GLI ESORDI
Al Capone tra il 1917 e il 1918 |
Figlio di emigranti di Castellammare di Stabia, il barbiere
Gabriele Caponi (il cui cognome fu modificato forse per errore
dall'anagrafe americana) e Teresa Raiola, Al Capone crebbe in un
ambiente degradato, avendo presto contatto con piccole gang di
microcriminalità minorile, e fu compagno di scuola di Salvatore
Lucania, oggi meglio noto come Lucky Luciano. Fu espulso dalla
scuola dopo aver aggredito e percosso un docente, ed entrò a far
parte della banda dei "Five Pointers" di Frankie Yale.
Fu in questo periodo che gli fu attribuito il soprannome di
"Scarface", a causa di una vistosa cicatrice sulla guancia
sinistra causata da coltellate che gli furono inferte da Frank
Galluccio, sulla cui sorella Capone aveva espresso commenti
pesanti.
Al Capone tra il 1917/18 lavorando per Frankie Yale, Capone fu
arrestato una prima volta per reati contravvenzionali, poi
uccise due uomini, ma protetto dall'omertà non ne fu mai
accusato. Nel 1919, dopo aver gravemente ferito un esponente di
una banda rivale, Yale lo inviò a Chicago, Illinois, per calmare
le acque. Qui Capone si mise al servizio di Johnny Torrio,
vecchio sodale di Yale nonché nipote di Big Jim Colosimo (altro
noto gangster italo-americano, esponente di punta della "Mano
Nera").
Torrio ne intravide le "qualità" e gli affidò la gestione delle
scommesse clandestine e presto Capone sarebbe divenuto il suo
braccio destro, acquisendo la gestione di tutte le attività
illegali della banda. In violazione di una lunga tregua, Torrio
fu vittima di un attentato perpetrato dalla gang rivale guidata
da Dean O'Banion; gravemente ferito e psicologicamente scosso,
il boss passò lo scettro del potere ad Al Capone con unanime
consenso degli interessati (anche della banda rivale), che lo
chiamavano ora "the big fellow".
GLI ANNI DEL SUCCESSO
Foto segnaletica di Al Capone |
Il "successo" (dal suo punto di vista) fu tale che alla
sovranità sul crimine di Chicago e dintorni, Capone poté presto
affiancare anche una posizione di supremazia economica e di
potere sulle aree di sua influenza.
Investì infatti parte dei ricavati delle attività illecite in
attività del tutto legali, separando le gestioni contabili e
potendo quindi contare su introiti di copertura (ma non meno
rilevanti di quelli originari). Venuti che erano gli anni del
proibizionismo, la copertura gli consentiva di avere più agevole
accesso agli ambienti istituzionali, nei quali doveva
procacciarsi con la corruzione la protezione politica che
consentisse al business degli alcolici di prosperare.
Uno dei politici sul suo libro-paga era il sindaco William "Big
Bill" Hale Thompson, Jr., il quale, ad un dato momento, gli
consigliò di lasciare la città. Chicago era infatti sotto i
riflettori di tutta la nazione per il tasso di criminalità e per
l'impudenza ormai leggendaria delle gang, e Capone stesso - sia
pure senza che nessuna specifica accusa gli fosse stata
ufficialmente mossa - era popolarmente considerato il maggior
responsabile di questo malsano clima.
Capone contribuiva in effetti non poco a rendere la metropoli
animata, ordinando innumerevoli omicidi (spesso di testimoni di
crimini) ed anzi avendo ideato per queste operazioni una tecnica
specialistica consistente nel prendere in locazione un
appartamento di fronte alla casa della vittima e facendola
colpire con fucili di precisione da selezionati cecchini.
LA STRAGE DI SAN VALENTINO
La strage di San Valentino |
Sempre opera di Capone, che nel frattempo si era trasferito in Florida, fu
la cosiddetta "strage di San Valentino", con la quale il 14
febbraio del 1929 cinque dei suoi uomini irruppero travestiti da
poliziotti in un garage al 2122 di North Clark Street, sede del
quartier generale dei Northsiders, gang capeggiata in passato da
Dean O'Banion e guidata poi da George "Bugs" Moran, principale
concorrente di "Big Al" nel mercato degli spiriti; allineati i
sette presenti lungo un muro, come per un normale controllo di
polizia, li fucilarono alla schiena. L'episodio resta a
tutt'oggi uno dei più cruenti regolamenti di conti della storia
della malavita.
