Giovanni Giolitti nacque nel 1842 in provincia di Cuneo, da genitori borghesi e morì a Cavour nel 1928. Dopo aver lavorato per ben vent’anni al ministero delle Finanze entrò in Parlamento nel 1882 come deputato per Dronero che rappresentò per il resto della vita. Valendosi della sua esperienza in materia finanziaria divenne ministro del Tesoro sotto Crispi nel 1889 e primo ministro nel 1892. Travolto dallo scandalo della Banca Romana, si dimise nel novembre del 1893. Tornò al governo sei anni dopo, sotto Zanardelli, come ministro degli Interni sull’onda del liberismo.

La sua politica progressista gli guadagnò l’appoggio dei socialisti moderati e sotto il suo governo la classe lavoratrice organizzata godette i benefici della prosperità economica e dell’aiuto dello stato. Non simpatizzava né per il clericalismo né per l’anticlericalismo, e pensava che lo Stato e la Chiesa fossero "due parallele che non devono incontrarsi mai". Per questo favorì l’integrazione nella vita della nazione tanto dei cattolici quanto dei socialisti; fu proprio questo l’impegno che gli costò più tempo. La Destra e la Sinistra, tuttavia, lo accusavano di clericalismo.

nell’epoca di Giolitti al declino: la conquista della Libia e il suffragio universale. Nel marzo del 1914 Giolitti si dimise e nel maggio del 1915 l’Italia entrò in guerra.

 

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