La mattina 7 Dicembre 1941,
la base navale di Pearl Harbour americana venne attaccata senza
dichiarazione di guerra dai giapponesi, che impiegarono ben 424 aerei, imbarcati
su 6 portaerei. Se i nipponici persero soltanto 27 velivoli, per contro gli
americani persero ben 8 corazzate, 3 incrociatori, 3 cacciatorpediniere e
numeroso altro naviglio minore, oltre a 150 velivoli
della
Marina e 180 velivoli distrutti al suolo, e ben 2340 uomini; molti di più furono
i feriti ed i dispersi. Ciò che aumentò l’orrore per la tragedia, fu ch’essa
avrebbe potuto essere evitata. Soltanto dopo la fine della guerra si seppe che
il Governo americano era stato preavvertito della possibilità di un attacco,
anche se non se ne conosceva con esattezza il tempo ed il luogo. Si sapeva
inoltre che la guerra, presto a tardi, sarebbe scoppiata. A Washington questa
era una certezza, ma che il Giappone si arrischiasse a colpire una base così
vicina all’America e, secondo le valutazioni dell’epoca, inespugnabile, questo
appariva come assolutamente impossibile.
Fu così che, la migliore parte della Marina Militare
statunitense venne messa
fuori
combattimento e tutta la zona del Pacifico Meridionale ed Occidentale e
dell’Asia Orientale, rimase senza difesa alcuna, e quindi inerme, di fronte
all’avanzata giapponese, soprattutto dopo l’esito altrettanto favorevole della
battaglia navale di Kuantan, del 10 Dicembre 1941, contro gli inglesi, che diede
via libera ai nipponici per la conquista dell’Indonesia, dell’Indocina, della
Birmania e della Nuova Guinea. La marina americana però si riprese ben presto e
ritornò, nel giro di pochi mesi, ad essere padrona del Pacifico.
I motivi dell'aggressione devono essere ricercati
nell'embargo sull'olio e i minerali di ferro imposto al Giappone dagli Stati
Uniti il 26 luglio del 1941, due giorni dopo l'invasione giapponese dell'Indocina
Francese, oggi Repubblica Socialista del Vietnam.
Dopo Pearl Harbor si scatenò in tutta l'America una violenta
forma di razzismo nei confronti dei giapponesi-americani che sfociò
nell'internamento degli americani di origine giapponese in veri e propri campi
di concentramento.