La storia:
Il Vesuvio non apparve sempre come un vulcano attivo; il
Vesuvio doveva apparire come gli attuali vulcani spenti dell' Alvernia, regione
della Francia centro-meridionale: una boscosa montagna dalle pendici ricoperte
di folta vegetazione e di vigneti, con un ampia depressione circolare alla
sommità; soltanto Strabone, scrittore e naturalista greco, aveva dedotto che
quel monte doveva essere un vulcano spento. Fra un grande cerchio di dirupi
quasi perpendicolari c'era uno spazio piatto sufficiente ad accampare un'armata.
Nel 73 a.C., durante la terza guerra servile, Spartaco e i suoi seguaci si
rifugiarono sul Vesuvio.. Si trattava senza dubbio di un antico cratere, ma
nessuno a quei tempi sapeva niente della sua storia. Di questo cratere oggi
sopravvive solo un settore, denominato Monte Somma. Così, non conoscendosi la
sua natura vulcanica, la fertilità dei terreni circostanti favorì gli
insediamenti osci e sanniti di Stabia, Pompei ed Ercolano, i cui abitanti non
nutrivano alcun sospetto sul rischio potenziale dell'area.
L'eruzione, improvvisa quanto catastrofica, che nel 79 d.C. seppelì
completamente Pompei, Ercolano e Stabia. Non
esistevano prima di allora memorie di precedenti eruzioni; nel 63 d.C. un
terremoto
aveva colpito la zona e danneggiato gravemente Pompei, situata sul versante sud
della montagna. Dopo il terremoto la popolazione del luogo ricostruì le case
distrutte e riprese la vita di sempre, nella speranza che un simile disastro non
si ripetesse più nella stesso luogo; il 24 agosto del 79, si verificò
improvvisamente un eruzione di violenza inaudita e il tappo del camino,
solidificato da lungo tempo, e quindi particolarmente resistente, saltò a causa
della pressione del gas. una parte dell'antico con venne divelto e spazzato via ( ciò che rimase costituisce l'attuale monte Somma). Mentre ininterrotti
sussulti scuotevano la montagna, una gran nube si levò dalla vetta e si alzò in
cielo; cenere e scorie cominciarono a cadere in quantità tale che il cielo fu
oscurato: su tutte le pendici del vulcano fu notte in pieno giorno. Ci furono
ondate di gas velenoso per tutta la città e piovvero lapille e ceneri bollenti
per tutto il giorno ( dal vulcano non uscì lava se non in quantità
insignificante ); il vapore della nube vulcanica si condensò in una fitta
pioggia che, mescolandosi alle tonnellate di polveri, provocò una vera e propria
inondazione di fango bollente; le persone morirono soffocate a centinaia; quelli
che non morirono soffocati furono seppelliti sotto cumoli di detriti. I
due giorni Pompei, Ercolano e Stabia furono completamente sepolte da circa due
metri di materiale vulcanico; soltanto dopo 15 secoli ne ritrovarono casualmente
le prime tracce durante degli scavi per un acquedotto.
Gli scavi:
Il primo intervento di scavo che ha interessato l’area di
Pompei risale all’imperatore Alessandro Severo. La cittadina prese il nome di
Civitas, ed in seguito Civile. Purtroppo questo scavo non raggiunse un buon
esito a causa dello spessore della coltre di ceneri e lapilli e della
vegetazione sempre più rigogliosa. Bisogna attendere gli anni compresi fra il
1594 e il 1600 per avere delle novità di rilievo. L’architetto Domenico Fontana
in quegli anni costruì un canale che trapassava la collina di Pompei al fine di
portare le acque del fiume Sarno a Torre Annunziata. In quell’occasione furono
rinvenuti i resti di edifici, iscrizioni e monete. Tuttavia non capirono che
quelle rovine appartenevano a Pompei ed il violento terremoto del 1631 spazzò
via qualsiasi spunto di ricerca. Nel 1738, per ordine di Carlo di Borbone,
iniziarono i veri e propri scavi. Il direttore dei lavori era l’ingegnere
Alcubierre. Si iniziò a scavare in maniera non sistematica, perché il vero
intento era quello di trovare oggetti preziosi che potessero arricchire il Museo
di Portici. Poi gli scavi furono sospesi perché ad Ercolano fu scoperta la Villa
dei Papiri. I lavori ripresero nel 1754 e, dopo un solo anno di scavo, fu
rinvenuta la Villa di Giulia Felice, il treppiede sorretto da satiri di bronzo
e, nel 1763, fu scoperta la Porta di Ercolano ed un’epigrafe. Con Giuseppe
Bonaparte e Gioacchino Murat vennero alla luce la strada tra la Villa di Diomede
e la Casa di Sallustio, le case dette del Poeta tragico e del Fauno, il Foro e
la "Basilica"Sotto i Borbone, Pompei diventò una sorta di "museo all’aperto" e
sono rinvenuti il Tempio della Fortuna Augusta e le Terme del Foro. Con il regno
d’Italia la direzione degli scavi fu affidata a Giuseppe Fiorelli che diede
un’impronta sistematica ai lavori. Fu il primo a dividere la città in regiones,
cioè quartieri ed in insulae, cioè in agglomerati di case. Inoltre, introdusse
un’innovazione: versando gesso liquido nei vuoti del terreno lasciati dai corpi
consunti delle vittime, si ottenevano dei calchi così che le impronte potessero
essere conservate nel tempo. Al Fiorelli seguirono Michele Ruggiero e poi Giulio
De Petrai, che disseppellirono vari sepolcri nei pressi della Casa dei Vetti.
