Intervento di Cesare Badini

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Preside (Prof. D. Guglielmo)

Dirigente Scolastico

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L’arte a Milano all’epoca della pubblicazione della Lettera semiseria

Giovanni Berchet è nato a Milano il 23 dicembre 1783 nell’allora via Cerva (oggi via Cino del Duca 2). Dopo gli studi nelle Scuole Arcimbolde dei Barnabiti (poi Liceo Beccaria da cui nascerà nel 1911 il Regio Liceo Ginnasio Giovanni Berchet), durante il Regno Italico troverà impiego nel 1810 come “secondo commesso presso l’Ufficio di amministrazione del Senato consulente”. Alla caduta di Napoleone e del Senato viene licenziato, per divenire poi Segretario della Commissione degli Studi principalmente come traduttore dal tedesco, in particolare testi e regolamenti per le scuole del Lombardo-Veneto. Curioso che nel 1821 rifiuti di correggere un libro sull’insegnamento del disegno, probabilmente perché non traduceva meccanicamente, ma con criteri letterari e pedagogici (così interpreta il preside Y. Colombo 1950, p. 158).

Giovanni Berchet fugge da Milano nell’autunno 1821 (dopo l’arresto di Federico Confalonieri) e di fatto non potrà più conoscerne direttamente le vicende dell’arte che invece aveva vissuto nel passaggi dalla Repubblica Cisalpina (1797), alla Repubblica Italiana (1802), dal Regno d’Italia (1805) al Lombardo-Veneto (1815-1859).

La situazione urbanistica milanese, i cui circa 120000 abitanti erano ancora in gran parte concentrati all’interno della cerchia dei navigli nel reticolo viario medievale, è caratterizzata dall’abbandono già nel 1801 dell’utopica invenzione del Foro Bonaparte di Giovanni Antonio Antolini, che avrebbe creato il nuovo centro direzionale della città. Il vuoto ricavato dalla demolizione delle fortificazioni spagnole del Castello Sforzesco viene rappezzato con la quadrangolare Piazza d’Armi delimitata parzialmente dall’Arena di Luigi Canonica, inaugurata nel 1807 con una grande “naumachia” presente Napoleone.

Il ritorno degli austriaci metterà da parte la grande statua bronzea di Napoleone come Marte Ultore di Antonio Canova prevista per il cortile di Brera (ci arriverà solo con l’Unità del 1859). La “damnatio memoriae” napoleonica si accanisce anche sull’arco del Sempione, che da “arco della vittoria” francese diventerà l’Arco della Pace austriaca.

Giovanni Berchet tra il primo e il secondo decennio frequenta diversi salotti letterari.

Uno dei primi fu quella “Cameretta Portiana” che conosciamo anche dal dipinto di Giuseppe Bossi del 1809, che rappresenta un gruppo di intellettuali di spicco della Milano neoclassica e napoleonica: insieme all’autoritratto del Bossi, sono Gaetano Cattaneo, Giuseppe Taverna e Carlo Porta. Quest’ultimo ammira Giovanni Berchet a tal punto da citarlo nei “DODES SONITT ALL’ABAA DON GIAVAN”, 12 Sonetti stampati sul secondo numero del giornale la “BIBLIOTECCA ITALIANA”, nello specifico al 12°- “Per fagh vedè a toccà proppi con man” gli uomini che han dato e danno lustro a Milano nei vari campi della cultura.

Per cogliere le affinità elettive artistiche condivise nella “Cameretta Portiana” è molto interessante l’elenco degli orafi (per esempio il medaglista rinascimentale “Foppa Caradoss”), la scuola dell’incisore contemporaneo “Giusepp Longh”, gli architetti (il contemporaneo Luigi “Cagnoeula”), i pittori (leonardeschi soprattutto, gli esponenti del Seicento Lombardo, ma senza dimenticare i contemporanei “Pepp Boss”, “Appian” e con un importante e insolito elenco di donne artiste: “in tra i donn la Milesi, la Legnana, la Belleria, la Cornea, la Vedana, l’Olivazza, l’Appiana); in scultura i rinascimentali “Fontana, Agraa, Solar, Bambaja”.

