Premessa

Innalzarsi a livello degli animali: questo obbliga a fare Kafka, portando a compimento inaudito, da Esopo a Cartesio a Nietzsche e Borges, il pensiero sim-patico di tutti gli esseri viventi.
Nello stile della similitudine e della favola essi ci raccontano storie e metamorfosi di uomini dove segni e cose apparentemente opposti si rispecchiano l'un l'altro, depositandosi in varie forme-modello, utili per conoscersi e per conoscere.
Esercitazione questa che certo potrebbe essere senza fine ma che in questa occasione val la pena di fermare solo su alcune icone paradigmatiche, all'interno di un percorso delimitato che ci mostri come anche una "storia dello studente" possa similmente prodursi.
Nel suo nome (discipulus), del resto, non è forse già iscritta la sua destinazione? Quale pullus, giovane animale, abita la stagione che precede il germoglio, quando la terra è nascosta e oscurata (pulla) da boccioli ed insieme è avvolta da purissimi (pulli) profumi. Così il piccolo dell'uomo che impara, viene alla luce (lucifer) e Calimero diventa ciò che è. Albatros.
Di questa trasformazione i "Custodi del capro", nelle pagine che seguono, tracciano alcune figure, radicate al tema decisivo della "Carta dei doveri e dei diritti degli studenti", per evidenziarne le condizioni di possibilità, criticarne le possibili derive cosmetizzanti e strapparne le maschere devozionali così che lo studente-viandante possa librarsi nel cielo, anche se non spera che l'aspro suo cammino che ciecamente si biforca in due abbia fine.

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I Custodi del capro: il perché di una denominazione

Così parlò il serpente: "Se mangerete del frutto di questo albero, si apriranno gli occhi vostri e diventerete come Dio, acquistando la conoscenza del bene e del male".
Il protagonismo di Adamo ed Eva si inscrive proprio in questo atto di fiducia rivolto al serpente e nell'estendere l'ombra del sospetto su Dio: lungi dall'essere il loro benefattore, Egli ne sarebbe il persecutore.
Il dubbio sul vero volto di Dio in essi non è nato nell'esperienza ma nell'immaginazione: inaccessibile ad essi infatti non sono né la terra né il desiderio ma la pretesa di dominare il bene e il male. Sedotti dal serpente, in Dio proiettano una tragica ambiguità, che fin da allora ne segna ancora per noi, senza ragione, l'immagine. Gli occhi dell'uomo e della donna certo alla fine si aprono ma per scoprirsi nudi, consegnati ad una fragilità che ora cercano di nascondere e proteggere come se fossero di fronte all'eventualità di una minaccia. Da qui l'immagine di Dio come del "Tremendum", rischio sempre incombente. Di Lui bisognerà aver paura.
L'abissale distanza frappostasi fra essi e Dio, li conduce a sentire il "loro" limite come "sua" colpa. In questo modo la rappresentazione "dell'altro" come nemico e la corrispondente percezione della mia debolezza come qualcosa da difendere, fin dall'inizio diventano esperienza che anticipa gli eventi. Così per la scuola. Dell'agio e dello star bene (scholé) che essa nel suo stesso nome custodisce si è perso a tal punto il ricordo da essere vissuta come mera esteriorità, come "locale", come idolo che si impone al timore di chi abita.
La fatica e talvolta la pena che pur necessariamente la devono costituire appaiono spesso finalizzate a se stesse, sradicate dal desiderio qui ed ora agito di una conoscenza salutifera, sì che esse inducono a comportamenti di difesa, nascondimento e di omologazione al pregiudizio della sua immagine.
Invero al protagonismo giovanile è data forse oggi di nuovo la possibilità di resistere alla paradossale seduzione di una falsa idea della scuola per ritrovarsi in essa con inquieta gioia. Nel momento in cui accorderemo credito a questa prospettiva, non ci vergogneremo più della nostra debolezza e della nostra nudità che ci spingevano a vestirci di abiti altrui e a trovare sicurezza nell'integrazione e nell'assoggettamento al sistema scolastico dato.
Decidersi a diventare lo studente che si è, comporta insieme la paura di sbagliare e il coraggio di osare, sapendo l'inevitabilità di questo conflitto per il bene di tutti coloro che abitano la scuola. Del resto, dove non c'è scandalo per l'ingiustizia e lotta contro il dominio, non v'è né "Grande politica" né "Grande salute", ma solo legittimazione ideologica della prevaricazione e mortale quiete . A iniziare dalle piccole cose della nostra piccola esperienza scolastica.
Prendersi cura di questo è la scelta fatta con timore e tremore dai "Custodi del capro", spiriti liberi, ebbri di enigmi e arditi cercatori che non amano vivere senza pericoli, e che agiscono per far sì che nel deserto della scuola, dopo la terribile notte, possa ben accadere di sperimentare di nuovo deliziosi mattini. Di contro all'immagine di una scuola come mero dispositivo disciplinare o semplice occasione di socializzazione, con le conseguenti retoriche opposte del sacrificio purificatore e della spontaneità liberatrice, il capro, simbolo generativo della tragedia, custodisce il "doppio" irriducibile di una scuola "formata" da tutti quei singoli abitatori che "forma", per una comune salute-salvezza.
"I Custodi del capro", proprio custodendo l'altro, sanno di custodire se stessi.   

