La dichiarazione di indipendenza
Alla fine della guerra dei Sette anni (1756-1763), la Gran
Bretagna, risultò essere la maggiore potenza e dominatrice assoluta sui mari, ma
nonostante ciò la corona inglese si ritrovò a dover sostenere enormi spese di
guerra e la responsabilità di amministrare e difendere i nuovi territori
acquisiti in Nord America.
Allo scopo di far contribuire alle spese dell'impero anche i coloni, il
Parlamento inglese, nel marzo del 1765 impose una tassa di bollo su tutti i
documenti legali, i contratti, le licenze, anche giornali, opuscoli, carte da
gioco ecc., stampati in terra americana.
L'imposta provocò una forte opposizione tra i coloni. Normalmente, infatti,
erano le assemblee locali ad emanare leggi fiscali e di organizzazione della
sicurezza interna; tale legge venne quindi percepita dai coloni come un
tentativo di limitare i loro piani di autogoverno.
La situazione precipitò, e così il governo ritirò ogni altra imposizione, fuorché una lieve tassa sul tè, la cui importazione in America venne data alla Compagnia delle Indie, per favorire questo potente gruppo capitalistico. La prima nave della Compagnia delle Indie che si presentò al porto di Boston venne assalita da un gruppo di cittadini travestiti da indiani, che ne rovesciarono il carico in mare. Il governo adottò misure di punizione contro la città ed in risposta i patrioti americani riunirono i rappresentanti di tutte le coloni a Philadelphia nel settembre del 1774 nel primo Congresso continentale per stabilire una linea d'azione comune e definire i diritti delle terre d'America e i limiti dell'autorità del Parlamento di Londra.
Inutilmente, Benjamin Franklin, che si era recato in missione in Inghilterra per conto delle colonie, tentò di far recedere il parlamento alle sue decisioni. Il presidio inglese di Boston inviò una colonna nelle campagne circostanti, per sequestrare le armi di cui gli abitanti cominciavano già a provvedersi. Nell'aprile 1775, mentre si dirigeva verso Concord, nel Massachusetts, per distruggere le riserve di polvere da sparo dei coloni americani, un contingente britannico, sotto la guida del generale Thomas Gage, si scontrò a Lexington con un gruppo di 70 volontari. Non si sa quale delle due parti abbia scatenato la battaglia, ma gli otto coloni morti nello scontro furono i primi caduti della guerra d'indipendenza americana.
Questi sviluppi determinarono, da parte dei coloni la
costituzione di un esercito che venne posto sotto il comando di George
Washington, nel 1776, quando a Philadelphia si riunirono i rappresentanti delle
colonie, che costituirono un parlamento (il Congresso).
Tuttavia, tra i delegati era ancora prevalente una volontà di riconciliazione
con la Gran Bretagna ed infatti essi riaffermarono la lealtà al Re, chiedendogli
però di ritirare le truppe.
Intanto gli inglesi asserragliati a Boston, ricevuti rinforzi via mare, avevano
conseguito una netta vittoria sugli americani che non servì tuttavia a rompere
l'assedio della città. Dopo la sanguinosa battaglia di Bunker Hill, le truppe
inglesi dovettero evacuare Boston, facendo di New
York la base delle loro operazioni. Ma occorreva togliere al governo la
possibilità di trattare gli americani come ribelli, anziché come belligeranti
regolari: occorreva altresì definire ideologicamente la Rivoluzione, come
esortava a fare il democratico inglese Tom Paine (1737-1809), accorso fra gli
insorti, auspicandone nel suo famoso scritto Common Sense la completa
rottura con la monarchia.
Le notizie sulla battaglia e sulle richieste del Congresso raggiunsero Londra
contemporaneamente. Senza prendere in nessuna considerazione le richieste dei
coloni il Re, Giorgio II dichiarò guerra ai ribelli.
In risposta alle decisioni inglesi il Congresso continentale emanò la
Dichiarazione d'indipendenza (4
luglio 1776), con la quale le colonie si costituivano in stati liberi e
indipendenti, impegnandosi a respingere l'invasione di quella che veniva ormai
considerata una potenza straniera.
La guerra d’Indipendenza americana (1776-83) si presentava assai difficile per Washington. Il governo inglese disponeva di forti contingenti di truppe regolari, spesso formate da mercenari tedeschi, bene equipaggiati e appoggiati da una potente flotta. Il Congresso aveva reclutato un esercito continentale, che tuttavia si riduceva a poche migliaia di volontari, male armati e peggio equipaggiati, arruolato con ferme così brevi da minacciare continuamente a Washington di rimanere senza soldati. V’era inoltre la milizia locale dei singoli stati, che interveniva solo occasionalmente nella guerra, prendendo le armi per pochi giorni e sciogliendosi subito dopo, perché ognuno potesse tornare al proprio campo. Solo l’indomita energia e il prestigio personale di Washington poterono consentire a quella parvenza di esercito di tenere il campo durante lunghi anni.
Con il trattato di Parigi (1783) l’Inghilterra riconobbe l’indipendenza degli Stati Uniti e restituì alla Spagna la Florida; conservò invece il Canada, i cui abitanti erano rimasti estranei alla Rivoluzione.