DIVERSITÀ DI CULTURE E CONQUISTE CIVILI: IL POSTO DELLA DONNA NELLA SOCIETÀ ISLAMICA
INDICE DELLA SEZIONE |
Introduzione generale: Poligamia, Harem, La questione del velo |
IL CORANO E LE SUE DIFFERENTI INTERPRETAZIONI |
LA CONDIZIONE DELLA DONNA FRA GLI EMIGRATI: Il lavoro - La riproduzione del modello patriarcale - Le strutture sanitarie |
LE MUTILAZIONI SESSUALI: Le pratiche - Le motivazioni - Le età della pratica - La legislazione nei paesi occidentali - Le proposte legislative nei paesi africani - Le prospettive nei paesi africani - Situazione nei paesi occidentali - Alcuni dati statistici |
CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA POPOLAZIONE E LO SVILUPPO: Benazir Bhutto - Gro Harlem Brundtland |
PECHINO: QUARTA CONFERENZA MONDIALE SULLE DONNE: Benazir Bhutto - Gro Harlem Brundtland |
BIBLIOGRAFIA |
Non è facile definire la posizione che la donna islamica assume ed ha assunto nel corso dei secoli all'interno della società. In questa sede ci limiteremo ad analizzare quali siano le posizioni a riguardo assunte dalle diverse correnti religiose oggi e nel passato. Infatti il Corano viene interpretato in molti suoi passi in modo differente dai modernisti, dai tradizionalisti e dai fondamentalisti. Le più importanti correnti religiose nel mondo islamico sono quella sciita e quella sunnita. La differenza fondamentale fra questi due gruppi è che i sunniti ritengono errore ogni tipo di innovazione non presente nella sharia (ovvero, letteralmente, nella "via", cioè nella direzione indicata dalla rivelazione), mentre gli sciiti sono aperti a determinate bid'a (innovazione). Non tutti i paesi islamici sono conformi alla stessa corrente di pensiero, quindi la condizione della donna varia da paese a paese inoltre varia anche dalla posizione sociale e dall'ambiente in cui la donna vive. Bisogna anche considerare che spesso nelle popolazioni prevalgono le tradizioni popolari che in molti casi sono più antiche della formazione dell'Islam. L'Islam ha influito sulla posizione femminile ma non è stato l'unica causa di una società androcratica. Per quanto riguarda le differenze fra i modernisti e i tradizionalisti ci limiteremo a darne una visione di massima. I tradizionalisti, come afferma il loro nome, tendono ad affidarsi agli hadith (tradizioni) stabiliti anche dai fuquaha (giureconsulti medioevali). I modernisti invece molto spesso ignorano totalmente le tradizioni e cercano di analizzare il Corano nel suo "spirito". I tradizionalisti invece come i fondamentalisti, lo interpretano alla lettera
Poligamia
E' difficile stabilire se il Corano in sé abbia favorito la posizione della
donna rispetto a quella presente nella società pre-islamica. I modernisti sostengono che
sia così, ma bisogna considerare che al Corano sono state aggiunti hadith che non
giovavano alla donna e che i modernisti vogliono eliminare dalla sharia pur
conservando la sharia in sé. I modernisti sono accusati di voler sradicare la
donna dalle sue radici e occidentalizzare la sua cultura. Molte frasi del Corano vengono
interpretate e usate come fa comodo alle diverse parti. I tradizionalisti sostengono che
in alcune frasi del Corano è chiaro che la donna debba restare reclusa, mentre i
modernisti sostengo che questo valga solo per le donne del profeta. Ci sono poi molti
passi che parlano di poligamia:
"Se temete di non essere equi con gli orfani, sposate allora di fra le donne che
vi piacciono due o tre o quattro, e se temete di non essere giusti con loro, una sola, o
le ancelle in vostro possesso, questo sarà più atto a non farvi deviare". I
tradizionalisti sono per la poligamia, e sostengono che, quando il Corano dice "se
temete di non essere giusti", vorrebbe solo dare un avvertimento morale. Inoltre
secondo loro l'uomo ha bisogno di avere più mogli per il suo desidero sessuale che è
biologico e quindi inevitabile. I modernisti invece a tale proposito sostengono che la
poligamia nel verso 129 sia addirittura vietata:
"Anche se lo desiderate non potete agire con equità con le vostre mogli".
Harem
Quando in Occidente si parla di harem si intende una soluzione in cui un
uomo vive more uxorio con tante donne contemporaneamente. In realtà esistono due tipi di harem:
quello imperiale e quello domestico. In quest'ultimo vive una famiglia allargata, senza
schiavi, spesso con coppie monogamiche, dove comunque sopravvive l'usanza della reclusione
femminile. L'harem imperiale esisteva al tempo degli Ottomani. Situato in un enorme
e sontuoso palazzo, comprendeva molte donne elegantemente vestite e circondate da schiave
ed eunuchi. Harem significa sacro, e pertanto indica un luogo delimitato e proibito
agli estranei. Un harem poligamico può essere in città come in aperta campagna,
dove non esistono reali confini. Le donne qui possono andare liberamente in giro per i
prati, ma se passa di lì un uomo egli deve abbassare lo sguardo perché sa che quelle
donne appartengono a un altro uomo. Per quanto riguarda il matrimonio e il divorzio il fiqh
dice che questo può avvenire per volere del marito o di entrambi. Esistono alcuni casi in
cui è la sola donna che può chiedere il divorzio ma non sono all'ordine del giorno. Si
tratta di casi particolari che variano da paese a paese e da scuola a scuola: per esempio
secondo i Malikiti la donna ha il diritto di chiedere il divorzio se il marito non adempie
ai suoi doveri matrimoniali. Per alcuni giuristi la donna può divorziare solo se nel
contratto matrimoniale il marito ha dichiarato che la moglie avrebbe potuto farlo in
qualunque momento nel caso lui non avesse adempiuto ai patti stipulati. In materia
successoria non risulta chiaro ciò che la donna deve fare. Gli sciiti le riconoscono una
posizione più favorevole di quella che le assegnano i sunniti. In questo ambito il Corano
ha giovato molto alle donne, poiché nel periodo pre-islamico, il diritto successorio
spettavo solo ai 'asaba (parenti maschi di linea maschile). Sembra però abbastanza
chiaro che nel Corano si dice che la donna può avere la metà dell'eredità rispetto ad
un uomo. Anche in materia penale il fiqh equipara la donna a metà dell'uomo
(l'uccisione o il ferimento di una donna comporta una sanzione pecuniaria che è pari a
metà rispetto a quella di un uomo). D'altra parte i modernisti sostengono che nel Corano
questo non è specificato. Il fiqh e i tradizionalisti sostengono che le donne non
possono ricoprire cariche politiche, mentre i modernisti ribattono che le fonti di questa
notizia non sono abbastanza attendibili.
La
questione del velo
Per quanto riguarda il velo, che la donna dovrebbe indossare, una frase del Corano dice:
"E di' alle credenti che non mostrino troppo le loro parti belle, eccetto quel che
di fuori appare, e si coprano i seni d'un velo e non mostrino le loro parti belle altro
che ai loro mariti, o ai loro padri, o ai loro suoceri, o ai loro figli, o ai figli dei
loro mariti, o ai loro fratelli, o ai figli dei loro fratelli, o ai figli delle loro
sorelle, o alle loro donne, o alee loro schiave, o ai loro maschi privi di genitali, o ai
fanciulli che non notano le nudità delle donne."
