La fabula di Amore e Psiche riproduce come un modello in scala ridotta l’intero percorso narrativo del romanzo e ne offre la corretta decodificazione. È possibile stabilire un parallelo fra Psiche e Lucio. Entrambi, infatti, all’inizio del loro percorso di formazione si trovano in una situazione positiva e tranquilla, i due, in seguito, per aver peccato di curiositas (Psiche scorge il volto dell’amato contro la sua stessa proibizione, Lucio tenta di trasformarsi in uccello come aveva fatto Panfile) cadono in disgrazia e solo attraverso esperianze degradanti e numerose prove giungono a recuperare la felicità e una condizione migliore di quella iniziale. Le peripezie dei personaggi possono essere lette come un itinerario di espiazione fino alla salvezza. Come ipotizza Paratore, Apuleio vorrebbe mostrare la degradazione morale del mondo per ottenere una crisi di rigetto che preannuncia la conversione. Non sappiamo se il significato allegorico fosse noto al pubblico: l’opera è, infatti, leggibile a due livelli. A un livello più immediato e semplicistico il romanzo è fruibile in chiave erotico-avventurosa, un pubblico più dotto, grazie alla chiave di lettura offerta dalla fabula di Amore e Psiche, può, invece penetrare l’allegoria e giungere al significato più recondito.

CARATTERE ALLEGORICO DELL'OPERA
Le metamorfosi di Apuleio sono un'opera che rivela il proprio carattere anomalo e originale già dalla suddivisione in undici libri; diversamente, la poesia bucolica ne prevedeva dieci mentre l'epica dodici. Nel romanzo di Apuleio l'ultimo libro ha una funzione imprescindibile: e la chiave interpretativa della vicenda intera e ne è, allo stesso tempo, lo scioglimento. A Corinto il protagonista Lucio, trasformato in asino, assiste su indicazione di Iside ad una processione in suo onore e, cibatosi di rose, riacquista sembianze umane. Riconoscente verso la dea, Lucio si farà iniziare al culto misterico e, in seguito, ricoprirà le cariche più alte della gerarchia sacerdotale isiaca. Il romanzo è stato definito mistagogico (etimo μυστὴς-ἄγω: colui che introduce ai misteri) perché si configura come racconto di un'iniziazione al culto isiaco e la metamorfosi di Lucio in asino si spiegherebbe col fatto che, in tale ambito, l'asino si identifica con Tiphone-Seth, dio del male. Tuttavia sarebbe riduttivo estendere questo carattere mistico all'opera intera perché esso è sviluppato manifestamente solo nel libro XI e le peripezie infinite che Lucio vive hanno una funzione, per cosi dire, "propedeutica" alla conversione finale del protagonista. Queste vicende non fanno che esasperare una condizione fatta di violenze e soprusi, (Paratore parla di iper-realismo); così, in un climax di atrocità più bestiali che umane, il lettore viene condotto allo "Spannung", cioè al punto culminante di tensione narrativa, e la vicenda sfocia infine nella nuova metamorfosi e conversione di Lucio. Il lettore è direttamente coinvolto nella narrazione e viene fatto partecipe di questo "itinerario purgatoriale"; nel libro XI, 23 viene apostrofato così: Igitur audi, sed crede, quae vera sunt (Quindi ascolta, ma credi, ciò che è verità). Secondo Paratore il coinvolgimento del lettore ha come scopo una sorta di crisi di rigetto, affinché egli, divenuto cosciente del degrado morale del mondo, si accosti alla conversione religiosa. L'XI libro consente di interpretare il romanzo come storia di una salvazione: infatti, per il suo carattere soteriologico, testimonia quel clima di inquietudine religiosa che fu tipica del II secolo d.C. e che contribuì alla diffusione dei culti isiaci. Nel finale delle Metamorfosi si insiste sulla letizia, la contentezza e la serenità che Iside infonde agli uomini e al creato e si invita il lettore a prendere parte a quella felicità che già nel prologo gli era stata promessa. C'è un altro aspetto che rende il libro XI delle Metamorfosi l'episodio chiave del romanzo: il fatto che il protagonista si definisca, in XI, 27, "Madaurensis", cioè cittadino di Madaura. La notizia è significativa perché anche Apuleio, come Lucio, era originario di quel luogo e si individua tra i due un rapporto ambiguo: non si può dire che le due persone coincidano perché il romanzo non è certamente autobiografico nè, viceversa il narratore è soltanto un personaggio ma egli converge in sè tratti del personaggio e dell'autore in una contaminazione di piani che Apuleio opera consapevolmente, "giocando" con gli schemi letterari. Alla luce di quanto detto, si può esaminare il problema della ricezione. Ci si è chiesti se sia plausibile o meno ammettere la comprensione del carattere allegorico dell'opera da parte della totalità del pubblico. La risposta è negativa: il pubblico di Apuleio doveva essere stratificato su due livelli di cui l'uno in grado di cogliere solo l'aspetto erotico-avventuroso del romanzo, l'altro consapevole dell'allegoria e capace di interpretarla.