A cena da Lucullo

 

 

 

È una proposta un po’ insolita, indirizzata agli allievi delle Terze, che vuole cercare di coniugare due momenti culturali, quello più tradizionale, latino, con quello più generale, antropologico. Da qui la compresenza mia e del prof. Panseri.

Per quanto riguarda la mia parte, premetto subito che essa implica un duplice invito:

 ∙ Quello di addentrarci, attraverso la letteratura e la gastronomia, in una cultura non ufficiale, ma che in realtà dominava e condizionava il palcoscenico delle relazioni pubbliche e della trame politiche.

 ∙ Quello più rischioso, ma forse più coinvolgente ed originale, di arrivare a concludere l’iter degli studi qui al Berchet allestendo una cena squisitamente classica, appunto “luculliana”, per tutte le Terze e i rispettivi docenti, sabato 30 aprile alle ore 20, nei locali della nostra scuola.

Ma per questo secondo obiettivo occorrono davvero la convinzione, il coinvolgimento e la collaborazione di tutti.

Prima di affrontare il tema odierno, faccio due brevi premesse, una riguardante l’eponimo del progetto, l’altra le fonti cui si rifanno le informazioni del discorso che è possibile ricostruire in proposito.

 

Lucullo. Chi era costui?

Lucio Licino Lucullo, collaboratore di Silla, abile generale ed oratore, più noto per la raffinatezza delle sue cene che per i suoi  rilevanti trionfi militari, visse nella prima metà del primo secolo a.C.

La sua vita è stata fissata in un’ efficace e fulminante biografia da Plutarco, in parallelo con quella di Cimone.

 

Le fonti

Per le informazioni di carattere generale valgono le opere di

 ∙ J. Carcopino , La vita quotidiana a Roma, Laterza, Bari 1967

 ∙ U.E Paoli , Vita  romana, Le Monnier, Firenze 1975

 ∙ I.Gozzini Giacosa, A cena da Lucullo, Piemme, Casale Monferrato 1986

Come fonti specifiche, sia per i cibi e le ricette, che per gli attrezzi e le usanze, a parte il De agricoltura di Catone, o il secondo libro delle Satire di Orazio (4; 8), preziosi sono soprattutto autori di età imperiale del primo secolo d.C come Columella, Apicio, Petronio, Marziale, Giovenale.

 

Columella: spagnolo, ricco possidente agricolo, attivo politicamente e militarmente, è autore di un trattato intitolato De re rustica, in 12 libri, ricco di notizie e molto dettagliato in ogni settore.

 

Apicio:estroso miliardario, viveur e cuoco dilettante (inventò tra l’altro il fois gras), morì suicida, secondo Seneca, per timore della povertà, dopo aver sperperato un patrimonio in cene sontuose a base di selvaggina e cibi esotici importati da tutto il mondo. Autore del trattato De re coquinaria, in 10 libri, pervenutoci pur con aggiunte successive in una redazione del sesto sec; il suo nome, come quello di Artusi, era sinonimo di alta cucina.

 

Petronio: elegantiae arbiter alla corte di Nerone, raffinato esteta, ci ha lasciato, all’interno del suo Satyrikon , la dettagliata descrizione della cena di Trimalcione : pantagruelica kermesse di ostentazione e ingordigia di un liberto arricchito e della sua corte di parassiti.

 

Marziale: spagnolo anch’egli, abituato alla vita del cliens, seppur di alto rango, ci ha lasciato nei suoi Epigrammi indicazioni di menu e cibi apprezzati; ma è soprattutto nella raccolta degli Xenia e Apophoreta che ricorrono descrizioni di doni mangerecci in uso in determinate feste, o degli “avanzi” che, alla fine dei conviti,venivano offerti agli invitati.

 

Giovenale: delle sue Satire soprattutto la 4 e la 5 ci forniscono interessanti elementi, come nel caso dell’enorme rombo donato a Domiziano e della straordinaria seduta notturna del senato per decidere come e dove cucinarlo, o a proposito delle umilianti cene dei clientes.