L'Iraq si estende in gran parte sulla Mesopotamia, è una terra che ha ospitato le più antiche civiltà: sumeri, assiri e babilonesi.
Dalla preistoria emersero intorno al 3000 a. C. i Sumeri, i quali furono qualche secolo più tardi soppiantati dagli Accadi. Ma gli imperi che si costituirono nella pianura attraversata dal Tigri e dall'Eufrate non furono mai in grado di eliminare una volta per tutte le minacce provenienti dalle tribù guerriere delle montagne e dai nomadi del deserto. Fallirono in questa impresa anche gli Assiri i quali, all'apice della loro potenza (sec. IX-VII a. C.) dominavano su un territorio che si estendeva dall'Egitto alla Persia.
Nel sec. VI l'Iraq fu il centro di un impero neoaccadico, che però non resse all'urto dei Persiani e cadde.Trovandosi in un punto strategico è stata molte volte terra di conquista: persiani, macedoni.......quindi arena di scontro tra Romani e Parti che si contendevano la provincia di confine Seleucide.
Con la conquista araba nel 634 la Mesopotamia divenne centro di un enorme impero, Baghdad crebbe sino a divenire la più grande città del suo tempo. Dopo aver raggiunto il suo apice l'impero arabo-islamico nel corso dei secoli successivi non cessò mai di indebolirsi con sempre nuovi territori che si automatizzavano dal potere centrale, ed esponendosi così alle mire di altri popoli. Tra questi i mongoli che conquistarono Baghdad nel 1258, radendola al suolo. da questo colpo la regione non si riprese e Baghdad nel 1392 venne nuovamente saccheggiata dalle truppe di Tamerlano. Dopo la caduta del suo impero l'attuale Iraq venne inglobato per un breve periodo nella Persia e quindi conquistato dagli ottomani del cui impero entrò a far parte nel 1535. L'Impero Ottomano esercitava il suo potere attraverso dignitari locali dotati di una certa autonomia sui propri territori, l'attuale Iraq era distribuito su tre province: Baghdad, Bassora e Mosul.
La caduta dell'impero Ottomano
Durante la Prima Guerra Mondiale l'Impero Ottomano si schierò con gli imperi
centrali e dunque contro la Gran Bretagna, questa già da anni premeva sulla
regione e colse subito l'occasione che le si offriva: sostenne la rivolta araba
antiottomana promossa nel giugno 1916 da Husain Ali, sceriffo della Mecca.
Così un esercito arabo costituito da decine di migliaia di uomini comandati da
uno dei figli di Husain, Faysal, avanzò verso nord conquistando damasco
nell'ottobre del 1918. Quindi a cavallo del 1900 Inglesi e Tedeschi lottarono
per assicurarsi l'egemonia economica nell'area. La prima guerra mondiale
consentì a Londra di occupare militarmente il Paese: nel 1920 la Conferenza di
Sanremo lo assegnò in mandato alla Gran Bretagna. La politica inglese si propose
due obiettivi primari: assicurarsi il controllo dei giacimenti petroliferi
iracheni (nel 1926 la Turchia fu costretta ad abbandonare le sue pretese su
Mosul) e ingraziarsi i nazionalisti più moderati attraverso la concessione di
una dinastia araba. Nel 1921 fu proclamato re dell'Iraq l'hascemita Faysal I.
