La fine del pianeta fra mille anni?

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Preside (Prof. D. Guglielmo)

Dirigente Scolastico

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“E se ci restassero solo mille anni? La fine potrebbe essere ancora più vicina di quanto vorremmo credere”. Questo è quanto afferma il fisico Stephen Hawking, nel corso di una lezione presso la società di dibattito della Oxford Union, delineando un oscuro scenario per il futuro dell’umanità. Chi siamo, da dove veniamo e dove andremo? Domande che rischiano di perdere importanza nel frenetico mondo quotidiano, ma che possiedono una verità nascosta che cela l’ancestrale paura della fine certa dell’esistenza. “Non credo che resisteremo altri mille anni senza scappare dal nostro fragile pianeta. Perciò voglio incoraggiare le persone ad interessarsi allo spazio, che è stato spesso soggetto delle mie ricerche” afferma Hawking, sottolineando un’evidente preoccupazione non solo per l’imminente fine del pianeta, ma anche per l’influenza negativa che l’umanità esercita nei confronti di quest’ultimo. Aggiunge, inoltre, che “la vita sulla terra è sempre più a rischio di essere spazzata via da una catastrofe, come un’improvvisa guerra nucleare o un virus geneticamente modificato; a meno che non si sposti nello spazio, la razza umana non avrà futuro”. Sarebbe l’uomo capace di distruggere con le sue mani il proprio habitat naturale, anticipando la sua stessa fine? A giudicare dai continui comportamenti umani nei confronti del pianeta, la risposta sembrerebbe essere affermativa. L’uomo starebbe quindi concorrendo al processo di distruzione del pianeta e conseguentemente alla sua estinzione. L’atteggiamento umano nei confronti del mondo dovrebbe cambiare e la concezione che abbiamo tutti riguardo a quest’ultimo dovrebbe sottintendere una maggiore attenzione e volontà di cambiamento dei processi che lo danneggiano. Ognuno di noi deve quindi prendere coscienza dell’attuale situazione ambientale e cominciare dal proprio quotidiano. Ma l’idea che il pianeta possa essere salvato da una presa di posizione a questo livello è purtroppo un’utopia. Infatti l’industrializzazione, che è una delle basi su cui si muove la nostra società contribuendo però al contempo all’uccisione del pianeta, è un aspetto troppo fondamentale che non può non essere preso in considerazione.
Anche se la percentuale demografica che vive nei paesi industrializzati, riducesse drasticamente il proprio consumo energetico, il surriscaldamento della terra non cesserebbe. Un grafico prodotto dal sito internet ‘Bloomberg’ mostra che, anche se tornassimo ai livelli di consumo degli anni Cinquanta o Sessanta e quindi inferiori a quelli odierni, saremmo sempre sopra la media del XX secolo. Ciò di cui abbiamo bisogno è un investimento massiccio nella ricerca, di una o più fonti energetiche alternative, che sia in grado di sostituirsi per semplicità ed efficienza agli idrocarburi e che sia funzionale all’innovazione tecnologica ed al surplus di forza lavoro.
In conclusione ci troviamo perciò di fronte a un bivio: una fine naturale tra mille anni, a seguito di un catastrofe, secondo quanto detto dal fisico Stephen Hawking o una distruzione del pianeta in tempo ancora più ridotto solo e solamente per mano nostra. Se queste sono le prospettive, è ora di smettere di discutere ed iniziare a fare qualcosa di concreto per salvare il nostro pianeta.

 

Alessandro Lanza, Loris Catizzone, Federica Monti, Francesco Distefano