Nel benevolo rimprovero di Federico risuona dunque un richiamo a tener distinto il piano privato da quello pubblico, e ad accettare le necessità dettate dalle dinamiche storiche, nel medesimo spirito con cui Isabella stessa aveva educato il figlio.
La disinvoltura con cui la marchesa sa giostrarsi nel gioco torbido e senza scrupoli della politica tuttavia non può che vacillare quando le si mostra, in tutta la sua evidenza, la prospettiva di perdere quel figlio che fa parte di lei come la sua stessa anima: nel rifiuto contrapposto, seppure cedendo a una debolezza solo momentanea, alla legge aspra e inflessibile della ragion di stato e alla necessità della guerra, Isabella sembra più umana, certo più fragile, ma mai lontana dal crudo realismo che è il suo carattere saliente.
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Tanto più sofferte sono perciò le decisioni che Isabella stessa è indotta a prendere talvolta, spinta da esigenze politiche più forti perfino dell'istinto materno: come ella stessa scrive, "Se qualche cosa geme in queste parole per una ferita di dolore materno, ne cancello persino le cicatrici: così ho sempre fatto con quella risolutezza che i miei poeti definiscono costanza di carattere."3.
Vi sono responsabilità che Isabella è tenuta ad assumersi in virtù del suo ruolo, senza cedere di fronte a impulsi affettivi o a sentimentalismi inadeguati alla politica4.
3 Maria Bellonci, op. cit., pg. 84
4 Così la Bellonci, attraverso le parole di Isabella, traccia in poche parole un quadro significativo della vita di corte dell'epoca, una vita da cui era bandita ogni spontaneità emotiva, ogni libero sfogo: "I moti subitanei non sono consentiti a noi circondati da gente che ci può esporre ad ogni sospetto". (Maria Bellonci, op. cit., pg. 45).