Nel 1787 nella nuova costituzione degli USA si mise fine alla "importazione di neri", cioè alla tratta degli schiavi. Ma per l'applicazione  la si prorogò non di pochi mesi, nè di pochi anni, ma di 20 anni, fino al 1808. - Forse per dar tempo di fare "il pieno". Ma si disse "per riorganizzare le aziende in un altro modo", ma in effetti si puntò sulle nascite dei neri. Con una buona politica della natalità in venti anni  se ne potevano far nascere una gran quantità. I figli di schiavi sono di proprietà del padrone, quindi non c'era da preoccuparsi. L'economia fu salvaguardata.


Schiavo viene prelevato dall'Africa

 

Ma gli americani non si preoccuparono nemmeno per quella scadenza, erano tanti  "quelli che contavano", interessati a dare ampio spazio all'interpretazione della costituzione. Sul piano economico gli schiavi erano indispensabili alla prosperità del paese, ma  non li si menziona  mai nella costituzione, si usano solo artifizi per nominarli. Nella  sezione II e nella sezione IX si vede la grande ambiguità   (il corsivo é mio, loro non lo usarono:) "L' importazione delle persone che uno Stato dell'Unione ritiene opportuno di ammettere  non potrà essere proibita  fino al 1808".(eravamo nel 1787)

Oppure, quando si accenna alle elezioni: "Le persone che sono "impegnate in un servizio" (grande ambiguità) per un tempo determinato conteranno 3/5 e saranno aggiunte agli elettori bianchi":

(di chi sta parlando la Costituzione - che si afferma essere la più liberista del mondo - quando parla di importazione di persone come se fosse una merce? E i 3/5 chi erano, se gli altri erano i bianchi?). Tanta ambiguità.

Del resto a giustificare e legittimare il mantenimento della schiavitù erano le necessità economiche degli Stati Uniti. La schiavitù appariva come un sistema economico molto vantaggioso per la produttività degli States. A quali costi sarebbero arrivate le merci se a tutti coloro che le producevano si doveva dare un salario? Chi era quel pazzo che avrebbe condannato una intera economia che poggiava direttamente e indirettamente sulla schiavitù? In Europa soprattutto inglesi e francesi erano furibondi  proprio per questa sleale concorrenza. Non c'erano schiavi in Europa. 

 

Infatti, alla scadenza del 1808 non accadde proprio nulla, "l'importazione di persone"  continuò imperterrita (Cuba divenne la centrale) irritando gli altri Stati europei. Sul piano internazionale solo dopo sette anni, nel 1815 al Congresso di Vienna, si riuscì a far applicare la legge, dopo che l'Inghilterra si prese il solenne impegno di esercitare la Polizia dell'Oceano per eliminare l'indegno (ma sarebbe meglio dire, il concorrenziale) traffico.

 

In teoria  l'importazione di schiavi - dopo tale data e l'assunzione dell'impegno inglese - si ridusse a poche centinaia. Ma di fatto si aggirò l'ostacolo, e per quelli già sul suolo americano si adottò una politica a favore della natalità. Così da importatori di schiavi l'America si trasformò improvvisamente in "allevatori di schiavi".

 


Schiavi vengono condotti alla nave che li porterà in America
 

I piantatori, che prima tenevano rigorosamente divisi i due sessi, ribaltarono la situazione e anzi incoraggiarono la vita familiare degli schiavi al fine di creare una cellula famiglia che produceva schiavi dentro la loro stessa azienda. E se prima una schiava incinta creava un danno, dopo, i piantatori dedicarono  una particolare attenzione alle partorienti, che non arrecavano più una calamità all'azienda, ma anzi producevano "beni" (anche se in un altro modo) nell'azienda stessa.

 

In una accurata analisi economica le spese per la fattrice e per allevare i piccoli in azienda (che iniziavano a essere utili già a cinque anni) era inferiore al costo di uno schiavo, soprattutto quando -dopo il divieto- quelli che erano disponibili sulla piazza data la forte domanda aumentarono in modo considerevole di prezzo.

 

Fra il 1790 e il 1830 il numero degli schiavi aumentò del 40% nel Maryland del 69% nella Virginia, del 300% in Louisiana, del 390 % nel Mississipi, del 735% in Georgia.

In totale negli Usa nel 1790, c'erano 757.000 neri, nel 1800, 893.000; nel 1810 1.440.000; nel 1820 1.800.000; nel 1830 2.300.000; nel 1840, 2.800.000; nel 1850, 3.600.000; nel 1860, 4.400.000.

