A metà del XIX secolo le fondamenta dell'impero furono scosse dalla rivolta dei taiping, una rivoluzione popolare di carattere religioso, sociale ed economico guidata da Hong Xiuquan, autoproclamatosi fratello minore di Gesù, con il mandato divino di liberare la Cina dal dominio manciù e di stabilirvi una dinastia regnante cristiana. La ribellione scoppiò nella provincia di Guangxi dal 1849 al 1851, e nel 1853 si estese verso nord. I taiping stabilirono la propria capitale a Nanchino dopo essere stati fermati nella loro avanzata verso Pechino; nel 1860 erano ormai saldamente insediati nella valle del Chang Jiang, e minacciavano di prendere Shanghai.
La dinastia Manciù modificò la propria politica nell'intento di far sopravvivere l'impero. Dal 1860 al 1895 furono numerosi i tentativi di risolvere i problemi sociali ed economici interni, adottando tecnologie e sistemi di governo occidentali per rafforzare il potere dello stato; nel contempo, tutte le ribellioni (compresa quella dei taiping) furono soffocate con la forza, e la pace civile restaurata. Tuttavia, la classe dei funzionari centrali rimase culturalmente inadeguata al compito, scarsamente interessata a un programma di modernizzazione del paese, così che i tentativi della Cina di rivedere radicalmente la propria realtà non ebbero successo.

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