Ritorna a indiceCONSIDERAZIONI SULLA PENA DI MORTE

Nel discutere fra noi su un problema così complesso come la pena di morte, dapprima lo abbiamo analizzato nei suoi diversi aspetti generali per disporre degli elementi necessari a formare il nostro giudizio. Dal momento che sono sorte fra di noi opinioni contrastanti, abbiamo deciso di esporre separatamente i due diversi punti di vista con un piccolo approfondimento.

A favore

Marco Medri, Mauro Caminada, Federico Ballerio, FedericoBassini I D

Considerazioni preliminari:

  1. non siamo favorevoli alla pena di morte in ogni caso di omicidio;
  2. siamo favorevoli solo a metodi di esecuzione indolori;
  3. riteniamo la pena di morte attuabile solo in presenza di varie e precise aggravanti.

Gli uomini incaricano lo Stato di promulgare leggi che tutelino i cittadini; nel caso in cui un individuo le trasgredisca al massimo grado, ovvero compiendo un omicidio efferato, questi automaticamente priva se stesso di qualsiasi forma di altrui rispetto e dello stesso diritto di vita, vita intesa come partecipazione attiva alla società umana.

Riteniamo che si debba applicare la pena di morte solo nei casi in cui non sia possibile una rieducazione completa del reo ed il suo conseguente reinserimento nella società.

In quali casi

Pensiamo che la pena di morte debba essere giustamente applicata in concomitanza con le seguenti aggravanti:

  1. Il condannato sia recidivo nei confronti della legge (ripetuti omicidi o crimini violenti).
  2. L'omicidio sia commesso per motivi biechi e futili (cavalcavia*).[*proponiamo l'esempio dell'omicidio compiuto all'inizio del 1997 con i sassi lanciati dal cavalcavia, asserendo che, a differenza di quanto è stato detto da molti, i ragazzi che hanno compiuto un così grave crimine non si possono considerare disadattati dal momento che, in tal modo, si potrebbe trovare una giustificazione per qualsiasi crimine seguendo il principio banale che chi commette un crimine debba godere di attenuanti in quanto influenzato dal clima di emarginazione in cui è cresciuto.]
  3. L' omicidio venga commesso assieme a molestie sessuali e/o torture e/o in casi di pedofilia.
  4. Omicidio di minori.
  5. Stragi e omicidi di massa (non legati a motivi politici e/o religiosi).

Riteniamo che ovviamente prima di dare la pena di morte bisogna analizzare ogni dato che comprovi l'effettiva colpevolezza dell'imputato. E' necessario e doveroso considerare prima una effettiva possibile riabilitazione del condannato analizzando, ad esempio, la buona condotta in carcere ed il convinto pentimento.

Perchè consideriamo giusta la pena di morte:

  1. Gente capace di commettere delitti tanto atroci non ha alcun diritto di vivere.
  2. L'applicazione della pena di morte funge da prevenzione nei confronti dei cittadini.

Osserviamo inoltre che l'ergastolo, sostituto della pena di morte in moltissimi Stati, non consente assolutamente un reinserimento nella società ed è per certi aspetti più atroce della pena di morte stessa (si veda il carcere duro o l'isolamento). Nell'esaminere la questione della pena di morte non abbiamo preso in considerazione dottrine e principi inerenti a fedi religiose in quanto arbitrarie e legate alla culture di popoli diversi.

Contro

Anna Saraceno, Valeria Pedroli I D

Riflettendo sui dati relativi ai paesi in cui la pena di morte è attualmente in vigore e alle procedure con cui essa è praticata, abbiamo cosiderato la sua effettiva utilità e indispensabilità.

Come nessun uomo ha il diritto di uccidere un suo simile per qualsiasi motivo - il diritto alla vita è un principio fondamentale su cui si basa la nostra società (Cfr. sopra, in questo fascicolo: Diritti universali e differenze culturali) - così lo Stato, che agisce razionalmente, non spinto dall'emozione del momento, e in quanto garante della giustizia, non deve mettersi sullo stesso piano di chi si macchia del più orribile dei crimini: l'omicidio.

Così facendo si fornirebbe a tutti un esempio di atrocità compiuto dalla legge stessa, mentre essa è stata creata proprio per la tutela dei diritti umani e quindi per quello della vita.

Le leggi, infatti, moderatrici della condotta degli uomini e espressioni della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commetterebbero uno esse medesime e, per allontanare i cittàdini dall'assassinio, ordinerebbero un pubblico assassinio.

Inoltre questo procedimento è ingiusto, considerando che la personalità di ogni individuo è profondamente segnata dall'ambiente circostante, dagli eventi che si trova costretto ad affrontare e dagli eventuali disturbi mentali che lo affliggono.

Come può quindi la società ritenere la sua morte indispensabile pur essendo, in un certo senso, corresponsabile di ciò che egli ha compiuto?