I modernisti sostengono che questo ordine vale solo per le mogli del profeta mentre
secondo i tradizionalisti è valido per tutte le donne. I modernisti inoltre sostengono
che da questa e da altre frasi non si capisce se le donne si debbano coprire anche il
viso. E' anche vero però che oggi lo chador per alcune donne è diventato più che
altro un simbolo di riconoscimento nei confronti dell'Occidente. Negli anni '50-'70, c'è
stata una grossa influenza da parte dei modernisti che hanno fatto in modo che molti hadith
fossero cambiati. Alcuni paesi come l'Albania, paesi dell'Asia centrale e la Turchia,
hanno cambiato del tutto il diritto islamico. Nei paesi dove è avvenuta questa riforma,
alcuni cambiamenti positivi sono stati ottenuti e, per esempio, il tasso di analfabetismo
della donna è diminuito parecchio. Secondo le statistiche i paesi in cui c'è il maggior
tasso di analfabetismo, sono paesi rurali dove la donna non viene a conoscenza dei suoi
diritti e così la cultura rimane chiusa e tradizionalista. In Giordania fu dichiarato
lecito il rifiuta alla poligamia (1951). Anche in Siria nel '53 furono poste drastiche
limitazioni alla poligamia. La Tunisia riuscì perfino a vietarla. Negli ultimi vent'anni
c'è stata invece una grossa ripresa del tradizionalismo islamico. Durante questo periodo
i fondamentalisti hanno cercato di ristabilire tutte quelle tradizioni che con fatica
erano state superate. Secondo loro l'emancipazione femminile è una sconfitta nei
confronti dell'Occidente. Risulta chiaro che la situazione della donna nell'Islam è
difficile da definire. Ogni paese ha le sue leggi e ogni gruppo religioso sostiene cose
completamente differenti dall'altro. E' molto difficile riuscire ad arrivare a un accordo
perché ognuno interpreta il Corano in maniera diversa ed effettivamente alcune frasi
risultano alquanto ambigue. Sta di fatto che pochi hanno il coraggio di sostenere qualcosa
che non sia in accordo con le affermazioni del Corano, e chi lo fa corre il rischio di
passare come sovversivo e anti-islamico.
IL CORANO E LE SUE DIFFERENTI INTERPRETAZIONI
Spesso, parlando della condizione femminile, le donne musulmane
rivendicano i diritti garantiti loro dal Corano; ricercano alle origini della propria
religione la possibilità di difendersi come donne, individuano nel libro sacro i passi
che suonano a conferma delle loro posizioni e ne scartano altri senza farsi troppi
problemi. Così fanno, d'altronde, anche i loro avversari. Fatima Mernissi si batte da
tempo per il riconoscimento dei diritti delle donne e nel suo libro, La donna e l'Islam,
parte dall'età di Maometto e ricerca tutto ciò che può difendere le sue posizioni.
Così, da sempre, si svolge la lotta per interpretare a proprio piacimento le fonti. Ciò
che si rivela nel libro della Mernissi é solo uno dei vari esempi di come possa essere
interpretata una religione in modo propagandistico-islamico e di come si cerchi di
strumentalizzarla. L'Islam avrebbe per primo assegnato alle donne il diritto al
mantenimento dei figli e a quello dell'eredità e al divorzio, (mentre in Occidente tali
concessioni risalgono a tempi relativamente recenti). Non sarebbe l'Islam la causa
dell'arretratezza femminile ("laddove ci siano ostacoli alla donna li elimina"),
ma tutto é imputato alle tradizioni maschili di origine tribale o culturale, che negano i
diritti delle donne. L'Islam, al contrario, avrebbe posto fine a pratiche atroci e
sottolineato l'importanza della famiglia, della società e della comunità, inoltre
avrebbe conferito alla donna il massimo del rispetto, come moglie, figlia, lavoratrice. Il
Corano sembrerebbe non imporre l'uso del velo nè affermare l'obbligo di rimanere in casa.
In generale, sembra che, risalendo alle origini del mondo musulmano, donne e uomini non
avessero vite separate Anzi la guerra non guardava alle donne come sabaya
(prigioniere di guerra), ma come compagne d'armi. Così c'è chi ,come l'autrice del
libro, si scaglia contro quelli che hanno "distorto" l'eredità di Maometto e
contro i libri che presentano titoli come I benefici della donna che opta per il
focolare o Argomentazioni per provare che la donna non deve vedere l'uomo.
Mernissi attacca gli aspetti indiscutibilmente misogini, da cui risulta un'ossessiva
attenzione a nascondere il corpo femminile ("la necessità di velare viso e mani
durante la preghiera" o "la preghiera non vale quando i suoi capelli
vengono scoperti?") e come critica il fatto che oggi una donna, per fare haji
(pellegrinaggio alla Mecca), debba dimostrare di essere libera, capace di ragionare e
accompagnata da un uomo. Fatima Mernissi riporta le parole di Maometto: "O voi che
credete, non entrate negli appartamenti del profeta" e afferma che in questo modo
si introdurrebbe una rottura spaziale che è stata arbitrariamente orientata verso la
segregazione dei sessi. Diversamente si esprime Mohammed Arafa quando dice che la donna
non avrebbe mai avuto un ruolo nell'Islam, neppure nella storia politica:
"all'inizio dell'Islam la donna musulmana non svolse alcun ruolo negli affari
pubblici, nonostante tutti i diritti, che esso le aveva concesso, fossero spesso simili a
quelli accordati agli uomini. Nella riunione della Saqufat Bani, in cui, dopo la morte del
profeta, i discepoli si consultarono per designare il successore, non si fa alcuna
menzione di una partecipazione femminile. L'intera storia dell'Islam ne ignora la
partecipazione a fianco degli uomini, nella guida dello Stato."
L'autrice gli rimprovera di non aver considerato il ruolo di Aisha, moglie del
Profeta, che sembrerebbe essergli sempre stata a fianco nelle guerre e nella conduzione
degli affari di Stato: dopo la prima rivelazione, Maometto andò a rifugiarsi impaurito
tra le braccia di sua moglie e non sembrò mai nascondere l'importanza della sfera
sessuale e affettiva. Un altro hadith è da tempo occasione di scontri decisi
perché vi si afferma:"Mai conoscerà la prosperità il popolo che affida i suoi
interessi ad una donna". Alcuni lo hanno preso come evidentissimo segno della
volontà islamica dell'esclusione della donna dal potere decisionale, ma vi erano anche
altri che lo ritennero infondato e poco convincente. Tabari figura fra le autorità
religiose che hanno assunto una posizione a favore dell'interpretazione femminile,
consigliando di raddoppiare la vigilanza di fronte a chi si appoggia al testo sacro per
affermare la propria verità politica. Così anche la questione dell'eredità diventa
luogo di comode interpretazioni e trattabile attraverso hadith come questo: "rimettete
agli uomini una parte di ciò che i genitori hanno lasciato loro, e rimettete alle donne
ciò che i genitori hanno lasciato, poco o molto che sia". Secondo Mernissi,
questo ebbe l'effetto di una bomba tra le comunità di Medina, come se si fosse aperto un
conflitto diretto con Dio. Da allora si sarebbe cominciato a far passare sotto silenzio
ciò che nel testo religioso legittima il diritto femminile. Alcune donne cercheranno di
resistere, rifiutando il velo e rivendicando il diritto di uscire di casa barza (senza
velo): una donna barza é "colei che non nasconde il suo volto e non china la
testa, che si mostra alla gente riceve a casa propria" (dal dizionario). La più
celebre di queste donne fu probabilmente Sakina, una delle pronipoti del Profeta, che nei
contratti di matrimonio stabiliva l'inesistenza della obbedienza obbligatoria al marito. E
che cosa dire poi quando, di fronte ad un hadith, in cui si dice che i sufaha
dovevano essere esclusi dal diritto all'eredità, due poli opposti si scontrarono sul
significato lessicale di sufaha (donne o stolti)? Perciò, se alcuni, nell'Islam
ufficiale moderno, vogliono imporre l'equazione casa-Mecca affermando che essa è
rintracciabile nella cultura dei tempi di Maometto, ci sarà subito chi ribatterà
sostenendo l'infondatezza delle prove. E' infatti chiaro che, nell'ambito della questione
femminile, c'è ampia possibilità di sostenere le proprie idee facendo ricorso alla
religione in due modi esattamente antitetici e soggettivamente rivisitati.