Dopo la morte di Faysal I (1933) la situazione politica interna degenerò
rapidamente: il più evidente sintomo-causa della crisi fu l'intervento dei
militari nella vita del Paese. Nel 1941 un ennesimo colpo di stato portò al
potere un governo nazionalista, ma un sollecito intervento inglese ricondusse
l'Iraq nell'orbita imperiale. Nel dopoguerra il governo iracheno si schierò a
favore delle potenze occidentali: punto d'arrivo di questa politica fu la
conclusione, nel 1955, del Patto di Baghdad. Nel campo arabo l'Iraq si propose
come una potenza-guida, in alternativa all'Egitto. In politica interna si puntò
sul petrolio, nella speranza di utilizzarne i frutti in vista di un progresso
indolore. Ma la ventata nazionalista panaraba del 1958, che si cercò invano di
contrastare riunendo l'Iraq alla Giordania nella Federazione Araba, mise a nudo
le contraddizioni del regime. Il 14 luglio 1958, con un colpo di stato i
militari proclamarono la Repubblica. Abd al-Karim Qasim (1958-63) ritirò l'Iraq
dal Patto di Baghdad, denunciò i precedenti accordi petroliferi e limitò le
concessioni delle compagnie, si accostò all'URSS e ai comunisti iracheni. Nel
1959 riaprì una controversia di frontiera con l'Iran e nel 1961 tentò invano sia
di annettere il Kuwait sia di venire a capo dell'insurrezione curda. Ma
sicuramente il dittatore che più ha fatto discutere, non per il suo valore e la
sua giustizia, bensì per la sua crudeltà, è stato Saddam Hussein. Egli salì al
potere nel 1979 e instaurò un regime personalistico dittatoriale. Nel settembre
del 1980 l'Iraq dichiarò decaduto l'accordo di Algeri del 1975 sul controllo
dell'estuario dello Shatt al Arab e gli scontri di frontiera fra i due Paesi si
trasformarono in un conflitto aperto, che s'inasprì sempre più con perdite
ingenti da ambo le parti. Appoggiato dagli Stati Uniti, che vedeva nel Iraq un
baluardo contro l'espansione dell'integralismo islamico, di cui si faceva
portavoce Khomeini, e rafforzata la propria posizione sia negli Stati arabi del
Golfo sia all'interno del Paese, il presidente iracheno non ebbe remore a
bombardare le città iraniane, gli insediamenti petroliferi e le navi cisterna
nel Golfo Persico e, inoltre, mise in atto una dura repressione contro i Curdi
(nel 1988, bombardò con ordigni chimici la città di Halabjah, provocando ca.
5000 morti), in quell'occasione sostenitori degli Iraniani. Dopo sette anni di
duri scontri, che erano costati alle due parti ca. 1 milione di vittime, nel
1988, grazie alle pressioni internazionali, si giunse finalmente alla
conclusione della guerra, che ristabilì i confini del 1975 (secondo la
risoluzione dell'ONU) e aprì un breve periodo di ripresa per la provata società
irachena. Fortemente indebitato sia a causa del lungo conflitto sia per la
volontà di far acquisire all'Iraq un ruolo egemone di potenza regionale, il
regime di Saddam, nel tentativo di risollevarsi incrementando le risorse
petrolifere nazionali, il 2 agosto 1990 diede il via all'occupazione del vicino
Kuwait, utilizzando come pretesto e le antiche rivendicazioni territoriali e i
dissidi di natura economica, determinati dalla politica delle quote OPEC e dal
pagamento dei debiti contratti. L'occupazione, condannata subito dall'ONU con un
embargo commerciale e anche dalla Lega Araba, scatenò una reazione
internazionale che sfociò nella cosiddetta
Guerra
del Golfo.
