Ritorna a indiceL'EUTANASIA

Eutanasia significa letteralmente "buona morte": è la morte che viene provocata volontariamente per porre fine alle sofferenze di un malato inguaribile. Si parla di eutanasia passiva quando la morte sopravviene per sospensione del trattamento terapeutico e di eutanasia attiva quando è provocata dalla somministrazione di farmaci. L'eutanasia è simile al suicidio, pur con l'ovvia complicazione che, al contrario del suicidio, in caso di eutanasia la persona che provoca la morte è diversa da quella che sceglie di morire.

Che cosa dice la legge italiana?

La possibilità di autorizzare per legge l'eutanasia è al centro di vaste discussioni etiche e giuridiche in Italia. Non esistono leggi che la approvino o la condannino, ma ci si rifà a sentenze precedentemente emanate inerenti all'argomento. La Corte di Cassazione italiana ha deliberato che

Le circostanze attenuanti di particolare valore morale o sociale debbono essere ispirate esclusivamente a motivi altruistici e non a motivi personali, neppure concorrenti, e devono corrispondere a finalità e principi i quali ricevano l'incondizionata approvazione della società in cui agisce chi tiene la condotta in quel determinato momento storico. In tema di omicidio del consenziente avente le caratteristiche dell'eutanasia tali circostanze non possono essere riconosciute, in quanto le discussioni tuttora esistenti in proposito denotano la mancanza di un generale suo attuale apprezzamento positivo, risultando anzi larghe fasce di contrasto nella società italiana contemporanea.
(Cassazione penale sez. I, 7 aprile 1989)

La decisione di praticare l'eutanasia è molto dibattuta anche da un punto di vista medico in quanto il giuramento di Ippocrate vincola la maggior parte dei medici. Esso vieta la somministrazione di medicamenti letali ai pazienti, anche se terminali.

L'eutanasia secondo la Chiesa

Secondo la morale cristiana l'eutanasia è inaccettabile come violazione del 5° comandamento: "Non uccidere". Esso si erge, come barriera insuperabile, ad ammonirci che Dio solo è l'arbitro del nostro destino ed Egli solo come ci ha dato la vita può togliercela. Quindi se la vita non dipende da un atto di volontà dell'uomo, neppure il porvi termine dovrà dipendere dalla sua volontà. Secondo il pensiero cristiano noi siamo tenuti a ricevere la nostra vita con riconoscenza e a preservarla per la salvezza delle nostre anime. Siamo gli amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha affidato.

La Chiesa si è pronunciata riguardo all'eutanasia nel seguente modo:

"Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano condurre un'esistenza per quanto possibile normale.

Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l'eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile.

Così un'azione oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un'uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L'errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di questo atto, sempre da condannare e da escludere.

L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.

Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate."

L'eutanasia dal punto di vista laico

Se dal punto di vista etico-religioso l'eutanasia è condannabile e non ammissibile in nessun caso, diversa è la visione laica. I maggiori fautori si trovano fra letterati, filosofi e artisti, ben rappresentati dagli Amici Curiae (che sta per "Amici della Corte"), un gruppo composto da alcuni dei più importanti filosofi americani contemporanei: Ronald Dworkin, Thomas Nagel, Robert Nozick, John Rawls, Thomas Scanlon, Judith JarvisThomson. Questi filosofi, pur avendo opinioni diverse sulle questioni etiche e politiche, condividono alcuni principi di libertà e giustizia, incarnati nella tradizione costituzionale degli Stati Uniti ma, a loro parere, messi a repentaglio da una recente sentenza. Quindi hanno sottoscritto un documento rivolto alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che dovrà pronunciarsi (entro il 1997) su una questione morale e legale fondamentale. Si tratta del cosiddetto "suicidio assistito", su cui la Corte deciderà partendo, come sempre, da un caso specifico: quello che ha visto contrapposti lo Stato di Washington ed il signor Harold Oluckenberg. Quest'ultimo, malato terminale, avrebbe voluto essere aiutato a morire, ma un Tribunale dello Stato di Washington gli ha negato questo diritto. Gli Amici Curiae sono intervenuti per far valere tale diritto contro la delibera del procuratore dello Stato di Washington. Essi sostengono, infatti, che i cittadini americani hanno un interesse giuridicamente protetto a decidere in maniera autonoma su questi temi di primaria importanza. Da questo punto di vista, la struttura filosofica dell'argomento è simile a quanto hanno sostenuto, in Italia, gli estensori del Manifesto di bioetica laica, pubblicato su Il Sole-24 Ore del 9 giugno 1996. Il Manifesto, infatti, difendeva un principio generale di autonomia e di pluralismo religioso nelle scelte significative che riguardano la vita e la morte :

"(...) il primo dei principi che ispira noi laici è quello dell'autonomia. Ogni individuo ha pari dignità, e non devono esservi autorità supeririori che possano arrogarsi il diritto di scegliere per lui in tutte quelle questoni che riguardano la sua salute e la sua vita. Questo significa che la sfera delle decisioni individuali in questioni come l'eutanasia, la somministrazione dei nuovi farmaci, la sperimentazione di nuove terapie, deve venire allargata al di là di quanto oggi non accada (...)."

"(...) il secondo principio è quello di garantire il rispetto delle convinzioni religiose dei singoli individui (...). Quando ci sono in gioco scelte difficili, come quelle della bioetica, il problema per il laico non è quello che impone una visione "superiore", ma di garantire che gli individui possano decidere per proprio conto ponderando i valori, talvolta tra loro confliggenti, che quelle scelte coinvolgono, evitando di mettere a repentaglio le loro credenze ed i loro valori (...)."