LA CONDIZIONE DELLA DONNA FRA GLI EMIGRATI
La donna nell'emigrazione vive un'esperienza diversa da quella maschile. Benché uomini e donne vivano nell'emigrazione alcune difficoltà comuni (l'alloggio, il lavoro, l'impatto con una cultura e una società diverse), la donna che decide di espatriare per cercare lavoro all'estero o per qualunque altra necessità o scelta incontra anche problemi specifici.
Il lavoro
Coloro che emigrano in un paese straniero si indebitano per poter affrontare il viaggio e
hanno bisogno di lavorare per saldare i propri debiti oltre che, naturalmente, per potersi
mantenere. Le donne, inoltre, spesso lasciano nel loro paese d'origine la famiglia, di cui
sentono la mancanza più acutamente degli uomini. Hanno un diverso modo di valutare il
tempo, soprattutto le africane, hanno un ritmo di vita e di lavoro differente, quindi
anche un modo diverso di lavorare. Per quel che concerne il lavoro le donne immigrate
trovano per lo più impiego come colf presso case private o strutture pubbliche o, in casi
più rari, come impiegate in altre attività del settore terziario (come guardarobiere,
bariste, addette alle pulizie, commesse, cuoche o cameriere in locali pubblici).
L'alternativa possibile a queste mansioni è per lo più un posto in qualche locale
notturno, ma c'è anche una quota considerevole di donne immigrate che viene avviata alla
prostituzione. L'età media delle donne immigrate è tra i 25 e i 39 anni, con qualche
anno in più rispetto agli uomini, in quanto la donna del terzo mondo è impegnata in
giovane età nel matrimonio e nella crescita dei figli più piccoli.
La riproduzione del modello
patriarcale
Le donne immigrate soprattutto dai paesi africani, hanno maggiori difficoltà degli uomini
ad integrarsi perché, oltre alla diversità dovuta al fatto di essere straniere, vivono
una loro specifica diversità in quanto donne. Inoltre, e ciò è dovuto soprattutto alla
mentalità del loro paese di provenienza che è in genere discriminante nei confronti
delle donne, le donne fanno una maggior fatica ad entrare in contatto con la realtà del
paese ospitante: hanno, solitamente, una minore conoscenza della lingua, delle strutture
sanitarie, dell'assistenza sociale e delle culture del paese. Un altro elemento che incide
negativamente sulle possibilità di inserimento è la presenza di mariti o di parenti
maschi che limitano fortemente la capacità d'iniziativa delle emigrate e tendono a
riprodurre le condizioni di subalternità delle donne nei paesi d'origine. Nel caso delle
immigrate senza lavoro, disoccupate o casalinghe, che dipendono dal permesso di soggiorno
del marito e non hanno diritto a esistere come soggetti autonomi, il contatto con la
realtà diviene ancora più difficoltoso per la condizione di totale isolamento in cui
vivono. Anche la carente scolarità di molte immigrate, specialmente africane e arabe,
ostacola l'inserimento in una società che presuppone un certo grado di cultura anche per
le mansioni più elementari e viene regolata da una molteplicità di norme che sono
complicate e difficili anche per alcune fasce della popolazione italiana. La non
conoscenza della lingua viene per esempio scontata nel rapporto con le strutture
pubbliche. Le donne cercano di non frequentarle o, se costrette, si fanno accompagnare dai
figli più grandi, da amici o parenti, in qualità d'interpreti. Ciò ne riduce
l'autosufficienza e l'autonomia nella vita di relazione.
Le strutture sanitarie
Anche il rapporto con le strutture sanitarie è spesso drammatico. Alla difficoltà di
farsi comprendere tramite interpreti occasionali si aggiungono comprensibili problemi di
pudore. Ciò dà luogo a fraintendimenti, con spiacevoli conseguenze, anche in strutture
attente alle problematiche femminili, come i consultori. Il desiderio legittimo di molte
immigrate di stringere delle amicizie o dei rapporti che le aiutino a capire la realtà
italiana e a superare la lontananza del proprio paese d'origine, le conduce spesso ad
affrontare il rischio di situazioni sgradevoli. L'alternativa consiste nel rifugiarsi nel
gruppo nazionale, limitando a questo i propri rapporti sociali, anche se ciò comporta un
rigido controllo e l'estraneità alla realtà circostante. Ma i problemi di incontro delle
donne non si fermano qui: esistono infatti questioni legate alle differenze culturali e
tradizionali del paese d'origine e del paese ospitante, che generano problemi nuovi. A
questo proposito prendiamo in esame il tema delle mutilazioni sessuali.
LE MUTILAZIONI SESSUALI
Le statistiche recenti stabiliscono che circa 100 milioni di donne (ma secondo alcune stime 114 milioni) hanno subito una mutilazione del proprio sesso e la pratica continua a essere diffusa con una media di 2 milioni l'anno. La pratica è diffusa soprattutto nell'Africa sub-sahariana, dalla Mauritania alla Zambia fino alla Somalia, all'Eritrea e al Kenya (dall'Atlantico al Mar Rosso, dall'Oceano Indiano al Mediterraneo Orientale). Al di fuori del territorio africano le recisioni sono praticate anche in Asia. Yemen del Sud e negli Emirati Arabi Uniti. Inoltre la circoncisione è praticata anche dalle popolazioni musulmane dell'Indonesia e della Malesia e dai musulmani Bhora in India e in Pakistan. Possiamo notare che non si tratta di una zona omogenea dal punto di vista religioso e infatti questo tipo di pratiche non sono proprie di una particolare tradizione religiosa, come spesso erroneamente si pensa, ma si possono incontrare in popolazioni di fede musulmana, cattolica, protestante, copta e animista. La pratica si ritiene d'origine fenicia (ma secondo altri egiziana) e usata anche da romani.
Le pratiche:
Si possono distinguere diversi tipi di mutilazioni genitale:1) Circoncisione, o sunna
(la parola nell'Islam significa "tradizione"), che consiste nel taglio del
prepuzio o cappuccio della clitoride.
2) Recisione o escissione, cioè taglio della clitoride e di tutte o parte
delle piccole labbra.
3) Infibulazione o circoncisione faraonica, che consiste nella asportazione
della clitoride, delle piccole labbra e almeno dei 2/3 anteriore e spesso della intera
sezione mediale delle grandi labbra. I due lobi della vulva vengono poi attaccati insieme
con filo di sutura in seta o spine, affinché la parte risulti una superficie liscia e
impermeabile, occludendo così l'accesso vaginale, eccettuata una piccolissima apertura,
garantita dall'inserimento di sottili pezzetti di legno o da una cannuccia di giunco che
consente il passaggio di urina e sangue mestruale.
