Le conseguenze della colonizzazione

 

    In Africa possiamo parlare di colonie di sfruttamento: il dominio europeo mirò infatti per lungo tempo a coinvolgere le deboli economie africane in attività funzionali agli interessi europei, spesso con metodi coercitivi, come, ad esempio, l'incameramento di terre destinaste alle piantagioni (caffè; palma ecc), il lavoro forzato degli indigeni, l'imposizione di alte tasse. Queste pratiche ebbero effetti distruttivi sulle società africane, costrette a distorcere le loro povere agricolture verso produzioni indirizzata ad altri mercati, con gravi ripercussioni sulle popolazioni, condannate ad una condizione di sottosviluppo, aggravata dal fatto che venne a lungo trascurata l'attività industriale. Le conseguenze negative non furono controbilanciate a sufficienza dal miglioramento delle comunicazioni e dei servizi, dalla diffusione dell'istruzione e dai progressi sanitari, che restarono a lungo circoscritti agli strati superiori delle popolazione.

    Il colonialismo alterò inoltre i connotati specifici delle genti africane, spezzando la continuità con il passato di comunità immesse in formazioni statali ritagliate in modo artificioso sul piano economico e su quello etnico.

    Mentre in Asia e nell’area mediorientale e nordafricana i paesi sottoposti a dominio coloniale disponevano in generale di solide tradizioni nazionali e religiose, di una classe dirigente formatasi nell’amministrazione locale dei dominatori, in Africa la situazione era molto differente e questo provocò grossi problemi soprattutto durante la decolonizzazione.
 

    I dominatori europei avevano stravolto nell’Africa nera Stati e istituzioni, identità culturali e modi di vita, con una netta rottura rispetto all’evoluzione in atto prima della conquista.
I colonizzatori avevano frantumato le formazioni statali preesistenti nell’Africa centro-meridionale senza tener conto dei dati geografici ed etnici e ne disegnarono di nuove dai confini artificiali; spesso furono in tal modo isolate singole parti di uno stesso popolo, anche nell’intento di ostacolare la nascita di nazioni più compatte e di perpetuare l’antica frammentazione tribale.
L’emancipazione dell’Africa nera avvenne mantenendo gli arbitrari confini tracciati dai colonizzatori, senza considerazione per le compatibilità e le rivalità etniche e tribali che caratterizzavano la tradizione sociale di quei popoli. Ne risultarono compagini statali precarie, lacerate da contrasti e incapaci di un autonomo sviluppo economico, strettamente dipendenti dalle politiche commerciali degli antichi dominatori.
 

    L’esplosione demografica, non sorretta da una agricoltura sufficientemente produttiva, e l’instabilità politica, la sperequata distribuzione delle opportunità e la gestione irrazionale delle risorse interne e degli investimenti stranieri hanno determinato uno sviluppo rallentato, in qualche caso neppure sufficiente al sostentamento alimentare dei settori più poveri della popolazione.
 



 

La decolonizzazione
 

Dopo la fine della seconda guerra mondiale i colonizzatori avevano capito che era assai difficile opporsi ai movimenti per l’indipendenza e che era più opportuno assecondare il cammino verso l’emancipazione per conservare una parte della propria influenza.
Il solo caso tra le ex colonie britanniche in cui l’emancipazione avvenne dopo sanguinosi contrasti fu il Kenya, che

Jomo Kenyatta

 aveva una forte popolazione bianca, proprietaria delle terre, la quale si opponeva alla decolonizzazione. La lotta fu sostenuta soprattutto dalle tribù dei Kikuyu, guidate dall’etnologo Jomo Kenyatta, che impiegò metodi terroristici ai quali le autorità coloniali risposero con una repressione che causò 40.000 morti.
Particolarmente drammatica fu la sequenza degli avvenimenti nel Congo Belga le cui

Patrice Lumumba

popolazioni, sottoposte a un duro sfruttamento, vivevano in condizioni di estrema arretratezza socio-economica e costituivano una dispersa galassia di tribù bantù suddivise in migliaia di clan. Il Belgio diede l’indipendenza alla colonia nel 1960 lasciandola in balia di se stessa.
 

Il potere fu preso da Patrice Lumumba, sostenitore di uno stato unitario ma subito dopo si aprì una lunga guerra civile, nel corso delle quali Lumumba fu ucciso e vennero compiuti numerosi massacri etnici. Nel 1965 il generale Mobutu riuscì a porre fine alla disgregazione del Congo (ribattezzato Zaire nel 1971) con metodi repressivi e dittatoriali.

 

Il generale Mobutu

 

Oliveira Salazar

Un caso di decolonizzazione tardiva e violenta fu quella delle colonie portoghesi, la Guinea-Bissau, l’Angola e il Mozambico, dove movimenti di liberazione di varia ispirazione organizzarono una lotta

armata, sostenuta dai paesi vicini che il Portogallo cercò di soffocare con un vano intervento militare. Il colpo di stato del 1974 che allontanò il dittatore Oliveira Salazar e avviò il Portogallo sulla via della democrazia, portò all’indipendenza delle colonie portoghesi.


 

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