Infine nel 1940 la legge 10 luglio n. 899 soppresse le tre classi del ginnasio inferiore e istituì la "Scuola Media".
Il Berchet assunse allora, con il distacco delle sezioni di ginnasio inferiore, il suo attuale assetto.
Negli anni del fascismo il e della fascistizzazione della scuola italiana il nostro Liceo conquistò la ben nota fama di antifascismo.
Nel 1931, quando la fascistizzazione del paese, e dunque della scuola, era già ad un livello piuttosto avanzato, Mussolini inviò al Ministro dell'Educazione, in data 26 Maggio un telegramma in cui intimava:
"E' urgente ripulire liceo "Berchet" da tutti i professori antifascisti tipo Mondolfo, Ghisalberti, Huntersteiner.
Esisteva infatti dentro la scuola un delatore (che, spiace dirlo, apparteneva al corpo docente, e scriveva sempre il cognome del professore con l'H-), il quale aveva riferito alle autorità della polizia fascista alcuni atti, ritenuti contrari al normale consenso "dovuto" al regime.
Si trattava di modesti atti di anticonformismo, caricati di significati esagerati, quasi come crimini contro il regime. E così fu anche interpretato il gesto che alcuni studenti del Berchet, sempre nel 1931, compirono, quando Arturo Toscanini si rifiutò di suonare a Bologna gli inni fascisti: essi si recarono in via Durini per applaudire il maestro al suo ritorno. Un gesto in cui molti vollero vedere l'influenza proprio del prof. Mondolfo, e che gli costò anche, perché noto antifascista, il trasferimento per punizione al Liceo Manzoni.
Il periodo, invece, che precedette questi fatti, non mostra, almeno a dover giudicare dalla laconicità degli atti ufficiali depositati nell'archivio del nostro Liceo, episodi di particolare clamore. Il nostro Liceo, come tutte le altre regie scuole, non può ovviamente, esimersi dal compiere una serie di gesti, più o meno formali, imposti gerarchicamente dall'autorità scolastica.
Per esempio, nel 1929, vengono organizzate alcune conferenze sia per il ginnasio inferiore e superiore sia per il liceo, volte ad informare sul "problema coloniale e sul suo avvenire": a ciò il corpo docente ed il Preside sono "invitati" da una C.M. del 26/12/27, che lascia chiaramente intendere la volontà di servirsi di una materia come la geografia per propagandare le attività coloniali del regime.
Nel 1930, invece, le direttive ministeriali prevedono la modificazione dei programmi: anche da queste si capisce come la storia e la geografia (cioè le materie che più consentono agganci al contemporaneo) sono le privilegiate dal regime per i fini propagandistici. Altro settore della propaganda riguarda la diffusione dentro la scuola di informazione ed il proselitismo per l'Opera Nazionale Balilla.
D'altronde, già dal '28, l'atteggiamento di controllo del Ministero della Educazione sulle singole figure dei docenti comincia a riguardare anche gli atteggiamenti dei professori verso le vicende a loro contemporanee: si cerca di reprimere un atteggiamento di disinteresse verso la realtà presente o il rifugio nel passato. Nel '30, poi, il Preside "invitato a nominare per le commissioni di Maturità" solo quegli insegnanti il cui atteggiamento sia di "piena fedeltà al regime".
Tutto questo è ovviamente ben lungi dal fornirci un quadro della reale situazione del Liceo durante il ventennio. Pur senza voler forzare le cose, e fare affermazioni avventate, ci sembra di poter dire che dietro la realtà di facciata ne esistesse anche un'altra e ben diversa. Lo stesso prof. Untersteiner, negli Appunti autobiografici premessi al volumetto Spiritualità greca e spiritualità umana. Saggi sul mondo greco, apparso nel 1991 per i tipi de L'Editore, afferma che nella sezione in cui egli insegnava, "tutti i colleghi, meno uno, erano antifascisti, sicché le famiglie, contrarie al regime, chiedevano che i loro figli fossero iscritti proprio a questo corso" (p. 20).
Il ventennio che seguì alla fine della seconda guerra mondiale (1946-1967) vide a capo del Berchet il preside Yoseph Colombo, figura di grande maestro.
Il periodo 68/75 vide a capo del Berchet il Preside Raffaele Barbarito. Si trattò di anni cruciali per la storia del nostro paese, e pertanto anche del nostro liceo, che ha sempre rispecchiato, come in un microcosmo, quello che accadeva nelle grandi situazioni politiche e sociali ad esso esterne.
