Con l'espressione "lavoro minorile" si fa riferimento a prestazioni di lavoro svolte da bambini o adolescenti, siano quelle domestiche sia quelle di cura, lavoro esterno, lavoro forzato o attività illecite, come la prostituzione o la produzione per l'industria pornografica. Si è soliti distinguere tra child labour e child work; la prima espressione indica il lavoro "sfruttato", svolto di solito dal bambino all'esterno del nucleo familiare con modalità che impediscono la frequenza scolastica e caratterizzato spesso da basso salario, mansioni rischiose; con il secondo termine si fa riferimento ai lavori "non lesivi", solitamente realizzati dal bambino per la propria famiglia e, in genere, non ostacolano la frequenza scolastica. Gli interventi legislativi che si sono susseguiti negli anni, sia in ambito nazionale che internazionale, hanno avuto lo scopo di introdurre normative per preservare la salute, l'integrità fisica e psichica dei minori in caso di un loro utilizzo lecito, mentre in ipotesi di utilizzo illecito intervenissero a fini di prevenzione e repressione del fenomeno. La Dichiarazione dei diritti del fanciullo si fonda su cinque principi: il
bambino ha diritto ad uno sviluppo mentale e fisico, a essere nutrito, curato, riportato ad una vita normale se demoralizzato, accudito e aiutato se orfano. Il giorno dopo la fine della seconda guerra mondiale l' Assemblea delle Nazioni Unite con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo porse le basi per la tutela dei diritti umani con un'attenzione speciale ai bambini che, in ragione della non compiuta maturità fisica e intellettuale>> necessitano <<di protezione e cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita. Nel 1996 vennero approvati due importanti trattati: il Patto sui diritti civili e politici e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali. Nel primo documento, all' art.8, viene sancito il diritto di ogni individuo a non essere tenuto in condizioni di schiavitù e servitù e vengono banditi tutti i tipi di lavori forzati. Nel secondo documento, l'art.10 fa specifico riferimento al lavoro minorile affinchè gli stati s'impegnino a tutelare i minori contro ogni forma di sfruttamento. Nel corso degli anni l'impegno delle varie organizzazioni internazionali ha allargato il campo di intervento. Pertanto, alla politica elaborata dall' ILO, portata avanti tramite la promulgazione di convenzioni e interventi sul campo relativamente al lavoro minorile si sono affiancati interventi di altri organi internazionali atti ad introdurre una tutela sempre maggiore dei minori in tutti gli aspetti della loro vita sociale. In questa ottica il 20 novembre 1989, l' Assemblea generale delle Nazioni Unite approva la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, che analizza il mondo dell'infanzia in tutti i suoi molteplici aspetti. Questa convenzione, infatti, non si limita a una dichiarazione di principi generali, ma, se ratificata, rappresenta un vero e proprio vincolo giuridico per gli stati contraenti, che dovranno uniformare le norme di diritto interno a quelle della Convenzione per far sì che i diritti e le libertà in essa proclamati vengano resi effettivi. In primo luogo, il testo convenzionale elenca una serie di diritti che devono essere riconosciuti al minore, al fine di garantire uno sviluppo equilibrato e armonioso della persona, considerando strettamente interconnesse tutte le disposizioni inerenti al riconoscimento e all' affermazione dei diritti fondamentali dei minori, quali lo studio, la salute, il riposo, lo svago e la presenza di un ambiente sano in cui crescere. A tale scopo, la Convenzione ribadisce come ai minori debba essere garantito sempre e comunque il diritto all' istruzione e un'adeguata protezione da qualsiasi tipo di sfruttamento economico o comunque da tutti quei lavori che possano pregiudicarne lo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale. La stessa Convenzione attribuisce agli stati il compito di adottare specifiche misure volte a tutelare, in maniera efficace, i minori lavoratori nonchè quello di stabilire un'età minima di accesso al lavoro, una regolamentazione appropriata dell'orario e delle condizioni di lavoro e di prevedere un sistema sanzionatorio capace di assicurare il rispetto degli obblighi assunti. Nel nostro ordinamento la fonte principale di disciplina del lavoro minorile è rappresentata dall' art.37, co.2, della Costituzione secondo cui <<la legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato>> e il co.3 dello stesso articolo, secondo cui <<la repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce a essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione>>(Assanti, 1968: 365; Treu, 1979: 204).
Con tali normative, il legislatore costituente ha avvertito l'esigenza di una regolamentazione del lavoro minorile specifica e separata da quella delle donne, in quanto l' attività svolta dai minori è stata ritenuta meritevole di un' attenzione particolare in considerazione della delicata fase di sviluppo e formazione della personalità. Il dettato della Costituzione nel corso degli anni è stato arricchito dall' opera interpretativa della giurisprudenza, in particolare in relazione a quella parte dell' art.37, co.3 della Costituzione in cui si impone di corrispondere ai minori, a parità di lavoro, un trattamento pari a quello spettante ai lavoratori maggiorenni (Olivelli, 1978:I,251).