Beccaria ha affermato che la pena di morte non è altro che "la guerra della nazione contro un cittadino, perchè giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere" (Dei delitti e delle pene, paragrafo sulla Pena di morte).

Condividiamo completamente il suo pensiero, ritendo che lo Stato debba dare la possibilità a chi ha commesso un grave delitto, pur sottoponendolo a un'adeguata punizione, di riconoscere il proprio errore, di pentirsene e di modificare il proprio atteggiamento nei confronti della realtà.

In fondo quello del perdono e della possibilità di redimersi di ogni peccatore è un principio fondamentale del messaggio evangelico, anche se la Chiesa, come abbiamo visto (Cfr. sopra: La religione e la pena di morte), pur essendosi dichiarata contraria alla pena di morte e avendo sostenuto questa sua posizione in appelli isolati, non si è mai opposta radicalmente e inflessibilmente ad essa.

Dal libro Occhio per occhio di S.Veronesi, (Mondadori, 1986), che narra di quattro esecuzioni capitali avvenute rispettivamente in Sudan, a Taiwan, in Unione Sovietica e in California, emerge l'immagne di uomini che, pur avendo commesso orribili crimini, sono allo stesso tempo vittime della società accanitasi contro di loro. Nel caso californiano, il colpevole, rimasto nel braccio della morte per vent'anni, è ormai diventato un individuo completamente diverso da quello responsabile dei delitti imputatigli. Egli nonostante ciò, pur essendo ormai diventato assolutamente inoffensivo per la società, viene mandato alla sedia elettrica, condannato prima di tutto dall'opinione pubblica all'oscuro dei disturbi cerebrali organici e dei numerosi altri disordini psichici di cui soffriva, ma largamente influenzata dai mass- media.

Crediamo che non solo la pena di morte debba essere sostituita con l'ergastolo -ritenendo, inoltre, la perdita totale e perpetua della propria libertà un elemento molto più deterrente della stessa morte- ma che l'intera società si debba adoperare per l'eliminazione alla radiceì del malessere e della disperazione che talvolta spingono gli uomini a ricorrere ad atroci delitti.

Tutto ciò può essere considerato utopistico e forse difficilmente realizzabile ma indubbiamente si possono prendere molte più iniziative di aiuto e assistenza per persone economicamente e psicologicamente deboli e, comunque, si potrebbero realizzare interventi sociali più utili che non aggiungere una morte ad un'altra nella presunzione di fare giustizia ma, in realtà, aumentando il numero delle vittime e rendendo, così, la società più violenta per tutti.

La pena di morte oltre ad essere contraria ai principi morali non si è mostrata neanche una soluzione efficace contro il crimine, come dimostrano le statistiche. Infatti si può notare che nei paesi in cui è applicata la pena di morte il numero di omicidi non diminuisce. Forse questo dovrebbe aiutarci a riflettere su quanto questa pena sia sbagliata: che senso ha infatti usare una condanna così terribile e disumana se non si hanno neanche risultati soddisfacenti? Questa domanda dovrebbero porsela i 94 Stati che ancora la applicano. Bisognerebbe affrontare il problema in altro modo: cercare di intervenire alla radice della questione. Non serve a nulla colpire i singoli uomini perchè essi sono soltanto la dimostrazione di un male ormai presente da troppo tempo nella nostra società. Ma in fondo è comodo per il nostro sistema agire così, infatti senza grande fatica si riesce a dare ai mass-media un'immagine di funzionalità dello Stato. Sarebbe necessario che si intervenisse contro l'uso della pena di morte ma, ad esempio, la Chiesa è la prima a non interessarsene. Di tanto in tanto lancia un appello in favore di qualche detenuto in attesa nel braccio della morte. Eppure il movimento cattolico dovrebbe essere più che interessato alla questione, dato che proprio il messaggio evangelico parla del perdono della possibilità di redimersi e uno dei dieci comandamenti, il quinto, afferma: "non uccidere".

Al contrario di coloro che sostengono la necessità di infliggere la pena di morte almeno quando il reo è pericoloso o quando la sua punizione può avere un ruolo esemplare per distogliere gli altri da gravi reati, siamo ormai consapevoli che questa pratica è inutile, assolutamente inefficace. Perché? L'esperienza di tutti i popoli dimostra che "l'ultimo supplizio non ha mai distolti gli uomini determinati dall'offendere la società"; infatti i criminali, prodotti della nostra società, vissuti probabilmente in condizioni precarie, non hanno assolutamente paura della morte o addirittura, distorti dalla passione o dal fanatismo o dall'ideologia, non vi pensano.

Così non è altro che un'illusione la convinzione purtroppo di molti di fare giustizia, togliendo la vita al colpevole dell'uccisione di una persona innocente, la quale non riacquista la vita. In questo modo inoltre non si dà la possibilità al colpevole di redimersi e di riconoscere il suo errore. Nè tanto meno serve da monito alla società.

Che senso ha mantenere ancora in vigore questa pena?

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