I rischi per la salute e le complicazioni a seguito di tali interventi dipendono dalla
gravità della mutilazione, dalle condizioni igieniche in cui è avvenuta l'operazione,
dall'abilità e dalla capacità dell'operatrice e dalla resistenza opposta dalla bambina.
In ogni caso, immediate o la lungo termine, le complicazioni sono serie.
Complicazioni a breve termine:
a) Emorragia per la recisione dell'arteria vulvare o dell'arteria dorsale del clitoride.
b) Shock postoperatorio (la morte piò essere evitata solo con trasfusioni di sangue e
rianimazione d'urgenza).
c) Taglio accidentale di altri organi: per es. utero, vescica.
d) Tetano (spesso letale) e setticemia (dovuti per lo più alla poca igiene degli attrezzi
usati).
Complicazioni a lungo termine:
a) Infezioni croniche dell'utero e della vagina.
b) Cicatrici cheloidi sulla ferita vulvare di dimensioni tali da impedire la
deambulazione.
c) Crescita di cisti dermoidi.
d) Formazione di fistole e prolassi (dovute all'ostruzione durante il parto) che causano
incontinenza.
e) Dismenorrea, dovuta al fatto che il sangue mestruale non può fuoriuscire liberamente.
f) Sviluppo di un neuroma nel punto di sezione del nervo dorsale del clitoride.
g) Ascessi vulvari.
h) Dispaurenia, ossia forti dolori durante i rapporti sessuali.
i) Sterilità dovuta alle infezioni croniche delle vie urogenitali.
l) Danni a seguito o durante il parto: eccessive perdite di sangue, rischio di
soffocamento e danni neurologici al bambino.
m) Trasmissione HIV: i danni provocati sull'organo genitale femminile rendono più elevato
il rischi di contagio del virus dell'AIDS.
Le motivazioni
Le ragioni fornite sul motivo per cui vengono praticate tali operazioni sono stupefacenti,
spesso contraddittorie e comunque contrarie a fattori biologici. Possono definirsi di tipo
psicosessuale, psicosociale e psicoreligioso. Analizziamo ora le tre tipologie
separatamente.
Motivazioni psicosessuali
A) Ragioni legate a credenze: in alcune zone, specialmente in Etiopia e Somalia, la gente
crede che se i genitali femminili non vengono recisi, assumeranno una forma anatomica
simile a quella dell'uomo. In altre zone è radicata la convinzione che ambedue i sessi,
maschile e femminile, convivano nella stessa persona al momento della nascita. La
clitoride rappresenta l'elemento mascolino di una ragazza e il prepuzio quello femminile
di un ragazzo. Ambedue devono essere recisi per definire inequivocabilmente il sesso di
una persona. Una leggenda narra che un tempo una donna di nome Araweelo regnava sulla
Somalia: per mantenere il suo impero castrava tutti i maschi: in questo modo credeva che
l'uomo non avrebbe insidiato il suo dominio. Secondo la leggenda Araweelo fu uccisa
dall'unico bambino che lei stessa aveva voluto sottrarre alla castrazione . E da allora i
maschi per vendicarsi, iniziarono a mutilare le donne.
B) Ragioni "etiche": molto spesso la ragione fornita è quella di attenuare il
desiderio sessuale. La clitoride è infatti il punto focale di tale desiderio e la
recisione viene ritenuta come protettiva contro l'ipersessualità femminile, salvando la
donna dalle tentazioni, dal dubbio e dalla "perdizione", favorendo la castità.
Motivazioni psicosociali
In tutte le regioni dove tale pratica viene eseguita la verginità femminile è un
indispensabile requisito per il matrimonio e le relazioni sessuali extraconiugali sono
bandite dalla legge stessa. In tali zone, quindi, una donna non recisa (ma non infibulata,
in Somalia) viene ridicolizzata, considerata indegna e spesso cacciata dalla comunità o,
se vi rimane, non ha praticamente alcuna possibilità di matrimonio.
Motivazioni psicoreligiose
Viene spesso citato dai racconti popolari il nome del profeta Maometto come colui che
avrebbe ordinato di ridurre la clitoride, ma non di distruggerla. Un comandamento di
questo tipo non può ritenersi autentico in base ad alcuna fonte affidabile e tuttavia,
anche se non vi è nessun precetto religioso che imponga l'infibulazione, nella
maggioranza dei paesi musulmani si crede che le donne non escisse siano religiosamente
"impure" (najasa).
Le età della pratica
L'età in cui si effettuano le mutilazioni varia da zona a zona e tale pratica viene
attuata anche dove è prevista contro di essa una specifica legislazione. L'età varia dai
pochi giorni di vita (come avviene ad esempio presso il gruppo ebreo dei falaslia
in Etiopia e i nomadi in Sudan), fino a circa sette anni (come avviene in Egitto e in
diverse nazioni dell'Africa centrale) o fino all'adolescenza (tra gli Ibo della Nigeria,
ad esempio). Le operazioni vengono praticate da donne che si tramandano questa pratica di
generazione in generazione. Secondo una ricerca le "maestre" della circoncisione
sono in maggioranza semi o del tutto analfabete, non prendono quasi mai precauzioni
antisettiche prima di compiere le operazioni e sono consapevoli dello scempio che
compiono. Ottengono in cambio di questo genere di servizi un compenso modesto. Godono di
un grande prestigio: ricevono in dono cibo, stoffe e sono circondate da grande rispetto.
La circoncisione e l'infibulazione sono nella grande maggioranza dei casi imposte alla
figlia, o a qualsiasi membro femminile della famiglia dalle donne stesse (madri, nonne,
zie, sorelle) più che dagli uomini, come un dato normale e inevitabile della vita
comunitaria. Opporsi a tutto ciò nella società di origine vuol dire perdere l'onore
della propria famiglia, essere esclusi dal clan di appartenenza o dal villaggio di
residenza o essere derisi e ridicolizzati. Nella vita di una donna, la mutilazione
sessuale costituisce un marchio, una ferita psicologica dalla quale molte non riescono a
riaversi mai più. Si sentono profondamente umiliate; il rapporto con l'uomo viene
percepito esclusivamente attraverso il dolore. Il minimo che può succedere, se non c'è
dolore, è la mancata o ritardata risposta agli stimoli sessuali, insoddisfazione,
mancanza di gratificazione, infelicità. Questo produce e solidifica una sorta di
reciproco muto antagonismo tra i sessi.
Le donne che subiscono una mutilazione sessuale si dividono, comunque, in due categorie:
1) quelle che accettano le dolorose conseguenze delle mutilazioni come un prezzo da pagare
alla conservazione della propria integrità culturale; 2) quelle che si sono sentite
obbligate a qualcosa che non possono proprio accettare. Le prime vanno incontro ad un
sacco di guai fisici: l'83% delle circoncise avrebbe bisogno di continuate cure. Le
seconde devono affrontare anche seri problemi mentali. L'inizio della vita sessuale è
traumatico: le donne infibulate vengono tagliate, quanto va bene, con un coltello,
altrimenti con un coccio o un pezzo di vetro: quello che le aspetta è penetrazione
dolorosa e frigidità certa. Oggi questo problema non è limitato ai paesi africani ma si
va estendendo anche in alcuni paesi europei. Il consistente flusso migratorio dall'Africa
all'Europa ha infatti portato alla creazione nei paesi europei di gruppi etnici africani
omogenei che tendono a ricostruire le regole sociali che hanno lasciato in Africa. Molte
delle donne immigrate e viventi in Europa sono infibulate e alcune, dopo il parto,
chiedono di essere reinfibulate. Altre fanno venire appositamente dal loro paese d'origine
una donna esperta in pratiche tradizionali, perché infibuli la propria figlia, o
addirittura fanno una vacanza nel loro paese con lo scopo di infibularle. L'Occidente di
fronte a queste pratiche ha sempre cercato di chiudere un occhio o comunque di non
divulgare troppe informazioni. Di fronte ad un riscontro diretto con queste pratiche e
invitato a prendere posizione, l'Occidente mostra spesso un'ipocrita tolleranza in nome
del rispetto delle diversità culturali. E' opportuno però evitare le generalizzazioni e
vedere nei particolari le varie posizioni.
