Conseguenze dell’aumento della popolazione

Le cause dell’aumento della popolazione nel ‘500 sono ancora alquanto oscure. Non lo sono però gli effetti. Il più evidente è il costo della vita, che già i contemporanei segnalavano con preoccupazione. L’ondata degli aumenti dei prezzi dei beni di largo consumo non riguardò tutti i paesi contemporaneamente (essa interessò prima la Spagna, poi la Francia, l’Italia, i Paesi Bassi e l’Inghilterra), non li colpì tutti nella stessa misura (l’inflazione tocco i livelli più alti in Spagna e si ridusse man mano che si procede verso Oriente) e non interessò in eguale misura tutti i generi di prima necessità, ma il fenomeno fu così rilevante che gli storici moderni lo hanno definito come una Rivoluzione dei Prezzi.
Il nesso tra l’aumento della popolazione e l’aumento dei prezzi emerge con chiarezza: le più alte impennate furono registrate dai prezzi dei generi alimentari, e soprattutto dall’alimento base, i cereali, che venivano maggiormente richiesti da una popolazione in continua crescita: il costo del grano, dell’orzo, della segale, aumentò anche di quindici volte nel giro di pochi decenni. Ne derivò un vasto processo di riconversione delle culture, una "cerealizzazione" dell’agricoltura che riguardò tutte le regioni europee: si arano i pascoli, si sradicano i vigneti, si distruggono le foreste per coltivare campi a grano. L’aumento dei prezzi dei generi alimentari dipendeva dal fatto che la produzione di questi generi non teneva il passo con l’aumento della popolazione. In altre parole il numero degli uomini aumentò più velocemente della produzione di beni necessari a sfamarli. I contadini del XVI secolo s’impegnarono in una dura lotta per accrescere la quantità delle loro risorse, e vi riuscirono. Questa crescita non fu dovuta, tranne che in casi e situazioni eccezionali, ad un miglioramento delle rese agricole, vale a dire del rapporto fra semente e raccolto. In gran parte dell’Europa le rese sono rimaste infatti complessivamente stabili dal 1300 fino alla metà dell’800. La media europea per i cereali si manteneva come sempre intorno ad una resa di 1 a 4. L’aumento della produzione si ottenne piuttosto estendendo gli spazi coltivati. In alcune regioni fu perfezionato e modificato il vecchio sistema della rotazione triennale dei campi, cercando di ridurre, attraverso cicli di rotazione pluriennale (anche di sei anni) e attraverso il massiccio impiego della concimazione (laddove c’era disponibilità di animali), la quantità di suolo destinata a maggese (lasciata a riposo perché riprendesse la sua fertilità naturale). Ben più importante però fu la messa in coltivazione di nuove terre. Si tratta di terreni che erano già stati coltivati prima del 1300, al momento della grande espansione demografica ed economica tardomedievale, e che erano stati abbandonati in conseguenza della crisi del ‘300. Consistenti furono anche le bonifiche di paludi, specialmente in Italia, dove furono rese fertili e coltivabili la Maremma, la Val di Chiana, la bassa valle del Piave e territori presso Brescia, Aquileia e Ferrara.
L’accresciuta richiesta di generi alimentari determinò un aumento dei profitti derivanti dall’agricoltura e l’aumento degli investimenti agricoli da parte dei detentori di capitali. La terra interessava sempre di più speculatori e affaristi, e le grandi aziende venivano gestite con una particolare attenzione al calcolo economico: si cercava di farne imprese produttive, fondate su un attento computo delle entrate, delle uscite e degli utili. Si seguiva anche con maggiore attenzione l’andamento dei prezzi, cercando di trarne il maggiore vantaggio possibile. Si trattava di una produzione destinata prevalentemente all’esportazione, anche su grande distanza: il grano siciliano veniva consumato in Spagna, quello polacco nelle regioni mediterranee. S’impiantarono colture specializzate che richiedevano alti investimenti iniziali, ma che consentivano alti profitti: i banchieri genovesi incentivarono la produzione del gelso nel Regno di Napoli, su terre offerte dall’imperatore Carlo V in pagamento dei suoi debiti; l’olivo, la vite, lo zafferano si diffusero in tutta la penisola, le risaie in Val Padana.

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