrolifero.

All’incirca tre milioni di immigrati furono improvvisamente espulsi, un fatto che provocò enorme disagio sociale, disoccupazione e carenze di cibo nei paesi confinanti. L’operato della Nigeria quasi con promise la stabilità della Economic Com munity of West African States (ECO WAS Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale). L’ultimo giorno de] 1983 Shagari fu destituito da un colpo di stato militare guidato dal generale Moham med Bahari.

Bahari diede un pesante giro di vite alla corruzione e intraprese audaci misure per rimettere economicamente in sesto il paese. Molti dei grandiosi progetti di Shagari vennero rinviati o annullati. Durante il governo di Bahari si verificarono però molti abusi nei confronti delle libertà civili: torture, arresti arbitrari e carcerazione senza processo furono infatti all’ordine del giorno. Nel 1985 Bahari fu rovesciato da un altro colpo di stato (il sesto dall’indipendenza) guidato dal capo di stato maggiore dell’esercito, generale Ibrahim Babangida.

Gli anni di Babangida

Babangida, il nuovo capo di stato, ottenne immediata popolarità liberando i prigionieri politici e allentando il controllo sulla stampa. Egli diede inoltre l’avvio a una specie di rivoluzione economica: spingendosi oltre le raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale, svalutò il naira dell’ottanta per cento, smantellò la maggior parte dei principali organi di controllo del commercio e privatizzò le societa pubbliche poco redditizie.

Tuttavia la svalutazione e gli altri provvedimenti economici portarono pochi risultati. Gli introiti derivanti dal petrolio scesero nuovamente e il debito del paeSe salì a 20 miliardi di dollari statunitensi:

La criminalità aumentò a dismisura e i soldati e i poliziotti ne vennero speSS° considerati responsabili. Il paese era in ginocchio.

Nel 1990, un anno dopo aver assunto Id carica, Babangida annunciò che avreb lasciato il potere a un governo civile. Ne

 

1989, nella ‘Dichiarazione di Abuja’, egli aveva eliminato il bando sui partiti politici, dichiarando che ce ne sarebbero potuti essere due. Il risultato fu la formazione del Social Democratie Party (Partito Socialista Democratico, SDP) e della National Republican Convention (Convenzione Nazionale Repubblicana, NRC).

Il ritorno al governo civile fu rinviato due volte. Il sostegno a Babangida oscillò sempre tra il protrarsi delle difficoltà economiche e la scarsità di carburante, che causò gravi rivolte in tutto il paese.

Le elezioni presidenziali, dopo essere state a lungo rinviate, si tennero finalmente nel giugno del 1993. Il candidato SDP, Moshood Abiola, un ricco yoruba musulmano del sud, rivendicò la vittoria. Due settimane più tardi Babangida annullò i risultati e annunciò che si sarebbero tenute altre elezioni, provocando estese rivolte.

Se i risultati fossero stati confermati, Abiola sarebbe diventato il primo yoruba a battere un candidato hausa e a diventare presidente. Per la prima volta nella storia della Nigeria, i cittadini avevano votato al di là delle barriere etniche e religiose, il che rappresentò un distacco importante dalle elezioni precedenti. D’altro canto l’esercito continuava a essere dominato dagli Hausa e la sua ostilità nei confronti di Abiola era vista da molti Yoruba come un sintomo di riluttanza degli Hausa a dividere il potere.

Soggetto a pressioni da parte dei suoi ufficiali a cedere il potere, nell’agosto del 1993 Babangida si dimise e nominò Ernest Shonekan capo di un governo civile ad interim, il Transitional Council (Consiglio transitorio). Shonekan dichiarò che la sua priorità era quella di indire elezioni ‘democratiche’. Insieme al neo-vicepresidente, generale Sani Abacha, invitò i nigeriani ad avere pazienza ma, nonostante il suo appello, in tutto il paese scoppiarono rivolte violente. Abiola, che aveva lasciato il paese, denunciò il governo fantoccio.

