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MARIO UNTERSTEINER

LE ORIGINI DELLA TRAGEDIA E DEL TRAGICO

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Per concludere la sezione della filologia abbiamo voluto introdurre il testo del noto grecista roveretano, il quale nella sua opera sulle origini della tragedia, propone una lettura che si basa sulle tradizioni religiose e sociali delle civiltà preelleniche. Egli mostra quali conseguenze comporti il passaggio, avvenuto in età micenea e continuato alla fine del medioevo ellenico, dalle forme di religiosità mediterranea a quelle di età storica, basate anche sul culto degli eroi di origine prettamente indoeuropea.

  1. Il mito di Edipo
  2. Giocasta e il ruolo della madre-dea e le figure di Laio ed Edipo
  3. Il problema dell'avvicendarsi al potere
  4. Il passaggio dal divino all'umano
  5. La figura della Sfinge

 


Il mito di Edipo
Nel mito dei Labdacidi si può individuare un principio religioso che accomuna tutti i membri di una stirpe: dagli antenati, ai figli, ai nipoti. Questo motivo, importante già nel pensiero di Solone e di Eschilo, si ripresenta anche nel mito di Edipo con sviluppi più profondi. Ricordiamo brevemente la vicenda di questa famiglia: a Laio, re di Tebe, fu imposto dalla divinità di non avere un figlio, altrimenti sarebbe stato ucciso da questi. Nonostante l’ammonimento, gli nacque Edipo, che abbandonò sul monte Citerone, ma il bimbo fu salvato da un pastore e, diventato adulto, incorse nella duplice colpa di uccidere il padre e di sposare la madre, a lui sconosciuti. In seguito fu costretto a maledire i figli, i quali si uccisero di mutua strage, mentre egli, scoperte le proprie colpe, cadde in disperazione. Questo destino maledetto, che gravava sui Labdacidi, costituiva per il greco del tempo un perenne motivo di riflessione. La famiglia di Laio apparteneva alla civiltà preellenica; ciò ci permette di comprendere come, in realtà, Laio in origine fosse un dio di origine mediterranea.

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Giocasta e il ruolo della madre-dea e le figure di Laio ed Edipo
Laio è sposato con Iocasta, il cui nome corrisponde a quello della Grande Dea mediterranea; infatti la prima parte del nome è in rapporto con Io, collegata ad un aspetto della Potnia ellenica, mentre la seconda parte corrisponde ad un suffisso presente in una serie di toponimi dell’Asia minore mediterranea. Il rapporto fra i due non era perciò altro che quello normale fra la dea mediterranea ed il suo paredro. Conviene ricordare inoltre come la figura di Laio sembra confondersi, ad un dato momento, con quella stessa di Zeus; secondo una versione egli venne seppellito su un monte dove c'era un tempio consacrato a Zeus. Conseguentemente si capisce come Iocasta potesse essere accostata a Hera; ma quando si parla nel mito di Laio di Hera, non si deve associarla alla Hera


Epidauro, veduta del teatro.

olimpica, bensì alla Potnia Hera, antica divinità mediterranea. La saga di Laio conteneva un motivo rituale di grande importanza, ovvero le sacre nozze con Iocasta-Hera, ed anche una colpevole ma normale rivolta del paredro contro la sua dea, poiché non vuole essere da essa sopraffatto. Questo motivo sarebbe diventato uno spinoso problema etico: infatti si caricò di gravità quando alla figura di Laio fu unita quella di Edipo come suo figlio, mentre in origine era indipendente. Edipo leggendariamente era un demone ctonico della fertilità legato a Demeter, sua madre originaria, il quale non venne seppellito a Colono, ma a Scarphe, città sulle pendici del Citerone. Il fatto che la culla di Edipo fosse sul Citerone non venne dimenticato nemmeno quando, in seguito all'evoluzione del mito, la nascita dell'eroe fu spostata a Tebe; infatti il bimbo, appena nato, fu esposto su un monte dove l'antica saga aveva posto la sua nascita. 

