“Pulchritudo est veritatis
splendor” San Tommaso d’Aquino
ANNO IV NUMERO II |
MAGGIO 2004 |
IL DOPOGUERRA DELLA SINISTRA
Il tema della guerra in Iraq è sempre stato, dacché se
ne è parlato, un tema per così dire delicato. La
sinistra, da "sempre" contraria ad ogni tipo di guerra, ha manifestato
il proprio sdegno, scendendo nelle pubbliche piazze d'Italia, agitando vessilli
multicolori (in origine la bandiera rappresentante il gay
pride -orgoglio dei gay-), sgolandosi
con slogan del tipo “Non in mio nome” o “fuori l'Italia dalla
guerra”, mentre l'Intellighenzia della sinistra vestiva la propria causa,
citando l'articolo 11 della costituzione della Repubblica Italiana, che recita:
"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli
altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
consente in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di
sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra
le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a
tale scopo". Ora è necessario soffermarsi su di un punto fondamentale, del
quale la sinistra sembra non aver tenuto in conto; in seguito alla drastica sortita di George W. Bush, la cui guerra preventiva
si è formalmente conclusa il 10 aprile
Maestrelli Francesco
SOMMARIO Pagina 2: Comunicazione del prof. Panseri Pagina
3: Della Logica aristotelica che
ci ha smascherati / Nel Mondo di Tolkien Pagina 4:
Alla scoperta di Milano / Colonna Sonora Pagina 6: Cinematic / Topi di Biblioteca Pagina 7:
Topi di Biblioteca / Un pomeriggio in Centro Pagina 8: Taz & Bao
/ Redazione
Pubblichiamo una comunicazione che il professore Guido Panseri ci ha
chiesto di divulgare:
COMUNICAZIONE
AI DOCENTI,
AL PERSONALE ATA,
AGLI STUDENTI,
AI GENITORI
DEL LICEO GINNASIO BERCHET
● In
tutte le sedi disciplinari [C.N.P.I.- Consiglio di
Disciplina per il Personale Docente (Parere del 24/11/03); Centro Servizi
Amministrativi di Milano (Provvedimento del 22/12/03)] è
emersa l’irrilevanza ai fini
disciplinari dei comportamenti ingiustamente contestatimi e gli atti relativi
sono stati alla fine archiviati
(19/01/2003).
● Il Ministro dell’Istruzione, visto il parere vincolante espresso dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione - Comitato orizzontale relativo alla Scuola Secondaria Superiore - nell’adunanza del 18/06/03, ha accolto (Decreto del 01/03/04) il ricorso da me presentato il 20/11/02 per l’annullamento della sanzione disciplinare dell’avvertimento scritto inflittami dal Dirigente il 26/10/02.
I FATTI MI
HANNO DUNQUE CHIESTO SCUSA.
A ME QUESTO
BASTA.
Il
mio apprezzamento ai docenti, al personale ATA, agli studenti, ai genitori,
alle sezioni sindacali CISL e GILDA e a quegli iscritti CGIL del Berchet che mi
hanno espresso fin dall’inizio la loro solidarietà e, in modo diverso, il loro
sostegno.
