LE ORIGINI
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Kathak è lo stile di danza classica dell'India del nord, prodotto
dall'interazione tra l'ambiente culturale della corte dell'impero mughal, la
dinastia di religione islamica che governa l'India dal 1526 al 1761, e la
tradizione hindu. Il nome kathak significa "colui che narra una storia (katha)"
e fa riferimento con ogni probabilità all'antica figura dell'aedo che nei
villaggi o in prossimità del tempio narrava storie della tradizione religiosa,
interpretandole con il movimento delle mani e l'espressione del viso. Fino al
X/XI secolo, lo stile di danza dominante nell'India del nord è lo stile
pan-indiano raffigurato nei rilievi dei templi, le cui caratteristiche sono
simili agli stili Bharatanatyam ed Urisi. Tuttavia, nel
periodo successivo, due elementi contribuiscono alla nascita di uno stile
originale. Innanzitutto l'avvento dell'Islam, che svincola la danza dall'aspetto devozionale e la porta all'interno della corte come arte pura, eseguita da
professionisti per fini puramente estetici e di intrattenimento. In secondo
luogo, a partire dal XIV secolo, la diffusione anche nel nord del movimento
devozionale hindu della bhakti (devozione). Da questo sincretismo
culturale trae origine lo stile Kathak. Analogamente agli altri stili
classici di danza, la tradizione Kathak vive un periodo di declino
durante la dominazione inglese dell'India, quando le
giovani danzatrici educate sia all'arte che alla convivialità sono messe al bando, in quanto ritenute
prostitute.
Solo negli anni cinquanta del XX secolo l'interesse per le forme artistiche
tradizionali include definitivamente il Kathak tra gli stili classici di
danza indiana. Esistono tre scuole (gharana) di riferimento per questo
stile; esse differiscono per alcune caratteristiche nella tecnica e nel
repertorio e prendono il nome dalle città in cui hanno sede: Lakhnau, Jaipur e Varanasi. Tra i più importanti esponenti dello
stile, si ricordano Birju Maharaj, che ha innovato la danza tradizionale con
rappresentazioni corali; Sitara Devi, molto nota e apprezzata anche come attrice
cinematografica; e Damayanti Joshi.
LA TECNICA
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La storia dello stile Kathak è documentata innanzitutto dalle
miniature eseguite presso la corte mughal, nelle quali è
presente un forte influsso persiano (visibile, per esempio, negli
abiti dei danzatori) che certamente ha influenzato l'evoluzione di
questo stile. Un'altra fonte importante, soprattutto per il periodo
più antico, sono le miniature e i manoscritti jaina del XV/XVI
secolo, in cui si trova testimonianza della transizione da uno stile
di danza simile all'Urisi, eseguito nei templi, a uno stile che si può
identificare con l'odierno Kathak, praticato nelle sale del palazzo di
corte. Tecnicamente, una prova significativa della avvenuta
transizione è la scomparsa nelle miniature mughal della postura
semiflessa (ardhamandali), ancora presente nelle pitture
jaina. La postura eretta è infatti una delle caratteristiche del
Kathak, insieme al particolare movimento dei piedi tenuti in
posizione samapada (con tutta la pianta che tocca terra) e all'esecuzione di
salti e piroette.
Il movimento ritmico dei piedi (tatkar) ha un ruolo centrale nella danza e proprio per la complessità e velocità di esecuzione è ciò che determina l'abilità del danzatore che deve controllare, con precisione matematica, il tempo di battuta dei piedi a terra. I salti (utplavana) e le piroette (chakkar) sono movimenti frequenti, a differenza di quanto accade negli altri stili. L'esecuzione di tre chakkar conclude generalmente una sequenza di danza, e culmina in una posa statuaria. La parte superiore del corpo si muove seguendo la linea delle spalle, senza un movimento completo del busto come accade in Bharatanatyam o Urisi. Nella parte espressiva (abhinaya), in cui sono narrati generalmente episodi della vita del dio Krishna e della sua consorte Radha, mutuati dalle storie della tradizione devozionale vishnuita, sono eseguiti anche movimenti del viso (mukhaja abhinaya), in particolare delle sopracciglia, altrimenti poco utilizzati. Anche i movimenti delle mani (hasta) sono in numero limitato rispetto a Bharatanatyam e Urisi e non sono importanti quanto, invece, i movimenti e gli schemi tracciati dai piedi.
L' ESIBIZIONE
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La performance tradizionale di Kathak vede un danzatore o una
danzatrice solista, affiancati da musicisti e circondati dal pubblico.
Nella prima parte (amada), l'artista entra in scena ed esegue
un pezzo di danza pura detto thata. Seguono tre generi di
composizioni ritmiche, tukra, tora e paran,
eseguite in un tempo crescente. Le sillabe che accompagnano il
movimento (bol) sono recitate qui dal danzatore o dalla
danzatrice stessi; a differenza di Bharatanatyam, è l'esecutore
- e non il maestro - a dare il ritmo che le percussioni, generalmente
tabla o pakhavaj, devono seguire. Nella porzione di
danza detta parhant il danzatore o la danzatrice esegue
movimenti scanditi dalle sillabe; il suono delle sillabe è messo in
relazione con l'aspetto tandava (virile) o lasya (aggraziato) della danza e varia da scuola a scuola. La parte in cui
maggiormente emerge il virtuosismo dell'artista è, come si è detto,
tatkar, che consiste nell'esecuzione di rapidi movimenti dei
piedi; mantenendo la parte superiore del corpo perfettamente statica,
l'artista cerca di fare risuonare i campanelli delle cavigliere con
movimenti minimi delle gambe. Come si è visto, la danza espressiva (abhinaya)
si basa sulla narrazione di storie della tradizione vishnuita
attraverso la gestualità delle mani (hasta abhinaya) e del viso
(mukhaja abhinaya). L'abhinaya si esprime in
composizioni musicali (bhava) o poetiche (thumri), in
cui una certa importanza è attribuita all'interpretazione personale e
all'improvvisazione.
In genere, il costume di scena della danzatrice comprende una sari portata sopra stretti pantaloni (churidar) con la parte
inferiore che forma un'ampia gonna lunga fino alle caviglie, una stola
decorata con fili dorati, portata sopra la blusa e le cavigliere con i
campanelli (nupur).