Proposte legislative nei
paesi occidentali
Una legge che proibisce la mutilazione femminile, indipendentemente dal fatto che la donna
che deve subirla, sia consenziente o meno, entrò in vigore in Svezia nel luglio 1982,
comminando una pena di due anni a che continuasse a praticarla. In Norvegia, nel 1985,
tutti gli ospedali furono messi in allerta riguardo a tale pratica. Il Belgio si è
associato nella messa al bando di tale pratica. Molti stati degli USA hanno incluso nel
proprio codice penale la condanna della mutilazione genitale femminile. Nel Regno Unito
una legislazione specifica che proibisce la circoncisione femminile entrò in vigore nel
1985, una persona ritenuta colpevole di tale reato rischia fino a 5 anni di prigione. Le
mutilazioni genitali femminili sono state inserite nella legislazione per la protezione
dell'infanzia a livello di autorità locali. A tutt'oggi nessuno è stato processato dai
tribunali inglesi per questo tipo di reato ma dal 1989 vi sono stati almeno sette
interventi di autorità locali per evitare che i genitori facessero mutilare le loro
figlie o le loro ancelle. La Francia non possiede una legislazione specifica riguardo alle
mutilazioni sessuali femminili ma in base all'art. 312-3 del codice penale francese la
mutilazione genitale femminile può essere considerata come un'azione criminale. In base a
questo articolo, chiunque faccia violenza o aggredisca un minore di 13 anni può essere
punito con la carcerazione che varia da un minimo di 10 ad un massimo di 20 anni, se tale
violenza ha come conseguenza la mutilazione, l'amputazione di un arto, la perdita di un
occhio o di altre parti del corpo o se tale atto di violenza abbia causato
preterintenzionalmente la morte del minore.
1989: prima conferenza europea: Nel 1989 Forward, una ONG
(organizzazione non governativa) inglese organizzò la "prima conferenza nazionale
sulla mutilazione genitale femminile". Alla conferenza parteciparono oltre 150 tra
operatori sanitari e sociali, insegnanti e rappresentanze di molte comunità di minoranze
etniche comprese comunità che praticano la mutilazione genitale femminile. La conferenza
provocò una accalorata discussione e concluse che la mutilazione genitale costituisce un
abuso fisico sul bambino/a.
Nel 1989 la sottocommissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani stabilì che fossero
intraprese due missioni di sensibilizzazione nelle nazioni dove era prevalente l'uso delle
pratiche tradizionali mutilanti con lo scopo di discutere con membri del governo,
associazioni nazionali femminili e con membri delle agenzie internazionali per lo sviluppo
al fine di ottenere reali informazioni sulle varie misure prese o previste per la veloce
abolizione delle mutilazioni sessuali. Per ottenere l'abolizione di tali pratiche si
richiedono cambiamenti culturali del modo in cui la società recepisce i diritto delle
donne.
Il punto di partenza per il cambiamento deve essere quello di programmi educativi che
aiutino le donne a rendersi conto in prima persona dei loro diritti. E' qui che l'UNESCO,
il Centro per i Diritti Umani delle Nazioni Unite e gli altri organismi internazionali
possono dare un aiuto, sostenendo programmi mirati alla presa di coscienza delle donne.
In Italia: In Italia non esistono specifiche leggi in proposito, tuttavia l'art. 32 della Costituzione Italiana afferma che: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse delle collettività.", "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". L'art. 5 del Codice civile vieta "gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico e al buon costume".
Proposte legislative dei paesi africani
Sudan e Corno d'Africa: E' nel Sudan del Nord, Somalia, Djibuti, che si è riscontrata la più alta percentuale di donne che sono state sottoposte ad infibulazione. In questi paesi quasi tutte le donne hanno subito l'infibulazione ed è proprio in questi paesi che sono stati fatti i principali sforzi per eliminare tale pratica, anche se ancora c'è molto da fare. In Sudan. dal 1988 esiste il Comitato sudanese per l'eradicazione delle pratiche tradizionali della mutilazione femminile che tenta una campagna di informazione di massa. In Somalia, nel 1987 l'Organizzazione Democratica delle Donne Somale (SWDO), l'ala femminista del partito allora al governo e l'Associazione italiana per la donna e lo sviluppo (AIDOS) iniziarono un progetto con due obiettivi: - lanciare e sostenere una campagna per l'abolizione dell'infibulazione; - rafforzare e sostenere le strutture dell'SWDO nel condurre la sopra menzionata campagna. Verso la fine del 1991, la Somalia era in tumulto dilaniata da conflitti di clan e dall'anarchia, sebbene fosse stata creata una indipendente e relativamente stabile amministrazione nel nord del paese. La base tecnica derivante dal progetto SWDO-AIDOS fu distrutta, da allora niente è stato più fatto per impedire la mutilazione genitale in Somalia.
Egitto: Nell'ottobre 1982 fu iniziato un programma da svilupparsi in tre anni per rendere effettive le risoluzioni approvate nel precedente seminario del 1979, finanziato dal Comitato d'emergenza per la Popolazione e dall'Associazione per la Pianificazione familiare del Cairo che prevedeva produzione di materiale informativo e la pratica al suo uso da parte di medici, infermieri, levatrici, assistenti sociali e gruppi di lavoro. Un comitato nazionale formato da 12 membri venne istituito al fine di combattere la pratica della circoncisione femminile. Dal 1985, esso ha intrapreso una campagna di educazione pubblica con maggior riguardo per i reparti ospedalieri di maternità e pediatria e per i centri di pianificazione familiare, con istruttori a livello paramedico e sociale. Il Comitato Nazionale ritiene che solo la proibizione per legge avrà effetto determinante e porterà ad una riduzione del fenomeno.
Kenya: E' attivo il Consiglio Nazionale delle Donne del Kenya per combattere la mutilazione femminile in Kenya che si è appellato a vari organismi, compreso il Consiglio Internazionale della Donna, l'UNICEF, l'OMS per favorire le ricerche sull'argomento per mezzo della quale il Consiglio avrebbe potuto ottenere il sostegno del governo al fine di scoraggiare (se non addirittura vietare) tali pratiche.
