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L'impero

Dopo l'austera Roma del tempo monarchico e quella ricca e raffinata del periodo repubblicano, vediamo ora il terzo e ultimo volto della "città eterna", quello della Roma imperiale, il più fastoso e inquietante per la molteplicità e drammaticità dei suoi aspetti.

Le famiglie o dinastie che si susseguono nel periodo imperiale nei primi due secoli dopo Cristo procedono ad un costante potenziamento dello Stato romano.

Questa fase raggiunge il suo apice sotto gli Antonini, o "imperatori d'adozione", in quanto scelti e adottati dal proprio predecessore, ancora in vita. Nei quasi novant'anni in cui essi governarono, la pax romana regna indisturbata all'interno dei vastissimi territori che costituivano l'impero, che in quell'epoca raggiunse il massimo della sua espansione.

Fiorivano i commerci, le arti, le attività industriali.

Alcuni fra i più famosi imperatori, letterati, filosofi, furono iberici, galli e africani.

Le particolari cure rivolte all'amministrazione statale, permisero la costruzione di un edificio che, nel suo complesso, doveva reggere ancora per due secoli e mezzo ad enormi pressioni disgregatrici interne ed esterne.

Infatti, già nel III secolo il panorama cambia totalmente.

Un tragico susseguirsi di guerre civili fra capi militari di origini diverse, conseguenza della mancanza di capacità decisionali o moderatrici da parte del governo centrale, portò rapidamente il sistema imperiale sull'orlo dello sfacelo. L'intervento della dinastia Illirica, che ebbe come suo massimo esponente Diocleziano (243-313), ristabilì momentaneamente le sorti dello Stato romano, gettando le basi dell'organizzazione amministrativo-sociale che ne permise la parziale continuità, almeno in un settore orientale.

Ma non precorriamo ora i tempi; diamo invece uno sguardo alla Roma imperiale del primo periodo, l'orgogliosa caput mundi, nel momento del suo massimo fulgore.

 

La città sotto Augusto e Nerone

Già con il primo degli imperatori, Ottaviano Augusto, Roma subì una trasformazione, assume l'aspetto di una città fastosa. Edifici monumentali si affacciano sulle piazze, i palazzi si rivestono di marmi e si adornano di statue e colonne, le vie si allargano, e il verde arricchisce giardini e viali.

Ancora negli ultimi tempi della Repubblica, gran parte della città aveva un aspetto grigio e dimesso. I successori di Augusto, della gens Julia Claudia, proseguirono la sua opera urbanistica.

Nerone, nei soli ultimi quattro anni del suo regno, fece costruire quella enorme Domus Aurea, la dimora d'oro, che doveva sostituire l'antica reggia distrutta da un incendio in cui vi erano sale alte quaranta metri con soffitti che si aprivano per far cadere fiori sugli ospiti ai banchetti. Allo stesso imperatore si devono la costruzione di un complesso di sontuosissime terme e la riedificazione in stile già "imperiale" dei quartieri poveri, distrutti dallo stesso colossale incendio cui abbiamo accennato sopra.

Tutti questi imponenti lavori poterono essere eseguiti con facilità. La mano d'opera, fra schiavi e corporazioni di liberi lavoratori non era certo mancante. D'altra parte, numerose erano le opere d'arte che venivano prelevate da antiche città greche, che spesso erano saccheggiate anche dei materiali indispensabili all'edilizia romana. In questo modo Roma si arricchisce anche di opere di pubblica utilità, come acquedotti, strade, edifici pubblici, porti.

Purtroppo però, il popolo romano, di tutti i livelli sociali, in questa particolare situazione di fasto della città, si orienta sempre più all'ozio e ai divertimenti.

  

APPROFONDIMENTO:   La struttura amministrativa imperiale

 

Il costume durante l'Impero

Ancora al tempo di Augusto, la candida toga era per eccellenza la veste romana. Augusto stesso si vantava di indossare una toga tessuta in casa dalle sue donne, come un Romano dei tempi antichi. Adesso i Romani ricchi disprezzano quel classico costume e indossano al suo posto raffinate tuniche di lana e di seta, colorate in verde pallido, in rosa o addirittura in porpora, in viola intenso o in bruno e sulle quali portano sciarpe o mantelli ricamati.