 Il totale dei neri nella condizione di schiavi rimase costante, sempre sul 90%. Come rimase pure costante la percentuale dei neri sulla popolazione bianca, perchè all'aumento dei neri si affiancava un sensibile aumento dei bianchi sia per l'alta natalità locale che per i nuovi arrivi dall'Europa. Il rapporto fu quasi sempre sul totale degli abitanti bianchi   del 16-20%  come media, ma in alcuni Stati del sud la percentuale era molto più alta. In Virginia gli schiavi erano il 42% della popolazione, nella Carolina il 62%, mentre in Georgia, Alabama, Mississipi, Louisiana del 50%. In questi quattro Stati su quattro milioni di abitanti gli schiavi erano due milioni.Appare quindi evidente che il blocco della importazione degli schiavi nelle manodopera servile e nelle piantagioni, non pose fine all'aumento della popolazione in stato di schiavitù negli Stati Uniti. Accadde semmai l'incontrario. Le cifre sopra parlano chiaro, fu sestuplicata.Nel 1860 dei 33 Stati dell'Unione, 15 avevano mantenuto la schiavitù. La costituzione lo permetteva, quando afferma  (nella Sez.IX) "se uno Stato lo ritiene opportuno".  

 

Inoltre l'abolizione della tratta, aveva fatto aumentare il valore degli schiavi, facendone salire i prezzi di vendita alle aste del mercato. Quindi anzichè indebolirsi, il sistema si era rinforzato, indurito, ancora di più disumanizzato (anche se curati e alimentati meglio) perchè era diventato lo schiavo un grosso capitale dell'azienda da salvaguardare. Infatti, un'azienda-piantagione che non possedeva schiavi non valeva quasi nulla.

 

Il tasso di profitto tratto dalla schiavitu' nell'agricoltura del sud era del 10%, quella invece industriale del Nord (con i salari) del 10,1%. Che lo schiavismo e le piantagioni non erano altro che un'altra forma di capitalismo era un fatto assodato, e la sua vitalità non poteva essere messa in dubbio.

 

Il mito che solo il Sud fosse schiavista e per questo in declino é da sfatare. Sfatata da Stampp, Conrad e Meyer (i più grandi studiosi della schiavitù)  con una ricerca accuratissima. Dimostrano che il Sud era un paese prospero, e che gli schiavi erano trattati meglio degli sfruttati operai del nord, e che lo stesso Nord non era affatto (altra male informazione) privo di schiavi.  Inoltre l' economia del Nord industriale era indirettamente sostenuta dal Sud a valori del 40-60 per cento.


Uno schiavo viene venduto

In effetti l'ala abolizionista era alimentata da una strategia politica finalizzata a ridurre il potere dell'economia sudista (in questi anni forte) fondata sulla manodopera schiava a costo bassissimo, e a espandere quello politico ed economico degli stati del nord, in via di industrializzazione e bisognosi  di  forza lavoro in libertà. Abolire la schiavitù nelle piantagioni e soprattutto al sud a vocazione agricola voleva dire far riversare nell'industria del nord una grande massa potenziale di braccia, con la conseguenza di calmierare, far abbassare i costi dei salari.

(e molto simile alla situazione italiana degli anni 2000. Si favorisce l'emigrazione degli extracomunitari non perché necessitano, ma per calmierare i salari. Se non ci fossero queste forze lavoro disponibili, la domanda  sconvolgerebbero i salari. Anzi gli addetti ai lavori umili pretenderebbero una salario superiore a quello di un ragioniere o di un ingegnere, proprio perché pochi sarebbero disponibili a fare lo stalliere o a vuotare le cloache. Bisognerebbe insomma pagarli profumatamente).

 

Washington e Jefferson entrambi pensarono all'abolizione della schiavitù, ma di schiavi ne possedevano molti anche loro. Il primo decise di liberare i suoi solo alla sua morte (nella tomba non gli servivano), mentre Jefferson non lo imitò affatto  conservò il "capitale" anche per gli eredi.

 

Dovremo quindi aspettare il presidente Lincoln nel 1863-65, quando con il Proclama di emancipazione, dichiarerà liberi gli schiavi presenti in tutti i territori della Confederazione sudista. Il proclama portò solo alla guerra civile. Lincoln del resto non poteva certamente dare degli ordini a governatori di Stati che non erano dentro la sua Confederazione. Si puntò solo a far sollevare gli schiavi contro i padroni (una specie di spartachismo) per avere così degli alleati nell'abbattimento di un "sistema economico" che cominciava a dare molto fastidio agli Stati Nordisti a vocazione industriale. Il proclama quindi fu solo un mezzo: servirsi degli schiavi  per indebolire gli avversari, i Sudisti. Infatti, gli schiavi residenti negli Stati federali all'Unione (Nordisti) non furono affatto emancipati, e la liberazione in seguito fu un processo lento e doloroso per i neri, e molto travagliato dai bianchi che con indolenza furono costretti, davanti al mondo che guardava a uscir fuori dall'ambiguità.