Poi, Antonio Sogliano e Vittorio Spinazzola perfezionarono la tecnica del
recupero e della conservazione degli edifici. Nel secolo scorso, il Maiuri e
l’allora soprintendente Alfonso De Franciscis, si prefissero di conservare
intatte quanto più possibile sia la struttura architettonica degli edifici che
le decorazioni parietali all’interno degli stessi, perché ritennero più urgente
l’arresto del degrado che continuare a scavare. Il terremoto del 1980 ha di gran
lungo rallentato i lavori, che, una volta superato quest’ostacolo, sono ripres
i
anche grazie ai finanziamenti ottenuti dal Fondo Investimenti e Occupazione.
Questi fondi sono stati sfruttati per far partire il "Progetto Pompei", teso
alla valorizzazione del patrimonio culturale dell’area archeologica. Ciò ha
permesso di individuare anche nuovi siti, come la Casina dell’Aquila, che è sede
di mostre temporanee e permanenti. La ripresa dei lavori nel 1754 segnò una
svolta decisiva nell’uso di tecniche, non invasive o distruttive finalizzate al
consolidamento del suolo onde evitare frane che compromettessero per sempre
ritrovamenti già molto fragili. Inoltre, la contemporanea presenza a Roma di
Johann Winckelmann, grande studioso del mondo classico, contribuì a diffondere
in tutto il mondo accademico d’Europa. Infatti, la vera novità di Pompei era
che, per la prima volta, venivano alla luce non solo oggetti d’arte, ma le
intere strutture ed infrastrutture "viventi" di un’intera città con il suo
piccolo e umanissimo mondo quotidiano che dimostrava quanto fosse avanzata,
libera e piena di gioia di vivere quella società. Buona parte della città,
liberata dalle ceneri che la ricoprivano, ci appare oggi, a distanza di quasi
2000 anni dalla catastrofe, perfettamente intatta ed esattamente com'era nel
momento della sua morte.
I resti di Pompei ancora oggi visibili grazie
all'eruzione del 79 d.C.
Fotografia dell'Etna con la cima innevata. |
L'Etna è il vulcano più alto d'Europa, si trova nella Sicilia nord orientale ed è attivo da tempo immemorabile. Con la sua enorme mole si affaccia sul mare Ionio ad est, a nord è delimitato dal fiume Alcantara, il quale scavando il suo letto su terreno lavico ha dato origine a stupende strette gole, le cosiddette "Gole dell'Alcantara". Ad ovest e sud ovest l'Etna è invece delimitato dal fiume Simeto. L'Etna è attualmente alto circa 3330 metri, si estende su un perimetro di circa 210 Km e su una superficie di 1600 chilometri quadrati. Durante i periodi di intensa attività eruttiva, la lava può fuoriuscire da centinaia di crateri avventizi che si trovano sui fianchi del vulcano, questi crateri sono raccolti in oltre 260 sistemi eruttivi.
LA GENESI DEL VULCANO:
Come tutti i vulcani l'Etna si è formato nel corso dei
millenni con un processo di costruzione e distruzione iniziato intorno a 600.000
anni fa, nel Quaternario. Al suo posto si ritiene vi fosse un ampio golfo nel
punto di contatto tra la zolla euro-asiatica
a nord e la zolla Africana a sud, corrispondente alla catena dei monti
Peloritani a settentrione e all'altopiano Ibleo a meridione. Fu proprio il
colossale attrito tra le due zolle a dare origine alle prime eruzioni
sottomarine di lava basaltica fluidissima con la nascita dei primi coni vulcanici, al
centro del golfo
immagine dell'Etna dall'alto. Si vede chiaramente la continua fuoriuscita di fumo. |
L'ATTIVITA' VULCANICA:
L'Etna è un vulcano attivo. A differenza dello Stromboli che è in perenne
attività e del Vesuvio che alterna periodi di quiescenza a periodi di attività
parossistica esso appare sempre sovrastato da un pennacchio di fumo. A periodi
abbastanza ravvicinati entra in eruzione iniziando in genere con un periodo di
degassamento ed emissione di cenere vulcanica a cui fa seguito un'emissione di
magma abbastanza fluido all'origine. Talvolta vi sono dei periodi di attività
stromboliana che attirano folle di visitatori d'ogni parte del mondo a causa
della loro spettacolarità. In genere le eruzioni dell'Etna pur fortemente
distruttive delle cose, non lo sono per le persone se si eccettuano i casi
fortuiti o di palese imprudenza come quello dell'improvvisa esplosione di massi
del 1979 che uccise nove turisti e ne ferì una decina di altri avventuratisi
fino al cratere appena spento. A memoria storica si ricordano centinaia di
eruzioni di cui alcune fortemente distruttive.