Col terzo secolo verranno di moda le vesti di pura seta, stoffa pregiata che arriva dalla Cina attraverso l'India e l'Asia Anteriore. Le fogge sono innumerevoli perché i Romani durante l'Impero, si compiacciono di imitare mode straniere, specialmente orientali e se compare qualche tipo nuovo di abito presto il suo uso si diffonde fra gli eleganti (si precorre il moderno concetto di moda).

Naturalmente il costume femminile non è meno ricco. Piacciono adesso le lunghe "stole" che giungono ai piedi su cui si indossa la corta e preziosa "tunichella" di stoffa ricamata o damascata, decorata con frange d'oro.

Per proteggere la testa si usano lunghi e sottili veli ed è segno di raffinatezza tenere in mano un leggero drappo ricamato per asciugarsi il sudore.

Le donne, in questo periodo, vanno a passeggio al pari degli uomini, accompagnate da un'ancella o in ricche portantine dorate con tende di seta, fra le quali si affacciano ogni tanto mostrando il volto truccato e le alte capigliature arricciate tenute ferme con pomate resinose e ornate di gioielli.

 

La giornata di una dama

Una donna ricca ha adesso tre principali interessi e vi dedica tutta la sua giornata: farsi bella, andare a far compere nei negozi e visitare i templi delle divinità straniere o consultare le fattucchiere.

Le cure di bellezza sono molto simili alle nostre: un famoso poeta dell'epoca, Giovenale, scrive che la donna romana, quando è in casa, ha sempre il volto coperto di mollica di pane inzuppata nel latte, o di pomate e di unguenti, e che si presenta con la faccia pulita solo quando arrivano ospiti; passa ore ed ore davanti allo specchio costringendo la schiava pettinatrice a montarle ricciolo per ricciolo una pettinatura alta come una torre; si copre di collane e di braccialetti e porta orecchini così pesanti che le allungano le orecchie.

La visita ai negozi è certo per lei la vicenda più piacevole della giornata. In ogni via si susseguono botteghe a non finire, dove si vende di tutto: stoffe, ninnoli, profumi, gioielli, calzature, libri, parrucche.

Alcune di queste botteghe sono veri salotti: le dame si danno convegno, si siedono e chiacchierano mentre il negoziante espone davanti a loro tutta la sua mercanzia, che esse guardano distrattamente. Ogni tanto fanno un cenno di assenso e subito l'oggetto così acquistato viene consegnato ad uno schiavo del seguito.

Infine si dilaga per le dame dell'aristocrazia romana, la mania delle fattucchiere.  Esse non hanno più molta fiducia nelle antiche divinità romane ma ripongono una fede superstiziosa in quelle venute dall'Egitto, dalla Siria, dalla Persia, dall'Asia Minore.

Roma pullula di templi stranieri grandi e piccoli, di forma strana, intensamente decorati e dipinti, custoditi da sacerdoti con strani cappelli e vesti a vivaci colori. E una dama del bel mondo ha sempre numerose amicizie fra quei sacerdoti che le predicono il futuro, le insegnano come poter mantenere la salute e la bellezza, scongiurare i malanni, ottenere tutto quello che desidera, e, in cambio, si fanno elargire generosi doni. Né diversamente si comportano le indovine e le fattucchiere. Vanità e superstizione sono le caratteristiche principali della donna di questo periodo.

 

 

Vita del Romano ricco

La giornata di un "ricco romano", in quest'epoca, che limiteremo per ora al periodo fra il secondo e il terzo secolo dopo Cristo, è dedicata soprattutto ai piaceri.

Al mattino si alza tardi perché il giorno prima ha banchettato fino a notte, si fa massaggiare energicamente dagli schiavi, consuma una colazione leggera e va un poco a spasso, a piedi o in lettiga. Anche lui, come le dame, dà un'occhiata ai negozi, si ferma in una libreria più che altro per incontrare qualche amico, perché le librerie sono, per gli uomini, quello che per le dame sono i negozi di calzature, di gioielli o di stoffe: dei luoghi di ritrovo.

Non che i Romani amino adesso particolarmente la cultura, ma in questi ultimi tempi dell'ellenismo il libro è divenuto una moda. Non sono libri dotti, quelli che i Romani preferiscono, si tratta di racconti più o meno avventurosi o di raccolte di versi scherzosi in cui si mettono in caricatura fatti e personaggi del giorno, le cosiddette "satire".

A mezzogiorno, secondo l'uso antico, si fa un pranzo non molto abbondante poi una siesta e infine ci si reca al più gradito luogo di convegno, le terme, ossia il bagno pubblico.

