di Lucrezia Trombella
Odisseo era seduto sulla riva del mare, intento a scrutare il cielo rosato. Quello era il mio posto preferito e non avevo alcuna intenzione di farmelo soffiare da un omuncolo impotente.
punta Epitaffio, Campi Flegrei |
Mi diressi verso di lui, intenzionato a riprendermi il mio luogo per la riflessione serale, quando mi accorsi che non stava esaminando il cielo, bensì l’orizzonte, come se volesse avere anche ciò che gli era negato, ciò che gli dei nascondono al genere umano; mi stupii poiché egli non era uomo da trasgredire la legge divina. “Avvicinati pure, Polifemo: non aver paura di sederti qui accanto a me” disse d’improvviso Odisseo. “ Non ho certo paura di un ometto debole come te” sbuffai io.
“ Credevo che l’esperienza ti avesse insegnato qualcosa, amico” disse lui con ironia. Poi si avvicinò agli occhi un oggetto strano che sembrava formato da due bicchieri attaccati, con le estremità chiuse da dischi di vetro. Mi lascia cadere pesantemente accanto a lui.
“ Non sono tuo amico”.
“ Oh, andiamo… alcune cose col tempo cambiano”
“ Altre no” tagliai corto io. Lo guardai e scoprii che stava sorridendo sotto i baffi; sentii la rabbia crescere in me ma cercai di soffocarla, tuttavia non riuscii a trattenermi dallo strappargli di mano quel suo strano oggetto e dall’esclamare con stizza:
“ E cos’è questo stupido coso che ti porti appresso?”. Lo presi e lo portai agli occhi, ma non era fatto per quelli che come me avevano un occhio solo così non riuscii a vedere quello che aveva destato un così particolare interesse da parte di Odisseo.
“ Inutile aggeggio” sbottai scaraventandolo sulla spiaggia.
Odisseo lo raccolse e disse pazientemente:
“ Si chiama binocolo. Serve per vedere ciò che è più lontano”.
“ E’ impossibile. Le cose che sono lontane restano lontane, nessuno è in grado di avvicinarle” gli risposi al colmo dell’esasperazione. Che idee balzane aveva ogni tanto quell’Odisseo!
“ Prova tu” mi invitò lui porgendomi un oggetto simile al binocolo, formato però da una sola lente.
“ Avanti- disse- Questo si chiama cannocchiale: è un po’ più antico del binocolo, ma va bene lo stesso”.
Accostai diffidente la lente all’occhio e tutto ciò che mi era vicino scomparve, per mostrarmi una terra che non avevo mai visto.
Era verde e lussureggiante,con molte piante dal fusto lunghissimo e solo in cima foglie verdi; dove il fusto si congiungeva alle foglie vi erano smisurate uova pelose marroni.
L’acqua scorreva in ruscelletti tranquilli e qualche capra era intenta a brucare qua e là l’erba rigogliosa.
“ Ti piace quello che stai vedendo, vero?” mi chiese Odisseo.
“ E’ meravigliosa…vorrei trasferirmi con le mie capre e vivere lì per sempre” dissi senza smettere di contemplare quel luogo degno degli dei.
“ Eppure se il tuo occhio fosse spostato un pochino più a destra come il mio, forse ritorneresti sulla tua decisione” disse quasi sussurrando Odisseo.
“ Che cosa vuoi dire? Quel luogo, come tutto quel mondo dunque, è assolutamente fantastico”.
“ Per fare le tue osservazioni ti basi su ciò che ti mostra un misero cannocchiale e…”
“ Guarda!” esclamai interrompendo Odisseo.
Era arrivato un uomo nel luogo che stavo osservando. Era alto e possente, con una folta capigliatura scura e occhi marroni: mi ricordava nell’aspetto il valoroso Ettore. Senza dubbio era come lui un eroe forte e imbattibile, perché solo gli eroi sono dotati di tale bellezza.
“ Quel mondo non ha dimenticato gli eroi di Ilio… oh, bei tempi erano quelli in cui si combatteva sotto le mura di Troia, vero?” dissi infervorato ad Odisseo, che mi rispose con un “sì” triste e stanco.