Guido
Panseri
Milano, 15/04/2004
DELLA LOGICA ARISTOTELICA CHE CI HA SMASCHERATI
Longobardi
– Il ritorno “Il buon senso è tra tutte le cose
quella meglio distribuita”. Così Cartesio cominciava il suo Discorso sul Metodo e in questo noi
confidavamo componendo il nostro articolo e non essendo abituati a correggere
tutto ciò che scriviamo Logica di Aristotele alla mano. Ad ogni modo non mancheremo in
futuro di far visionare le nostre bozze a mastro Longobardi. “Non è sufficiente
infatti essere dotati di buon ingegno, l’importante è saperlo
applicare bene” continua Cartesio. Chi ha orecchie per intendere… |
Chi di Logica ferisce, della stessa perisce Abbiamo
inoltre rintracciato a carico del collega Longobardi
un precedente da far invidia a Striscia
Non
c’è dubbio, un paradosso all’altezza di quello di Zenone, della gara tra
Achille e la tartaruga (gara in cui, tra l’altro, Longobardi è arrivato
terzo). |
Matteo Zoppi
NEL MONDO DI TOLKIEN
Il
4 febbraio ’04 si è tenuto nell’aula Magna del Berchet un incontro su John Ronald Reuel
Tolkien. Vorremmo riproporre
le parole del professor Paolo Gulisano, laureato in
medicina e scrittore di saggi, e porre spunti di riflessione per voi lettori
del Corsaro. Il professore afferma che il successo di Tolkien è dovuto al fatto che
non si è limitato a raccontare una fiaba ma ha voluto creare un mito, che è
il tentativo dell’uomo di dare una risposta alle domande che da sempre si
pone: “Chi siamo? Che scopo ha la nostra vita?”. “Devo
dire che tutto questo è un mito – dichiara Tolkien
– e non una nuova specie di religione o di visione […]. Per quanto riguarda
il puro espediente narrativo, questo, naturalmente, mi è servito per cercare
esseri provvisti della stessa bellezza, dello stesso potere e della stessa
maestà degli dèi dell’alta mitologia, che possono
però anche essere accettati, diciamo pure audacemente, da chi creda nella
Santa Trinità”. Ma Tolkien ha costruito un mito non per dare delle risposte,
ma per porre delle domande a quella società che già allora non se ne poneva e
per parlare dell’eroismo, del mistero e del coraggio. Il
grande autore della trilogia “Il Signore degli Anelli” esplicita
i sogni più veri che si nascondono nel cuore di ogni uomo: la tendenza al
bello, al vero ed al sublime. Sono
molti quelli che giudicano la lotta tra il Bene e il Male una banalità. Ma in
realtà questa lotta non è limitata allo scontro tra esseri buoni ed esseri
malvagi ma è all’interno dell’animo di ogni
personaggio. Il
Male viene rappresentato dall’anello che è il
simbolo del desiderio di potere. Questa ultima parola deriva dal verbo latino
“possum” che significa “poter fare”, “agire”.
Diverso è, invece, il significato di “autorità” che deriva dal verbo “augeo” e vuol dire “far crescere”. Infatti
Aragorn fa crescere in tutti il coraggio ed è per
questo che è riconosciuto come autorità. |
Gulisano
dice, inoltre, che questo libro è una ricerca, ma al contrario; infatti non si conquista nulla ma si compie la rinuncia al
Male, col quale non ci sono mai compromessi. La
lezione più grande de “Il Signore degli Anelli” è
che la rinuncia viene fatta per un di più.Per
esempio, nelle miniere di Moria, Gandalf mette in
salvo gli altri e per loro rinuncia alla sua stessa vita, che è la forma più
grande di eroismo. Dopo aver combattuto con il Balrog che li aveva assaliti, si
trasforma da Gandalf il Grigio in Gandalf il Bianco. La sua rinuncia lo ha portato a un’evoluzione. Il
professore ci informa che in passato è stata
criticata la scarsa quantità di donne presenti nell’opera e che anzi Tolkien venne accusato anche di misoginia. Per Tolkien il fatto più importante però è la qualità dei
personaggi femminili non la quantità. Le donne infatti,
come gli uomini, compiono una rinuncia. Galadriel
rinuncia all’anello, pur avendolo desiderato a lungo perché comprende che
all’Oscuro Signore si sarebbe sostituita una Regina che tutti avrebbero
amato, disperandosi. Arwen
rinuncia all’immortalità per vivere una vita breve ma al fianco dell’unico
uomo che ama. In quest’ottica nemmeno l’essere
immortali è la condizione ideale. La scelta che gli elfi fanno lasciando Gli
hobbit, pur essendo gli esseri meno importanti
