La Cina fu
effettivamente riunificata sotto il dominio della dinastia Sui (589-618). Il
soldato Yang Chien riuscì a usurpare il trono di quello che era stato il dominio
dei Tabgac Wei, e a controllare anche la parte meridionale del paese stabilendo
la sua capitale a Chang'an (attuale Xi'an). Per quanto breve, il periodo Sui fu
molto importante: riprese forma un sistema amministrativo centralizzato;
rifiorirono il confucianesimo, il taoismo e il buddhismo; la Grande Muraglia fu
restaurata e fu avviata la costruzione di un complesso sistema di canali (nucleo
originario del futuro Grande Canale) per trasportare i prodotti agricoli del
delta dello Chang Jiang a Loyang e nel Nord. Fu riaffermato il controllo cinese
sul Vietnam settentrionale e, in misura più limitata, sulle tribù dell'Asia
centrale. Tuttavia, lunghe e costose campagne condotte nella Manciuria
meridionale (605) e nella Corea settentrionale (612-614) si risolsero in una
sconfitta dell'imperatore Yang-ti, rovesciato poco dopo (617) da ribelli guidati
da Li Yuan.
Il periodo
della dinastia Tang (618-907), fondata da Li Yuan (in seguito denominato Gaozu),
fu uno dei più grandi della storia della Cina. Governo e amministrazione furono
ristrutturati e accentrati. I domini cinesi furono estesi a nord e a ovest, e
già a metà del VII secolo la dinastia si era affermata come grande potenza
euroasiatica, mantenendo relazioni diplomatiche con Bisanzio e il Giappone.
Proprio i
legami internazionali resero la Cina dei Tang prospera quanto cosmopolita. Nelle
città le comunità mercantili provenienti dall'Asia centrale e dal Medio Oriente
introdussero nuovi modelli culturali e nuove religioni (l'Islam, l'ebraismo, il
nestorianesimo, lo zoroastrismo e il manicheismo). A partire dalla metà dell'VIII
secolo, il commercio marittimo con i paesi dell'Asia sudorientale iniziò a
superare in volume quello della Via della Seta con l'Asia centrale. Nel IX
secolo le navi cinesi si spinsero fino all'oceano Indiano e al golfo Persico,
trasportando sete e ceramiche e stabilendo ovunque comunità di mercanti. Sotto i
Tang si assistette inoltre a una grande fioritura delle arti.
Alla metÃ
dell'VIII secolo, tuttavia, all'apice del suo splendore, il potere dei Tang
dovette confrontarsi con una devastante rivolta capeggiata dal generale di
frontiera An Lu-shan. La repressione della rivolta, pur riuscita (763), sembrò
esaurire tutte le energie della dinastia regnante, peraltro non più in grado di
controllare i suoi governatori militari di frontiera, impegnati negli ultimi
vent'anni di regno in continue lotte per la supremazia.
La
frammentazione del tessuto politico ed economico che seguì al crollo della
dinastia Tang portò a un periodo di disunione noto come Periodo delle Cinque
Dinastie e dei Dieci Stati Indipendenti (907-960). Nel suo corso, la dinastia
mongola-khitana dei Liao (907-1125) si stabilì in Manciuria e in Mongolia
estendendo la sua influenza su alcune parti delle province settentrionali di
Hebei e Shaanxi; Pechino divenne la capitale del loro impero.
MaturitÃ
culturale e dominazione straniera
La dinastia
Sung (fondata nel 960 d.C. da Chao K'uang-yin, comandante della guardia di
palazzo del regno dei Chou settentrionali insediato sul trono dalle truppe con
il titolo imperiale di T'ai-tsu) riuscì a porre fine al cinquantennio di lotte
intestine seguito al crollo della dinastia Tang. Quest’epoca viene comunemente
suddivisa nel periodo dei Sung del Nord (960-1126), in cui la capitale fu
stabilita a Kaifeng, e in quello dei Sung del Sud (1127-1279), la cui capitale
fu Hangzhou.
Imposto il
proprio potere ai comandanti militari, i sovrani Sung (960-1279)
favorirono
lo sviluppo agricolo; particolare attenzione fu riservata allo sviluppo di
progetti per la conservazione delle risorse idriche, al raddoppio dei raccolti,
all'espansione della coltivazione del cotone. Fiorirono inoltre l'artigianato e
la tecnologia, e tutto questo portò a un'espansione del commercio, con
l'apertura di nuove vie di comunicazione. In particolar modo i commercianti
cinesi tornarono a spingersi oltre i confini del loro paese, sia via terra lungo
la Via della Seta sia per nave fino al Mediterraneo.
