Un‘Italia prospera

Un Mediterraneo prospero significa un’Italia prospera. Questa gode inoltre, nell’insensato mondo di fine secolo, di tutti i privilegi dei neutrali. Gli altri si battono, l’Italia lavora. L’industria dei Paesi Bassi conosce difficoltà e l’Italia ne approfitta: Venezia vede aumentare, come non era mai avvenuto prima, la produzione delle sue manifatture di panni di lana.
Vi sono poi le difficoltà della Spagna. La rotta diretta fra la costa settentrionale spagnola e il Mare del Nord, grazie alla quale Anversa aveva prosperato, era stata interrotta dalla guerra di corsa inglese fin dal 1568-69, qualcosa si spezzò e per lungo tempo. Infatti questa rotta, che da Laredo, Santander, Bilbao porta ad Anversa attraverso l’Atlantico, la Manica e il Mare del Nord, non è soltanto la via seguita dalle preziose lane di Pastiglia, ma è anche quella dell’argento americano, che la Spagna deve mandare ad Anversa per coprire le spese della sua politica egemonica. Là essa combatte una di quelle guerre periferiche, costose e rischiose, con cui ogni imperialismo che vi presti il fianco è regolarmente attaccato e tenuto in sacco nelle zone di sua evidente debolezza. In questo caso la distanza, più che ogni altra cosa, pesa a svantaggio della Spagna.
Nel 1571, con la rivolta dei Gueux, e il loro insediarsi a Brielle, la rotta marittima fra la Spagna e i Paesi bassi è definitivamente interrotta. Anche un accordo con l’Inghilterra non risolverà la situazione, mentre le vie di terra, attraverso la Francia, offrono soluzioni imperfette. Meglio vale allora servirsi delle strade italiane, attraverso le Alpi e l’Alta Germania. Le tappe delle truppe spagnole avviate di continuo verso le Fiandre si organizzano a lungo su questo percorso, da Genova a Bruxelles, dall’ospedale San Mattone, dove Genova accaserma i soldati spagnoli malati, fino ai campi di battaglia del Nord, con le loro costanti richieste di uomini e di denaro.
Questo spostamento di strade precipita la situazione in favore della fortuna già ben salda dei mercanti genovesi. Costoro da tempo si sono insediati in Castiglia. La prima bancarotta di Filippo II (1557) ha dato un colpo decisivo ai creditori della Germania meridionale, e in particolare ai Fugger, spazzando il terreno a vantaggio dei Genovesi. Da allora questi si impegnano sempre di più in quei contratti, gli asientos, che gli uomini d’affari concludono con il governo spagnolo per assicurare e rendere regolari i suoi pagamenti esterni. Con una promessa di rimborso, di solito mediante l’argento che deve arrivare dall’America, i prestatori, gli asientistas, si impegnano a fare questo o quel pagamento a scadenza fissa su questa o quella piazza prestabilita. Fra queste Anversa è di gran lunga la più importante. Quando prestiti e rimborsi sono arrivati a termine, un bilancio dovrebbe in linea di principio regolare i conti. Di fatto il loro regolamento è rinviato di anno in anno e gli asientos si sommano di solito gli uni agli altri sino a formare importi colossali. Fino al 1568 i Genovesi erano stati coinvolti anche nella vita commerciale spagnola, a Siviglia soprattutto, e sui grandi mercati di materie prime della penisola: le lane di Segovia, gli allumi di Mazaron, le sete di Granada ecc. Era, questa, una condizione delle loro attività finanziarie, i cui guadagni non erano direttamente esportabili, perché era difficile (proibito legalmente) fare uscire argento dalla Spagna ("politica protezionistica"). I Genovesi aggiravano la difficoltà, acquistando ed esportando merci di buon guadagno, il cui prezzo veniva loro pagato sia in Italia, sia nei paesi Bassi o altrove, e ciò offriva loro la possibilità di disporre di capitali e di denaro liquido, a seconda delle loro necessità, nei punti più utili per le loro attività economiche.
A partire dal 1568, però, queste attività commerciali all’interno dei regni iberici sono abbandonate, compresa la posizione chiave di Siviglia, nonché i prestiti a lunga scadenza per i traffici transoceanici. Tutto ciò è diventato superfluo. Il governo di Filippo II, davanti alle sue colossali necessità di denaro, moltiplica offerte e concessioni agli hombres de negotios genovesi, concedendo loro con liberalità sacas, permessi di esportazione d’argento. In tal modo, senza volerlo, esso ha semplificato il gioco dei Genovesi, che d’ora in poi si occuperanno solo di prestiti al re e d’argento americano, concentrandosi sull’attività finanziaria e tralasciando il commercio.
Il sistema viene impiantato ben presto, grazie ad una serie di relazioni che copre tutta l’Europa, incluse le indispensabili piazze italiane, facendo capo ad Anversa. La necessità della Spagna, a partire dal 1567, di mantenere un esercito sovrequipaggiato nei Paesi Bassi accelera l’organizzazione e il funzionamento di questo insieme complesso di pagamenti. Apparentemente il prestatore si attribuisce solo piccoli tassi di interesse, ma questi piccoli tassi si sommano gli uni agli altri e ammontano a milioni di scudi, somme enormi per quell’età. La "banca" genovese si impadronisce così del denaro politico del re di Spagna e, in conseguenza del maneggio di questi fondi, attira a sé tutta la ricchezza mobile dell’Occidente, Italia compresa.
A lungo termine, però, questa situazione eccezionale si deteriora. Non tutto dipendeva dai prestatori, dai loro calcoli, dalla loro vigilanza, dalla loro abilità. Le loro manovre finanziarie richiedevano una condizione esterna: il continuo afflusso dei tesori americani. Se essi cominciano ad esaurirsi, o sembra che così debba avvenire, come verso il 1600/1610, diventano necessari accomodamenti: ad esempio pagare i soldati di Anversa oppure diminuire le poste, farsi ancor più solidali fra prestatori. È esattamente quello che avviene in modo abbastanza discreto verso il 1600-1610. Tuttavia la situazione si fa seria a partire dal 1627, nettamente dopo la crisi violenta del 1619-22. Per Genova la crisi profonda che metterà fine al "secolo dei genovesi" inizia quando il conte d’Olivares ricorre, al fine di ottenere nuovi prestiti per il re cattolico, ai marrani portoghesi, i nuovi cristiani che l’Inquisizione spagnola tormenterà in seguito e che spesso sono soltanto gli uomini di paglia o gli agenti del capitalismo in via di formazione dei Paesi Bassi.
Oppure si potrebbe arrivare a collocare questo momento di crisi irreversibile dei mercanti genovesi nel 1648, al momento della pace separata che la Spagna firma a Münster con le Province Unite, provocando la sorpresa e la collera di Mazzarino. In quel momento cruciale l’evoluzione è conclusa ed è ormai irreversibile. D’altra parte proprio nel 1647 i tesori dell’America ritrovano la rotta dell’Atlantico, della Manica, e del Mare del Nord, grazie alle navi olandesi o zelandesi che li trasportano. La soluzione è sconcertante, ma per la Spagna il problema politico rimane sempre quello di un tempo: fare affluire nei Paesi Bassi, per difendervi la sua posizione, mantenervi truppe, lottare contro il re di Francia, ora che le Province Unite non gli sono più ostili.

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