Già nell’8000 a.C. la regione corrispondente all’odierno Camerun era un punto d’incontro di diverse culture. La parte meridionale era in origine abitata da vari gruppi etno-linguistici di bassa statura noti collettivamente come ‘Pigmei’ ai quali, circa 2000 anni fa, iniziarono gradualmente a subentrare popolazioni bantu spostatesi verso sud-est dall’attuale Nigeria e dalla regione del Sahel. Grandi comunità di pigmei sono comunque sopravvissute fino a oggi.
Nell’estremo nord del paese, nei pressi di Kousséri e del Lago Ciad, la cultura più significativa dell’antichità fu quella dei Sao, un popolo proveniente dalla Valle del Nilo che intorno ai secoli VIII o IX venne assorbito dal potente stato del Kanem-Borno e che conosciamo grazie alle opere di ceramica e bronzo giunte fino a noi.
L’inizio del XV secolo fu segnato da un’altra importante migrazione che vide i Fulani — pastori nomadi originari del Se- negai — spostarsi progressivamente verso est fino a dominare alla fine del XVI secolo gran parte del Camerun centro-settentrionale, contribuendo ulteriormente alla diversità culturale della regione.

Nel 1472 gli esploratori portoghesi risalirono il fiume Wouri battezzandolo Rio dos Camaròes (‘fiume dei gamberetti’) e dando così il nome al paese. Nei due secoli successivi le coste del Camerun divennero un importante porto di scalo per i mercanti di schiavi olandesi, portoghesi e britannici. Tuttavia, i primi insediamenti permanenti europei comparvero solo verso la metà del XIX secolo, con la prima ondata di missionari britannici giunti per protestare contro la tratta degli schiavi. Tra questi vi era Alfred Saker, il missionario che nel 1845 fondò un insediamento a Douala, seguito ben presto da un altro a Victoria (l’odierna Limbe).

L’influenza britannica nella regione venne ridimensionata nel 1884, quando la Germania firmò un trattato con i regni ben organizzati di Douala e dell’altopiano centrale di Bamiléké, anche se per le popolazioni locali questo accordo non significò nient’altro che il passaggio da una forma di sfruttamento coloniale a un’altra.

Dopo la prima guerra mondiale il protettorato tedesco del Kamerun fu spartito tra la Francia e la Gran Bretagna, una divisione linguistica e amministrativa che segnò l’inizio della profonda frattura che caratterizza tuttora la politica del Camerun moderno. Le rivolte scoppiate a livello locale nel Camerun sotto mandato francese negli anni Cinquanta furono soffocate brutalmente, ma l’impeto indipendentista che avrebbe liberato il paese dalle catene del colonialismo travolse ben presto ‘Africa intera.

 

Il Camerun francese ottenne l’autogoverno nel 1958, a cui seguì repentinamente l’indipendenza il 10 gennaio 1960. Ahrnadou Ahidjo, leader del partito indipendentista Union Camerounaise (Unione Carnerunese, UC) e dal 1958 primo ministro delle regioni autonome, divenne il presidente del nuovo stato indipendente, carica che ricoprì fino al 1982, quando rassegnò le dimissioni dopo aver garantito longevità al suo governo grazie al perseguimento di alleanze di convenienza, di una brutale repressione e di sfacciati favoritismi regionali. Nell’ottobre 1961 la parte meridionale del Camerun sotto mandato britannico (ossia la zona intorno a Bamenda) votò un referendum a favore dell’annessione alla nuova e indipendente Repubblica del Camerun, mentre la parte settentrionale espresse la volontà di unirsi alla Nigeria. Nel decennio successivo Ahidjo si sforzò di promuovere il nazionalismo e un senso d’identità camerunese e tra le sue iniziative più significative nel 1972 il governo indisse un referendum che a stragrande maggioranza approvò la dissoluzione della struttura federale anglo-francese in favore di un’unitaria Repubblica Unita del Camerun, fatto che ancora oggi continua a suscitare il forte risentimento del Camerun anglofono.