Le prospettive nei
paesi africani
L'abolizione della mutilazione genitale femminile è una responsabilità propria dei
singoli governi e richiede una volontà politica per ora assente. Mentre le organizzazioni
volontarie possono giocare un ruolo importante, solo il governo può agire in modo più
profondo e duraturo oltre che diffuso a tutto il territorio. E' necessaria una
legislazione contro la pratica della mutilazione genitale femminile ma essa può operare
effettivamente soltanto con lo sviluppo di un sistema parallelo di protezione del
fanciullo in generale al fine di educarlo contro la pratica facendo sì che muti
profondamente la cultura di tutta la popolazione. Nelle aree in cui la mutilazione
genitale femminile ha luogo con la preparazione di un insieme di cerimonie di iniziazione,
il governo dovrà stabilire procedure per una tempestiva azione preventiva di tali
cerimonie e procedure educative e talvolta repressive verso queste comunità al fine di
dissuaderle dal continuare la pratica della mutilazione delle giovani ragazze come parte
integrante di tali cerimonie. Ospedali pubblici, cliniche e centri medici non dovranno
praticare nessun tipo di mutilazione genitale femminile. Occorrerà un controllo e
un'azione repressiva degli operatori tradizionali conoscenti per assicurare che la pratica
non venga perpetuata. Programmi educativi dovranno essere concentrati sulla comunità e
dovranno essere usati appropriati mezzi didattici e informativi per formulare un rigoroso
e univoco messaggio contro la pratica.L'educazione contro la mutilazione genitale dovrebbe
essere obbligatoria per medici, infermieri, amministratori della sanità, insegnanti.
Tutti i professionisti del campo sanitario dovrebbero partecipare a corsi di aggiornamento
specifico sulla mutilazione genitale femminile e sulle conseguenze, dovrà essere fatta
una intensiva educazione contro le pratiche, nelle scuole, nei programmi di preparazione
per insegnanti, un'azione di massa che raggiunga tutti i livelli sociali.Particolare
attenzione dovrà essere rivolta alle necessità ginecologiche e psicosessuali di quelle
donne che hanno già subito l'operazione, per permettere loro di trovare una nuova
identità al di fuori del contesto della mutilazione superando il trauma di questa
esperienza e per aiutarle ad interrompere il ciclo generazionale che mantiene in vita
questa odiosa pratica. Dovrà essere attuato un programma educativo sui diritti umani
della donna e del bambino, usando mezzi quali programmi di alfabetizzazione, educazione
sessuale, radio, TV, circoli femminili, etc. rendendo consapevoli le donne dei loro
diritti e della loro sessualità, cogliendo l'occasione per una campagna che informi anche
sulla contraccezione, pianificazione familiare e prevenzione delle malattie sessualmente
trasmesse e prevenzione oncologica.
La situazione nei paesi
occidentali
La mutilazione genitale deve essere riconosciuta come un abuso fisico sul bambino/a e deve
essere respinta come una dannosa pratica culturale. Vi è la necessità di una chiara e
non ambigua legislazione contro la mutilazione genitale femminile. La prevenzione della
mutilazione genitale femminile deve essere inclusa nei programmi generali di protezione
degli abusi sul bambino. Le direttive devono comprendere l'assistenza sanitaria,
alimentare, il diritto dell'educazione e provvedimenti legali destinati al sostegno e alla
protezione del bambino e della famiglia. Si dovrà trovare un modo per identificare i
bambini a rischio ed agire velocemente e fermamente per proteggerli. Parallelamente a
quelle esposte sopra si dovranno attuare direttive che agiscono sull'educazione e sulla
persuasione di famiglie e comunità in cui sia stata praticata in passato la mutilazione
genitale femminile. Tutti i professionisti (salute, educazione, assistenza sociale etc.)
che lavorano con le comunità a rischio dovranno ricevere uno specifico addestramento
sulla mutilazione femminile e sulle sue conseguenze di questa. Dovranno essere individuati
intermediari all'interno delle varie comunità per agire all'interno di questi gruppi che
praticano la mutilazione genitale femminile. Tutte le comunità che praticano la
mutilazione genitale femminile devono essere rese edotte dei diritti del bambino e come
rischi ed abusi procurati sui bambini devono essere riferiti alle autorità responsabili.
Vi dovrà essere disponibilità di risorse per la riabilitazione delle donne che hanno
subito l'operazione, inclusi aiuti ginecologici e psicosessuali, insieme a pratica
psicoterapeutica individuale e di gruppo. Tuttavia prima che si riesca a sradicare questa
barbara tradizione, come ci si deve comportare? In Europa, l'interdizione delle pratiche
tradizionali è avvertita dagli immigrati come riprovazione sociale e rifiuto culturale e
si traduce in precarietà e clandestinità e, dunque, nel peggioramento delle condizioni
igieniche in cui tali pratiche continuano a venire attuate. Si dovrà allora garantire che
quelle pratiche avvengano in condizioni igieniche, tali da non produrre una quota minore
di rischi e di dolore, cioè in un ambulatorio pubblico?. Tale scelta appare scandalosa
dal punto di vista etico: l'escissione della clitoride si trasformerebbe in un valore
tutelato per legge o comunque rischierebbe di apparire tale. D'altra parte, anche per chi
non condivide tale punto di vista, accettare l'ipotesi di "legalizzare" una
pratica di mutilazione, può risultare intollerabile. Inoltre una pratica che regge su una
tradizione basata su specifici e millenari rituali potrebbe risultare ancora più atroce
se smontata del suo significato. E inoltre qual è "l'accoglienza" che una donna
mutilata riceve nelle nostre strutture?. Uno dei problemi è l'atteggiamento dei medici
italiani che ignorano questa pratica, reagiscono con lo scandalo o con una sorta di
"curiosità clinica". In alcuni casi, invece, i medici cercano di escogitare una
qualche soluzione. Un medico calabrese ad esempio si è inventato una "sunna"
innocua, simbolica: una goccia di sangue fatta stillare dal prepuzio e, per i genitori,
l'iniziazione è compiuta. Chi invece ha pensato di instaurare un mercato clandestino di
ginecologi vi ha subito rinunciato: un "affare infibulazione" non sarebbe
conveniente perché gli immigrati sono poveri. E le bambine? In che misura l'infibulazione
sarà "civile" e in che misura "razzista"? La Francia, che ha proibito
lo chador nelle scuole, non ha esitato: sono già cinque le condanne pronunciate da
corti francesi contro i genitori africani per aver imposto mutilazioni sessuali alle
figlie. Il problema è che comunque gli immigrati africani, finché possono, tornano in
Africa per mettere al mondo figli e per curarli. E per "iniziarli": come
comportarsi ad esempio di fronte a un caso come quello avvenuto in Gran Bretagna dove
un'adolescente anglo-africana aveva scritto a un giornale: "Aiutatemi, quest'estate
vado in vacanza in Sudan. So quello che mi accadrà, mi mutileranno"? Strapparla ai
genitori? In un paese bianco, a razzismo dominante, la famiglia è l'unica a proteggere
una ragazza di colore. Ma l'infibulazione è un altro tipo di abuso. E' un abuso per il
rispetto della traduzione, per garantire alle bambine la protezione della comunità di
origine. Forse un abuso per amore?
Alcuni dati statistici
Intervista svolta nel corso di 3 anni (1991/1993) su un campione di 304 donne somale infibulate di età compresa tra gli 11 e i 48 anni residenti in Toscana. Solo 154 hanno consentito di essere intervistate su problematiche sessuali. Soltanto in 103 casi è stata effettuata l'indagine completa.
