Sulla musica indiana si trovano già documenti nella letteratura
dal VI secolo a.C., e costituisce la più antica tradizione vocale del mondo
giunta senza interruzioni sino ai tempi moderni, rappresentando uno dei più
complessi e stabili elementi culturali dell'India. Innanzitutto bisogna fare una
distinzione fra musica del Nord e del Sud dell'India: quella del Nord è detta
indostana, mentre quella del Sud è detta carmatica. Sebbene avvenga
questa divisione, entrambi i filoni hanno origine e regole coincidenti. La base
della concezione armonistica è un sistema di tre gamme analoghe che può
suddividersi in 22 gradi, intervallo dei quali è superiore a 1/4 di tono del
nostro sistema.
Un eminente musicologo indiano, il primo, vissuto all'incirca tra il primo e il
secondo secolo dopo Cristo, aveva riconosciuto nove sentimenti obbligatori a un
musicista:
amore;
divertimento;
pathos;
rabbia;
eroismo;
terrore;
disgusto;
meraviglia;
serenità .
Questi sono le emozioni basilari di tutta l'estetica indiana, i navarasas. Tutt'oggi
l'India è basata su questi concetti di Sage Bharata.
La musica colta moderna indiana deriva direttamente da qui, e dai
Veda,
dove ce ne erano accenni, tramite una tradizione che prevedeva l'oralità per la
trasmissione! Naturalmente anche qui c'è una casta che rappresenta i musicisti;
questi vengono educati da bambini, ma non per particolare disposizione, dai
maestri, con un percorso che oltre ad insegnare la tecnica, comprende un
completo sviluppo dell'individuo, dato che sono studiate anche nozioni spirituali,
morali e religiose. La tradizione sulla quale continua a basarsi la musica colta
indiana è decisamente opprimente per i musicisti, i quelli hanno avuto la
possibilità di apportare ben poche modifiche, ma è grazie a questo fattore che
la musica che si continua a suonare è molto molto simile a quella di parecchi
secoli fa'. In questa ottica la musica ha di per sé un valore relativo: essa non
è fatta per intrattenere semplicemente, ma per trasmettere; durante il concerto
il suonatore instaura un contatto fortissimo col suo pubblico, effettuando
profondi scambi spirituali con esso; dopotutto la figura che se ne ottiene è
quello del pusrusha con la prakrti nel
SÃ mkhya
La musica indiana è considerata di derivazione divina: sarebbe stata la
trimurti (Vishnu, Krishna e Shiva) a tramandare, dopo la loro esperienza, le
tecniche ai musicisti.
Un suonatore di Sitar
I raga sono definiti spesso come tipi di melodie; il suo sistema è un metodo
di organizzazione di melodie basato su definiti principi naturali: le melodie in
un raga usano lo stesso swara in varie combinazioni, e con la pratica
l'ascoltatore può percepirne la similitudine. Ogni raga ha un swaroopam, una
forma o immagine musicale, che è definita dai swara utilizzati, i gamaka dati a
questi swara, la sequenza con la quale si succedono eccetera. Questa definizione
è chiamata "raga lakshanam". I raga però non sono semplicemente raccolte
astratte di swara che si succedono per produrre una melodia, ogni raga ha quell'immagine
o swaroopam che caratterizza quel raga; una selezione arbitraria di swara non
produce un vero raga swaroopam, ed è per questo che
che si attribuiscono le fondamenta di esso alla natura.
I raga che conosciamo sono frutto di sperimentazioni di secoli: ognuno è
associato con un sentimento che persuade l'ascoltatore e colui che lo suona. Ore
e ore di esercitazione su un singolo raga (Saathakam) sono percepibili nella
realizzazione del raga swaroopa da parte del suonatore, e questo è spesso
riferito come ad un ottenimento del Dharshan di quel particolare raga. La
sfortunata conseguenza di questo è che vari suonatori e compositori hanno
concezione mentali si un singolo raga e questo è manifestato nella loro musica.
La parte positiva di questo è invece è che questo consente una grande varietà di
musiche: è questa la ragione per la quale la musica carnatica non potrà mai
imparata a fondo da un libro, ma necessita di un guru, che potrà rappresentare
il raga swaroopam in maniera che l'allievo potra impararla. Dal punto di vista
dell'ascoltatore, la realizzazione di un raga swaroopam significa che alcune
qualità della musica possono essere anticipate e ciò contribuisce
particolarmente al piacere di ascolto.
I raga si distinguono in due tipi, la base o melakarta raga, e il derivato o
janya raga. Il melakarta raga ha una struttura formale a segue uno schema
equamente rigido si organizzazione scientifica così come il janya raga è quello
che "evolve" la melodia, infatti molti janya raga cambiano il loro carattere nel
tempo, poiché sono derivati dai melakarta raga attraverso vari significati. I
raga che conosciamo sono frutto di sperimentazioni di secoli: ognuno è associato
con un sentimento che persuade l'ascoltatore e colui che lo suona.
Il raga comprende attualmente questi elementi essenziali:
una scala modale (minimo 5/massimo 9 note, che possono
essere pure o alterate);
una gerarchia dei gradi;
degli ornamenti specifici; nella musica indiana sono
indispensabili, infatti per essa una nota non ornata è come «una notte senza
luna, un fiume senza acqua, un giardino privo di fiori»; alcuni ornamenti sono
obbligatori;
l'esistenza di una forma melodica;
un senso modale; i raga creano ciascuno associazioni
sinestetiche emotive diverse: alcuni inducono alla gioia, altri alla tristezza o
alla serenità . Nella tradizione indiana generalmente viene sviluppato un solo
raga in ciascuna esecuzione; solo in via eccezionale si possono mescolare le
scale modali e gli ornamenti appartenenti a diversi raga nel corso di una stessa
esecuzione. Esistono anche altri caratteri secondari, che riguardano l'attacco
delle note, la durata delle note, il registro della voce ecc.
Vi sono precise relazioni tra i raga e gli astri, i principali elementi della
natura e del giorno. A un'ora mattutina non si potevano suonare raga notturni,
pena l'oscuramento del cielo.
Per cogliere autenticamente un raga, il musicista lo deve presentare nella sua
integrità . Lo sviluppo segue sempre lo stesso procedimento:
improvvisazione a guisa di preludio in ritmo libero (alap);
improvvisazione ritmata (jog, seguito dallo jhada nel
Nord, dal thanam nel Sud);
esecuzione di una melodia composta da un ciclo ritmico
con variazioni melodiche e ritmiche (gat nel Nord, kriti nel Sud).