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Statuto dell'Associazione "I Custodi del Capro"

  1. E' costituita dai "Cives scholastici" del Berchet l'Associazione denominata "I Custodi del capro", finalizzata alla difesa e alla cura della originaria struttura tragica della coscienza, prima della divisione tra intelletto, volontà, emozione, sentimento e desiderio.
  2. Nell'ambito della scuola, l'Associazione ha il compito di salvaguardare l'affidabilità dell'io e del sensibile, che si iscrivono e definiscono nel rapporto con l'altro, dai rischi delle manipolazioni didattico-disciplinari e degli interventi curativi comunque affievolenti o cosmetizzanti la relazione fra diversi.
  3. L'esperienza "plastica" che l'io fa di sé, obbligando a continua verifica il proprio affidarsi all'organizzazione scolastica, sia rispetto alla politica che la fonda sia rispetto ai programmi che la interpretano, pretende una DICHIARAZIONE DEGLI OBBLIGHI VERSO GLI ABITATORI DELLA SCUOLA, da cui far scaturire le diverse CARTE DEI DIRITTI e l'Associazione si impegna  a redigere con priorità quella relativa agli studenti.
  4. L'Associazione si impegna  a sostenere un agire comunicativo che esalti le differenze dei soggetti, dei loro problemi e delle loro proposte all'interno di un medesimo enigmatico ed inesauribile Amen, dove ciascuno è condannato ad essere "parte"; a tal fine organizza seminari, conferenze ed incontri.
  5. L'Associazione è aperta a tutti quegli abitatori del Berchet che, proprio perché distinti per sesso, per razza, per religione, per opinioni politiche, per condizioni personali  e sociali, si sperimentano come spiriti liberi.
  6. I soci fondatori il non-Direttivo dell'Associazione ed eleggono al proprio interno un non-Segretario.
  7. L'assemblea degli iscritti, su proprosta del non-Direttivo, discute ed approva il programma delle attività annuali e predispone regole, modalità e contenuti degli incontri, anche nell'ambito del Progetto oltre-giovani.

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Per una carta dei diritti e dei doveri degli studenti