della Terra di Mezzo, sono i personaggi principali di questa storia. Frodo ha
il compito di salvare il mondo, Sam quello di
conservare la memoria dell’impresa. L’umiltà
che Frodo dimostra nel dire: “Prenderò io l’Anello, ma non conosco la strada”
riassume lo spirito di questo piccolo hobbit,
fragile e, fino ad allora, isolato dal resto del mondo, eppure capace
di assumersi il peso di un fardello tanto grande quanto terribile e di
mostrare la più completa umiltà e la
più totale adesione alla realtà che gli è posta davanti. Tolkien,
conclude Gulisano, ci dice
che se un hobbit è riuscito a salvare il mondo
allora anche noi possiamo farlo. |
Halina Buora
Federica
Grassi
Il
film di Mel Gibson, che
ha recentemente suscitato critiche e apprezzamenti
dai più diversi ambienti, ci fa immedesimare in un fatto realmente accaduto
nella storia: la passione, la morte e la resurrezione di un uomo, Gesù di
Nazareth, che aderisce al suo compito, teso a rispondere con tutto se stesso
al destino. Questo
film pone una domanda a chiunque lo guardi, sia esso ateo o credente, “chi è
Gesù Cristo?” e di conseguenza “dov’è adesso?”. Le
stesse domande sono poste oggi a noi, poiché ognuno vi deve rispondere. Infatti queste domande si insinuano da duemila anni nella
storia e nella cultura. Certo, è un film cruento,
che non ci risparmia sangue né dolore, ma in quest’opera
non è la violenza a prevalere, ma l’amore, l’amore che lega Cristo al Padre e
con cui Cristo guarda ogni uomo, l’amore che si coglie negli sguardi tra Gesù
e Sua Madre, che Lo segue addolorata, mai pietosa, e Lo sostiene
consapevolmente nel Suo compito. |
Colpisce
soprattutto lo sguardo di Gesù da cui il Cireneo non si vorrebbe staccare. Bisogna
riconoscere a Mel Gibson
il merito di aver creato un’opera cinematografica che riassume la vita di
Cristo raccontando solo un giorno, l’ultimo. Geniali e
commoventi i flash-back che aiutano a cogliere che tutto ciò che accade è
dentro ad un disegno che Cristo ha scelto ed accettato. Gesù non è mai solo: sono infatti bellissime le
figure della Maddalena, di Giovanni, del Cireneo e di molta gente del popolo,
piena di silenzio colmo di significato. La
resurrezione è solo accennata, ma esalta la vittoria di Cristo. Non si può dire che il regista non abbia vissuto ed
esplicitato l’esperienza cristiana, senza sentimentalismi, Anche andando
controcorrente e sfidando l’attuale critica cinematografica. |
Halina Buora
Federica
Grassi
COLONNA SONORA – a
cura di
“The
Darkness”
Recentemente
“The Darkness” è stata votata come la migliore rock band degli ultimi vent’anni.
Indubbiamente questa decisione può sembrare affrettata dal momento che non si
sa se si tratta di una delle tante meteore
musicali o se sentiremo ancora parlare dei quattro inglesi che hanno
sbancato il mercato della musica con oltre un milione di copie vendute del
loro album “Permission to
Land”. In ogni modo, non si dovrebbe esaltarli o, come
succede spesso, etichettarli come buffoni in base ai loro vestiti
appariscenti e ai gorgheggi del loro frontman o
come semplici copie di Queen o altri gruppi da cui
prendono spunto. Insomma, cadere nella superficialità dell’apparenza
non può essere il metro di giudizio per un fenomeno musicale così imponente. Tutto
nasce nel Suffolk, in Inghilterra. Nella città di Lowestoft vivono i due fratelli Hawkins,
Justin e Dan. Entrambi decidono di dedicarsi interamente alla chitarra.
Accorgendosi del loro enorme potenziale, formano una cover band con Dan al microfono. Nel 1997, però, Justin
abbandona questo esperimento, per andare a
frequentare un istituto tecnico, mentre il fratellino si reca a Londra dove
incontra Frankie Poullain,
un bassista, con cui divide un appartamento. Durante i weekend Justin
e un suo compagno di scuola Ed Graham,
batterista, raggiungevano i due. I due
fratelli e Frankie formano una band prog rock di nome Empire, anche se questa
rimane solo un’unione senza troppe pretese. Sotto la guida di Justin, il gruppo aumenta la pesantezza del suono. In
ogni caso rimaneva ancora da decidere chi sarebbe stato il cantante. La
risposta arriva tempo dopo quando ad una gara di karaoke, Justin
si lancia nell’interpretazione di “Bohemian Rhapsody” la nota canzone dei Queen.