 

Le terme

Le terme, numerose e vaste, sono gli edifici pubblici più frequentati, spesso sontuosi. Ne sono sorte un po' dappertutto. Gli imperatori ne fanno costruire di magnifiche e amano legarle al loro nome. Ve ne sono per il popolo e per i ricchi, sempre con grande sfoggio di marmi scolpiti e di saloni imponenti. Si aprono a mezzogiorno o poco dopo, e si chiudono dopo il tramonto del sole o addirittura a notte. Vi è chi, saltando addirittura il pranzo, entra nelle terme appena si aprono e mangiucchia qualche cosa in attesa del complicato rito del bagno . Altri vi arrivano dopo la siesta, verso le tre, con un seguito di schiavi che recano tutto l'occorrente: ampolle d'olio, soda, che serve come sapone, "strigili", ossia speciali strumenti di ferro o di bronzo per un energico massaggio, vari panni per asciugare il volto e il corpo.

Il luogo è sempre affollato e rumoroso siccome si chiacchiera, si fa ginnastica, si giuoca e addirittura si trattano affari.

 

Il bagno

Il rito del bagno, in questa epoca, ha raggiunto una estrema raffinatezza ed è regolato da norme precise e complicate a seconda dei risultati che si vogliono ottenere. Ma in genere si svolge così: anzitutto si cerca di riscaldare il corpo con degli esercizi ginnastici e con il popolarissimo giuoco della palla che consiste nel lanciarsi e nel prendere a volo una sfera riempita di stoppa. Chi lo fa con degli amici, chi con i propri schiavi, ma è pur sempre lo stesso esercizio, ravvivato da grida e da risa. Quando si è tutti in sudore si fa un bel tuffo nella piscina natatoria, una grande vasca dove si può nuotare in acqua profumata, tiepida o a temperatura naturale. Oppure si passa nel calidarium per fare un bagno caldissimo che apre bene i pori della pelle. Usciti di lì, ci si sottopone al massaggio: schiavi addestrati, o massaggiatori pubblici, passano energicamente lo strigile sulla pelle sudata e ne fanno sprizzar fuori sudore e grasso. Distesi sui lettucci, con gli occhi chiusi, i bagnanti si lasciano strofinare così per un bel pezzo, intrecciando lenti dialoghi con i vicini. Poi passano in sale tenute a calore moderato, il tepidarium, per lasciar calmare il fervore del sangue. In queste sale le conversazioni continuano: ci si raccontano a bassa voce barzellette o gli ultimi pettegolezzi di corte . Infine si entra nelle sale del bagno freddo, il frigidarium, nelle cui vasche l'acqua è rinfrescata da neve portata dai monti vicini. La reazione è violenta e tonificante: per vincere il freddo i bagnanti gridano, ridono, si dibattono, finché tremanti, escono e si abbandonano ancora ad un altro massaggio che, adesso, è assai meno violento, non viene fatto con gli strigili ma con le mani, e i massaggiatori usano in abbondanza olii profumati e unguenti.

 

APPROFONDIMENTO:   L'espansione romana nei secoli

  

Le Abitazioni

 

La domus

Molte delle case, dei palazzi, degli edifici romani sono andati distrutti.

Ai giorni nostri disponiamo però d'un campionario straordinariamente interessante di case comuni che si sono conservate a causa di una grande tragedia naturale: l'eruzione del vulcano Vesuvio avvenuta il 24 agosto del 79 d.C. che ha sepolto sotto lava, ceneri e fango diverse floride città dell'area napoletana: Pompei, Ercolano, Oplontis, Stabia.

Poiché queste città sono state "fermate nel tempo" mentre erano ancora in piena efficienza, gli scavi ci forniscono una testimonianza di vita quotidiana. La città maggiore, Pompei, era costituita da vari edifici: botteghe, laboratori, osterie, case con stanze in affitto, case di cittadini ricchi, ville (al di fuori delle mura) e naturalmente templi, bagni pubblici, palestre, teatri. Di solito le case avevano muri di mattoni a cui potevano anche essere mescolate pietre, ed erano ad un solo piano. La casa di una famiglia benestante poteva avere nella parte affacciata sulla via alcune botteghe gestite da persone estranee. Tipicamente le case romane avevano una corte circondata da colonne (atrio) in cui una vasca quadrata raccoglieva l'acqua piovana proveniente dai tetti inclinati verso l'interno. La parte padronale della casa comprendeva varie camere da letto e una sala da pranzo arredata su tre lati con dei letti su cui mangiavano comodamente i commensali. A Pompei si sono conservate assai bene le decorazioni alle pareti: sono affreschi che ritraggono paesaggi, scene mitologiche o anche finti elementi architettonici, come colonne, cornici, porte e finestre; negli ambienti più modesti le pareti sono trattate a calce.