L'educazione è un processo erotico: sapendo di non sapere lo studente ama ciò che non sa e cerca di comprenderlo attraverso il docente dando così avvio ad un itinerario formativo che trasforma la sua stessa vita.
Il senso di disagio iniziale, dovuto al fatto che non si sa, diventa quindi elemento fondamentale per avviare la conoscenza; la non conoscenza ne è infatti il presupposto necessario e non macchia infamante da cancellare.
Il docente dovrebbe quindi comprendere che l'ignoranza non è demonio da combattere ma demone che spinge e sprona lo studente a rendersi conto di ciò che non sa così che lo desideri. In tale prospettiva, la "disciplina" non è idolo da ammirare ma creta da plasmare mano a mano che si procede lungo il cammino, perché mutano le esigenze dello studente che, nel mentre rimedia ad un disagio, ne crea insieme un altro, all'interno di un processo senza fine, teso alla costruzione di un'identità sempre aperta.
Per coglierne e stimarne le qualità, le stesse procedure valutative dovranno poi assumere un carattere del tutto particolare. Essendo movimento dal docente allo studente che certifica a quale livello del cammino è giunto e movimento dallo studente al docente che evidenzia dove quest'ultimo ha mancato, non consentendogli di liberarsi dal disagio iniziale, la valutazione non sarà più allora discriminante tra "giusti ed ingiusti" e tra "buoni e cattivi" ma sintomo di una situazione, di una condivisione nella quale si trova lo studente.
Se dunque la disciplina è il terreno sul quale lo studente è, per così dire, gettato a "ricercare", è giusto che anch'egli possa discuterne i contenuti con il docente che lo aiuterà proprio in questa ricerca.
Il docente quindi dovrebbe cercare di prendersi cura di tutti quegli elementi che lo studente già sente come mancanze mediante la predisposizione di quegli strumenti capaci di indirizzarlo sulla strada più sicura.
Solo così lo studente potrà riconoscersi nelle proposte del docente e si sforzerà di seguirle in tutti i modi, consapevole che esse sono un dono e non un'arma tagliente o un ostacolo lungo il cammino già irto di difficoltà e tentazioni di abbandono. Occorre però avere coscienza che questo rinnovato agire comunicativo fra studenti e docenti implica non solo un mutamento soggettivo dell'"anima" ma una ridefinizione profonda di quegli stessi aspetti istituzionali e giuridici che le consentano di tradursi in comportamenti condivisi e controllabili.
La redazione di qualsivoglia carta dei diritti e dei doveri degli studenti, se non si vuole che si riduca a commedia, ha pertanto come condizione di possibilità l'approfondita disanima critica dei multiformi aspetti che costituiscono oggi la figura dello studente.

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Discipulus camelus

Secondo Focault, una delle grandi "invenzioni" tecniche del scolo XVIII è, per così dire, il dispositivo disciplinare che costruisce e addestra individui mediante l'uso di strumenti semplici quali il controllo gerarchico, la sanzione normalizzatrice e la loro combinazione in una procedura che gli è specifica: l'esame.
Ospedali, caserme, fabbriche e scuole diventano operatori architettonici per il controllo di soggetti considerati mobili, confusi ed inutili così da istituirli sia come oggetti sia come strumenti del proprio esercizio, per renderli docili ed insieme utili.
Nella riorganizzazione dell'insegnamento si inscrive in tal modo una relazione di sorveglianza, non come momento accidentale ma come meccanismo inerente, che moltiplica l'efficacia pedagogica e a tal fine si precisano tempi e luoghi per lo studio e si costruiscono curricoli didattici determinando una tecnologia per funzioni di controllo e di docenza che fondano tutta una "micropenalità del tempo (ritardi, assenze), dell'attività (disattenzione, negligenza, mancanza di zelo), del modo di comportarsi (maleducazione, disobbedienza), dei discorsi (chiacchiere, insolenza) del corpo (attitudini "scorrette", gesti non conformi, scarsa pulizia), della sessualità (immodestia, indecenza)".