Shonekan rimase in carica per tre mesi. In novembre il generale Sani Abacha, prevenendo una ribellione da parte dei quadri

 

inferiori dell’esercito, assunse il controllo con un colpo di stato incruento, costringendo Shonekan ad annunciare le dimissioni del suo governo e a ripristinare il governo militare. Abacha abolì tutte le istituzioni ‘democratiche’, compresi i due partiti politici, l’assemblea nazionale, l’assemblea di stato e i governi locali. Nominò un Provisional Ruling Council (Consiglio di Governo Provvisorio) e si autonominò presidente, creando in questo modo una base di potere dalla struttura molto compatta dalla quale poter governare. Con una mossa a sorpresa, nominò soprattutto ministri civili, tra cui il vice di Abiola. Nel contempo Abiola, che era rientrato in Nigeria rivendicando la presidenza, fu arrestato con l’accusa di alto tradimento.

Sotto il governo di Abacha rifiorì la corruzione. Nel tentativo di mantenere saldo il potere, Abacha fece arrestare molti leader politici nigeriani, intellettuali, sindacalisti, politici, leader favorevoli alla democrazia e capi militari in pensione. Il giro di vite all’opposizione provocò anche la chiusura dì decine di quotidiani.

Tra le vittime ci fu anche Wole Soyinka, il più stimato scrittore nigeriano e il primo africano a vincere il premio Nobel. Soyinka dovette lasciare il paese nel 1994 per evitare di essere arrestato. Non fu altrettanto fortunato Ken SaroWiwa, il poeta e attivista che fu giustiziato nel novembre 1995 con l’accusa di aver tramato per rovesciare il governo (v. la lettura Ken Saro-Wiwa). Questa azione fu condannata in tutto il mondo e portò all’espulsione della Nigeria dal Commonwealth.

Abacha sciolse il governo nel novembre 1997 e permise la formazione di cinque partiti politici (respingendone altri 10 perchd erano probabilmente suoi oppositori). Tuttavia, nessuno saprà mai se Abacha intendeva veramente riportare il paese a un governo civile, dato che morì improvvisamente di attacco cardiaco nel giugno 1998 all’età di 54 anni (e con una ricchezza stimata di lO miliardi di dollari statunitensi). Il suo capo della difesa, Abdulsalam Abubakar, venne nominato suo successore. Ci furono immediati richiami per un ritorno a un genuino processo democratico, comprese le elezioni. Abubakar liberò alcuni prigionieri politici e promise riforme. Sembrava probabile che egli intendesse anche liberare Abiola, che languiva ancora in prigione, ma Abiola morì improvvisamente il 7 luglio 1998 subito dopo una visita da parte di rappresentanti delle Nazioni Unite.

 

Mantenendo la parola data, Abubakar ha concesso le elezioni e il 27 febbraio 1999 Olusegun Obasanjo, un cristiano yoruba del sud, è stato eletto presidente con il 63% delle preferenze. Obasanjo, esponente del People’ s Democratic Party (Partito Democratico del Popolo, PDP), è un ex generale che aveva combattuto nella guerra civile ed era stato capo di stato dal 1976 al 1979. Fu uno tra le numerose personalità arrestate sotto il regime di Abacha e poi rilasciate da Abubakar. Il fatto che i nigeriani avessero eletto un ex militare come nuovo presidente democratico non smorzò le loro aspettative sulla sua amministrazione. Circa quattro anni dopo le elezioni sono ancora pochi i segni tangibili che autorizzano a sperare in un miglioramento della situazione democratica rispetto al governo dei militari. I conflitti etnici continuano a estendersi nel delta del fiume Niger e, in tempi più recenti, anche a Lagos, dove una banda di strada yoruba ha terrorizzato la popolazione hausa per oltre un anno.

Oltre ai problemi già esistenti, va ricordata l’adozione della stretta osservanza della sharia islamica in diversi stati hausa del nord, che minaccia di dividere ancora di più il nord dal sud. In effetti, la Nigeria oggi sembra più che mai costituita da due paesi separati, dove gli stati a governo islamico talvolta applicano punizioni sui cittadini musulmani accusati di bere birra o di avere rapporti prematrimoniali. Obasanjo finora ha preso poche iniziative per risolvere i problemi dei cristiani che vivono al nord e quasi nessuna per rispondere alle rivendicazioni di chi vive al sud e continua a domandare a gran voce una più equa distribuzione della ricchezza petrolifera della Nigeria.

La prossima tornata di elezioni è prevista nel marzo 2003 e lo scenario pare maturo per essere ancora una volta deturpato dalla violenza settaria se non da un nuovo colpo di stato.