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L'insula

Gli edifici per abitazione delle grandi città erano diversi dalle case a un piano di Pompei ed Ercolano: di solito essi comprendevano parecchi appartamenti dislocati su più piani (fino a quattro o cinque).

In queste case non si viveva molto bene, sia per il gran numero di inquilini e per la scarsa disponibilità d'acqua (di solito ogni gruppo familiare prelevava da una fontana pubblica nella via la quantità necessaria per la giornata e la portava all'interno), sia per l'igiene scarsa, non esistevano latrine nelle case.

I locali erano angusti, i soffitti bassi, le scale scomode.

Questi complessi abitativi potevano essere molto grandi e quando erano circondati da quattro strade formavano una insula ("isola"), da cui deriva il nostro isolato.

Evidentemente tali soluzioni erano adottate nelle grandi città perché, come in quelle attuali, il terreno era prezioso, e numerosissimi cittadini (1.200.000 nella Roma Imperiale) dovevano abitare vicini al luogo di lavoro. Tra gli esempi meglio conservati di insulae a molti piani vi sono quelle di Ostia, il porto di Roma, dove un progressivo abbassamento dei terreni ha seppellito edifici anche molto alti.

L'insula popolare era costruita con mattoni e materiali di reimpiego. La solidità delle strutture, anche a causa dei molti piani sovrapposti era mediocre: sono documentati crolli in cui vennero travolte molte persone. I costi di locazione erano alti, in uno stesso locale venivano disposti sia i letti sia gli attrezzi per cucinare e scaldarsi, spesso causa di incendi disastrosi.

 

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APPROFONDIMENTO:   L'edilizia romana

  

Classi nuove

Fin dai tempi della Repubblica i Romani hanno amato il banchetto serale. Durante l'impero, nel bel mondo, questo banchetto è divenuto la funzione più caratteristica e più importante della vita di Roma. Sono passati i tempi in cui il numero dei convitati, in un festino elegante, non doveva sorpassare quello delle nove Muse, le gentili divinità che presiedevano alle scienze e alle arti.

Adesso i festini sono molto numerosi e assai meno legati alle regole della buona educazione e del buon gusto. Ma il fatto è che a Roma abbondano ora i nuovi ricchi, molti dei quali sono stati addirittura schiavi in gioventù, hanno ottenuto la libertà compiacendo in tutti i modi leciti e illeciti i loro padroni e infine hanno raggiunto la ricchezza. Costoro mirano soprattutto a fare sfoggio della loro opulenza invitando alla loro mensa personaggi di ogni classe: nobili che non disdegnano l'invito perché con quegli arricchiti c'è sempre qualche buon affare da combinare; antichi compagni di servitù che hanno fatto fortuna come loro, poveri diavoli che vivono delle briciole di quei festini e sono sempre pronti, in contraccambio, a fare qualsiasi servigio.

Di educazione e di buon gusto non è più il caso di parlare, l'ostentazione di lusso e di potenza diviene perfino brutale. Non a tutti, ad esempio, si servono gli stessi cibi: i migliori sono riservati ai personaggi più importanti, quelli di minor conto hanno portate più modeste e i poveri diavoli si devono accontentare di quel che capita.

 

Il teatro

Un nuovo divertimento è offerto dal teatro. L'antica commedia non interessa più e neppure la tragedia, che ha avuto tuttavia un momento di popolarità nel primo secolo dell'impero. Ma vi sono adesso rappresentazioni più spettacolari ed anche più eccitanti: le "pantomime".

