Il realismo, cioè lo sguardo attento ad una realtà che si intende rappresentare nei suoi molteplici aspetti, in Petronio tocca livelli di resa, anche linguistica, precedentemente sconosciuti alla letteratura latina.

L’atteggiamento dell’autore di fronte alla realtà e ai problemi morali che essa propone, non risulta mai, per altro, improntato al biasimo e alla condanna moralistica, quanto piuttosto all’aristocratico disincanto di un osservatore divertito. Tale esito è raggiunto mediante un accurato uso delle forme linguistiche, dei mezzi espressivi e di operazioni di etopea. Petronio adatta ad ogni personaggio il suo specifico registro linguistico: si passa così dalla stile aulico, declamatorio, di Eumolpo, alla parlata volgare, piena di espressioni gergali dei commensali di Trimalcione. A caratterizzare un personaggio non concorrono solamente le sue azioni e i suoi discorsi ma anche la lingua. La modalità letteraria con cui, poi, vengono riferiti i fatti, rappresenta un esempio insuperato nella letteratura classica di realismo descrittivo.

Petronio evita di raccontare personalmente le vicende delegando il compito direttamente ai suoi personaggi. L’opera infatti è pensata come un lungo diario personale, scritto in prima persona dal protagonista Encolpio. Questo artificio narrativo conferisce alle descrizioni un tono estremamente soggettivo, con un conseguente sdoppiamento di prospettiva: il personaggio nel descrivere gli altri descrive inconsapevolmente, con i suoi giudizi e considerazioni, anche se stesso. Il procedimento, come afferma Erich Auerbach nel suo celebre saggio MIMESIS "conduce ad un’illusione di vita più sensibile e concreta", e quindi più realistica.

La narrazione soggettiva fatta da un personaggio delle proprie peripezie ha, nella sua forma esteriore, diversi precedenti nella letteratura classica: ad esempio, il celebre racconto di Ulisse alla corte dei Feaci o Enea presso Didone.

Petronio, tuttavia, per la prima volta, se ne serve per una obiettiva e consapevole descrizione di un particolare strato sociale: la bassa plebe provinciale e l’emergente classe dei liberti del primo secolo dopo Cristo. Questo intento descrittivo, come osserva ancora Auerbach, rende l’opera di Petronio più simile di ogni altro scritto classico alla moderna rappresentazione realistica di scrittori come Balzac, Flaubert, Tolstoy o Dostoevskij, rappresentando dunque il limite estremo cui il realismo antico sia mai arrivato. Gli altri generi letterari che rappresentano la realtà quotidiana bassa sono cristallizzati nella loro descrizione in schemi fissi e generici, come nella commedia, o, invece, come nel caso della satira, risentono di uno spiccato moralismo, che accentua in chiave critica i vizi dei personaggi.

Bisogna però precisare che Petronio, come tutti gli scrittori e storici classici, non conosce il concetto moderno di società, con le sue problematiche politiche ed economiche e le sue suddivisioni in classi e forze sociali. La sua descrizione dei liberti che partecipano alla cena di Trimalcione non esamina assolutamente le cause economiche e politiche che nel I d.C. hanno portato alla ribalta nella società romana quel ceto che, soltanto pochi decenni prima, era in uno stato di totale asservimento. Inoltre, la severa divisione degli stili vigente in tutta la letteratura classica e codificata da Aristotele nella Poetica imponeva che la vita quotodiana e la realtà bassa del popolo dovesse essere rappresentata solamente in forma comica e mai in modo tragico e serio.

Il Satyricon non si pone nessuna finalità documentaria o sociologica né tantomeno può essere interpretato come una denuncia della società del tempo. L’autore la descrive con estrema spregiudicatezza ma allo stesso tempo con stile fortemente ironico, sagace e distaccato. Il realismo petroniano risulta dunque notevolmente limitato se confrontato con la letteratura moderna, in quanto non consente un approfondimento serio e problematico delle tematiche sociali, pur rappresentando la più avanzata forma di realismo della letteratura classica.

Una ben diversa concezione della realtà traspare invece dai pressoché contemporanei testi evangelici. Per gli evangelisti, la quotidianità ed il mondo basso del popolo viene ad assumere un’enorme importanza, essendo il luogo dove hanno origine un nuovo movimento spirituale e nuove forze storiche dalla straordinaria portata rivoluzionaria. Dagli scrittori dei Vangeli, inoltre, è lontana ogni ambizione letteraria e di conseguenza, un’artificiosa elaborazione stilistica. Caduta, infatti, la convenzione stilistica aristotelica ed ogni intento moralistico e retorico, i Vangeli assumeranno un’immediatezza espressiva e linguistica che non trova l’eguale in nessun testo della letteratura antica.