I filosofi americani insistono sul valore del XlV emendamento come base per una difesa legale del suicidio assistito. Il XlV emendamento riguarda la libertà dei cittadini nelle scelte che concernono le opzioni personali più intime e profonde.

Per i filosofi americani la decisione di ricorrere al "suicidio assistito" rientra nell'ambito di tali scelte. Se non si facesse valere questa libertà si trasformerebbe una specifica opinione culturale e religiosa, che in questo caso ispira una sentenza anti-eutanasica, nella volontà della comunità nel suo complesso, in contrasto con il pluralismo della tradizione costituzionale degli Stati Uniti.

Normalmente si assume che la vita sia un bene, e perciò stesso la morte un male. Da questo dipendono le difficoltà ad accettare l'eutanasia.

Va da sè che la decisione della Corte Suprema americana stabilirà un precedente decisivo negli anni a venire.

 

L'eutanasia e la legge nel mondo

In tutto il mondo il dibattito che riguarda la legalizzazione o meno dell'eutanasia è ancora aperto. Fra i Paesi europei solo l'Olanda, dopo circa venti anni di dibattito, ha una legge (approvata nel febbraio del 1993 ed entrata in vigore nel 1994) che pur non depenalizzando l'eutanasia, non persegue i medici che l'hanno praticata. Il codice di comportamento che la prevede è molto severo ed implica la cosciente e reiterata richiesta del paziente. I sanitari possono praticare la "dolce morte" senza ricorrere in sanzioni e, in determinati casi descritti da una precisa normativa approvata dal Parlamento (per es. malati in coma irreversibile), possono operare senza consenso.

La legge olandese non ha fatto altro che ufficializzare una pratica già in uso nei Paesi Bassi.

Il territorio del Nord dell'Australia lo scorso luglio è stato il primo al mondo a legalizzare il "suicidio assistito" per i malati terminali. Ma questa legge ha avuto pochi mesi di vita, infatti nel marzo di questo anno è stata abrogata dal Senato. Trentotto sono stati i voti a favore e trentatre quelli contrari a rimuoverla dalla costituzione. Il voto è avvenuto dopo 15 ore di acceso dibattito in presenza del dottor Philip Nitschke, che ha già assistito le quattro persone che, dall'entrata in vigore della legge, il 1° luglio scorso, hanno ottenuto di poter porre fine alla loro vita con l'eutanasia. Altri due malati sono alle prese con la lunga trafila necessaria ad ottenere i relativi permessi. Ma ora che la legge non è più in vigore ci si chiede se possano eventualmente in via eccezionale usufruire ugualmente dell'eutanasia. Restano quindi molte questioni in sospeso senza contare che la popolazione, secondo i sondaggi, sembra decisamente a favore della legalizzazione dell'eutanasia (circa il 75% crede infatti che debba essere estesa a tutto il Paese).

L'opinione pubblica di tutto il mondo è divisa e questa frattura renderà ancora più difficile deliberare su una questione così delicata non solo dal punto di vista giuridico, ma anche e soprattutto dal punto di vista etico.

Considerazioni conclusive

Anche all'interno del nostro stesso gruppo di lavoro ci sono pareri diversi che sostengono l'accanimento terapeutico o rivendicano l'assoluta libertà dell'uomo in ogni sua scelta. Non riteniamo giusto, dunque, concludere il nostro lavoro riassumendolo in un'unica frase condivisa da alcuni, ma non da altri. La questione per noi rimane aperta e lo scopo unico che speriamo di aver raggiunto con la nostra ricerca è di far riflettere. In conclusione abbiamo deciso di ricordare la toccante vicenda di una donna, Janet Mills, che è riuscita a por fine alla sua vita mediante l'eutanasia. Janet era afflitta da una forma particolare di cancro della pelle che le aveva devastato il volto. Al mattino, il cuscino, le lenzuola erano inzuppate di sangue. Non mangiava, non dormiva. Il suo corpo in sfacelo emanava un cattivo odore. Aveva 52 anni e ne dimostrava il doppio. Dopo aver lanciato vari appelli e aver sofferto per un troppo lungo periodo di tempo è riuscita ad ottenere l'autorizzazione da parte dello Stato a praticare su se stessa l'eutanasia. Le sue ultime parole al marito Dave : "Finalmente la pace ".

Bibliografia:
H. G. Rose, in Hastings, Encyclopedy of Religion and Ethics, V, pp. 596-601
E. Morselli, L'uccisione pietosa (Eutanasia) in rapporto alla medicina, alla morale e all'eugenica, Torino 1923
G. Del Vecchio, Morte benefica, Torino 1928
A. Visco, L'omicidio e la lesione personale del consenziente, Milano 1929
C. Flamigni, A. Masserenti, M. Mori, A. Petroni, Manifesto di bioetica laica, in " Il Sole 24 ORE ", 9/6/1996
R. Dworkin, T. Nagel, R. Nozick, J. Rawls, T. Scanion, J. J. Thomson, In difesa del principio di autonomia, in Il Sole 24 ore, 26/1/1997
Conferenza Episcopale, Catechismo della chiesa cattolica, Città del Vaticano, 1992, pp. 560-561
L. Adami, Legge sull'eutanasia. Il Senato australiano vuole cancellarla. Proteste dei cittadini, in L'Unità, 19/3/1997
Australia, marcia indietro: eutanasia messa fuorilegge, in Il Corriere della Sera, 25/3/1997
E. Mo, L'ultima battaglia del Dottor Morte, in Il Corriere della Sera, 24/2/97

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