Nello stesso tempo, viene utilizzata, a titolo di punizione, tutta una serie di sottili procedimenti, che vanno dal lieve castigo fisico, a modeste privazioni, a piccole umiliazioni.
In tal modo viene esercitata sugli alunni una pressione pedagogica costante perché aderiscano tutti allo stesso modello, ogni scarto sia rimosso, tutto si normalizzi e come i cammelli, tutti portino lo stesso peso.
All'interno di tale meccanismo disciplinare il soggetto scompare e da un lato viene assunto come mera materia da formare e dall'altro come entità da schiacciare su di un modello astratto.
Da qui, però, paradossalmente, anche la metamorfosi ed il patire dei "poveri maestri ed educatori" che sono stati prima assordati dalle loro stesse voci, poi son divenuti silenziosi ed infine apatici ed oggi subiscono tutto con rassegnazione, facendo a loro volta tutto subire ai loro allievi (Nietzsche). Ora questa comune distorsione/deformità non è però senza speranza.
Oggi, come negli anni '60, seppure secondo modalità e segni diversi, emergono prepotentemente problemi drammatici come quelli legati all'insuccesso scolastico e alla dispersione scolastica che toccano quasi il 50% degli iscritti alla scuola secondaria ma anche bisogni sempre più diffusi di superare la separazione della scuola dalla vita, annunciando la possibilità di una nuova aurora.

Per ottenere questo, occorre però aver coscienza che il problema di quale agire comunicativo debba assumersi nell'azione didattica è all'interno di un di un difficile equilibrio dinamico, tra il presente e il passato, tra l'oggi e il domani, tra il docente e lo studente.
Non si tratta mai di affrancare una sorta di verità comportamentale da ogni sistema di potere, ma di staccare il potere dalle forme più o meno esclusive di una parte.
Ogni valutazione intorno a quale norma vada generalizzata è infatti una soggettivazione e  necessariamente si deve costruire nel confronto e nelle reciprocità se non vuol essere tirannia di qualcuno su qualcun altro.
Come in qualche caso ancora oggi capita. E' grave responsabilità della "Prima Repubblica" non avere infatti inteso la necessità di riscrivere quegli articoli che, stilati nel 1925 dal governo Mussolini, ancora fondano l'immagine giuridica dello studente come mero oggetto di strategie autoritarie, priva di diritti come la costituzione vorrebbe, e che le innovazioni degli organismi collegiali degli anni '70, lungi dal risolvere, hanno paradossalmente evidenziato come malattia mortale dello star bene a scuola. 

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Discipulus incubitus

Proteggere gli studenti, giudicarli dall'"alto" alla loro stessa felicità, è certo l'essenza di ogni operazione illuministica ma anche nell'agire inquisitorio. Un eccesso d'amore e di compassione verso gli studenti ritenuti incapaci di sopportare l'enorme peso delle libertà, può infatti convincere talora le Istituzioni a prendersi cura di loro, se necessario con forza.
Talmente elevata è l'anima dei politici scolastici-inquisitori che essi non temono di difendere il "bene" degli studenti accendendo roghi, pronti a bruciare la loro pretesa di autonomia con un adeguato addomesticamento politico o con la predisposizione di progetti giovanili cosmetizzanti.
Vogliono redimere gli studenti da tutti i mali del mondo e per questo fanno precipitare nelle scuole medicine per ogni problema non immaginando neppure che siffatto operare è in realtà l'espressione conclamata di quella stessa malattia di cui credono di essere la cura. Così indaffarati dimenticano infatti di curare il dolore che la scuola stessa produce dopo che è stata trasformata in mero contenitore di multiformi iniziative ad hoc, mediante le quali il deserto paradossalmente cresce.
Nonostante ciò, verrà il tempo in cui il discipulus incubitus, liberatosi dalla custodia del dotto inquisitore, lungi dal ritenere allora che "tutto è permesso", insegnerà anche a lui la gioia inquietante di sentirsi parte, impossibilitati per sempre a negarsi, ad uccidersi l'un l'altro.

