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Gli Shûdra sono quelli la cui natura è destinata alle più varie funzioni di lavoro manuale pesante. Lavoratori. Sono coloro che usano la forza fisica nelle loro occupazioni professionali, sono identificati con l’Età del Ferro, il cui colore simbolico è il cenere scuro. La fisionomia mentale degli Shûdra è caratterizzata dall’attaccamento alle apparenze, all’emozione e la superficialità, classe lavorativa, Regno della Quantità.


"Se siete assillate da problemi di dote, telefonate a questo numero ".  L'anno scorso questo messaggio è stato stampato su milioni di cartoni di latte. La tradizione, infatti, vuole che si dotino le proprie figlie per compensare il fatto che, alla morte del padre, non hanno diritto ad alcuna eredità. Ma oggi i suoceri sono diventati più esigenti che in passato e, non contenti di estorcere il massimo in occasione del matrimonio, reclamano continue aggiunte alla dote: la nascita del primo nipote e le varie ricorrenze diventano un pretesto per esigere nuovi regali. Nelle famiglie più povere i genitori, spesso indebitati già dall'organizzazione del matrimonio, arrivano ben presto a non poter fare più fronte alle pressanti richieste. E cosa succede quando un padre smette di pagare il suo "debito" per la figlia? Semplice, i suoceri la uccidono. Solo così, infatti, il figlio potrà risposarsi con una donna più ricca. Certo, sembra incredibile, eppure ogni giorno 17 ragazze vengono uccise perché i loro genitori non riescono più ad accontentare le richieste dei consuoceri. Si dice anzi che il numero di ragazze assassinate sia anche più elevato, ma è quasi impossibile stabilirlo con precisione dato che la maggior parte dei delitti viene denunciata come "morte dovuta a incidenti domestici" (una tecnica ben collaudata consiste nel cospargere di benzina la giovane donna mentre è ai fornelli). L'associazione Karnika è una fra le molte che combattono la tradizione della dote. Innanzitutto ha chiesto che venissero cambiati i termini della legge del 1961 che, pur vietandola, la definisce ancora "ciò che viene dato e richiesto in occasione del matrimonio", senza tenere conto dei "regali" successivamente pretesi. C'è riuscita solo in parte. Spiega Subhandra Butalia, presidentessa di Karnika: "Ci è stato concesso che la legge precisi che è vietato tutto ciò che attiene il matrimonio, prima e dopo, ma il legislatore si è affrettato ad aggiungere: 'Permane l'accettazione dei regali tradizionali, oro, argento, ecc...'. Subhandra si rende conto quindi che solo le donne stesse potranno far sparire questa usanza. Come? Cominciando col comunicare con il fidanzato che non hanno dote. Ma questo comporta acquisire una nuova coscienza del proprio valore". E' questo l'obiettivo, del resto fondamentale, da perseguire: e a questo scopo l'associazione organizza incontri nei villaggi, dove un avvocato chiarisce esattamente quali sono i loro diritti. Compito arduo, in quanto questo problema (come tanti altri in India) affonda le radici in una particolare mentalità vecchia di secoli. "Insomma è difficile far accettare alle ragazze l'idea di rinunciare alla dote: allo   stato attuale la considerano pur sempre qualcosa che le valorizza. E inoltre quando il padre regala un televisore, anche loro ne approfittano". E le suocere? Non sono in condizione di spezzare questa catena? "No", risponde Subhandra, "è il maschio che comanda in tutte le famiglie indiane. E obbliga la moglie a eseguire la sua sentenza, per disumana che sia". Ma quando una ragazza si sente minacciata, non può rifugiarsi dai genitori? "Se vogliono ospitarla", sospira Subhandra, "perché è considerato uno scandalo che una figlia ritorni a casa". Restano allora solo le associazioni come la Karnika. "Noi possiamo aiutarle per qualche giorno, indirizzarle verso una famiglia. Ma tutto questo costa molto e noi viviamo solo di contributi volontari".


Una vecchia legge punisce tutto quanto comprometta l'onore di una donna". Ma viene applicata in rarissime occasioni. La Kaniika si batte anche contro le violenze sessuali e tenta d'imporre una legge. "Di regola, una donna vittima di violenza o molestie sessuali dovrebbe sporgere denuncia al commissariato. Ma si verificano così tanti atti di violenza da parte delle forze dell'ordine che le donne preferiscono non presentarsi . Non si contano più quelle che sono state stuprate venendo a sporgere denuncia...", afferma Subhandra Butalia. L'unica alternativa è allora chiedere aiuto a qualche associazione. "Quando una donna si rivolge a noi", continua Subhandra, "provvediamo a mandare delle volontarie a parlare con il suo aggressore (che è in genere una persona conosciuta, spesso un suo superiore). Talvolta costui sì spaventa e smette. In caso contrario, facciamo appello al ministero dello Sviluppo della Donne.  Esiste un'apposita commissione che si occupa di questi problemi e, se s’insiste abbastanza, è possibile contare sul suo intervento, specie se l'accusato è un funzionario pubblico". Subhandra ricorda, in particolare, una donna molestata sul capo. "Siamo andati a trovarlo, ha negato in tutti i modi. Il ministero è poi subentrato a noi, ottenendo non solo il rinvio a giudizio di quest'uomo, ma anche l'iscrizione dell'accaduto sulla scheda riservata che accompagna ogni funzionario"Le donne che scelgono di ottenere giustizia in un'aula di tribunale sanno che dovranno affrontare processi lunghi, costosi e dolorosi. Perché, come del resto accade nel resto del mondo, quando si tratta di stupro spesso il processo si ritorce contro la stessa vittima che deve dimostrare di non aver provocato né di essere stata consenziente.

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