Honduras, Nicaragua
22 ottobre/5 novembre 1998
Vittime: 19 300 (compresi i morti in seguito alle malattie che si sono diffuse)
Categoria: 5


L'uragano Mitch nel periodo di massima intensità il 26 ottobre 1998. Immagine fornita dalla NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration)
L'uragano mitch si è formato al largo della costa dell'America del Sud nell'ottobre del '98, verso la fine della stagione degli uragani. Roteando verso nord diventa uno dei più violenti uragani della storia, con raffiche a oltre 320 km/h. Poi rallenta la corsa e sotto forma di tempesta tropicale si abbatte prima sull'isola di Guanaja, poi comincia ad attraversare lentamente l'Honduras; la sua forza distruttrice non è più a questo punto la potenza del vento, ma la pioggia: l'acqua erode le montagne e alimenta i fiumi, che inondano le valli; fra gli effetti di Mitch vi è anche la tracimazione o la rottura delle dighe in seguito all'ingrossamento dei fiumi causato dalle piogge. Il Choluteca rompe gli argini e, a Sud, scarica sabbia, fango e pietre su parte della città di Choluteca e nelle fattorie vicine: l'impatto sulle coste meridionali è tale da trasformare il paesaggio: un processo che richiederebbe un lunghissimo periodo geologico si realizza in poche ore; demolisce inoltre interi quartieri che si trovavano sul lungofiume e danneggia gran parte dei 18 ponti della città. Lungo la costa del Nicaragua le acque formano un delta alla bocca di un'insenatura e si riversano per chilometri nell'Oceano Pacifico. Dopo una settimana di pioggia torrenziali, il terreno inzuppato sulla cima delle montagne cede: l'intero versante Sud del vulcano Casita  crolla inondando i villaggi sottostanti di fango, rocce e alberi sradicati. Almeno 1600 km di strade e oltre 100 ponti sono inagibili; nell'Honduras settentrionale, dopo che i fiumi hanno rotto gli argini, sono stati devastati dieci mila ettari di piantagioni di banane, ma sono riscontrabili danni anche alle piantagioni di caffè e di meloni. Dopo aver devastato l'America Centrale, l'uragano Mitch prosegue il suo spostamento da lì verso il Sud del Messico, dove minaccia lo Yucatan e gli stati di Oaxaca, Tabasco e Chapas.

Le inondazioni, gli smottamenti della terra, ed i forti venti hanno cambiato non soltanto la conformazione geografica dell'America Centrale, ma anche lo stile di vita dei suoi abitanti; improvvisamente molti centroamericani hanno visto svanire tutti i loro averi e hanno perso i loro cari. Il disastro del Casita è l'episodio più tragico di una tempesta che è costata la vita a più di undicimila persone, ha lasciato oltre due milioni di senzatetto e ha causato danni per dieci miliardi di dollari. Il fenomeno ha interessato quasi tutta l'America Centrale, dal Nicaragua all'Honduras fino a El Salvador, Guatemala, Belize e Messico meridionale. Nelle storia delle tempeste dell'Atlantico una sola è stata più devastante di Mitch: il Grande uragano del 1780 che uccise ventidue mila persone nei Caraibi orientali. L'Honduras ha subito perdite per circa cinque miliardi di dollari, in Nicaragua per più di quattro miliardi. Gli effetti negativi si moltiplicano considerando l'impatto del gran rialzo del tasso di disoccupazione dovuto alla distruzione delle infrastrutture aziendali che hanno costretto le compagnie (es. Chiquita) a ridurre il numero dei propri operai o addirittura a chiudere l'attività. Il problema della disoccupazione darà inizio a un circolo vizioso per cui il basso reddito della popolazione (quindi il basso potere d'acquisto), causerà un crollo della domanda interna di prodotti nazionali che diventeranno più costosi perché più scarsi; i costi di trasporto e produzione aumenteranno e pertanto saranno ancora meno accessibili alla maggior parte della popolazione. Già nel 1998 si sono evidenziati i primi effetti economici negativi conseguenti l'uragano: i livelli di crescita economica della regione sono scesi dal 6% previsto al 4,5%, valori che non sembrerebbero allarmanti se riferiti a economie avanzate, ma che rapportati al tipo di economia centroamericana denotano una situazione precaria se non gravosa. Infatti secondo gli studi del CEPAL (Commissione Economica Para Americana Latina) questa regione potrà uscire dal livello di povertà generale solo mantenendo un livello di crescita economica pari al 10% per i prossimi dieci anni. Quete condizioni, già difficili da raggiungere, sembrano ora impossibili se si tiene conto di quanto sia vitale il settore agricolo e di allevamento per il settore produttivo delle industrie di trasformazione della regione centroamericana e di come i problemi di disoccupazione, eestrema povertà, inflazione e scarsa produttività condizionano lo sviluppo.