Nel 1982, Paul Biya, il successore di Ahidjo da lui stesso designato, si affrettò a prendere le distanze dal suo mentore, accusandolo di aver finanziato diversi tentativi di colpì di stato contro il nuovo governo. Ahidjo fuggì in Francia e venne condannato a morte in absentia, benché da allora la sua figura sia stata riabilitata. Biya, tuttavia, doveva molto al suo predecessore, in particolare la capacità di usare il pugno di ferro con gli oppositori reali o immaginari e di mantenere in precario equilibrio gli interessi costituiti.

Oltre alle misure repressive, Biya riuscì inizialmente ad arginare le crisi che affliggevano il suo governo grazie a un’economia in continua espansione. Prima del 1985, il PIL pro capite del Camerun era uno dei più elevati dell’Africa sub-sahanana ed era dovuto principalmente all’abbondanza di risorse naturali (petrolio, cacao e caffè) e ai prezzi vantaggiosi delle materie prime. Quando questi mercati crollarono causando un calo generalizzato dei prezzi, l’economia del paese subì un inarrestabile declino da cui non si è mai ripreso completamente. Nel 1994 la situazione è ulteriormente peggiorata a causa della svalutazione della moneta, i cui effetti si ripercuotono ancora oggi sulla popolazione.

Verso la fine degli anni Ottanta, Biya diede un pesante giro di vite agli appelJi per una democrazia pluripartitica e riuscì a prendere tempo grazie a svariati diversivi come la magnifica performance della nazionale di calcio ai Campionati del Mondo del 1990, ma le rivendicazioni per una maggiore libertà continuarono e nel 1991 Biya fu costretto a legittimare ben 25 partiti d’opposizione. Non appena fu chiaro che il pluralismo poneva grandi limitazioni alla figura presidenziale, i partiti vennero rapidamente, benché temporaneamente, sospesi insieme alla costituzione.

Le prime elezioni pluripartitiche in 25 anni vennero concesse a malincuore nel 1992 e decretarono la vittoria del Cameroonian Democratic People’s Movement (Movimento del Popolo Democratico Camerunense) guidato da Biya, che riuscì così a rimanere al potere con il sostegno di alcuni partiti minori. Secondo quanto dichiarato da diversi osservatori internazionali, l’esito delle elezioni risentì di un pesante clima intimidatorio e di presunti brogli elettorali. Il Social Democratic Front (Fronte Socialdemocratico, SDF) boicottò la successiva consultazione parlamentare, asserendo che al proprio candidato alla presidenza, John Fru Ndi, era stata negata una legittima vittoria.

Da allora Biya ha mantenuto saldamente le redini del potere, trascorrendo più tempo in Francia che in Camerun e lasciando il paese nella sua consueta situazione di precaria stabilità e stagnazione politica. La sorprendente dichiarazione di indipendenza del Camerun anglofono trasmessa dal Southern Cameroons National Council (Consiglio Nazionale del Camerun Meridionale, SCNC) su Radio Buea il 30 dicembre 1999 rifletteva il crescente malcontento della popolazione e scatenò una nuova ondata di arresti.

Nel 1998 e nuovamente nel 1999 la Transparency International, un’organizzazione anticorruzione internazionale, ha riconosciuto al Camerun il dubbio merito di essere il paese più corrotto del mondo. La corruzione riguarda ogni aspetto della vita quotidiana, dai rapporti con i funzionari governativi di minor grado alla sfrenata distruzione della foresta pluviale perpetrata dal governo per gli interessi in gioco nell’industria del legname.

Le periodiche situazioni d’emergenza, la continua repressione e le agitazioni nelle aree anglofone del paese sono gli elementi che già da tempo caratterizzano il governo di Biya, che nell’ottobre del 1997 è stato eletto al suo ‘secondo’ mandato presidenziale (il limite costituzionale) della durata di sette anni. Se Biya (il secondo presidente del Camerun in ben 40 anni) abbia intenzione di rimanere in carica oltre il limite imposto dalla costituzione non si sa, ma la questione più pressante agli occhi della maggior parte degli osservatori è evitare il ripetersi delle frodi che hanno segnato le precedenti consultazioni elettorali.