Apartheid è un termine afrikaans usato per definire il sistema
di rigorosa segregazione razziale nei confronti della gente di colore attuato
nel Sud Africa a partire dal 1954. Accompagnato da sanguinose repressioni di
ogni moto dei Neri per l'eguaglianza, ha raggiunto estremi tali di ingiustizia e
inumanità da determinare proteste e risoluzioni di condanna in seno non solo
alle assise internazionali dei popoli africani, ma anche all'ONU e al
Commonwealth, dal quale il Sud Africa è stato estromesso nel 1961. Nel 1989 con
l'avvento del presidente F.W. De Klerk si è avuta una progressiva riduzione fino
alla formale abolizione nel 1991.
L'unione operò una politica sempre più rigorosa di
segregazione razziale, specialmente dopo la vittoria elettorale dell’ala destra
del Fronte Nazionale nel 1948 coi governi di Daniel François Malan (1948-1954),
Johannes Gerhardus Strijdom (1954-1958) e Hendrik F. Verwoerd (1958-1966) che
causarono gravi contrasti interni per l'inasprirsi della politica di apartheid,
con perdita dei diritti civili delle popolazioni nere: perdita del diritto di
voto per gli Africani, l’Atto di Proibizione dei Matrimoni Misti del 1949 (che
proibì a neri e bianchi di sposarsi tra loro) e l'istituzione di scuole agricole
e commerciali speciali (le uniche istituzioni che accetteranno allievi neri). I
negozi devono servire tutti i clienti bianchi prima dei neri. I neri devono
avere speciali passaporti interni (pass book) per muoversi nelle zone bianche,
pena l’arresto o peggio.
L’African National Congress, la più grande organizzazione politica che includeva
i neri, era di stampo socialista, giustificazione sufficiente per renderla
illegale dagli afrikaner. Sia neri (Albert Luthuli, insignito nel 1960 del
Premio Nobel per la pace) che bianchi (partito unito e partito laburista),
organizzarono proteste contro l’apartheid, che venivano puntualmente soffocate
con brutalità dalle forze di sicurezza governative.
Una tipica situazione venutasi a creare con l' apartheid: un ponte
diviso in due zone, una per bianchi e una per neri.
Nel 1956 la politica di apartheid fu estesa a tutti i cittadini di colore
compresi gli asiatici.
Gli ultimi legami col governo britannico cessarono il 15 marzo 1961 quando il
Sudafrica esce dal Commonwealth britannico, rimuovendo Elizabeth II dalla carica
di capo di stato e proclamando la repubblica.
Nel 1961 viene approvata la condanna della politica razziale da parte delle
Nazioni Unite. Negli anni 60 sotto Hendrik Verwoerd, 3,5 milioni di neri furono
sfrattati con la forza dalle loro case e reinsediati nelle "homeland del sud" (Bantustan),
nel tentativo di ristrutturare l’apartheid rendendolo meno evidentemente
razzista. Una serie di stati con governi neri fantoccio all’interno del
Sudafrica, con la possibilità per i neri di trasferirvisi, in base alle proprie
discendenze etniche. Vietato (1960) e senza potere politico, l’ANC e una
scheggia del gruppo di soli neri, il Pan-Africanist Congress, si rivolge alle
azioni violente. L’ANC limitandosi agli obiettivi strategici come distruggere le
centrali elettriche (motivo di arresto del futuro presidente Nelson Mandela) e
altre infrastrutture, mentre il Pan-African Congress si dedico ad atti più
casuali e più generali di terrorismo. Nel 1962 i rapprentanti dell'ANC vengono
invitati l'assemblea generale dell'ONU, dove chiedono ai propri membri di porre
sanzioni economiche contro il Sudafrica e nel 1963 un embargo sulle armi. Nel
marzo 1966 Verwoerd viene rieletto, nel settembre viene assassinato in una
seduta parlamentare, Balthazar J. Vorster diventa primo ministro. Nell'ottobre
1966, l'ONU vota la fine del mandato del Sudafrica sull'Africa del Sud-Ovest, ma
il Sudafrica non riconosce questo atto della Nazioni Unite. Vorster rimane in
carica fino al 1970.
Nel 1975, durante la riorganizzazione del Dipartimento Educativo Bantù del
governo, burocrati decisero di fare rispettare una legge a lungo dimenticata che
richiedeva che la formazione secondaria fosse condotta soltanto in lingua
afrikaans, invece che in altre lingue africane locali. Dal 1976, molti
insegnanti ignorarono l'indirizzamento e furono licenziati. La tensione crebbe.
Gli studenti si rifiutarono di scrivere in Afrikaans e vennero espulsi. La
rivolta si estese, una scuola dopo l’altra, unica soluzione del governo fu di
chiudere le scuole e di espellere gli studenti rivoltosi.
Una marcia protesta fu organizzata nel distretto nero di Soweto (Johannesburg)
il 13 giugno 1976.
All' uscita di
una chiesa: una zona per bianchi e una per neri.
Circa 20.000 allievi arrivarono in gruppi, seguiti attentamente dalla polizia.
Malgrado gli appelli degli organizzatori a non contrapporrsi alla polizia in
nessun modo, lo scontro incomincio quasi subito, con gas lacrimogeno lanciato
dalla polizia e spari sulla folla. La polizia, numericamente inferiore, si
ritira per radunarsi, e gli studenti costruirono barricate iniziando a
distruggere tutto quello che rappresentasse il governo. I tumulti di Soweto
finirono dopo alcuni giorni, quando un notevole numero di poliziotti fu
assegnato alla zona per reprimere le violenze, che, nelle settimane successive,
si sparsero nel resto del paese.
Durante i tumulti, i commentatori internazionali, trasmisero le notizie sui
massacri della folla di manifestanti inermi. Da allora, la maggior parte dei
paesi nel mondo (eccezioni Gran Bretagna e USA), imposero sanzioni economiche al
Sudafrica, in risposta all’apartheid.
Gli anni 90 portarono alla fine dell’apartheid, con la
liberazione di Nelson Mandela l’11 febbraio 1990 decisa da F.W. de Klerk e con
l’introduzione di elezioni democratiche tenute il 27 aprile 1994, prima sotto
Nelson Mandela, quindi con Thabo Mbeki.
Il Sudafrica aggiunse 9 lingue africane native all’afrikaans e all'inglese come
lingue ufficiali, portanti il totale a 11.