Nel gennaio 1991, una coalizione guidata dagli Stati Uniti, con
truppe di Arabia Saudita, Egitto, Siria, Gran Bretagna, Francia e Italia,
attaccò l'Iraq, costringendo in breve tempo Saddam ad abbandonare il Kuwait (28
febbraio 1991). Deposte le armi il presidente iracheno sembrò accettare le
condizioni imposte dalla comunità internazionale: risarcire dei danni il Kuwait,
rivelare l'ubicazione e l'entità delle riserve di armi chimiche e
batteriologiche e smantellare i propri arsenali. Le commissioni ONU, preposte al
censimento dell'arsenale chimico dell'Iraq e alla valutazione dell'avanzamento
del programma nucleare, vennero subito ostacolate dalle autorità irachene e solo
nell'aprile 1992 poterono dare avvio al loro compito. In Iraq, intanto, alle
grandi distruzioni occorse nel confronto bellico fecero seguito quelle causate
dalla dura repressione del regime contro i movimenti insurrezionali degli
sciiti, sostenuti dagli integralisti islamici, e dei Curdi, rispettivamente nel
Sud e nel Nord del Paese. Per proteggere la popolazione curda, che aveva ripreso
a battersi per la propria autonomia, nell' aprile 1991 le Nazioni Unite
inviarono nel Nord del Paese un contingente di Caschi blu e gli USA, la Francia
e la Gran Bretagna vietarono agli aerei di Saddam di sorvolare la zona, le
stesse misure vennero poi adottate (agosto 1992) anche nel Sud per difendere la
minoranza sciita dagli attacchi aerei. La tensione tra Iraq e Kuwait, in ogni
modo, continuava a mantenersi ai massimi livelli. Nel 1994, a seguito di nuove
manovre militari irachene sul confine del Kuwait, le Nazioni Unite
riconfermavano l'embargo economico e Saddam come risposta sembrava, finalmente,
riconoscere le frontiere del Kuwait e promettere di allentare la repressione nei
confronti dei Curdi e degli sciiti. L'ONU, dal canto suo, con un accordo
raggiunto nel maggio 1996, alleggeriva le sanzioni economiche all'Iraq,
prevedendo un controllo delle Nazioni Unite sui contratti per la vendita del
petrolio e l’acquisto, il trasporto e la distribuzione degli aiuti ai civili.
Cionondimeno, il governo di Baghdad continuava a rifiutare ogni ispezione sui
propri armamenti e una nuova crisi si apriva (fine del 1997 e inizi del 1998)
con gli Stati Uniti, che nel gennaio 1999 mettevano in pratica le proprie
minacce, dando avvio all'operazione Desert Fox, durante la quale venivano
attaccati con missili la città di Bassora e un centinaio di obiettivi militari
iracheni. Nonostante ciò, alla fine del 1999, le autorità di Baghdad
continuavano a rifiutare l'ispezione degli armamenti agli ispettori dell'ONU.
Quindi, né le violente rivolte degli sciiti, né i pericolosi bombardamenti, cui
il Paese era sottoposto, riuscivano a minare la leadership di Saddam Hussein,
che continuava a mantenere un rigido controllo sull'Iraq, sempre più indebolito
dal pesante embargo internazionale. Pertanto, nel maggio 2002, l'ONU, preso atto
delle condizioni di indigenza in cui versava il popolo iracheno, approvava una
risoluzione che prevedeva sostanziali modifiche nel sistema delle sanzioni
economiche, rendendo più agevole l'approvvigionamento di cibo, medicinali e beni
di uso comune.
Simbolo onu
Nel settembre 2002, il presidente degli Stati Uniti, G. W. Bush, e il primo ministro inglese, Tony Blair, accusavano l'Iraq e Saddam di avere in costruzione armi di distruzione di massa, minacciando il regime con nuovi bombardamenti nel Sud del Paese e con la prospettiva di un nuovo attacco militare. Il presidente degli Stati Uniti, Bush chiese una nuova risoluzione coercitiva dell’ONU per il ritorno in Iraq degli ispettori e la distruzione degli arsenali iracheni e l’uso della forza in caso di inadempienza irachena,Nell'ottobre del 2002 riprendevano le ispezioni degli ispettori dell'ONU, ma Bush aveva comunque ottenuto il consenso dei leader democratico e repubblicano alla camera dei rappresentanti, per un attacco all’Iraq anche senza una risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Il premier inglese Blair appoggiò le posizioni USA. La situazione precipitò mentre si formavano due schieramenti, l’uno a favore di una soluzione diplomatica, l’altro interventista, decisamente contrarie alla guerra erano Germania, Francia, Russia, Cina e Turchia. Alla metà di marzo, molte rappresentanze diplomatiche in Iraq lasciarono il Paese. Il 18 marzo 2003., un ultimatum statunitense a Saddam impone al dittatore di lasciare l’Iraq entro 48 ore. Il 19 marzo, poco prima della scadenza dell’ultimatum, Saddam lancia un appello alla nazione. Il 20 marzo parte il primo attacco americano e Bush annuncia l’inizio della guerra.