Si tratta di recite senza parole, in cui appaiono anche le donne, cosa che non si sarebbe neppur sognata nell'antico teatro, affidate solo alla mimica, alla danza e alla musica. L'abilità degli attori consiste nel far capire agli spettatori, con i soli gesti, il significato di quel che viene rappresentato, in genere miti leggende dell'antica Grecia oppure della storia romana. La pantomima in questa epoca è divenuta popolarissima. Gli attori più abili sono segnati a dito e gli imperatori, a seconda che risultino loro graditi o sgraditi, li colmano di doni o li condannano a morte. Dato il carattere violento degli spettacoli popolari romani, nella pantomima si sono facilmente infiltrati motivi sensazionali: giuochi acrobatici e addirittura episodi cruenti. D'altra parte sono più che mai graditi gli spettacoli di gladiatori, che vengono sacrificati a centinaia per il piacere di una folla che ormai esige solo emozioni forti e brutali.

 

La cultura e il pensiero

Nel mondo patrizio ci sono famiglie che mantengono gelosamente le antiche usanze e le antiche tradizioni: anche nella sua fastosa decadenza, Roma è pur sempre Roma.

Non mancano gli studiosi che si appartano, padri di famiglia che dedicano la maggior parte del loro tempo a scrivere le loro memorie o a meditare sulle opere dei filosofi.

Perfino alcuni imperatori, come il saggio Marco Aurelio, fanno degli studi la loro attività preferita e cercano di essere giusti in tutte le loro azioni. E' l'altro volto dell'epoca imperiale: ci si accorge che la vita va perdendo le sue basi, che i costumi decadono, che le leggi morali si indeboliscono e si cerca rifugio nella cultura e nella meditazione.

Purtroppo tutto ciò non basta a far cambiare l'indirizzo che la vita ha ormai preso: la cultura e la meditazione possono permettere ai migliori di difendere la propria serenità e la propria saggezza, ma non riescono a far divenire serena e saggia la capitale del mondo che si abbandona ai piaceri.

Tra gli uomini di pensiero si va sempre più diffondendo una filosofia creata già da alcuni secoli in Grecia, agli inizi della sua decadenza: quella filosofia "stoica" che insegna a rendersi insensibili a tutto, al piacere come al dolore, perché è l'unico modo di mantenere la propria serenità, di sottrarsi alle follie e alle ingiustizie del mondo. Ma un simile modo di pensare aiuta solo a sopportare i mali, non a superarli. D'altra parte anche la cultura di questo periodo è sterile. Accumula nozioni, le ordina in trattati, ma non ne trae nuovi orientamenti di vita.

La letteratura è in grande decadenza anche perché adesso, quasi tutte le persone colte parlano in greco e conoscono questa lingua meglio del latino.

Roma ha perso la sua saggezza...

 

APPROFONDIMENTO:   Gli Imperatori romani

  

L'ombra cade su Roma

Nel giro di pochi fastosi anni, Roma decade. La capitale dell'Impero romano si è trasferito ad Oriente, a Costantinopoli, per ordine dell'ultimo Imperatore romano Costantino. Insieme con la capitale, anche tutta la ricchezza si è spostata: la città vede diminuire sempre più la sua popolazione e i suoi traffici, non è più possibile arricchirsi con accordi fra uomini politici e commercianti o appaltatori.

E la vita di corte non esiste più, ora che l'imperatore è in Oriente e il suo collega, che governa l'Occidente, ha posto la sua residenza a Milano, i ricchi a Roma, sono adesso solo i grandi proprietari terrieri e gli alti funzionari dello stato, eletti dagli imperatori.

Il popolo minuto deve accontentarsi di sempre più rare distribuzioni di cibi e di mediocri spettacoli circensi. La condizione delle classi umili è triste. Già da tempo per impedire che gli artigiani meno fortunati abbandonassero il loro mestiere e la loro residenza per cercare fortuna altrove, è stato stabilito che nessuno possa cambiare attività e che i figli debbano esercitare lo stesso mestiere dei padri. Molti riescono appena a vivere. Nelle campagne i contadini sono ridotti praticamente in servitù lavorando per salari minimi le vaste terre dei loro padroni.

Nella totale decadenza del più grande impero che sia mai esistito, una nuova religione ha contagiato milioni di anime. Arriva dalla Palestina, e ne è profeta Gesù. Afferma l'amore tra i popoli, il perdono e altre regole scritte nella Bibbia, il libro sacro dei Cristiani.

Non so quanto questa trasformazione ideologica possa aver influenzato il decadimento romano, resta comunque evidente che il Cristianesimo, (questa nuova religione) aveva dato una speranza al popolo ormai ridotto alla fame.

L'ombra si è proiettata sulla città di Roma: è la sua fine.

 

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