La civiltà della valle dell'Indo (3300–1300 a.C, e fiorita tra il 2600 e il 1900 a.C.) era diffusa soprattutto lungo il fiume Indo nel subcontinente indiano, ma anche lungo il Sarasvati, fiume ormai prosciugato.

Nel mondo anglosassone viene citata come "civiltà dell'Indo-Sarasvati", in riferimento alla civiltà descritta nei Veda e che si sarebbe sviluppata lungo i due fiumi. È anche conosciuta come "civiltà di Harappa", dal primo sito conosciuto.

UNA BREVE PRESENTAZIONE


Cartina che illustra la disposizione dei
diversi siti

La civiltà della valle dell'Indo si colloca tra le più antiche civiltà del mondo, insieme a quella Mesopotamica e quella Egizia, caratterizzate dallo sviluppo dell'agricoltura, dalla presenza di vere e proprie città e dall'utilizzo della scrittura. Lo sviluppo urbano fu più precoce in Egitto e Mesopotamia, ma la civiltà dell'Indo conobbe una maggiore estensione geografica (comprendendo l'attuale Pakistan e l'India occidentale).

Dei 1052 insediamenti finora individuati, più di 140 si collocano sulle rive di un corso d'acqua stagionale, che irrigava la principale zona di produzione agricola di questa cultura. Secondo alcune ipotesi questo sistema idrografico, un tempo permanente, potrebbe essere identificabile con il fiume Sarasvati del Rig Veda.

La maggior parte degli altri insediamenti si trovano lungo la valle dell'Indo o in quelle dei suoi affluenti, ma la diffusione arrivò verso ovest fino alla frontiera con l'Iran, a est fino a Delhi, a sud fino al Maharashtra e a nord fino all'Himalaya.

I siti più importanti ritrovati fino a questo momento sono: Mohenjo-daro,  Lothal e Harappa .

La civiltà della valle dell'Indo fu dimenticata fino ai primi scavi estesi sui siti di Harappa e di Mohenjo-Daro negli anni '20.

La sua scrittura non è ancora stata decifrata e si ignorano quindi le caratteristiche del linguaggio.

I testi sumeri si riferiscono ripetutamente a un popolo con cui si ebbero attivi scambi commerciali, chiamato Meluhha, che potrebbe essere identificato con la civiltà della valle dell'Indo, forse con il nome dato dai suoi stessi abitanti. Il termine è forse riferibile al dravidico Met-akam, con il significato di "terre alte", e potrebbe inoltre aver dato origine al termine sanscrito Mleccha (di origine non indoeuropea) con il significato di "barbaro, straniero".

LE ORIGINI

Le radici della civiltà della valle dell'Indo risalgono all'inizio della pratica dell'agricoltura e dell'allevamento nelle locali culture neolitiche. I nuovi metodi di sostentamento appaiono nelle colline del Balouchistan, ad ovest della valle dell'Indo (intorno alla metà del VII millennio a.C.). Il sito meglio conosciuto di quest'epoca è Mehrgarh, tuttora scavato da una missione francese.

Questi primi contadini coltivarono il grano, addomesticarono ed allevarono una grande varietà di animali che ne costituirono il bestiame. Si iniziò a utilizzare la ceramica verso la metà del VI millennio a.C.

Intorno al 4000 a.C. apparve nella stessa area una cultura regionale originale (Early Harappa o "civiltà Harappa antica"). Reti commerciali la collegavano con altre culture regionali (nel golfo Arabico, nell'Asia centro-occidentale e nella penisola indiana) e con le fonti di materie prime, come il lapislazzuli e altre pietre utilizzate nella fabbricazione delle collane. Gli abitanti dei villaggi avevano anche addomesticato un gran numero di specie vegetali (piselli, sesamo, datteri, cotone) e animali, come il bufalo, che restò fondamentale nella produzione agricola di tutta l'attuale Asia.

LO SVILUPPO


Particolare di sigillo con scene di culto

Intorno al 2600 a.C. alcuni villaggi della civiltà Harappa antica si svilupparono in vere e proprie città, che ospitavano migliaia di abitanti, essenzialmente agricoltori, artigiani e commercianti.