Una
minaccia costante fu però rappresentata dagli imperi confinanti: a nord e a
ovest la dinastia mongolo-khitana (907-1125) di Liao espugnò Hebei ed Hedong e
costrinse i sovrani Sung a riconoscerle le precedenti acquisizioni della
Manciuria e della Mongolia interna (1005). Nel 1125 l'impero Liao venne a sua
volta vinto dalla dinastia tungusa dei Jin, che l'anno seguente allontanarono i
Sung dai loro domini settentrionali spingendoli a sud, dove questi diedero vita
al regno dei Sung meridionali.
Nel 1206
tutte le tribù mongole si unirono sotto la guida di Gengis Khan e iniziarono una
campagna di conquiste che diede origine al più grande impero del tempo. In Cina
cadde per prima la dinastia Jin: Gengis Khan espugnò Pechino nel 1215 per poi
estendere il suo dominio su tutta la Cina del Nord. La conquista del regno dei
Sung del Sud fu invece completata nel 1279, dopo quarant'anni di guerra, da
Kublai Khan.
Kublai
spostò la capitale mongola nei pressi della moderna Pechino, e da lì regnò su un
impero esteso dall'Europa orientale alla Corea, dalla Siberia del Nord ai
confini settentrionali dell'India, impiegando nel governo l'apparato
amministrativo dei Sung. Sotto il regno della dinastia mongola – detta Yuan
(1279-1368)
- si
intensificò il traffico sulle vie commerciali dell'Asia centrale, controllate
interamente dai mongoli. La Cina fu raggiunta da missionari e commercianti
occidentali, tra i quali il mercante veneziano Marco Polo. Tuttavia nel paese
cresceva il malcontento. La classe degli ex funzionari confuciani era irritata
dalle proscrizioni che impedivano ai cinesi di ricoprire incarichi importanti,
mentre il peso delle tasse alienò ai governanti l'appoggio della classe
contadina. A partire dal 1340 si ebbero insurrezioni in quasi tutte le province
imperiali; nel corso di una di queste il capo ribelle Chu Yüan-chang (ex monaco
buddhista), riuscì a estendere il suo potere su tutta la valle del Chang Jiang,
e da lì nel 1371 marciò verso nord e prese Pechino. I mongoli dovettero
ritirarsi nella madrepatria, da dove non smisero tuttavia di rappresentare una
minaccia.
Potere
imperiale
Due grandi
dinastie dominarono la storia cinese dopo l'ascesa di Chu, che assunse il nuovo
nome di Hung-wu.
La dinastia
Ming (1368-1644), della quale Chu fu il fondatore, stabilì inizialmente la
capitale a Nanchino, ripristinando la civiltà tradizionale dei periodi Tang e
Sung. La Grande Muraglia e il Grande Canale furono ampliati. L'impero fu
suddiviso in 15 province, ognuna amministrata da tre commissari responsabili
delle finanze, degli affari militari e delle questioni giuridiche. I primi Ming
ristabilirono inoltre la pratica dei tributi da parte degli stati vassalli. GiÃ
nei primi anni del XV secolo le tribù della Mongolia furono sconfitte e la
capitale riportata a Pechino. Le numerose spedizioni navali intraprese resero
manifesta a tutto il Sud-Est asiatico la potenza dei sovrani Ming. Dalla metÃ
del XV secolo, tuttavia, il loro potere iniziò a declinare; gli eunuchi di corte
giunsero a esercitare un forte controllo sull'imperatore, fomentando il
malcontento e la faziosità all'interno del governo; le casse imperiali furono
prosciugate dalle spese per la difesa contro i mongoli e contro l'invasione
giapponese della Corea tentata da Toyotomi Hideyoshi nel 1590. Proprio in questo
momento di difficoltà , si verificarono i primi scambi commerciali via mare tra
la Cina e il mondo occidentale (con i portoghesi, nel 1514; con le colonie
spagnole nelle Filippine a partire dal 1570; nel 1619 con gli olandesi
stabilitisi a Taiwan). Nella seconda metà del XVI secolo i missionari gesuiti
giunsero in Cina dall'Europa, ma non riuscirono a diffondere né il
cristianesimo, né il pensiero scientifico occidentale.
La caduta
dei Ming fu anticipata da una ribellione popolare nello Shaanxi. Quando i
ribelli raggiunsero Pechino nel 1644, il comandante delle forze imperiali decise
di respingere i loro attacchi ricorrendo all'aiuto dei guerrieri manciù che
però, vittoriosi, si rifiutarono di lasciare Pechino, costringendo i Ming a
ritirarsi nel Sud della Cina, ove cercarono, invano, di ristabilire il loro
regime.