Stromboli è la somma emergente di un
vulcano sottomarino; la sua cima si eleva a 925 m sul mare, ma poiché le acque
che lo circondano sono profonde più di 2000 m, la sua altezza sfiora in realtà i
3000m. Siamo di fronte quindi ad un edificio vulcanico alto quasi quanto l'Etna,
benché di forma sostanzialmente diversa: mentre l'Etna, prevalendo l'attività
effusiva, è schiacciato, con pendii molto dolci, lo Stromboli, caratterizzato
principalmente da attività esplosiva, è una piramide piuttosto verticale, con
fianchi assai ripidi. Lungo il pendio nord-ovest, detto Sciare del fuoco, si
riversano di tanto in tanto in mare rigagnoli di lava, lapilli e scorie
incandescenti, eruttati da una serie di bocche che variano di numero da un anno
all'altro ( in genere da 3 a 5).
Lo Stromboli é
costituito da varie unità morfologiche: l’ antico strato-vulcano (Paleostromboli)
costituito dalla Serra Vàncori (924 m) a sud e sudest e dalla Cima (918 m); l’
attuale cratere (Neostromboli) con cinque bocche attive; il neck di
Strombolicchio (57 m). Gli studiosi hanno individuato due cicli di attività: nel
più antico, alla fine del Würm, tra 40.000 e 12.000 anni fa, si formò lo
strato-vulcano di Vàncori e successivamente la Cima più a nord (Paleostromboli).
Nella stessa epoca da un’ eruzione laterale ebbe origine anche Strombolicchio.
Nel secondo ciclo, risalente all’ inizio del periodo postglaciale, la porzione
nordoccidentale del Paleostromboli sprofondò negli abissi, sostituita presto da
un altro vulcano (Neostromboli) appoggiatosi sui resti del precedente. A questa
formazione appartiene il cratere attualmente attivo del vulcano (la Fossa). I
due terzi del perimetro attuale dell’ isola sono costituiti da ciò che resta del
cono vulcanico del Paleostromboli. Dopo millenni, anche la parte nordoccidentale
del Neostromboli è sprofondata e, conseguentemente, il cratere si è venuto a
trovare sul margine dello scendimento, formando il piano inclinato della Sciara
del Fuoco. Al livello del mare essa è lunga circa un chilometro. La Sciara
prosegue sotto il livello del mare, fino a una profondità di almeno 500 metri.
Lo Stromboli è un classico esempio di vulcano
a strato, di forma conica e con pendenze accentuate. Rientrano in questa
tipologia i vulcani nei quali si ha un’ alternanza di colate laviche e di
esplosioni con emissione di materiali incoerenti (pomici, lapilli, ceneri, ecc.)
foto di un eruzione Stromboliana |
ERUZIONI:
Nell'ultimo secolo sono riportati circa 26 episodi durante i quali si sono avute
emissioni laviche. I prodotti emessi sono rappresentati principalmente da colate
di spessore variabile; la morfologia del vulcano obbliga le colate di lava a
riversarsi sul versante nord-occidentale, dove sono confinate all'interno della
Sciara di Fuoco e quindi non rappresentano un pericolo per la popolazione
dell'isola. Le colate fuoriescono generalmente attraverso fratture eruttive
nella zona craterica o all'interno della Sciara del Fuoco ma possono generarsi
anche per tracimazione dal bordo craterico.
Le eruzioni stromboliane più violente mai accadute in tempi storici risalgono al
1919 e al 1930, ed entrambe (pare) furono causate da grandi infiltrazioni
d'acqua marina nel camino vulcanico: il magma, a contatto con l'acqua, avrebbe
causato violente esplosioni con grande emissione di vapori e scorie,
accompagnate da violenti terremoti. Per la prima e finora unica volta nella
storia del vulcano, delle colate laviche si riversarono anche al di fuori della
Sciara del Fuoco, arrivando a lambire i centri abitati (Piscità fu sfiorata per
appena 20 metri), causando ingenti danni e numerose vittime, e causando un
piccolo tsunami che generò un'onda di 2-3 m che arrivò a far danni fino a Capo
Vaticano, in Calabria.