La sua performance è strepitosa: Justin
canta mimando ogni singola parola della canzone. Per il fratello Dan non ci sono dubbi: “Ho capito; sarai tu il nostro frontman”. La
prima cosa a cui i due fratelli pensano è chiamare Frankie
Poullain, che intanto si era
trasferito in Venezuela, e il batterista Ed Graham,
che lascia volentieri la band in cui stava suonando per ricongiungersi ai
suoi amici. È la nascita de “The Darkness”. “Sono in una
band con mio fratello e i miei migliori amici…” Justin
Hawkins La
neonata band comincia una serie di concerti per tutto il nord di Londra
diventando conosciuta in breve tempo come la “band del sabato sera” crescendo
musicalmente e dal punto di vista dello spettacolo. Ed è proprio questo che
attira piano piano un sempre più grande
gruppo di afficionados. “Si prendono
tutti troppo sul serio al giorno d’oggi, odio
l’arroganza dei gruppi che si convincono di conquistare l’interesse di tutti
solo grazie alle loro emozioni. Se guardi i gruppi di 25 anni fa, noti che
hanno tutti il sorriso sulle labbra. Noi abbiamo
solo fatto un salto nel tempo.” Frankie Poullain I
quattro fanno il tutto esaurito in ogni loro data inglese mostrando che il heavy rock dalle ampie tinte glam con loro si è ripresentato a tutta forza. L’album “ Permission to Land” è solo il
coronamento del loro cammino. Un milione di copie vendute in tutto il mondo
assegna loro agli U.K. Music Award la statuetta come miglior gruppo dell’anno che per un artista
inglese è quanto di massimo sperare. “Sappiamo di
avere davanti molta fatica. Nessuno vuole cambiare le regole, ma sappiate che se riusciamo a slegarci, potremmo anche
cambiare tutto quanto!”. Dan Hawkins |
Quanto
durerà la loro avventura? Saranno solo una meteora? Li vedremo scomparire
tanto in fretta quanto hanno impiegato ad apparire agli occhi del mondo?
Questo si vedrà solo col tempo; intanto ringraziamoli per averci riproposto un rock divertente, legato al passato senza
trascurare evidenti innovazioni. IL CONCERTO DEL 23/02/2004 Lunedì
23 febbraio Ore
20.15: il gruppo spalla di nome “Wildhearts”, una
band dalla storia travagliata, fa il suo ingresso sul palco per presentare il
loro nuovo album. Il pubblico si presenta abbastanza caloroso, qualcuno
conosce le loro canzoni, qualcuno addirittura canta. Sul
lato del palco appare il bassista dei Darkness che assiste distaccatamente all’esibizione; le
tre Gibson Les Paul dei fratelli Hawkins
lasciano intravedere i loro manici. Per il resto, tutto tace. Ore
21.00: i Willdhearts concludono,
ringraziando, il momento dedicato a loro. Immediatamente un telo viene calato davanti al palco, si riaccendono le luci in
sala. Comincia il lavoro di cambio degli strumenti dietro
le quinte. Ore
21.30: le luci si spengono. Una musica irlandese a tutto volume inonda la
sala mentre il telo appeso al soffitto che copre il palco viene
illuminato di verde e poi di blu. Il palco si illumina
e una sagoma appare da dietro il telo sparando a tutto volume i primi accordi
di “Black Shuck”, la prima canzone dell’album Permission to Land. Il telo
finalmente viene fatto cadere e nel mezzo di luci
psichedeliche appare la band al completo. Justin Hawkins è vestito con un sobrio paio di pantaloni attillati
a zampa rosa e un giubbettino bianco di un
materiale indescrivibile. Cominciano i primi spintoni nel parterre. Fa
seguito “Growing on me”. I pezzi successivi sono un boogie-woogie elettrico e “Making Out”. Justin Hawkins canta, suona le
sue Les Paul, interagisce
con il pubblico, chiacchiera in inglese pensando che il pubblico capisca
senza problemi e crea spettacolo; ogni tanto si sposta dal centro dell’attenzione
per lasciare spazio al fratello che si cimenta negli assoli.
Il batterista non sembra molto attirato dallo spettacolo,
nemmeno quando il pubblico, su invito di Hawkins
gli canta un Happy Birthday. Il bassista si
limita a qualche sorriso. Seguono “Get Your Hands Off My Woman”, “Love is
Only a Feeling” e “Friday Night”. Una
breve interruzione lascia il tempo a Hawkins di
cambiarsi vestito: mentre gli altri membri del gruppo ripetono il riff di apertura di “Stuck in A Rut”, rientra con indosso un completo nero
argento e bianco. Segue l’acclamatissima “I believe in a Thing called love” e come
ultima “Love on the rocks with no ice”. L’assolo
di quest’ultima viene
allungato e affidato interamente a Justin Hawkins che improvvisa una giro tra il pubblico portato
in spalla da un paio dei suoi roadie. L’assolo
sfocia in un inevitabile “We Will
Rock You”, mentre Hawkins
completa la sua escursione e ritorna sul palco. Si
conclude così una serata di grande spettacolo e
buona musica anche se personalmente me la sarei aspettata un po’ più pregna,
forse con qualche cover degna di nota. |
CINEMATIC…
“Io non ho paura”
VOTO: 7/ 8
La trama di questo film, tratto da un libro di Ammaniti, una delle più belle
pellicole italiane realizzate negli ultimi tempi, racconta un fatto di
cronaca accaduto negli anni ’70. Un bambino di dieci anni scopre un suo
coetaneo imprigionato in una buca nei pressi del suo villaggio. Scoprirà che
è stato rapito da alcuni uomini del paese, tra cui suo padre, in accordo con
un milanese (interpretato da un ottimo Abatantuono).