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Il problema dell'avvicendarsi al potere
Queste considerazioni chiariscono due aspetti del mito: le nozze con la madre e le "dolorose esperienze". Evidentemente la madre di Edipo non può essere diversa dalla dea della terra e dove la terra è la Grande Madre "anche i suoi figli sono contemporaneamente suoi sposi". Inoltre il figlio nato in primavera dalla Madre Terra deve nell'inverno subire sofferenze o morte. Viene così ad identificarsi col dio della vegetazione o anche dio dell'anno. Poi l'atteggiamento di Edipo verso il padre trova giustificazione nel mito, che aveva bisogno che ci fosse un padre per Edipo e fu scelto Laio, divinità di natura affine. In origine però il figlio della Madre Terra non deve avere avuto padre; poi però si sentì il bisogno che ce ne fosse uno analogo per essenza, che doveva essere ucciso da Edipo, suo figlio, perché a sua volta questi diventasse dio dell'anno, come Zeus detronizza Crono. Così ogni anno Edipo uccide Laio, ed ogni anno si sposa con la madre.

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Il passaggio dal divino all'umano
Quando però l'avvenimento annuo mutò in un fatto accaduto una sola volta e il dio perciò divenne uomo, e la Terra una donna mortale, allora fu considerato un delitto quello che era sentito come un rituale religioso. Il mito di Edipo divenne una storia di colpe inaudite, che dovevano far riflettere. "La scoperta di queste colpe doveva provocare una reazione spirituale nei responsabili", una volta che il mito aveva abbandonato la sua sfera divina."Le dolorose esperienze di Edipo costituivano quell'espiazione che poteva essere tradotta in umano dolore". Per quanto riguarda la Madre, quando divenne mortale, dovette impiccarsi per la vergogna dell'incesto compiuto. Il motivo della pluralità dei nomi coi quali viene designata la madre-sposa di Edipo, che si riferiscono ad un'unica entità, doveva dare origine a una serie di colpe, quando si passò dalla sfera divina a quella umana.


Segesta, veduta del teatro.

La pluralità di nomi corrisponde ad altrettante figure autonome, che secondo alcune leggende si sarebbero successivamente sposate con Edipo. Ma la donna di volta in volta abbandonata, che comunque era una forma dell'unica dea, doveva ribellarsi. "E quest'ostilità doveva affermarsi tanto più acerba, perché l'originaria figura divina, divenuta donna, conservava in sé la ferocia dell'antica dea. Così sulla colpa grava la vendetta umana imposta da una figura divina e sbocca, come a suo ultimo atto, nella maledizione contro i figli". La dea, comunque si chiami, Demeter, Iocasta o altrimenti, si scontra contro il suo divino amante, esercitando l'arbitrio del suo potere. Dato che la dea madre-sposa di Edipo si rifà alla figura di Demeter, punitrice delle violazioni del diritto familiare, non si può fare a meno di ricollegarla a una forma della dea mediterranea, ossia Erinys, immagine della terra irata nel momento in cui l'ordine famigliare è violato. Questa figura domina la vicenda dei Labdacidi, da Laio a Eteocle. L'esposizione di Edipo sul Citerone e la morte di Laio non aveva placato Hera, che mandò la Sfinge per la rovina dei Tebani, che Edipo sconfisse.

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La figura della Sfinge


Sfinge, Atene, Museo del Ceramico.

Così narra il mito. "Il Robert ha trovato difficoltà ad inserire il motivo della Sfinge nella saga di Edipo, anche perché Hera, dopo che Laio era caduto per opera del figlio, sarebbe dovuta rimanere contenta e non tormentare più i Tebani". A tal proposito è bene soffermarsi sulla figura della Sfinge, forma di origine preellenica e mediterranea, dalle fattezze anomale: il suo corpo è quello di un leone alato, la testa è quella di una donna, unione che va ricercata nel trapasso da una rappresentazione della dea stante sul suo animale sacro, il leone alato. In seguito al corpo della divinità si sostituì la testa, conservando anche quella dell'animale, la quale fu poi eliminata cosicché si presentò solo la testa umana. Essa si identificava con la dea Hepit, grande divinità femminile dispensatrice della fecondità, ma anche decimatrice di uomini. "La Sfinge dunque è una particolare rappresentazione della Potnia delle fiere", accanto alla quale appariva il relativo paredro, Signore delle fiere. La lotta di Edipo contro la Sfinge rientra nell'episodio rituale del contrasto fra dea e paredro. Man mano però che la figura di Edipo trascorre dal divino all'eroico, tanto più il vinto paredro, che deve cedere ai capricci della dea, viene sostituito dall'eroe vittorioso e al sorgere della religiosità olimpica riesce a debellare definitivamente l'antica dea.    

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