Il percorso dell'uragano Mitch.
Azzurro: tempesta tropicale
Rosso: uragano di categoria 5
Arancione: uragano di categoria 3 e 4
Giallo: uragano di categoria 1 e 2

Dopo la furia del fango e le morti si presenta però un nuovo problema per gli abitanti dell'Honduras e del Nicaragua: epidemie. Le autorità della regione temono in particolare il diffondersi della febbre dengue e della malaria, ma anche del colera e della polmonite. Il responsabile della sezione epidemiologica del ministero della sanità del Salvador ha affermato che le autorità sono in grado di fronteggiare "infezione alle vie respiratorie, alla pelle, agli occhi" ma sono disarmate di fronte alle epidemie di tifo, diarrea, colera e dengue. Gli abitanti colpiti dal colera sono più di 2300 e uccidono 34 persone, mentre quelli colpiti dalla febbre di dengue sono circa 1350. Vengono colpiti anche gli animali, allevamenti di bestiame decimati, acque inquinate a causa delle carcasse di animali morti e di corpi umani inerti. 

Dopo essersi ripresi dal senso di paralisi totale in cui erano stati gettati a causa della portata del disastro e delle numerose perdite, tra cui il sindaco di Tegucigalpa il cui elicottero è precipitato durante un volo di accertamento di dei danni, l'enorme quantità di sfollati ha deciso di rimboccarsi le maniche e tentare di riparare ai danni creati da Mitch da soli, visto che gli aiuti ottenuti dagli altri stati (Messico e USA) sono stati piuttosto scarsi. Gli sfollati fanno a gara per accaparrarsi le poche zone pianeggianti disponibili; il governo è riuscito ad acquistare piccoli appezzamenti di terra da destinare loro; la dimensione di ognuno di questi è minore della metà di una fattoria devastata, e all'interno ci vivono circa centocinquanta famiglie, ognuna in un lotto di 30x10 metri. Migliaia di sfollati hanno raccolto quei pochi beni sopravvissuti alla catastrofe e sono migrati verso il Messico e gli Stati Uniti nella speranza di un futuro migliore. Gli aiuti iniziali sono arrivati immediatamente: il Messico ha inviato truppe dell'esercito mentre le forze armate degli Stati Uniti hanno portato cibo, vestiario e medicinali ai villaggi più remoti e hanno cominciato a ricostruire strade e ponti. Cuba ha inviato un gruppo di dottori e di infermieri che hanno prestato le prime cure mediche ai feriti, e i volontari della Croce Rossa nazionale e internazionale hanno installato sistemi di depurazione dell'acqua; le forze armate giapponesi, impegnate per la prima volta all'estero in un'operazione di soccorso, sono intervenute nell'attività di sgombero e di ricostruzione. Inoltre varie nazioni, istituti di credito per lo sviluppo e organismi internazionali tra cui l'ONU, si sono impegnati con aiuti per centinaia di milioni di dollari.  Ma gli aiuti mandati dagli altri stati faticano ad arrivare fino in Honduras e in Nicaragua a causa della condizione disastrata delle strade principali, così mentre il governo dell'Honduras esamina le offerte di aiuto, prepara progetti e contratta la cancellazione del suo debito internazionale di 4,5 miliardi di dollari, la gente inizia a rimettere in piedi la propria comunità da sola. Dice Exequiel Galo Osorto, vicepresidente del "patronato", il


La città di Tegucicalpa travolta dal fango dopo il
passaggio dell'uragano Mitch.
 consiglio amministrativo della comunità che comprende i villaggi nei pressi di San Pedro Sula: " Se dobbiamo scavare da soli ci vorranno circa otto mesi. Vogliamo che il governo ci presti i bulldozer per liberare le strade. Il resto lo faremo da noi. Non abbiamo i soldi per affittare macchinari del genere, ma non ci mancano certo braccia forti e voglia di fare!"  Mentre aspettano l'arrivo dei bulldozer, gli abitanti hanno creato un sito Web e inviato richieste di fondi in tutto il mondo utilizzando la posta elettronica; con il denaro ricavato, sono stati acquistati sette ettari di terreno collinare ad appena 10 km dalla città in una zona servita dagli autobus e a distanza di sicurezza da eventuali piene del Choluteca; la prima domenica di febbraio iniziano le operazioni di bonifica del luogo e i coloni di Miramesì insieme a donne e uomini del luogo, sgomberano cespugli e spinosi alberi di acacia dal nuovo quartiere. Anche i campi di meloni e di banane vengono riseminati lontano dal fiume.