Il movimento e il corso

Il corso è il simbolo più importante e il fatto principale della città barocca. Non era sempre possibile progettare secondo i principi barocchi un’intera città nuova, ma nella disposizione di una dozzina di nuovi corsi o in un nuovo quartiere, si poteva modificarne il carattere. Nell’evoluzione lineare della pianta urbana ebbe parte decisiva il movimento dei veicoli a ruote, e la generale geometrizzazione dello spazio sarebbe stata del tutto ingiustificata se non avesse facilitato il flusso del traffico. Fu nel cinquecento che carri e carrozze divennero d’uso generale, in seguito anche ai processi tecnici che sostituirono l’antiquata ruota solida con una costituita da varie parti separate, cerchione e raggi, e ne aggiunsero una quinta per facilitarne il cammino.
Oltre alle necessità del traffico, c’era il problema degli eserciti. I nuovi urbanisti, Palladio come Alberti, tenevano continuamente presente le esigenze dell’esercito. Oltre ad osservare che le strade sarebbero state più brevi e più comode se progettate in linea retta e su larghezza sufficiente per impedire che cavalli e carrozze si ostacolassero a vicenda quando s'incontravano, Palladio disse che sarebbero state comode se si fossero fatte tutte uguali: cioè che non vi fossero alcuni luoghi nei quali non si potesse facilmente andare con gli eserciti. Questa strada uniforme e sterminata, che avrebbe avuto tanta influenza sulla formazione dei rioni delle nuove città e che avrebbe aumentato le spese, aveva giustificazioni puramente militari. Tenuto conto dell’importanza dell’esercito per le classi dirigenti non meraviglia che il traffico militare fosse il fattore determinante della nuova pianta urbana fino ad arrivare all’ultima sopravvivenza nel tracciato dei boulevards parigini.
Nella città nuova, o nelle aggiunte fatte ai vecchi centri, l’edificio diventò un fondale del corso e il corso un campo di manovre, un luogo dove gli spettatori potessero radunarsi, sui marciapiedi o alle finestre, per assistere alle evoluzioni, alle esercitazioni o alle marce trionfali dell’esercito, e per esserne debitamente impressionati e intimiditi. Gli edifici sorgevano su entrambi i lati rigidi e uniformi; i soldati in divisa sfilavano per il corso impettiti, impeccabili, identici l’uno all’altro: un esempio classico di edificio in movimento.
Nella città medievale le classi alte e basse si erano accalcate insieme nelle strade o nella piazza del mercato come nella cattedrale; il ricco poteva procedere a cavallo, ma doveva aspettare che il povero con il suo fardello o il mendicante cieco che annaspava col bastone si togliessero di mezzo. Adesso, invece, con lo sviluppo del corso, la distanza tra privilegiati e diseredati trovava una sua forma in quella stessa della città. Il ricco viaggiava, il povero camminava. Il ricco percorreva l’asse del grande corso, il povero se ne stava ai margini, nei fossati; dopo un po’ si creava una striscia speciale per i pedoni, il marciapiede. La sfilata quotidiana dei potenti diventò uno dei grandi spettacoli della città barocca, spesso causa di disgrazie per quei pedoni che si trovavano sulla strada al passaggio delle carrozze: essa offriva  una vita sostitutiva, dispendiosa, fastosa al garzone del bottegaio con una cesta in testa, al mercante a riposo uscito per una passeggiata, alla massaia andata a fare spese, alla folla oziosa dei parassiti: gente di tutte le condizioni dall’eleganza squallida e pretenziosa alla miseria assoluta, eredi autentici dei clientes della Roma imperiale.
Questo intensificarsi del ritmo della vita, questa rapidità di movimenti, queste eccitazioni e questi rischi, servivano psicologicamente ad addolcire l’amara pillola della disciplina politica autoritaria. In questo regime dispotico una sola era la condizione desiderabile: quella dei ricchi. Per loro venivano costruiti i corsi, spianati i selciati, per proteggerli  marciavano i soldati.

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