ETA' DELLE 103 INTERVISTATE | meno di 15 anni: 3 16/30 anni: 68 più di 31 anni: 32 | ||||||||||||||||||||
TIPO DI LAVORO DELLE INTERVISTATE IN ITALIA | colf: 80 operaie: 5 casalinghe: 8 altre professioni: 10 | ||||||||||||||||||||
STATO CIVILE DELLE INTERVISTATE | sposate: 44 nubili: 48 divorziate: 10 vedove 1 | ||||||||||||||||||||
ETA' DELLA INFIBULAZIONE |
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DA CHI E' STATA ESEGUITA L'OPERAZIONE | Le vecchie del villaggio: 30 L'infermiere/a: 20 Il medico: 40 altri: 13 | ||||||||||||||||||||
CON CHE COSA E' STATA FATTA L'OPERAZIONE | con un coltello: 50 con un rasoio: 30 con le forbici: 20 altro: 3 | ||||||||||||||||||||
DA CHI SONO STATE ACCUDITE DURANTE LA CONVALESCENZA | madre: 60 nonna: 20 zia: 10 altri: 13 | ||||||||||||||||||||
SE E' RIUSCITA LA PRIMA OPERAZIONE | operazione riuscita: 73 operazione ripetuta: 30 | ||||||||||||||||||||
SE LE FEMMINE DELLA PROPRIA FAMIGLIA SIANO CIRCONCISE | circoncise: 103 non circoncise: 0 | ||||||||||||||||||||
SE LO FAREBBERO ALLE PROPRIE FIGLIE E TIPO DI CIRCONCISIONE | sunna: 13 cliteridectomia: 20 infibulazione: 70 | ||||||||||||||||||||
PERCHÉ' LE DONNE SONO CIRCONCISE A LORO PARERE | controllo del sesso: 25 proteggere la verginità: 50 problemi igienico-sanitari: 3 tradizione: 2 obbligo religioso: 23 | ||||||||||||||||||||
DOVE HA AVUTO ORIGINE LA CIRCONCISIONE A LORO PARERE | dal Corano: 30 dalla cultura locale: 50 da un altro paese: 23 | ||||||||||||||||||||
CHE COSA PENSA LA LORO SOCIETÀ' DI ORIGINE DI UNA RAGAZZA NON CIRCONCISA | non è una buona musulmana: 20 diventerà una donna facile: 73 non viene da una buona famiglia: 10 | ||||||||||||||||||||
SE SOFFRONO DI DOLORI MESTRUALI DURANTE IL CICLO | dolori forti: 93 dolori normali: 10 | ||||||||||||||||||||
CHE ETA' HANNO AL PRIMO MATRIMONIO |
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PROBLEMI NELLA PRIMA SETTIMANA DEL MATRIMONIO DATI DALL'INFIBULAZIONE | perdita di sangue: 34 infezioni dopo il rapporto: 16 altro: 5 | ||||||||||||||||||||
SE SI RITENGONO CONTENTE DELLA PROPRIA VITA MATRIMONIALE | contente: 55 non contente: 0 | ||||||||||||||||||||
SE SI RITENGONO SODDISFATTE DELLA PROPRIA VITA SESSUALE IN BASE A CRITERI QUALI L'ORGASMO | soddisfatte: 5 non soddisfatte: 50 | ||||||||||||||||||||
MOTIVO DELL'INSODDISFAZIONE SESSUALE | forti dolori durante il rapporto: 24 mancanza di piacere: 10 odia il rapporto sessuale: 16 | ||||||||||||||||||||
DOVE HANNO PARTORITO I FIGLI | in Italia: 12 nel proprio paese: 38 in altri paesi: 5 | ||||||||||||||||||||
CHE COSA FAREBBERO ALLE LORO FIGLIE SE IN ITALIA NON FOSSE PERMESSA QUESTA OPERAZIONE | Le manderebbero al paese d'origine: 73 Le farebbero operare di nascosto in Italia: 30 | ||||||||||||||||||||
SE LA CIRCONCISIONE HA UN FUTURO, A LORO PARERE | ha un futuro: 90 non ha un futuro: 13 |
CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA POPOLAZIONE E LO SVILUPPO
Cairo 5 settembre 1994
Terza conferenza mondiale dedicata alle politiche della popolazione, ma soprattutto il secondo grande appuntamento promosso dalle Nazioni Unite nell'ultimo decennio del secolo, dopo il vertice della Terra a Rio De Janeiro (1992), tassello di una sorta di ridefinizione globale delle priorità dello sviluppo: sostenibile per il pianeta, equo, umano femminilizzato. Da questa conferenza è risultato un programma d'azione per i prossimi vent'anni assai influenzato dall'esperienza delle donne, dove le politiche della popolazione non riguardano più il semplice controllo delle nascite, ma la salute riproduttiva nel suo insieme, la possibilità di vivere sane, avere gravidanze volute, non morire di parto né veder morire i propri figli nei primi mesi di vita per malattie banali, istruirsi,, avere un ruolo riconosciuto nella società. Due discorsi possono essere considerati emblematici: L'uno di Benazir Bhutto, premier del Pakistan, l'altro di Gro Harlem Brundtland, premier della Norvegia; da una parte un paese in via di sviluppo, musulmano e popoloso, dall'altra uno laico, industrializzato, benestante. Punti centrali della Piattaforma d'azione sono la pianificazione familiare, l'emancipazione della donna, tutte battaglie atte a risolvere problemi come la sovrappopolazione, l'aborto, la violenza sulle donne, lo sviluppo della società in vista del muovo millennio.
Benazir Bhutto:
Il Pakistan si sta impegnando molto sul fronte dell'emancipazione delle donne e della
sovrappopolazione, basandosi sul profondo rapporto esistente fra i due problemi. In questo
Stato musulmano nel 1960 un acro di terra doveva fornire il sostentamento per una persona,
oggi un acro deve mantenerne due e mezza. Perciò la crescita della popolazione va
controllata. Il piano di azione illustrato dalle Bhutto consiste nel dotare i villaggi di
energia elettrica; nel far sorgere un esercito di 33.000 unità, per istruire le donne sul
benessere dei bambini e il contenimento della sovrappopolazione; nell'istituire una banca
gestita da donne per le donne, per aiutarle a raggiungere l'indipendenza economica e avere
il necessario per fare scelte indipendenti. La conferenza deve rispettare persone,
società, religioni che hanno ciascuna la propria etica sociale. Nel caso del Pakistan le
donne lavoratrici rivendicano il principio islamico per cui tutti gli individui sono
uguali agli occhi del Signore; per il Pakistan dunque la risposta ai problemi affrontati
nella conferenza sarà sicuramente impostata sulla base della fede negli insegnamenti
dell'Islam. Il Vaticano si oppone all'ONU sulla base della conferenza, e difende infatti i
valori familiari minacciati dal documento delle Nazioni Unite che promuove la
contraccezione e considera lecito l'aborto. Ma anche l'Islam, tranne che in circostanze
eccezionali, rifiuta l'aborto come mezzo di controllo delle nascite. Bhutto afferma che
non sono ideologie ciò di cui si ha bisogno, bensì strutture di servizio realmente
adeguate, perciò l'obiettivo del governo pakistano da lei guidato era l'impegno a
migliorare la qualità della vita del popolo attraverso la fornitura di servizi sanitari e
la pianificazione familiare.