L'uso di ornamenti elaborati, di sculture e di figurine in terracotta, si diffuse ampiamente e apparvero i sigilli, la scrittura, la ceramica decorata; gli oggetti rituali, dovunque diffusi, mostrano una forte spinta all'integrazione culturale, che fece quasi del tutto sparire le precedenti differenze regionali.


LE CITTA'


Vista aerea della città alta di Mohenjo-daro

La tendenza ad una pianificazione urbana della civiltà della valle dell'Indo è evidente nei siti di maggiori dimensioni. Tipicamente le città sono suddivise in due zone: una prima zona con una piattaforma in terra sopraelevata, che i primi archeologi definirono "cittadella" e  una seconda zona, chiamata "città bassa" (suddivisione comune anche alle città greche più arcaiche).

 La rete stradale consisteva in un reticolo di strade principali (in senso nord-sud ed est-ovest), su cui si innestavano vicoli e stradine a servizio delle abitazioni. Le città più popolate arrivarono probabilmente a 30.000 abitanti.

Gli edifici principali erano costruiti in mattoni, cotti o crudi, di una forma fortemente standardizzata. Le case dovevano essere a due piani e comprendevano un vano per le abluzioni. L'acqua veniva ricavata dai pozzi esistenti nelle abitazioni, ma nelle città maggiori esisteva una rete per lo scarico delle acque, con condotti coperti che correvano lungo le vie principali, a cui si collegavano le stanze da bagno.

La pianificazione urbana mostra l'esistenza di un'organizzazione centrale: esistono strutture pubbliche (i cosiddetti granai, che sono tuttavia forse interpretabili come palazzi o centri amministrativi) e, a Mohenjo-Daro, è stata trovata una grande vasca di mattoni che potrebbe essere ciò che resta di un bagno pubblico.

Al contrario delle contemporanee civiltà della Mesopotamia e dell'Egitto, non sembrano esistere tracce di un potere centrale di tipo regale o sacerdotale e sembrano mancare tracce di eserciti o di opere difensive: le mura presenti in alcuni casi e la sopraelevazione della cosiddetta cittadella sembrano dovuti alla necessità di proteggersi dalle alluvioni dei fiumi piuttosto che dai nemici.

sembra che la maggior parte degli abitanti delle città fosse composta da commercianti o artigiani, che vivevano insieme in zone ben definite, secondo la loro attività. Sebbene alcune case siano più grandi delle altre, l'impressione che si ricava da queste città è quella di un grande egualitarismo, poiché tutte le case che avevano accesso all'acqua ed al trattamento delle acque di scarico.

L'AGRICOLTURA


Struttura in Mohenjo-daro con funzioni di granaio

Le pianure alluvionali, irrigate dallo scioglimento delle nevi nelle montagne e da stagionali piogge monsoniche consentirono lo sviluppo di una prospera agricoltura, integrata dalla pesca e dalla caccia e dalle risorse delle foreste, che assicuravano la sussistenza della popolazione urbana.

Poche notizie ci sono giunte circa la natura del sistema agricolo: tuttavia possono essere formulate alcune ipotesi.

Il sistema agricolo doveva essere altamente produttivo, per assicurare la sopravvivenza di una vasta popolazione urbana non impiegata primariamente nell'agricoltura stessa. Rispetto alla cultura Harappa antica dovettero esservi delle importanti innovazioni tecnologiche, tra cui probabilmente l'uso dell'aratro, ma non sembrano esservi tracce di un sistema di irrigazione e regolazione delle acque (che tuttavia potrebbe non essersi conservato a causa delle frequenti disastrose inondazioni dei fiumi).