Sotto i
sovrani mancia (1644-1912), la potenza dell'impero cinese raggiunse l'apice
della sua storia bimillenaria per poi crollare sotto la duplice spinta della
crisi del sistema di governo e delle pressioni esterne. I manciù assorbirono la
cultura cinese, acquisendo in particolare le strutture politico-amministrative
dei Ming, altamente centralizzate, con al vertice un Gran Consiglio che si
occupava degli affari politici e militari dello stato sotto la diretta
supervisione dell'imperatore.
Entro la
fine del XVII secolo, i Ching avevano eliminato ogni traccia di opposizione Ming
e soffocato una rivolta guidata da generali cinesi cui era stato affidato il
governo di territori semiautonomi nel Sud. Con il regno dell'imperatore Ch'ien
Lung a metà del secolo successivo, la dinastia giunse all'apogeo del potere, con
il pieno controllo di Manciuria, Mongolia, Xinjiang e Tibet; Nepal e Birmania
(l'attuale Myanmar) inviavano periodicamente tributi alla corte Ching, così come
le isole Ryukyu, la Corea e il Vietnam del Nord; Taiwan fu incorporata al
territorio metropolitano cinese.
Il XVIII
secolo fu anche un periodo di ordine, pace e prosperità senza precedenti nella
storia della nazione. La popolazione raddoppiò e ciò pose le premesse della
crisi, poiché la produzione agricola risultò insufficiente. Inoltre, le risorse
finanziarie del governo furono gravemente intaccate dai costi di una politica di
espansionismo, e il mantenimento di truppe manciù stanziate in tutto il
territorio cinese rappresentò un pesante capitolo di spesa.
I manciù
accettarono loro malgrado di stringere relazioni commerciali con l'Occidente. Il
permesso di effettuare scambi con l'estero fu inizialmente circoscritto al porto
di Canton e a un numero limitato di mercanti cinesi. L'Inghilterra comprava
ingenti quantità di tè che pagava in argento; ma quando i mercanti inglesi
introdussero in Cina l'oppio indiano, attorno al 1780, questo mercato si
sviluppò in maniera rapidissima, facendo crollare l'economia cinese.
Pressioni
esterne
Il XIX
secolo si aprì così all'insegna della crisi irreversibile del sistema di governo
imperiale e del costante intensificarsi delle pressioni occidentali e giapponesi
per una maggiore apertura dei mercati cinesi. Fu la questione delle relazioni
commerciali tra Cina e Gran Bretagna a dare origine al primo serio conflitto.
Gli inglesi erano ansiosi di estendere i loro scambi commerciali ben oltre la
provincia circostante Canton; dal canto suo la Cina non aveva alcun interesse a
incrementare le proprie attività commerciali con l'Occidente; piuttosto
intendeva risolvere la questione del traffico d'oppio, che stava minando le basi
morali e finanziarie dell'impero. Nel 1839 funzionari cinesi confiscarono e
distrussero enormi quantitativi di oppio stivati nelle navi inglesi all'ancora
nel porto di Canton, e imposero controlli severissimi alla comunità mercantile
inglese della città . Il rifiuto inglese di adeguarsi a queste disposizioni portò
all'aprirsi delle ostilità .
Guerre
commerciali e trattati ineguali
La prima
guerra dell'Oppio si concluse nel 1842 con la sconfitta della Cina e
l'ottenimento da parte della Gran Bretagna dei privilegi commerciali che
cercava; nel corso dei due anni successivi, Francia e Stati Uniti riuscirono a
imporre a Pechino una serie di trattati analoghi. Una seconda guerra dell'Oppio
(1856-1860) estese ulteriormente i vantaggi concessi ai commerci occidentali,
ratificati però solo dopo che un corpo di spedizione franco-britannico prese
stanza a Pechino.
Questi
trattati, noti come "trattati ineguali", avrebbero regolato i rapporti tra
cinesi e occidentali fino al 1943, cambiando il corso dello sviluppo sociale ed
economico cinese e segnando definitivamente il destino della dinastia Manciù. In
forza delle clausole imposte dai trattati, i porti cinesi furono aperti al
commercio estero e ai residenti; Hong Kong e Kowlojon furono cedute
permanentemente alla Gran Bretagna; a tutti gli stranieri in Cina fu garantito
il diritto a essere processati nei propri consolati e in base alle leggi dei
rispettivi paesi; tutti i trattati comprendevano una clausola della "nazione-più-favorita",
in base alla quale qualsiasi privilegio concesso dalla Cina a un determinato
paese veniva automaticamente esteso a tutti gli altri paesi firmatari. I
trattati fissavano inoltre un limite del 5% alle tasse di importazione sui
prodotti; scopo di questa clausola era prevenire l'imposizione di eccessive
tasse doganali la cui mancanza, tuttavia, impedì alla Cina di proteggere
l'industria nazionale e di promuovere la modernizzazione economica.