Improvvisamente percepisce la brutalità del mondo degli adulti che scoperto
il suo rapporto con questo ragazzo e non volendo complicazioni, gli
impediscono di rivederlo. |
Il regista Gabriele
Salvatore piazza la telecamera a un metro e trenta
di altezza, a misura di bambino, tagliando spesso nell’inquadratura la faccia
degli adulti; giustifica questa sua scelta dicendo:«
Mi ha molto colpito che questa storia così forte fosse vista con gli occhi di
un bambino. Al cinema gli occhi sono la macchina da presa». Da notare il
forte contrasto presente durante tutto il film tra il giallo dorato dei campi
di grano dove i bambini giocano e il nero cupo della terra che sembra
inghiottire i due bambini. |
Matteo Zoppi
TOPI DI
BIBLIOTECA… “20.000 leghe sotto il mare”
Trama:Il libro è stato scritto da Jules Verne e narra le
vicende svoltesi dall’anno 1866 fino alla fine del 1868. Proprio nel 1866 , infatti, alcune navi importanti che collegavano
l’America e l’Europa giungono a destinazione seriamente danneggiate. L’evento
suscita grande scalpore e si ipotizza l’esistenza di
un enorme mostro marino dotato di un robustissimo sperone, arma con cui
attacca le sue vittime. Per risolvere l’enigma il governo degli Stati Uniti
arma la fregata Abraham Lincoln e la manda alla ricerca della bestia per
ucciderla. Dopo non molto tempo la scovano e la bersagliano di proiettili. Il
mostro risponde con due tremende trombe d’acqua. Tutto ciò provoca la caduta
in mare di tre uomini: lo scienziato Pierre Aronnax, il suo fidato domestico
Conseil e Ned Land il re dei fiocinieri determinato a colpire la sua preda.
La situazione è tragica per i tre che devono nuotare per ore anche se
sfiniti. Il mostro, però, torna a recuperare i naufraghi. Scoprono, così, che
ciò che avevano chiamato mostro è invece un
sottomarino mosso da energia elettrica, comodo, sofisticato e spazioso. Lo
comanda il capitano Nemo, un personaggio enigmatico che si rifiuta di
spiegare perché vagabondi per i mari, perché aggredisca le navi altrui e, soprattutto,
perché odi e disprezzi il genere umano e la sua società. I tre rimangono a
lungo a bordo del sottomarino. Ogni tanto escono per una passeggiata sul
fondo degli oceani alla ricerca di perle e per vedere da vicino le meraviglie
marine. Cammineranno perfino sulle rovine della leggendaria Atlantide. |
Accade che un giorno, però, i tre scoprono
la vera natura del sottomarino e sperimentano la sua potenza distruttiva.