Ad alimentare però una certa mitologia di Capone, vennero alcune
iniziative che si sarebbero potute dire demagogiche, sebbene
pare che effettivamente fossero mosse da animo sincero: la
gravissima crisi economica del 1929 aveva spinto sul lastrico
milioni di americani, letteralmente costretti alla fame, e
Capone ordinò alle sue aziende "lecite" della ristorazione e
dell'abbigliamento di distribuire gratis cibi e vestiti a chi ne
avesse bisogno.
Ciò non evitava che l'espansione del suo impero criminale
proseguisse con violenza, addirittura con l'acquisizione armata
di nuovi insediamenti come il suburbio di Forest View, subito
popolarmente rinominato in "Caponeville", nel quale gli uomini
della sua gang giravano armati per le strade quasi fossero una
forza di polizia. Qui, sempre nel 1929, lo stesso Capone fu
arrestato per possesso illegale di un'arma da fuoco.
LA CADUTA
Al Capone lascia la Corte nel 1931 |
Nel 1930 Al Capone, che da poco era entrato nella lista dei
maggiori ricercati dell'FBI, fu dichiarato "nemico pubblico
numero 1" della città di Chicago.
Studiando il modo di neutralizzarlo, visto che non si riusciva
ad attribuirgli crimini diretti per la sua esperta capacità di
organizzarli (oltre che per la protezione omertosa, per cui era
sempre munito di alibi), si dibatté in America circa
l'opportunità di tassare i redditi provenienti da attività
illecita. Ottenuto l'avallo legislativo, si assegnò al caso una
squadra di agenti federali dell'ufficio delle imposte, comandata
da Elliot Ness e composta da un pool di super-esperti, e ancor
meglio, di incorruttibili funzionari che si erano guadagnati il
nomignolo di "Intoccabili" (The Untouchables").
Questi si misero alle costole di Capone analizzando ogni più
piccolo movimento finanziario sospetto, ma Capone non aveva
nulla di intestato, agiva sempre con prestanome e le contabilità
illecite erano gestite con cifrari, perciò il boss restava
sufficientemente tranquillo. Finché non si trovò, per caso, un
piccolo bigliettino nel quale il nome di Capone era citato. Fu
la chiave di volta dell'intera operazione, potendo quel piccolo
errore essere sfruttato per porre in collegamento fra loro molte
altre prove raccolte ed allestendo quindi un piano accusatorio
alquanto vasto, tradottosi nel rinvio a giudizio per evasione
fiscale, con 23 capi d'accusa.
La difesa di Capone propose un patteggiamento, che fu però
rifiutato dal giudice. Provò allora a corrompere la giuria
popolare, e forse stava riuscendo nell'intento, ma questa fu
sostituita all'ultimo momento, la sera prima del processo, da
una completamente nuova. La nuova giuria lo giudicò colpevole
solo di una parte dei reati ascrittigli, comunque abbastanza
perché gli fosse irrogata una condanna a 11 anni di carcere ed
una multa pesantissima.
LA FINE
Inviato ad Atlanta, Georgia, dov'era forse la più dura delle
carceri statunitensi, Capone vi si accomodò senza grandi
fastidi, ottenendo con la corruzione lussi e privilegi e, di
fatto, la possibilità di continuare a governare i suoi interessi
anche dalla reclusione. Per questo fu poi inviato ad Alcatraz,
dove la gestione fu più seria, tutti i contatti con l'esterno
vennero davvero interrotti e Capone non ebbe altra speranza che
i benefici per la buona condotta, diventò così un detenuto
modello, evitando di farsi coinvolgere in rivolte ed isolandosi
dagli altri detenuti.
Fu ad Alcatraz che gli furono diagnosticati i primi segni di una
forma di demenza causata dalla sifilide, precedentemente
contratta, e fu internato in una struttura ospedaliera
carceraria. Liberato nel 1939, dopo un supplemento di cure
presso un ospedale, si ritirò in Florida dove l'incedere del
problema mentale gli impedì di seguire le sue originarie
attività.
Nel 1947 ebbe un colpo apoplettico e dopo una breve agonia morì
di arresto cardiaco.