Dal 1817 il Berchet frequenta il salotto di casa Manzoni in via Morone 1, insieme a Ermes Visconti, Giovan Battista De Cristoforis e Giovanni Torti: un cenacolo di letterati che Silvio Pellico chiama addirittura la “Società del Berchet” per l’importante apporto da lui offerto alle discussioni in modo “nervoso, impetuoso a scatti, facile a violente sfuriate e alle invettive, ragionatore e arguto anch’esso all’ironia … (Colombo 1950, p. 159).

Le sue idee sul romanticismo trovarono spazio anche su “Il conciliatore” 1818-1819, che tra l’altro si occupò anche delle arti che Giovanni Berchet ha modo commentare e commemorare in occasione delle morti di Giuseppe Bossi e Andrea Appiani.

Giuseppe Bossi (Busto Arsizio 1777 – Milano 1815)

Pittore e scrittore, è stato segretario dell’Accademia di Belle Arti di Brera, curandone lo Statuto dal 1803 al 1807 e contribuendo alla determinazione del gusto del tempo in Italia settentrionale. Fu una personalità complessa e viva: per la sua posizione politica, oscillante tra giovanili impeti giacobini e aristocratico riserbo del periodo imperiale; per l’osservanza all’estetica neoclassica contraddetta dalla riaffermazione di valori nazionali e dall’esaltazione dei sentimenti e delle passioni; per il naturalismo classicistico e la ricerca della misura e dell’armonia raffaellesche, spesso forzati e stravolti dall’energia di impronta michelangiolesca e dalla tensione psicologica. Ai suoi funerali ci fu un grande concorso di artisti e letterati uniti, come afferma Ermes Visconti, “dall’affezione e dal sentimento patriottico” (Bora 1975, p.35).

L’opera “In morte di Giuseppe Bossi pittore – Versi di Felice Bellotti, Milano Tipografia Destefanis 1816” fu indirizzata a Giovanni Berchet, il quale nello stesso anno risponderà con “A Felice Bellotti Epistola di Giovanni Berchet – Milano presso A.F. Stella 1816”.Nella sua epistola Berchet loda Bossi come poeta e filosofo (evocando Petrarca e Platone), e illustra l’estetica del pittore con il concetto di coerenza di bello e vero, evocando Michelangelo e soprattutto il filosofo Cleante per il quale il vero sarebbe corrispondenza tra il pensiero e la realtà oggettiva: “Amor senza di cui non è bella mortal cosa veruna“.

Andrea Appiani (Milano 1754 -1817)

Nel 1813 Appiani scompare dalla scena artistica milanese per un attacco di “apoplessia”: morirà quattro anni dopo per un secondo attacco. Durante le esequie viene letta la “ALLOCUZIONE di Giovanni Berchet dei funerali del pittore Andrea Appiani celebrati nella Chiesa della Passione il giorno 10 di novembre 1817 – Milano dalla tipografia del dottore Giulio Ferrario 1817”, un libretto accompagnato da una succinta biografia dell’Appiani che parrebbe non scritta dal Berchet.

In tale biografia, oltre a preannunciare opere di Vincenzo Monti e dell’avvocato Francesco Rejna, si parla della “grazia e venustà” dell’Appiani, del suo “disegno sicuro nudrito alla scuola del vero”, del suo “comporre elegante”, dello “stile tra antico e il moderno” e del “colorito sempre vago, armonico dilicatissimo e talvolta ancora vivace”.

Giovanni Berchet nell’allocuzione celebra Appiani come “onor nazionale” e ne sottolinea la “chiarezza dell’ingegno… la dolcezza dei modi … l’arte squisita”, e nell’affermare che “la natura ne fosse l’emulo” evoca un celebre epitaffio su una tomba nel Pantheon: “Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d’essere vinta, ora che egli è morto, teme di morire”.

