L’accentramento del potere

In contrasto con la situazione medievale, potere e popolazione non erano più sparsi e decentrati. Il consolidamento del potere politico nella capitale fu una conseguenza inevitabile dell’accentramento dell'amministrazione nelle mani della nuova burocrazia prevalentemente borghese; ad esso si accompagnò una diminuzione di potere e d’iniziativa nei centri minori: il prestigio nazionale andava a scapito delle libertà municipali. Le capitali naturali erano di solito situate in punti propizi al commercio e alla difesa militare, elementi questi che avevano contribuito originariamente alla loro scelta, ma i sovrani barocchi aggiunsero ad esse tutti i poteri dello stato per accentuarne la preminenza.
Il territorio nazionale divenne l’anello di congiunzione tra i gruppi, le corporazioni e le città: la nazione era cioè una società onnicomprensiva di cui si entrava a fare parte dalla nascita. Non si riconosceva alle comunità locali e agli enti morali un’esistenza autonoma; la famiglia era solo il gruppo, a parte lo stato, di cui si ammettesse l’esistenza, il solo che non avesse bisogno dell' autorizzazione del sovrano per svolgere le sue funzioni.
La capitale aveva funzioni non soltanto politiche ma anche sociali. Qui le usanze, i costumi e i dialetti delle diverse province si fondevano e si ricomponevano nell’immagine della corte regale: essa divenne dunque il cosiddetto specchio nazionale, ma più per prescrizione o per moda imitativa che per origini.
Soltanto nei paesi tedeschi sopravvisse con qualche efficacia l’antico tipo di economia municipale, ma il consolidamento del Brandeburgo-Prussia nel Seicento provocò anche qui profondi mutamenti. Lo stato crebbe a spese dei suoi componenti e la capitale crebbe sproporzionatamente rispetto alle città di provincia e in certo qual modo a loro spese. La moltiplicazione delle città si interruppe, o più esattamente si trapiantò tra il XVI e il XIX secolo nel Nuovo Mondo. Il costruire città non era più il mezzo di una classe in ascesa di piccoli artigiani e mercanti per garantirsi sicurezza e libertà, ma un modo di consolidare il potere politico in un unico centro nazionale direttamente sotto gli occhi del re e di  impedire che potesse manifestarsi altrove, in centri disseminati, e quindi più difficilmente controllabili, un'opposizione al potere centrale. All’epoca delle città libere, con la loro cultura largamente diffusa e i loro sistemi associativi relativamente democratici, seguì un’epoca di città assolute: pochi centri che si svilupparono caoticamente, costringendo le altre città a rassegnarsi ad una stasi o a esaurirsi in gesti disperati di imitazione servile.

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