FOTO PROIBITE
di Roberto Mutti

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Le fotografie realizzate all’interno dei campi di concentramento e sterminio hanno una particolare importanza sia dal punto di vista della documentazione storica – soprattutto di fronte al negazionismo – sia dal punto di vista emotivo.
Possono essere divise in due gruppi: quello più noto comprende le immagini scattate dai fotografi al seguito delle forze alleate (l’esercito statunitense aveva ottimi fotografi come Lee Miller allieva di Man Ray o Margaret Bourke-White che lavorava per "Life") subito dopo la liberazione dei campi. Meno viste sono, invece, le immagini scattate di nascosto da detenuti che rischiavano la vita per far sapere all’esterno quanto accadeva nei luoghi di detenzione. Questa documentazione è rimasta a lungo ignota agli studiosi ed è di recente acquisizione: è allo studio da poco tempo e, anche per le particolari condizioni in cui è stata realizzata, risulta ancor più interessante.


Anonimo. Orchestra Rapaport, Polonia, anni ’30.


Fotografo ufficiale di Mauthausen. Ritorno al campo di Hans Bonarewitz dopo un tentativo di fuga. Per scherno viene accompagnato da un’orchestrina di detenuti. 29-30 luglio 1942.


Anonimo fotoamatore. Ragazzini, Polonia, primi anni ’30.


Fotografo del Servizio di Identificazione di Auschwitz. Ritratto segnaletico di una bambina inserita nella categoria "Politici polacchi".


"Schiavi di Hitler" ripresi nel maggio-luglio 1944 a Dora (Buchenwald) in un’officina sotterranea dell’Industria Militare del Reich dove lavoravano al montaggio di parti delle V2. Il servizio, commissionato dal ministro per la produzione bellica Albert Speer, è a colori in Agfacolor (diapositiva inventata in Germania nel 1932) ed è realizzato da Walter Frent fotografo ufficiale, nazista di provata fede e collaboratore di Leni Riefensthal. Si nota l’atmosfera ordinata.


Georges Angéli. Buchenwald, giugno 1944. Fotografo francese, subito dopo essere internato fu assegnato al reparto fotografico godendo in tal modo di notevoli vantaggi. Realizzava foto di identificazione, riprese del campo e delle sue trasformazioni, sviluppava e stampava foto personali dei soldati SS. Lavorava con 2 soldati tedeschi e una decina di detenuti (un Testimone di Geova, un polacco, alcuni tedeschi antinazisti internati da anni fra cui uno solo esperto in fotografia). Una domenica prese una macchina fotografica amatoriale custodita in una scatola con altre da riparare, l’aprì, pulì l’obiettivo e si procurò due rulli 120 da una confezione sostituendoli con due bobine di carta arrotolata. Avvolse l’apparecchio in carta da giornale e girò per il campo con la macchina sotto il braccio o tenuta sullo stomaco. Da quella posizione non si poteva inquadrare e nonostante l’esperienza, delle 16 foto disponibili nel formato 6x9 solo 12 furono buone. Essendo domenica quasi non c’erano SS ma il rischio era altissimo: le foto sono riprese da lontano perché non si potevano fare primi piani (3 mt – infinito). Tutto fu poi messo in una scatola di latta assieme alle foto doppie ristampate da quelle che gli venivano fatte stampare e lui considerava compromettenti per il regime. I rullini furono sviluppati dopo la liberazione in Francia ma trovati poco interessanti da coloro cui Angéli le fece vedere.


Rudolf Cisar, Dachau, primavera 1943. Con l’aiuto della moglie di un lavoratore esterno che poteva quindi entrare e uscire dal campo si fa arrivare medicinali e una fotocamera con pellicola con cui scatta delle fotografie di nascosto destinate all’ambasciata sovietica di Stoccolma per denunciare quanto avveniva nel campo.


Membro non identificato della resistenza polacca ad Auschwitz. Prigioniere fatte spogliare prima di essere condotte alle camere a gas, agosto 1944. Questa fotografia e le due seguenti (che mostrano le pire su cui bruciano i cadaveri dei detenuti uccisi nelle camere a gas) fanno parte di una sequenza di quattro immagini realizzate da un gruppo di cinque detenuti. A Birkenau nel 1944 venivano uccise 20.000 persone al giorno, così la resistenza polacca decise di documentare tutto. La fotocamera 6x6 fu introdotta nel campo o forse trovata fra i bagagli degli internati e fornita di uno spezzone di pellicola. Fu danneggiato un pezzo del tetto della camera a gas per dar modo a una squadra di operai di ripararlo: durante i lavori fu introdotto l’apparecchio nella camera a gas e nascosto in un secchio. Il fotografo scatta dall’interno della camera a gas attraverso la porta socchiusa e, non potendo mirare, lo fa con la mano tesa verso il basso. La prima foto è stata forse scattata per errore, è storta e si vedono solo le betulle (Birken), le altre sono un po’ sfocate ma precise (furono poi ritoccate ma era un errore, le donne sembrano più giovani ed è pronta l’obiezione che queste in genere non venivano subito uccise). L’operazione dura in tutto 20 minuti, poi la fotocamera passa di mano in mano ed esce dal campo.


Lee Miller, 20-25 aprile 1945. Klaus Hornig, kapo’ di Buchenwald, fa per scherno il saluto hitleriano dopo essere stato arrestato.


Lee Miller. Guardia SS morta nel canale di Dachau 20 aprile 1945.


Margaret Bourke-White, aprile 1945. Sopravvissuti a Buchenwald.


Margaret Bourke-White, aprile 1945. Cadaveri di detenuti su un carro.


George Rodger. Due sopravvissute a Bergen-Belsen 20 aprile 1945.


George Rodger. Ragazzino sopravvissuto a Bergen-Belsen.


Eric Schwab, aprile 1945. Buchenwald: foto di un detenuto morente.

 


La foto precedente utilizzata come copertina di una rivista del 1945.


La stessa foto utilizzata nel 1945 su un giornale, nel 1979 come copertina di un libro e su un manifesto del 1997.

 

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