Per Appiani Berchet parla di “amore infinito, ardentissimo del bello a cui educò la propria anima”, definendolo “per eccellenza il Pittore del secolo” e ponendosi la retorica domanda: “Chi sa quando vedremo sorgere un artista a riparare il danno che la morte fece ora alla Pittura? bisognerebbe non essere Italiani” per “non sentire profondamente la nostra sventura”.

Negli anni che precedono la partenza di Giovanni Berchet un ruolo fondamentale lo svolse l’Accademia di Belle Arti di Brera: il gusto estetico imperante nasce dalle scuole di Ornato, Architettura, Incisione, Paesaggio, Elementi di figura, Prospettiva, Scultura, Colorito, Pittura.

Una valida alternativa, a partire dal 1815, divenne l’accademia privata di Pelagio Palagi (Bologna 1775-Torino 1860), una vera e propria “scuola libera” a carattere accademico in concorrenza con Brera.

Ma sarà proprio Palagi, un pittore storico, a favorire l’esposizione del Pietro Rossi di Francesco Hayez del 1820: il manifesto romantico in pittura. E Hayez, il futuro maestro di Brera, dimostrerà di conoscere profondamente la poetica di Giovanni Berchet con i “Profughi di Parga”, rappresentandone l’omonimo poema. Ma siamo già dopo il 1821 e Berchet è ormai lontano da Milano.

Bibliografia essenziale

  • DODES SONITT ALL’ABAA DON GIAVAN”, 12 Sonetti stampati sul secondo numero del giornale la “BIBLIOTECCA ITALIANA”, nello specifico al 12°- “Per fagh vedè a toccà proppi con man” gli uomini che han dato e danno lustro a Milano nei vari campi della cultura.

  • In morte di Giuseppe Bossi pittore – Versi di Felice Bellotti, Milano Tipografia Destefanis 1816” fu indirizzata a Giovanni Berchet, il quale nello stesso anno risponderà con “A Felice Bellotti Epistola di Giovanni Berchet – Milano presso A.F. Stella 1816”.

  • ALLOCUZIONE di Giovanni Berchet dei funerali del pittore Andrea Appiani celebrati nella Chiesa della Passione il giorno 10 di novembre 1817 – Milano dalla tipografia del dottore Giulio Ferrario 1817”, un libretto accompagnato da una succinta biografia dell’Appiani che parrebbe non scritta dal Berchet.

  • Yoseph Colombo, Giovanni Berchet a Milano, in Città di Milano, rassegna mensile del Comune e bollettino di statistica, fasc. 9 (1-9-1950), pp. 158-159.

  • Giulio Bora, Giuseppe Bossi, segretario e professore di Brera, pp. 31-35 del Catalogo della Mostra dei Maestri 1776-1859, Palazzo della Permanente Milano febbraio 1975 – aprile 1975.

  • HAYEZ, a cura di Maria Cristina Gozzoli e Ferdinando Mazzocca, Electa,Milano1983

Illustrazioni di riferimento

1- Bernardo Bellotto, Il Castello Sforzesco, Milano 1744 (Castello di Náměšť nad Oslavou, Repubblica Ceca)
2- Domenico Aspari, Porta Romana, 1788
3- Vernet, Carle (1758-1836) – Entrée des français dans Milan (1820)
4-Giovanni Antonio Antolini, il Foro Bonaparte (1800ca)
5- PINCHETTI, GIACOMO
Città di Milano Pianta rappresentate i Progetti dei nuovi Rettifili 1801 (Milano, Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli)
6- TUA, ANTONIO – CAGNONI, GASPARE,
Milano. Pianta topografica 1817 (Milano, Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli)
7-Milano, Giuseppe Bossi, Riconoscenza della Cisalpina a Napoleone (1802), Milano, Accademia di Belle Arti di Brera
8-Giuseppe Bossi, Cameretta Portiana, 1809, Milano, Pinacoteca di Brera
9- Andrea Appiani, Ritratto di Ugo Foscolo, 1801-2 Milano, Pinacoteca di Brera
10- Andrea Appiani, Fasti napoleonici 1808, (già Palazzo Reale, Milano)
11- Andrea Appiani, Parnaso, 1812 (Milano, Villa Reale)