Ora tra le braccia dell’uomo vi era una ragazza talmente bella che la stessa Galatea scompariva al suo confronto: la pelle della ninfa sembrava scura e immagino che la sua voce suadente sarebbe sembrata il verso di una cornacchia se paragonata a quella della fanciulla intenta a contemplare il giovane eroe.
A.Rodin, Amore e Psiche, particolare |
Si dissero qualcosa, non afferrai le parole, poi si baciarono appassionatamente.
Qui interruppi la mia visione e sorrisi appagato.
“ Vivere in quel mondo è ciò che ogni persona può desiderare- dissi ad Odisseo. – Una terra sempre rigogliosa, uomini forti e valorosi e donne bellissime che si innamorano di te appena ti vedono… coloro che vivono laggiù devono essere uomini che hanno davvero raggiunto la pace e la serenità assoluta e non devono avere preoccupazione alcuna. Come vorrei essere al loro posto” sospirai.
Poi mi voltai verso Odisseo e rimasi sorpreso nel constatare che sembrava più vecchio e stanco del solito: aveva un’aria triste e ancora scrutava l’orizzonte, ma il suo binocolo, quello strumento meraviglioso che poteva metterci in contatto col mondo soprannaturale che avevo appena visto, era abbandonato sulla spiaggia, a pochi metri da lui.
“ Davvero li invidi? Davvero vorresti essere al posto di quegli uomini che tu giudichi felici in tutto e per tutto e senza preoccupazione alcuna?” mi chiese Odisseo senza distogliere lo sguardo.
Lo guardai strabiliato.
“ Certo che sì! Un mondo intero senza guerra, dolore o tristezza”.
Lui mi guardò sorridendo, con quel suo sguardo di alcune volte che racchiude pietà e rimprovero.
“ Mio povero amico… mio povero, ingenuo amico; tu credi di sapere tutto su un mondo che hai osservato da un occhio solo e quindi irrimediabilmente solo a metà. Sei sicuro di conoscere esattamente il gusto d’una cosa che in realtà hai appena annusato”.
Mi diede in mano il binocolo.
“ Guarda attraverso questo strumento; - mi disse- tienilo un po’ distante da te e cerca di guardare in entrambe le lenti, poi dimmi cosa vedi”.
Accostai il binocolo al mio occhio, ma questa volta lo tenni un po’ più lontano di quella prima e la visione si allargò facendomi notare ciò che prima il mio unico occhio non aveva potuto vedere.
Attorno alla terra perfetta si estendevano a perdita d’occhio dune di sabbia bianca e in lontananza non si intravedeva neppure un arbusto.
Intorno all’oasi erano radunati molti uomini dall’aria feroce che avevano in mano uno strano oggetto che era in grado di uccidere tante persone soltanto voltandosi verso di loro.
Non era vero. Non poteva essere vero! In quel mondo vi era una serenità perfetta e ciò che ora vedevo non poteva che essere frutto della mia immaginazione oppure qualche inganno di Odisseo.
Tornai a puntare il mio sguardo nel luogo dove avevo intravisto il giovane e la fanciulla, alla disperata ricerca di certezze che mi erano state sottratte ma vidi che l’uomo era steso a terra, con la gola squarciata e la donna, inginocchiata accanto a lui, teneva alto un coltellaccio intriso di sangue nero, ridendo isterica.
M.P.Campagna, Batticuore, 1998 |
Staccai il binocolo dagli occhi e lo gettai lontano.
“ Allora amico mio, si può avere la verità guardando in una sola direzione?” mi disse calmo Odisseo. Io mi limitai ad abbassare la testa.
Mi batté una mano sulla schiena.
“ Andiamo”.
Ci alzammo, io e il vecchio figlio di Laerte, e ci incamminammo verso casa, lasciandoci alle spalle le onde che si infrangevano sulla spiaggia e il rumore dei corvi che svolazzavano nel cielo rosa del tramonto.