Gro Harlem Brundtland:
Anche la Brundtland si presenta allo stesso modo: anche lei basa la piattaforma d'azione
sulla promessa di fornire sistemi sanitari, l'istruzione, la pianificazione familiare, la
lotta contro l'AIDS, la parità di diritti. L'esperienza ci ha insegnato che cosa è
funzionale e che cosa non lo è: i calcoli egiziani mostrano che ogni sterlina investita
nella pianificazione familiare permette di risparmiare trenta sterline in spese future per
sussidi alimentari, istruzione, acqua, fognature, edilizia, sanità. Riguardo alla
religione, a differenza della Bhutto, la Brundtland la pone come l'ostacolo più grande
all'emancipazione femminile; troppo spesso infatti la pianificazione familiare viene vista
come problema morale. Le tradizioni religiose e culturali possono essere superate con lo
sviluppo sociale ed economico atto a migliorare le risorse umane. Decriminalizzare
l'aborto può essere un mezzo necessario per proteggere la vita e la salute delle donne:
in Norvegia il numero totale di aborti non è mutato dopo la loro legalizzazione, mentre
gli aborti illegali sono scesi a zero. Con gli aborti legalizzati viene sicuramente
favorito l'uso di strutture sanitarie adeguate e vengono tenute da conto le condizioni di
sicurezza. Perché solo le abbienti dovrebbero essere in condizione di sostenere un aborto
sicuro? Eppure tutte le donne soffrono, tutte rischiano la vita e la salute. Per quanto
concerne l'educazione dei giovani, questo certo non entra nelle competenze del governo, ma
esso può favorirla con l'educazione sessuale, legittima istruzione in quanto rende i
giovani più responsabili nel comportamento sessuale, al contrario dell'invito
all'astinenza. Il programma d'azione attuato nella conferenza deve essere tradotto in
realtà, perciò occorrono donatori, occorre che tutti gli Stati diano il loro contributo,
perché i problemi di natura mondiale vanno risolti attraverso sforzi mondiali.
PECHINO: QUARTA CONFERENZA MONDIALE SULLE DONNE
15 settembre 1995
Un anno dopo la conferenza del Cairo, a Pechino 25.000 persone hanno partecipato alla quarta conferenza mondiale sulle donne, nella quale verranno approvati due documenti: una Dichiarazione di principi e una Piattaforma d'Azione per l'empowerment delle donne. Anche in questo caso, come per la conferenza del Cairo, conviene partire dagli interventi della Bhutto e della Brundtland.
Benazir Bhutto:
La premier pakistana, in quanto donna musulmana, si oppone a coloro secondo cui l'Islam
assegna alla donna uno status di seconda classe. Oggi il mondo musulmano conta tre donne
primo ministro, elette da donne e uomini per la loro capacità come persone, non come
donne. In questo modo è stato distrutto il mito, costruito su tabù sociali, secondo cui
il posto di una donna è la casa, e che il lavoro esterno sia vergognoso o disonorevole o
socialmente inaccettabile per una musulmana. Bisogna perciò distinguere tra
l'insegnamento dell'Islam e i tabù sociali prodotti dalla tradizione e dalla società
patriarcale; si pensi al fatto che l'Islam proibisce le ingiustizie, rifiuta la razza, il
colore e il genere come motivo di discriminazione tra persone, assume la pietà come unico
criterio per giudicare l'umanità. L'Islam tratta le donne come esseri umani a pieno
titolo, non come beni: sono state poetesse, intellettuali, giuriste e hanno persino
partecipato a guerre. Se si pone l'attenzione sull'usanza pre-islamica dell'infanticidio
femminile, si nota come tuttora, in un mondo considerato moderno e civile le bambine siano
spesso abbandonate o abortite. I bambini sono voluti perché il loro valore è considerato
superiore a quello di una bambina; essi sono voluti per soddisfare l'ego: portano il nome
del padre in questo modo. Ma se ci rifacciamo all'Islam vediamo che, per i musulmani, nel
Giorno del Giudizio ciascuno sarà chiamato non con il nome del padre, ma con quello della
madre. Perciò se le bambine sono ancora vulnerabili questo non è a causa della
religione, nel caso del Pakistan, ma a causa del pregiudizio sociale. In molte zone del
mondo le donne sono soggette a violenza domestica. Spesso e in diverse società le mogli
sono torturate non solo da uomini, ma anche da donne della famiglia del marito, che vuole
estorcere benefici finanziari dalla famiglia della donna. A volte la moglie è uccisa dal
marito o dai suoceri così da poter essere sostituita da un'altra moglie che porti
un'altra dote. Bisogna cambiare perciò non solo gli atteggiamenti maschili, ma quelli di
tutti, uomini e donne. In quanto all'istruzione, mezzo miliardo di donne è analfabeta e
il 60% dei bambini a cui è negata l'istruzione elementare sono femmine. Una donna deve
lavorare per potere ottenere l'indipendenza finanziaria e il Pakistan è stato fatto molto
su questo fronte: nel 1989 hanno creato la banca delle donne, nelle maggiori città si
vedono imprese messe su da donne, è stato abrogato il divieto per le donne pakistane di
partecipare a eventi sportivi internazionali, esse inoltre avranno un ruolo fondamentale
nel controllo della popolazione: 100.000 donne diventeranno assistenti sociali e sanitarie
per aiutare a ridurre il livello di crescita della popolazione e insieme il livello di
mortalità infantile in Pakistan. La Bhutto spera nei cambiamenti che potranno discendere
dalla Dichiarazione universale dei diritti umani che invita a eliminare la discriminazione
contro le donne, e della Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione
contro le donne, CEDAW, che il Pakistan ha firmato. La Piattaforma d'Azione di Pechino,
che contiene un approccio completo verso l'empowerment delle donne, deve anche cercare di
rafforzare il ruolo della famiglia tradizionale in quanto base della società. La Bhutto
infine si sofferma sulle donne vittime di conflitti armati, soprattutto mettendo in
evidenza l'uso dello stupro come arma di guerra e strumento di "pulizia etnica".
Gro Harlem Brundtland:
Gro Harlem Brundtland, mettendo in secondo piano il ruolo della religione da cui invece
era partita la Bhutto, fa notare che oggi non c'è un solo paese al mondo dove donne e
uomini godano delle stesse opportunità. Ad esempio, per quanto riguarda l'istruzione
delle donne, il Rapporto sullo Sviluppo Umano dice che il beneficio economico
dell'investimento nell'istruzione femminile è comparabile a quello dell'istruzione
maschile. Ma il beneficio sociale dell'istruzione femminile supera di gran lunga quello
dell'istruzione maschile. La maggior parte delle nazioni oggi difende con forza la propria
cultura. L'errore sta nel considerare comportamenti e pratiche, come le mutilazioni
genitali, parte di un modello culturale, estraneo al campo della giustizia e
dell'applicazione della legge. La Brundtland si sofferma sulla pianificazione familiare e
nega che, come qualcuno ha insinuato, la conferenza sia contro la maternità e la
famiglia, facendo riferimento al continuo dibattito sull'aborto, aborto che lei ha
invitato a depenalizzare durante la Conferenza al Cairo. Il mito che gli uomini siano
procacciatori di redditi e le donni principalmente madri e dispensatrici di cure nella
famiglia è stato respinto. Le donne hanno sempre lavorato, in tutte le società, in tutti
i tempi: di norma hanno lavorato più degli uomini, di norma senza retribuzione né
riconoscimento. Cosa assurda che nelle statistiche le donne sono sempre state tenute a
distanza: donne che lavorano 10-12 ore al giorno nell'agricoltura di sussistenza possono
essere registrate come casalinghe nei censimenti nazionali. La Brundtland considera la
formula 20/20 una via promettente per lo sviluppo della società. La proposta 20/20 è
stata elaborata dalle agenzie dell'ONU per lo sviluppo, la popolazione e l'infanzia e
chiede che i Paesi in via di sviluppo portino al 20% del loro bilancio la spesa per
l'istruzione elementare, eliminazione dell'analfabetismo, accesso universale ai servizi
sanitari, acqua potabile e servizi igienici, servizi di pianificazione familiare; e
insieme chiede che i Paesi donatori indirizzino a queste voci il 20% degli aiuti
internazionali.