Sembrerebbe dunque che non trovi applicazione nel caso della civiltà della valle dell'Indo l'ipotesi del "dispotismo idraulico", secondo la quale lo sviluppo di una civiltà urbana non potrebbe aversi se non per mezzo la produzione di un notevole surplus agricolo, permesso dall'introduzione di sistemi di irrigazione, e a sua volta questi inevitabilmente implichino la presenza di un potere centralizzato e dispotico, che abbia la possibilità di impiegare la forza lavoro di migliaia di persone. Come già detto manca invece nelle città ogni traccia di un potere regale. Inoltre il tradizionale sistema di coltivazione tuttora usato in Asia permette la produzione di un significativo surplus agricolo per mezzo della coltivazione del riso a terrazze, realizzato con il lavoro di più generazioni senza implicare forme di lavoro forzato o schiavitù: modalità simili potrebbero aver permesso lo sviluppo urbano della civiltà della valle dell'Indo.

IL COMMERCIO


Particolare di un sigillo con
scene di caccia

L'economia dipendeva in larga misura anche dal commercio, probabilmente facilitato da notevoli avanzamenti tecnologici nei trasporti: il carro tirato da buoi, molto simile a quello che troviamo tuttora in tutta l'Asia meridionale, e il battello fluviale, con fondo piatto, forse a vela, di nuovo abbastanza simile a quelli che navigano tuttora sull'Indo. Ci sono anche indizi di una navigazione marittima: gli archeologi hanno rinvenuto a Lothal un canale collegato al mare e un bacino artificiale d'attracco.

Alla luce della dispersione degli oggetti fabbricati dalla civiltà della valle dell'Indo, la sua rete commerciale doveva includere una zona molto vasta, dall'odierno Afghanistan, al nord e al centro dell'India, fino alle regioni costiere dalla Persia e alla Mesopotamia. I beni esportati includono perline ed ornamenti, pesi, grandi giare e probabilmente anche cotone, legname, grano e bestiame. Materiali che provenivano da regioni distanti erano utilizzati per la realizzazione di sigilli, di perline e di altri oggetti.

Un sistema decimale di pesi e di misure era utilizzato in tutta l'area e testimonia un'organizzazione e controllo dei commerci e forse anche l'esistenza di tassazioni. Le misure erano piuttosto precise: la misura più piccola di lunghezza, misurabile su una scala in avorio, è di 1,704 mm e il peso più piccolo è di 0,871 grammi.

Una forma di organizzazione economica sembra anche testimoniata dalla presenza di sigilli, con rappresentazioni di animali e di divinità e iscrizioni. Alcuni erano utilizzati per imprimere il sigillo sull'argilla, ma dovevano avere probabilmente anche altri scopi che però ci sono sconosciuti.

LA SCRITTURA


Frammento con alcuni ideogrammi

Nonostante diversi tentativi i ricercatori non sono ancora stati capaci di decifrare la forma di scrittura utilizzata da questa civiltà: la quasi totalità delle iscrizioni disponibili, sui sigilli o sui vasi di ceramica, non superano infatti i 4 o 5 caratteri, mentre la più lunga iscrizione ne comprende solo 26.

I segni conosciuti sono circa 400, ma si ritiene che alcuni di essi siano derivazioni con leggere modifiche o combinazioni di 200 caratteri principali. Si tratta probabilmente di una scrittura ideografica e questo rende difficile ipotizzare la lingua o la famiglia linguistica parlata: si ritiene più probabile l'ipotesi che si tratti di una lingua dravidica.

A causa della brevità delle iscrizioni alcuni ricercatori hanno suggerito che quelle conosciute non fossero una forma di scrittura vera e propria, ma un sistema d'identificazione delle transazioni economiche, paragonabile alla firma. È comunque possibile che siano esistiti testi più lunghi, ma che non ci siano pervenuti in quanto realizzati su materiale deperibile.

Un'iscrizione più estesa, scoperta recentemente, sembra fosse stata installata su un pannello al di sopra della porta della città di Dholavira. Si è formulata l'ipotesi che si trattasse di un pannello che informava i viaggiatori del nome della città, in modo simile ai cartelli di benvenuto che si trovano all' ingresso delle nostre città.