Solo in quel momento decidono di fuggire mettendo in atto un piano molto
complesso. Non sanno però che non ne avranno bisogno
perché la natura li aiuterà in un modo che nessuno avrebbe mai potuto
prevedere. Tutto il resto lo lascio a voi e spero che il libro vi piaccia come è piaciuto a me. Giudizio critico: Mi sono divertito a leggere 20000 leghe
sotto i mari perché è un libro avvincente, pieno di situazioni che ti
lasciano con il fiato sospeso. È come vivere personalmente le avventure del
capitano Nemo, nel fantastico sottomarino Nautilus e nei fondali oceanici
(resi benissimo da Verne) con i compagni di avventure
del comandante. Il libro mi ha fatto ragionare su come molto spesso gli
uomini usino la vendetta e non il perdono nel
trattare con i propri simili. Nemo è in effetti un
grand’uomo, ma è solo nel suo proposito di vendetta; dice nel capitolo
XXXVIII: “Io sono il diritto! La giustizia!” Una solitudine che lo porta
quindi ad essere il principio del bene e del male, che lo porta alla
vendetta, naturale conseguenza di tutte le azioni che l’uomo compie quando
vuole fare da sé. |
Tommaso Caslini
TOPI DI BIBLIOTECA… “L’Orlando
furioso”
Leggendo ed approfondendo il poema rinascimentale
l’Orlando Furioso mi sono resa conto che Lodovico Ariosto appare come un
prestigiatore che fa nascere di fronte ai nostri occhi, con l’abilità della
poesia, castelli incantati, cavalli alati, combattimenti terribili, delicate
e buffe storie d’amore. Il poema trae ispirazione dall’ Orlando Innamorato del Boiardo, mentre
l’Ariosto non fa altro che proseguirne gli eventi. Lo scenario è quello di un
torneo tra cavalieri cristiani e musulmani, indetto da Carlo Magno nel quale
la comparsa della bellissima Angelica, principessa orientale, porta trambusto
visto che tutti i cavalieri se ne innamorano. Angelica propone a ciascuno dei
presenti un duello con il suo valoroso fratello, promettendo che sposerà il
vincitore. Il fratello viene ucciso ma Angelica non
vuole sottostare al patto, così fugge inseguita dalla folle schiera di
pretendenti. |
Se questo scorcio dell’Orlando Innamorato del Boiardo si intreccia con la vicenda dell’Orlando Furioso, la pazzia dell’eroe, che potrebbe diventare la
tragedia dell’amore non corrisposto, si tramuta invece in una serie di
episodi divertenti. Gli eroi di quest’opera hanno
dimenticato i grandi ideali della patria e della fede e ora combattono per un
obbiettivo più terreno e più comune: l’amore per una
donna. Ho trovato questo poema
molto moderno perché i personaggi dalle grandi gesta epiche vengono visti come uomini della vita di ogni giorno.
Possiamo quindi ipotizzare che i due poemi ( l’Orlando Innamorato e l’Orlando Furioso) siano stati una specie di precursori delle attuali soap-opera, senza
per questo apparire dissacratori della letteratura? |
Laura Moro
UN POMERIGGIO IN CENTRO
Un pomeriggio qualunque,e tanto tempo da perdere. Ecco gli ingredienti per un mio
pomeriggio in via Montenapoleone
(dimenticavo di dire che ero andato anche per vedere qualche bella modella,
infatti era la settimana della moda!!). La
via è veramente graziosa, piena di negozi di gran lusso, frequentata da ricchi
dell’alta borghesia, che arrivano sfrecciando sui
loro macchinoni, in una gara di ostentazione sempre
più esasperata. Tuttavia è anche ricca di scorci
indimenticabili, che per la loro bellezza ricercata, ti rimangono nel cuore.
È il caso della splendida palazzina Valsecchi:
entrando, vieni accolto da uno scorcio sul
bellissimo giardinetto in cui compaiono statue di gusto classico di indubbio
valore. Sul giardinetto si affacciano alcune finestre corredate da vetri
piombati che conferiscono all’ambiente quella atmosfera
di lusso e storicità che permangono bene o male in tutto il quadrilatero
della moda. Tra via Montenapoleone
e via Bigli vi è un piccolo passaggio che
attraversa orizzontalmente un palazzo: vasche di pesci rossi, qualche pianta
(tutto curato nei minimi particolari) attendono l’ignaro visitatore che, come
me, rimane meravigliato di trovare un angolo di così rara bellezza. |
Passeggiando,si intravedono tra i vari palazzi scorci di giardini
molto suggestivi, inaspettate isole verdi in mezzo a un mare di cemento. Non può
mancare anche una visita allo storico bar Cova, che da più di cent’anni stuzzica con i propri dolci il palato di avventori milanesi e turisti giapponesi (che ormai
hanno ufficialmente dato il via alla “colonizzazione turistica” di Milano!).
Sono anche da notare alcune vetrine di grandi stilisti, e la cura con cui espongono le proprie opere e la loro location: si passa
dal palazzo di Armani, al negozio di Trussardi con magnifica entrata in marmo nero e marmo
bianco, al megastore di Ralph
Lauren, al negozietto del gioielliere di lusso in
cui sono esposti articoli sopra i 500 euro…. Sicuramente il quadrilatero
della moda merita una visita perché espressione della mondanità e del
multiforme lusso. Comunque sono convinto che anche a
voi capiterà di restare meravigliati e, perché no, di vedere anche qualche
modella (visione celestiale!). |
Tommaso Molteni
“IL CORSARO”
Periodico studentesco berchettiano
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Tommaso Bardelli III C,
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