Aids - 23 milioni i sieropositivi

L'Aids potrebbe cancellare, nel giro di un decennio, il continente nero. Farmaci troppo costosi, scarse campagne di prevenzione, istituzioni indifferenti sono le cause della "peste" del duemila.


il continente africano è afflitto
da molte malattie infettive

Un rapido spopolamento potrebbe interessare i paesi africani nel prossimo decennio. È l'agghiacciante ipotesi emersa dalla XIII Conferenza internazionale sull'Aids svoltasi nel luglio scorso, in Sudafrica. Botswana, Zimbabwe, Zambia, Malawi, Namibia e Swaziland sarebbero gli Stati più a rischio, si calcola che la speranza di vita potrebbe scendere a 45 anni tra il 2005 e il 2010.
I dati dell'Unaids, il Programma delle Nazioni Unite per la lotta all'Aids, parlano chiaro: 23 milioni 300 mila persone affette da Aids conclamato nell'Africa subsahariana, contro il dato complessivo di 33 milioni di persone affette dal male nel mondo. Sempre in Africa nera, nel solo '99, si sono contati 10 milioni e 700 mila orfani a causa dell'Aids. E i numeri non danno tregua: Kenya 2.100.000, Sudafrica 4.200.000, Zimbabwe 1.500.000, Nigeria 2.700.000, solo per citare alcuni dei paesi costretti a vivere fianco a fianco con il problema Aids.

Donne più a rischio

Troppo spesso a pagare il prezzo più alto sono i giovani, di età compresa tra i 10 e i 24 anni e ancor più le giovani donne, a causa delle discriminazioni cui sono sottoposte e della mancanza di istruzione. Il Rapporto Unicef  '99 mette in evidenza come un uomo sieropositivo può curarsi intrattenendo rapporti sessuali con una ragazza vergine: da ciò derivano ulteriori, drammatiche conseguenze per le giovani donne. Gli uomini più anziani, che inducono spesso con la forza le giovani donne a intrattenere rapporti sessuali, costituiscono la principale causa di infezione per le adolescenti. Contrastare l'Aids in Africa significa fare i conti con tradizioni culturali e comportamenti radicati, come una vita sessuale precoce e promiscua, inoltre, l'utilizzo del profilattico come strumento di prevenzione, salvo rare eccezioni, è pressoché inesistente.

Ma qualcosa funziona

Le campagne di prevenzione segnano il passo. Dalla Iª Conferenza su Aids svoltasi in Namibia, è emerso che le conseguenze sociali del virus hanno un impatto doloroso sulla situazione occupazionale nel continente. Dalla conferenza è emerso che l'Aids non deve essere considerata soltanto una malattia, ma anche una catastrofe per lo sviluppo. Molte fabbriche hanno circa il 25% di salariati che sono sieropositivi, uomini e donne compresi tra i 20 e i 40 anni. Le conseguenze della diffusione della malattia sono enormi: produttività limitata e costi elevatissimi per istruire il personale che dopo pochi mesi muore. Ancora, un'inchiesta realizzata in alcune grandi imprese agricole del Kenya ha mostrato che l'Aids e la conseguente morte sono le cause principali del ritiro degli operai dall'attività. Sempre in Kenya, interi villaggi sono stati decimati delle generazioni comprese fra i 16 e i 50 anni e i superstiti sono prevalentemente orfani e anziani.
Se in Senegal sono state attivate "reti di prevenzione" sui luoghi di lavoro, in Tanzania non esiste attività di prevenzione a causa della scarsa disponibilità di risorse economiche.  Gli stessi risultati però, a parità di intervento, non sono stati riscontrati in Malawi, Zambia e Kenya. Anche il test per l'Hiv è una risorsa ancora da incrementare, infatti, benché abbia un costo basso, molti dei cosiddetti paesi in via di sviluppo non dispongono ancora di kit affidabili e sicuri.


Un bambino affetto dal morbo

Un vaccino?

La lotta all'Aids muove da anni, nel mondo, scienziati e ricercatori verso la messa a punto di un vaccino che scongiuri per sempre la malattia. Uno studio clinico condotto in Sudafrica, Uganda e Tanzania tra più di mille persone ha permesso di dimostrare che la somministrazione del farmaco Azt a madre e figlio nella fase precedente e successiva al parto è in grado di ridurre del 37% il rischio di trasmissione verticale dell'infezione. Eppure, anche questi promettenti risultati potrebbero rivelarsi vani a causa dell'elevato costo del medicinale, anche se una prudente speranza deriva da un altro farmaco, la nevirapina, che fornirebbe lo stesso risultato dell'Azt a un costo notevolmente più basso.
Anche l'Italia è in prima linea nella ricerca. Un gruppo di ricercatori dell'Istituto superiore di sanità ha messo a punto un vaccino con un doppio protocollo, terapeutico e preventivo, che potrebbe partire presso gli ospedali in Uganda.


Iniziativa per cercare di combattere il virus

Lavoriamo per eliminare la povertà attraverso la collaborazione con organizzazioni locali e governi e la sensibilizzazione delle istituzioni sia nel Nord che nel Sud del mondo.

Obiettivo è rafforzare il movimento anti-povertà costruendo alleanze e spingere le istituzioni a cambiare le politiche  verso una maggiore protezione dei più emarginati.

Siamo a fianco delle comunità per sensibilizzare e fare prevenzione sull'AIDS: le organizzazioni locali con le quali lavoriamo sono impegnate quotidianamente per migliorare le condizioni di vita dei malati, per sostenere i milioni di orfani dell'AIDS e le donne vittime della violenza e del virus.

 

Alcuni risultati

Da vicino


Grace Mungumani è sieropositiva. Per molto tempo il suo problema non è stato l'AIDS ma la povertà. La sua vita è cambiata grazie ad un progetto di micro-credito che le ha permesso di avviare un chiosco e comprare una bicicletta. Ora gli affari vanno bene e sono cambiate anche le prospettive di Grace: "Tutto questo ha migliorato la mia salute e quella di mio figlio. Sono riuscita a ripagare il prestito avuto ed ora non sono più una mendicante. Lunga vita ad ActionAid International per avermi dato i mezzi per combattere la povertà... perché la povertà uccide più velocemente dell'AIDS.

(Grace Mungumani- Uganda)

 

 

 

 


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