RELIGIONE & CREDENZE


Tomba nel cimitero H di Harappa

In mancanza di testi scritti le credenze di questa civiltà possono essere ipotizzate solo sulla base delle rappresentazioni sui sigilli (con divinità e scene di cerimonie) o alcune figurine di terracotta, forse utilizzate per scopi rituali.

In base alla grande quantità di figurine rappresentanti la fertilità femminile ritrovate, sembra che fosse venerata una "dea madre",

Le sepolture avvenivano in casse di legno ed erano accompagnate da una certa quantità di vasellame, che doveva contenere offerte di cibo, testimoniando la credenza di una vita dopo la morte. Nelle sepolture sono presenti semplici ornamenti personali, mentre quelli più elaborati dovevano essere trasmessi in eredità ai discendenti.

 

 

IL DECLINO E LA FINE

Verso il 1900 a.C. alcuni segni mostrano la comparsa dei primi problemi. Le città cominciarono ad essere abbandonate e gli abitanti rimasti sembrano avere avuto difficoltà a procurarsi cibo a sufficienza. Intorno al 1800 a.C. la maggior parte delle città erano state del tutto abbandonate.

Le popolazioni tuttavia non sparirono e negli stessi luoghi si svilupparono una serie di culture regionali che mostrano il prolungarsi, in gradi diversi, della medesima cultura. Una parte della popolazione migrò probabilmente verso est e le pianure del Gange. Tuttavia nei secoli successivi si perse la memoria della civiltà della valle dell'Indo e del suo nome, anche a causa della mancanza di imponenti monumenti in pietra le cui vestigia potessero trasmetterne il ricordo.

In passato si ritenne che questa fine, che appariva eccezionalmente brusca, fosse effetto dell'invasione delle popolazioni indoeuropee degli Arii, ma non sembrano esserci prove per appoggiare questa ipotesi.

Una delle cause di questa rapida fine potrebbe invece essere stata un cambiamento climatico importante: alla metà del III millennio sappiamo che la valle dell'Indo era una regione verdeggiante, ricca di foreste e di animali selvatici, molto umida, mentre intorno al 1800 a.C. il clima si modificò, diventando più freddo e più secco.

Il fattore principale fu la probabile sparizione della rete idrografica del Ghaggar-Hakra, identificato con il fiume Sarasvati, citato nel Rig Veda. Una catastrofe tettonica avrebbe potuto deviare le acque di questo sistema in direzione del Gange. In effetti le moderne fotografie satellitari permettono di identificare il corso di un fiume oggi scomparso nella regione e alcuni indizi lasciano pensare che eventi sismici di notevole entità abbiano accompagnato la scomparsa della civiltà della valle dell'Indo.

Se un grande fiume si fosse seccato al momento in cui la civiltà della valle dell'Indo era al suo apogeo, gli effetti sarebbero stati devastanti: si ebbero probabilmente notevoli movimenti migratori e la popolazione diminuì drasticamente in breve tempo, causando la fine di questa civiltà.

Il declino della civiltà della valle dell'Indo potrebbe essere stato accentuato anche dall'interruzione delle vie commerciali verso altri paesi (l'attuale Usbekistan e il Turkmenistan meridionali, la Persia e la Mesopotamia), causato dagli Indo-Arii, popolazioni indoeuropee, che si trovavano in Bactriana intorno al 2000 a.C. e che portarono il sanscrito in India, dove si installarono verso il 1700 a.C.

QUEL CHE E' RIMASTO

Le relazioni tra la civiltà della valle dell'Indo e la prima cultura del sanscrito, che produsse i testi dei Veda dell'Induismo, non sono chiare. È tuttavia degno di nota che i più antichi testi vedici menzionino il fiume Sarasvati e descrivano una società prossima all'utopia che viveva sulle sue rive. I testi più tardi fanno invece riferimento alla sua sparizione.

Alcune caratteristiche dell'attuale India sembrano avere dei lontani precedenti in quello che sembra possibile ricostruire di questa cultura, come ad esempio l'importanza che sembra attribuita alle abluzioni e alla pulizia del corpo e la sua apparente non-violenza.

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