DAL 1998

AL 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alle soglie del nuovo millennio il conflitto israelo-palestinese non ha ancora trovato una soluzione poiché le due parti stentano a trovare un accordo, perché da un lato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non ritenne di avere abbastanza garanzie sulla cessazione degli attacchi terroristici palestinesi, dall’altro anche Arafat non si fida delle promesse di sgombero della Cisgiordania da parte dell’esercito israeliano come stabilito in vari accordi precedenti intanto la guerriglia che imperversa nelle strade stanca sempre di più la popolazione di entrambi gli schieramenti, tanto che in una lettera aperta 1554 militari invitano il premier Netanyahu a riprendere i negoziati di pace, poiché l’occupazione rischia di alterare il carattere ebraico-democratico di Israele.

Ma l’accordo tra le due parti non si trova e l’Unione Europea che dal 1995 a oggi ha sempre sostenuto la Palestina dà il suo consenso alla creazione di uno stato palestinese suscitando lo scalpore e l’indignazione di Israele, tanto da provocare le seguenti dichiarazioni di Netanyahu: ”Dispiace che sia proprio l’Europa, dov’è morto un terzo del popolo ebraico, a cercare di imporre una decisione che mette in pericolo lo Stato ebraico”.

Nel frattempo il Likud perde la maggioranza in parlamento e indice le elezioni anticipate che si svolgono il 18 maggio 1999 e che vedono la sinistra moderata di Ehud Barak trionfare con il 61% di preferenze.

Barak, cosciente del fatto che la guerra ha ormai stancato la maggior parte del popolo israeliano, riapre subito il processo di pace con tutti i vecchi nemici di Israele dando il via ha una serie di dichiarazioni che hanno l’intento di riaprire i dialoghi di pace, la politica liberale di Barak si mostra subito con un evento storico, l’elezione a vice-ministro degli esteri israeliano di Nawaf Masalha, il primo arabo ad investire un alta carica pubblica in Israele.

Successivamente il premier israeliano e Arafat si incontrano a Sharm el-Sheik dove siglano un accordo chiamato “wye” nel quale Israele si impegna lasciare ai palestinesi un pezzo di Cisgiordania precedentemente occupato, a scarcerare 350 prigionieri palestinesi e a togliere il divieto di costruzione di un porto a Gaza. In cambio Arafat garantisce la protezione di Israele da attacchi terroristici e promette di organizzare un’economia nello stato.

Questi accordi vengono rispettati pur essendo il governo di Barak in crisi a causa di certe decisioni sui finanziamenti alle scuole religiose, queste problematiche rischiano di fermare il lento processo di pace che è appena stato intrapreso tra Israele e Palestina.

La visita alla spianata delle moschee di Ariel Sharon  fa scoppiare la seconda sollevazione palestinese altresì chiamata nuova intifada che perdura dal 28 settembre fino al 28 dicembre,durante la quale si contano più di 400 morti.

La crisi governativa citata in precedenza porta all’elezione a capo di stato di Ariel Sharon, rappresentante del Likud, questo avvenimento segna un cambio di strategia israeliano che decide di utilizzare il pugno di ferro con i palestinesi. Così per la prima volta dalla sigla dei trattati di Oslo Israele invade la striscia di Gaza ina-sprendo ancora di più l’odio verso gli israe-liani da parte degli estremisti arabi dando via ad una serie di attacchi terroristici micidiali che bloccarono ancor di più i tentativi di arrivare ad una pace.

Il terribile attacco terroristico dell’11 Settembre influenzò persino le relazioni tra le due parti.

Infatti quando si seppe che l’attacco a Manhattan poteva essere di matrice Isla-mica, migliaia di palestinesi si sono riversati nelle strade glorificando i terroristi che avevano commesso quest’offensiva. Subito si riaccese in, Medio-oriente odio anti-israeliano poiché Israele rappresentava uno stato con caratteristiche occidentali in una zona in cui l’occidente è visto come il demonio stesso.

Comunque entrambi i capi di stato, sia Arafat che Sharon hanno mandato un messaggio di condanna dell’attentato di dispiacere nei confronti delle vittime dell’attacco dell’11 Settembre. In risposta il presidente americano Bush si dice disposto alla creazione di uno stato palestinese, purchè si ammetta anche l’esistenza di uno stato israeliano, cosa che non era contemplata nella carta delle leggi dell’OLP (Organo di Liberazione Palestinese).

Sharon mal sopporta questa decisione di Bush e, in risposta ad atti terroristici di Hamas, decide, prima di colpire il quartier generale di Arafat considerandolo promotore e fomentatore degli attacchi contro Israele, poi di assediarlo e quindi bloccarlo in un bunker a Ramallah. Così il lea-der palestinese, senten-dosi accerchiato e ab-bandonato richiede su-bito la riunione della lega araba, ma ormai tutto è inutile perché Arafat ha perduto cre-dibilità e non ha più lo stesso potere di un tempo per questo il governo israeliano decide che non avrà più contatti diplomatici con lui dal momento che non ha più il controllo sui territori palestinesi.

Perciò Arafat, costretto dagli eventi, si prepara al passaggio di potere che avviene il 29 aprile 2003, il nuovo premier è Abu-Mazen che in una prima dichiarazione afferma che Hamas e le altre organizzazioni terroristiche dovranno cessare i loro attacchi per giungere ad un pace stabile e che inizieranno i preparativi per il consegui-mento della “Road Map” la nuova risolu-zione a cui, dopo qualche incertezza, anche Israele ha detto si. La “Road Map” potrebbe essere la soluzione definitiva alla guerra israelo-palestinese, ma i gruppi estremisti arabi si dicono contrari a questo piano e affermano che non sono intenzionati a fermare l’Intifadah fino a quando non vedranno la distruzione di Israele. Intanto Arafat esordisce con uno sfogo contro ad Abu-Mazen definendolo traditore dei principi per cui tutti i palestinesi hanno sempre lottato costringen-dolo a dimettersi dalla carica di primo ministro palestinese, carica che verrà poi occupata da Abu-Ala.

Questi sono gli eventi che dal dopoguerra ad oggi hanno segnato la storia di Israele e della Palestina, fino alla recente morte di Arafat che ha creato un notevole vuoto politico e la perdita del personaggio palestinese più significativo. Il problema che nasce ora è la successione: chi sarà l’erede di Arfat? La risposta a questa domanda coincide con gli interessi di molte nazioni ed è per questo che non si conosce ancora la risposta.