Il Berchet assunse allora, con il distacco delle sezioni di ginnasio inferiore, il suo attuale assetto.
Negli anni del fascismo il e della fascistizzazione della scuola italiana il nostro Liceo conquistò la ben nota fama di antifascismo.
Nel 1931, quando la fascistizzazione del paese, e dunque della scuola, era già ad un livello piuttosto avanzato, Mussolini inviò al Ministro dell'Educazione, in data 26 Maggio un telegramma in cui intimava:
"E' urgente ripulire liceo "Berchet" da tutti i professori antifascisti tipo Mondolfo, Ghisalberti, Huntersteiner.
Esisteva infatti dentro la scuola un delatore (che, spiace dirlo, apparteneva al corpo docente, e scriveva sempre il cognome del professore con l'H-), il quale aveva riferito alle autorità della polizia fascista alcuni atti, ritenuti contrari al normale consenso "dovuto" al regime.
Si trattava di modesti atti di anticonformismo, caricati di significati esagerati, quasi come crimini contro il regime. E così fu anche interpretato il gesto che alcuni studenti del Berchet, sempre nel 1931, compirono, quando Arturo Toscanini si rifiutò di suonare a Bologna gli inni fascisti: essi si recarono in via Durini per applaudire il maestro al suo ritorno. Un gesto in cui molti vollero vedere l'influenza proprio del prof. Mondolfo, e che gli costò anche, perché noto antifascista, il trasferimento per punizione al Liceo Manzoni.
Il periodo, invece, che precedette questi fatti, non mostra, almeno a dover giudicare dalla laconicità degli atti ufficiali depositati nell'archivio del nostro Liceo, episodi di particolare clamore. Il nostro Liceo, come tutte le altre regie scuole, non può ovviamente, esimersi dal compiere una serie di gesti, più o meno formali, imposti gerarchicamente dall'autorità scolastica.
Per esempio, nel 1929, vengono organizzate alcune conferenze sia per il ginnasio inferiore e superiore sia per il liceo, volte ad informare sul "problema coloniale e sul suo avvenire": a ciò il corpo docente ed il Preside sono "invitati" da una C.M. del 26/12/27, che lascia chiaramente intendere la volontà di servirsi di una materia come la geografia per propagandare le attività coloniali del regime.
Nel 1930, invece, le direttive ministeriali prevedono la modificazione dei programmi: anche da queste si capisce come la storia e la geografia (cioè le materie che più consentono agganci al contemporaneo) sono le privilegiate dal regime per i fini propagandistici. Altro settore della propaganda riguarda la diffusione dentro la scuola di informazione ed il proselitismo per l'Opera Nazionale Balilla.
D'altronde, già dal '28, l'atteggiamento di controllo del Ministero della Educazione sulle singole figure dei docenti comincia a riguardare anche gli atteggiamenti dei professori verso le vicende a loro contemporanee: si cerca di reprimere un atteggiamento di disinteresse verso la realtà presente o il rifugio nel passato. Nel '30, poi, il Preside "invitato a nominare per le commissioni di Maturità" solo quegli insegnanti il cui atteggiamento sia di "piena fedeltà al regime".
Tutto questo è ovviamente ben lungi dal fornirci un quadro della reale situazione del Liceo durante il ventennio. Pur senza voler forzare le cose, e fare affermazioni avventate, ci sembra di poter dire che dietro la realtà di facciata ne esistesse anche un'altra e ben diversa. Lo stesso prof. Untersteiner, negli Appunti autobiografici premessi al volumetto Spiritualità greca e spiritualità umana. Saggi sul mondo greco, apparso nel 1991 per i tipi de L'Editore, afferma che nella sezione in cui egli insegnava, "tutti i colleghi, meno uno, erano antifascisti, sicché le famiglie, contrarie al regime, chiedevano che i loro figli fossero iscritti proprio a questo corso" (p. 20).
Il ventennio che seguì alla fine della seconda guerra mondiale (1946-1967) vide a capo del Berchet il preside Yoseph Colombo, figura di grande maestro.
Il periodo 68/75 vide a capo del Berchet il Preside Raffaele Barbarito. Si trattò di anni cruciali per la storia del nostro paese, e pertanto anche del nostro liceo, che ha sempre rispecchiato, come in un microcosmo, quello che accadeva nelle grandi situazioni politiche e sociali ad esso esterne.
Pubblicato: 05.10.2024 - Revisione: 05.10.2024
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