 

 


Carovana di schiavi cammina sull'Est Coast

L'abolizione della schiavitù fatta in questo modo, creò inoltre più problemi di quanto ne aveva risolti. Fu risolto quello politico ma non quello economico, e ci fu tanta incapacità (o volontà per emarginarli?) di rispondere alle aspirazioni dei neri liberati. E benchè fossero dichiarati nel 1862 cittadini americani, non poterono beneficiare della legge sull'homestead, che permetteva  di acquistare piccoli appezzamenti  di terra a condizioni vantaggiose su quelle stesse piantagioni dove avevano lavorato come schiavi. Fu precluso l'accesso sia all'affitto della terra e sia alla proprietà.Adattandosi, a emancipazione ottenuta, ma allo sbando, i neri ritornarono su quelle terre a fare quello che facevano prima, non più come schiavi, ma in uno stato di dipendenza totale, peggiore della prima condizione, perchè se prima lui rappresentava per il proprietario un capitale da salvaguardare, dopo non era più nulla, via lui, simile a lui l''ex padrone ne trovava a spasso mille, diecimila, che avevano bisogno di lavorare, se volevano vivere.

 

Non risolvendo questo grande problema, quello di dare a loro veramente la possibilità di avere una sistemazione e degli stimoli,  persistette nei loro confronti una condizione di sotto-sviluppo, che li sprofondò nell'indigenza. Sprovvisti di esperienza nella vita pratica, caddero nella rete degli sfruttatori (intermediari) senza scrupoli nelle stesse piantagioni, e spesso solo per essere sfruttati nel periodo dei raccolti (il lavoro iterinale nacque proprio qui).

Le riforme economiche e sociali promesse furono inesistenti, e sotto un forte e consolidato regime liberale l'emancipazione reale dei neri trovò lungo la strada delle grosse difficoltà e molti ostacoli, creando così altra indigenza e grossi problemi esistenziali, non più nelle piantagioni, ma dopo aver fatto i randagi e i tappabuchi attorno a queste, approfittarono dell'unica libertà che gli era stata concessa quella di muoversi; e la direzione che presero (e questo sia spettava a nord) fu verso le grandi città, creando così grossi problemi nelle grandi metropoli;  a perpetuare la miseria con un altro genere di sfruttatori . Spostando così il problema dalle campagne alle città, dove la fredda democrazia liberale creò distanze ed emarginazione ancora maggiori e  di conseguenza fu la responsabile nel provocare la nascita di un habitat della violenza.

 

Il governo nell'incapacità di risolvere la prima questione si ritrovò con un altro problema ancora più grande e molto più complesso, i cui sviluppi negativi  iniziano in questi anni della pseudo-emancipazione, ma che nel 2000 non sono ancora stati risolti, anzi sono imprevedibili, e per l'America anche inquietanti; una società sempre a rischio.

La rivisitazione della storia americana, ha riaperto il dibattito sulle origini della guerra civile americana (sempre rivestito da buonismo umanitario) che si è profondamente trasformato negli ultimi 20 anni del XX secolo quando gli aspetti fondamentali sulle cause reali del conflitto si sono spostati dal politico a quello etnico. Aspetti oggettivi mai dibattuti e mai affrontati nell'intero secolo come se non esistessero. Anzi per un intero secolo,  fino a pochi anni fa, gli apologisti negavano l'esistenza di una cultura negra, convinti di aver allevato tante "formiche" operose, dimostrando così che non solo non hanno capito nulla degli uomini ma nemmeno conoscono le formiche.

 Nel frattempo l'emancipazione nera è avvenuta in una forma autonoma ai margini di una volontà politica, e questa rivisitazione viene ora fatta da storici neri, puntando il dito indice sull'uguaglianza (diritti e promesse di felicità per tutti i cittadini, dichiarati in quella famosa costituzione) e stanno chiedendosi perchè mai  a questa parte di cittadini americani che hanno contribuito a fare del capitalismo americano il più forte Stato del mondo,  tali diritti e tale felicità, devono essere negati.L'argomento è vasto, ma l'obiettività sta emergendo solo ora; siamo - a fine millennio -  a uno stadio ancora sconosciuto della convivenza umana in una realtà sociale dualistica in cui affiorano da una parte ancora reminiscenze delle teorie anglosassoni sulla superiorità della "razza caucasica" sostenendo che solo questa ha creato delle civiltà e non l'altra.

Ma con queste teorie non si va da nessuna parte. Anzi, se questa superiorità ha posto un limite all'intelligenza nel comprendere quello che doveva e poteva comprendere,  ha dato motivi all'altra a non avere ormai alcun dubbio, che questa razza detta superiore, è in piena decadenza. E nonostante la sua vantata superiorità non  se ne è resa ancora conto.

 

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