Durante il
IV secolo a.C. il regno di Ch'in, uno stato periferico del Nord-ovest, avviò un
ambizioso programma di riforme amministrative, economiche e militari e,
estintosi del tutto il potere dei Chou (256 a.C.) nell'arco di una generazione,
riuscì a soggiogare tutti gli altri Regni combattenti.
Nel 221
a.C. il re dei Ch'in si autoproclamò Shi Huangdi, o primo imperatore della
dinastia Ch'in (221 - 206 a.C.).
Egli seppe
fondere la molteplicità di staterelli feudali in un impero centralizzato
amministrativamente e unificato culturalmente. Le aristocrazie ereditarie furono
abolite e i loro possedimenti furono divisi in province governate da funzionari
di nomina imperiale; furono adottati sistemi standardizzati di scrittura, di
pesi e misure e di moneta; fu introdotta la proprietà privata delle terre e
furono imposte leggi e tasse. La ricerca di uniformità culturale portò i Ch'in a
mettere al bando le contrastanti scuole filosofiche fiorite durante il tardo
periodo Chou, e dare riconoscimento ufficiale al solo legalismo (vedi
Confucianesimo).
Il primo
imperatore favorì una politica di conquista. Le sue armate marciarono fino al
delta del Fiume Rosso, nell'attuale Vietnam, estendendo il regno fino a
comprendere parte dell'attuale Corea. La più nota impresa dei Ch'in fu comunque
il completamento della Grande Muraglia.
Le
conquiste territoriali, la costruzione della Muraglia e altre imponenti opere
pubbliche furono realizzate con enorme impegno di risorse e di vite umane. Il
peso sempre più oneroso delle tasse, del servizio militare e dei lavori forzati
finì col generare tra la gente comune una profonda avversione al regime.
La dinastia
Han occidentale (206 a.C. - 9 d.C.)
Dalla
turbolenza e dalle guerre che segnarono gli ultimi anni della dinastia Ch'in,
emerse Liu Bang (in seguito conosciuto con il titolo di Gao Zu) che dopo avere
sconfitto gli altri contendenti al trono, si autoproclamò imperatore nel 206
a.C. La dinastia Han, che egli fondò, governò per quattro secoli e da subito
seppe intervenire sulle condizioni che avevano prodotto la caduta dei Ch'in;
furono abrogate le leggi più gravose, ridotte drasticamente le tasse e fu
adottata una politica di tolleranza nel tentativo di promuovere la ripresa
economica, benché le terre dell'impero Han fossero mantenute sotto il diretto
controllo imperiale.
La prima
dinastia Han raggiunse l'apice della potenza sotto l'imperatore Wu-ti, che regnò
dal 140 all'87 a.C. su quasi tutto il territorio dell'attuale Cina. L'impero
cinese raggiunse la Manciuria del Sud e il regno coreano di Chao-hsien, penetrò
il territorio dell'attuale Kazakistan, e stabilì colonie attorno al delta dello
Xi Jiang, nell'Annam e in Corea.
La politica
di espansionismo esaurì le risorse finanziarie, di conseguenza furono nuovamente
aumentate le tasse e ripresi i monopoli di stato. Durante il I secolo a.C.
l'incompetenza e la faziosità indebolirono il governo imperiale e i grandi
proprietari terrieri delle province acquisirono la virtuale esenzione dalle
tasse.
Un
cortigiano ambizioso, Wang Mang, ucciso l'imperatore ancora infante, stabilì la
breve dinastia Xin (9-23 d.C.). Egli cercò di rafforzare il governo imperiale
nazionalizzando le terre e ridistribuendole tra coloro che effettivamente le
coltivavano ma il suo proposito naufragò di fronte alla strenua opposizione
della classe dei proprietari terrieri. La crisi agricola si intensificò e nella
Cina del Nord scoppiò una ribellione, capeggiata da un gruppo noto come
Sopraccigli rossi, cui subito si unirono le famiglie dei grandi possidenti; i
ribelli riuscirono a uccidere Wang Mang e a ristabilire il regime della dinastia
Han.
La seconda
dinastia Han (25-220 d.C.)
ristabilì
il dominio cinese in Asia centrale e, grazie al controllo acquisito sulla Via
della Seta, il commercio divenne di nuovo fiorente. La nuova dinastia rivelò
presto debolezze e inefficienze amministrative tali che tra il 168 e il 170
scoppiò una guerra tra gli eunuchi e i burocrati. Nel 184 scoppiarono inoltre
due rivolte contadine, guidate da gruppi religiosi taoisti. Le famiglie dei
grandi proprietari terrieri, approfittando della debolezza del governo
imperiale, si dotarono di eserciti privati. Alla fine, nel 220, uno dei più
valorosi generali dell'impero Han si impossessò del trono e diede inizio alla
dinastia Wei (220-265). La sua autorità fu però presto messa in discussione da
altri capi militari: la dinastia Shu (221-263) fu stabilita nella Cina
sudoccidentale, mentre una dinastia Wu (222-280) comparve nel Sud-est. Queste
tre dinastie, dette Tre Regni Militari, si trovarono in costante conflitto. Nel
265 Sima Yan (un generale Wei) usurpò il trono e stabilì la dinastia Chin
occidentale (265-317); entro il 280 egli aveva già riunito il Nord e il Sud
della Cina sotto il suo regno, ma alla sua morte (290) l'impero tornò a
sgretolarsi, nuovamente preda degli interessi delle famiglie che possedevano le
terre.
Le tribù
turco-mongole del Nord approfittarono della debolezza del governo per acquisire
nuovi pascoli nel fertile bassopiano cinese. Le invasioni iniziarono nel 304 e
si succedettero ininterrottamente per quasi tre secoli. Nel Sud del paese si
susseguirono quattro dinastie cinesi, tutte accentrate attorno all'area
dell'attuale città di Nanchino. Ancora a nord, da una delle popolazioni della
steppa protagoniste da decenni dell'invasione di quelle regioni, nel 386 sorse
la dinastia turca dei Tabgac Wei, capace di estendere il proprio potere su tutto
il bassopiano cinese e avviare l'ennesimo processo di riunificazione
dell'impero. Alle altre tribù di frontiera fu riconosciuta ampia autonomia in
cambio dell'obbligo del servizio militare; a corte furono adottati usi, costumi
e abbigliamento di stile cinese, e il cinese divenne la lingua ufficiale. Nel
534 la ribellione dei capi tribù all'autorità centrale dell'imperatore determinò
la fine della dinastia.
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