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Discipulus alienus

Sui giornali lo studente è quasi sempre rappresentato come un altro rispetto a ciò che in realtà si propone di essere: non viene considerato nella sua soggettività o nella sua figura giuridica bensì assimilato ad una sorta diastratta tipologia politico-sociale che annulla la sua diversità, facendolo apparire non come è ma come si vorrebbe che fosse. Ne sono una dimostrazione tangibile gli innunmerevoli articoli riportati dai quotidiani in riferimento al periodo delle mobilitazione studentesca svoltasi nel dicembre scorso. Si ricorderà che le agitazioni ebbero come scatenante il "decreto mangia classi" al quale studenti e docenti, seppure in forma diversa, cercavano di opporsi. Ora i mass media hanno fornito un'interpretazione spesso distorta e riduttiva di quella che è stata la proposta studentesca riutilizzando schemi antiquati, incapaci di cogliere il nuovo che passava sotto i loro occhi. Ciò che stupisce maggiormente, però, è che talora gli studenti stessi si sono lasciati sedurre da siffatte rappresentazioni stereotipate assuefacendosi alle bardature che loro venivano imposte. Come nel caso del Liceo Classico "G. Parini", profetizzato dal "Corriere della sera" (3 dicembre 1993) come depositario della sapienzapolitica (Roba vecchia e il Parini sta alla finestra), e pronto a concludere la lotta al momento opportuno! (Scende in campo il Parini, 14 dicembre 1993). Altri articoli si soffermano su aspetti di maniera e di costume inessenziali a coglere il senso politico-culturale delle agitazioni in corso. Così come sono numerosi i commenti tesi a caratterizzare in termini di necessità paternalistica la relazione studente-docente, in quanto il primo sarebbe inconsapevole, disorientato e incapace di porsi come interlocutore veramente rappresentativo di se stesso; lo studente viene immaginato come colui che non sa, che non conosce le ragioni della contestazione, simile quindi ad una "brocca" da riempire e che soltanto dall'alto può essere colmato di "doctrina" apparentemente salutifera. La valutazione complessiva del movimento degli studenti ha conosciuto poi interpretazioni opposte in ragione dei diversi orientamenti politici, senza porre alcuna  specifica attenzione all'essenza della protesta studentesca. Dalla retorica scontata e patetica si passa all'ironia, magari inconsapevole, di chi percepisce lo studente come discipulus puer, innocente, che fa la sua "bella protesta" da "bravo fanciullo" (non sorridono, non si toccano, non si prendono per mano, non si baciano, Corriere della Sera). Come non sorridere davanti alla banalità sorprendente di certe affermazioni che sviliscono la coscienza collettiva di chi è entrato in protesta? Lo studente sarà sempre "alienus" fino a quando la sua coscienza sarà affidata e prodotta solo dall'altro, fino a quando non si batterà per acquistare la sua identità, non più inserità all'interno di un'obsoleta tipologia ma capace di trovarela sua voce in se stessa. Occore non abbandonarsi all'occhio dell'altro mondo ma aiutarlo a rispecchiarsi nel nostro, cosicchè si illuminino l'un l'altro.

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Discipulus imbecillis

La condizione giuridica dello studente, stretta fra le norme tuttora efficaci del Regio Decreto 4 Maggio 1925 n.653 e i principi della Costituzione italiana inarticolati in leggi adeguate allo specifico scolastico, è per definizione scissa. Per questo è impossibile produrre, se non come esercitazione letteraria, regolamenti che dicano in profondità e in forma coerente l'insieme dei diritti e dei doveri degli studenti. Qualsivoglia regolamento d'Istituto si modella in generale secondo un canone retorico che, muovendo da astratte proclamazioni universali, perviene essenzialmente a certificare i comportamenti dello studente nella scuola come idolo da assumere e non come luogo di produzione di servizi, a cui si ha diritto, e di elaborazione di cultura, a cui si ha il dovere di collaborare. Così mentre le iniziative tese a disciplinare i corpi come le menti sono rigidamente regolamentate e stanno al centro dell'interesse di tutta la gerarchia istituzionale, quelle tese a consentire il recupero di situazioni in difficoltà o ad affinare strumenti e contenuti sono del tutto assenti o casuali. Nella volontà e nell'attesache lo studentelasciato senza aiuto (imbecillis, sine baculo) torni in salute, non è ovviamente da ritenersi che tutti i regolamenti vigenti si equivalgano. E' possibile perfezionarli intorno a temi importanti quali la formazione delle classi, l'uso delle attrezzature, il progetto formativo e i luoghi decisionali.

Re-velatio: Amicizia stellare di combattenti