Era dal lontano 1972 che non succedeva che ben due paesi, Russia e Cina, ponessero un doppio veto ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. E’ successo ieri in occasione della richiesta da parte degli Stati Uniti, sostenuti dalla Gran Bretagna, di una risoluzione che condannasse le violazioni dei diritti umani commesse dal regime militare al potere in Myanmar.

La risoluzione chiedeva che il Consiglio di Sicurezza condannasse, tra le altre cose, le detenzioni arbitrarie, le deportazioni e le persecuzioni contro le etnie minori tra le quali in special modo i Karen, popolazione del sud che da anni combatte una lotta senza quartiere contro il regime militare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cartina del Myanmar

 

 

Cina e Russia hanno posto il veto giustificandolo con il fatto che tali violazioni sono “di fatto” questioni interne al Myanmar e che quindi il Consiglio di Sicurezza non ha alcun diritto di interferire. Il rappresentante cinese nel chiudere la vicenda ha quindi affermato: "Il Myanmar ha problemi ma la situazione del paese non pone minacce alla sicurezza e alla pace internazionale".

Escludendo a priori che gli USA e Gran Bretagna siano realmente preoccupati per la violazione dei diritti umani (non sono credibili sotto questo aspetto visto gli ultimi avvenimenti internazionali), quali sono in realtà le vere ragioni di questo improvviso quanto incredibile interessamento?

La prima cosa che salta all’occhio è la nuova e importante decisione cinese di far passare le petroliere che portano greggio raffinato in Cina attraverso il fiume Mekong, evitando così il pericoloso e insicuro stretto di Malacca, decisione che rende la posizione del Myanmar strategicamente importante in quanto il Mekong scorre per molti Km lungo il confine tra Laos e Myanmar appunto. Se si considera che il 75% del greggio destinato alla Cina passa attualmente per lo Stretto di Malacca e che quindi in caso di un ipotetico innalzamento della tensione tra USA e Cina, i rifornimenti di greggio verso la Cina potrebbero essere facilmente bloccati,  si può capire l’importanza strategica del Myanmar.

C’è da considerare poi che la giunta militare birmana è una dei migliori acquirenti di armi cinesi e russe e che la sua posizione geografica, a ridosso della filo-americana Tailandia, la rende particolarmente importante nello scacchiere dell’estremo Oriente anche in previsione di un innalzamento della tensione tra Cina e Stati Uniti per l’ancora irrisolta vicenda di Taiwan.

Quindi il tentativo, a dire il vero assai grottesco, degli Stati Uniti di interferire in qualche modo con le vicende interne birmane, mirava molto più a mettere in difficoltà la Cina piuttosto che a salvaguardare i sacrosanti diritti delle popolazioni birmane, cosa di cui poco importa agli USA.

Assemblea ONU sull' intervento in difesa dei diritti umani in Myanmar

Nel frattempo la situazione in Myanmar peggiora ulteriormente; è di poco tempo fa la notizia che l’esercito birmano ha disseminato di mine le risaie della zona abitata dall’etnia Karen impedendo di fatto la raccolta del riso, unico bene di sussistenza per quelle popolazioni, mentre prosegue l’offensiva militare lungo il confine con la Tailandia, sempre contro i ribelli Karen, offensiva che sta causando l’esodo di migliaia di persone verso i campi profughi a ridosso del confine birmano/tailandese.

Come sempre, quindi, il rispetto dei diritti umani viene usato a sproposito dall’amministrazione americana al solo scopo di ottenere benefici strategici, mentre nella realtà milioni di esseri umani in Myanmar (tra i quali il premio nobel per la pace Aung San Suu Kyi) subiscono realmente le vessazioni di uno dei regimi più violenti che la storia ricordi, senza che la comunità internazionale faccia realmente qualcosa di concreto per impedirlo.

 

Ecco una testimonianza riguardo le ingiustizie e i privilegi presenti in questo paese.

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